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    Tenta di uccidere la moglie con l’accetta: arrestato

    Arrestato dai carabinieri il 75enne di Serradifalco, in provincia di Caltanissetta, che mercoledì scorso ha preso a colpi di accetta la moglie, finita al pronto soccorso dell’ospedale Sant’Elia dopo aver riportato ferite in varie parti del corpo: alla testa, al seno, a un occhio e al volto.
    L’uomo è stato arrestato con l’accusa di tentato omicidio aggravato, arresto che è stato convalidato dal gip del tribunale di Caltanissetta Valentina Balbo. A contattare i carabinieri erano stati alcuni residenti dopo aver sentito le urla nell’abitazione dei due coniugi.
    Quando i militari dell’Arma sono arrivati hanno trovato la figlia della coppia che ha spiegato quanto era appena accaduto e che la madre era già stata soccorsa dal 118.
    L’uomo, che era ancora in casa, ha subito ammesso le sue responsabilità consegnando l’accetta ancora intrisa di sangue. Tracce di sangue sono state trovate anche in bagno e nella doccia.
    La donna, che aveva perso moltissimo sangue, è stata curata ed è rimasta in osservazione in prognosi riservata. Soltanto l’intervento dei vicini che hanno dato l’allarme ha evitato il peggio. A quanto pare i due avevano deciso di separarsi ma in casa era rimasto un clima teso. LEGGI TUTTO

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    Omicidio Cerciello Rega, la Cassazione annulla condanne per Elder e Hjorth: processo da rifare

    Dopo 5 ore di camera di consiglio la prima corte di Cassazione ha annullato la sentenza a 24 anni per Finnegan Lee Elder e a 22 anni per Gabriel Natale Hjort in merito all’omicidio del vice brigadiere dei carabinieri Mario Cerciello Rega avvenuto nella notte tra il 25 e il 26 luglio 2019 nel quartiere Prati, a Roma.Da stanotte Lee Finnegan Elder e Gabriel Natale Hjorth possono cominciare a sperare. Guardando con un po’ di fiducia nel futuro. La Cassazione ha riconosciuto nei loro confronti che la sentenza di condanna per l’omicidio del vicebrigadiere dei carabinieri Mario Cerciello Rega non funzionava, non potevano diventare definitive le pene a 24 anni per Elder e 22 per Hjorth.
    Un nuovo processo d’appello dovrà rivalutare il processo e riscrivere in buona parte la storia di quel delitto consumato nelle strade del quartiere Prati, a poche decine di metri dallo stesso palazzo della Suprema Corte dove in meno di 5 ore di camera di consiglio è stato, di fatto, cambiato presente e futuro prossimo di chi è stato coinvolto nella vicenda. In favore dei due ragazzi americani i giudici hanno accolto nella sostanza tutto quanto era stato prospettato dai difensori nel corso degli interventi in aula.
    Annullata la sentenza per Hjorth in relazione alla stessa contestazione di concorso in omicidio. Perché ci sono diverse recenti sentenze che ridisegnano la fattispecie contestata e la condotta dello stesso Hjorth non è poi così sovrapponibile a un comportamento in cui si condivide tutta l’azione posta in essere da Elder.
    Omicidio Cerciello Rega, la difesa di Elder: “Non sapeva fossero carabinieri”
    Le 11 coltellate inferte al carabiniere in borghese non spiegano tutto. Così come uno scontro durato tra 15 e 22 secondi, che vede da una parte i due giovani statunitensi e dall’altra Cerciello ed il collega Andrea Varriale. Gli ermellini oggi hanno stabilito che per Elder vanno rivalutate le aggravanti contestate e anche la resistenza a pubblico ufficiale. Insomma i giudici di merito dovranno chiarire, mettere un punto, se i due militari si sono qualificati, dicendo ‘carabinieri’ e mostrando il tesserino.
    Oppure hanno provato a portare a termine l’intervento con la leggerezza di chi indossa maglietta e bermuda, ed è disarmato. Con la voglia forse di risolvere un contenzioso da strada, foriero di un verbale, una contravvenzione o poco più. E giammai immagina il disastro che è venuto poi. Con Cerciello riverso sull’asfalto e Varriale incapace di spiegare chi li avesse aggrediti e perché.
    Per le difese è una vittoria su tutta la linea. Ed anche se trattengono l’emozione e la soddisfazione gli avvocati spiegano che “finalmente è stato dato ascolto ad argomentazioni che sin dall’inizio della vicenda sono state affermate”. Rispetto alla eccentricità dell’intervento di polizia quella notte tra il 25 ed il 26 luglio del 2019.
    Con illogicità e menzogne da parte di Varriale – spiegano i legali di Elder durante le discussioni – perché non si comprendono alcuni comportamenti dei protagonisti e nemmeno dei comprimari. Come quello che portò i due americani dal pusher e poi venne derubato proprio dai due turisti dello zaino.
    La vedova di Cerciello, la signora Rosa Maria Esilio, sempre accompagnata da alcuni amici e dai familiari, ha avuto sempre per tutta l’udienza in Cassazione la foto del marito stretta tra le mani. I capelli rossi e raccolti sulla nuca, il viso provato. Rifiuta qualsiasi commento e lascia il Palazzaccio attorniata da alcuni commilitoni del marito e da altri militari dell’Arma.
    E’ la grande famiglia di chi per mestiere indossa una divisa e sopporta le battaglie vinte e quelle perse. Ed è difficile spiegare il significato del verdetto in cui il presidente scandisce le parole ‘annulla’ e ‘rigetta’ senza poi aggiungere molto altro. “Vanno liberi?”, chiede uno. E’ una prospettiva quella dell’uscita dal carcere di Elder e Hjorth che certamente sarà vagliata dai difensori.
    “Dopo il deposito delle motivazioni della sentenza di oggi – si spiega – vedremo quali passi compiere”. Di sicuro la vita per i due imputati ricomincia. Hjorth, in carcere a Velletri, si è da tempo iscritto all’università. Studia lingue, si aggiunge. Elder ha in animo di iscriversi ad un corso di Economia. Detenuto a Rebibbia partecipa a diversi laboratori ed ha da tempo avviato un percorso di recupero.
    I tentativi di suicidio, il primo quando aveva 12 anni, sono ormai un pezzo del passato. La Cassazione non riporta indietro il tempo a quella notte d’estate in cui è cambiato tutto, ma ha concesso una prospettiva che sino a poche ore fa nessuno poteva prevedere. LEGGI TUTTO

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    Morto da 10 mesi, il corpo nascosto per prendere la pensione

    Il cadavere di un 84enne in avanzato stato di scheletrizzazione è stato trovato questa mattina nella sua abitazione, in via San Lorenzo, a Corigliano d’Otranto. Il figlio dell’anziano, un uomo di 60 anni, è stato portato dai carabinieri in caserma, dove viene ascoltato. Il sospetto è che possa aver nascosto il corpo del padre per circa 10 mesi per continuare a riscuotere la pensione, che risulta incassata.
    Sul posto sono al lavoro i carabinieri e il medico legale. Da un primo esame cadaverico non sarebbero emersi segni evidenti di violenza. Il cadavere è stato portato presso la camera mortuaria del Vito Fazzi di Lecce a disposizione dell’autorità giudiziaria. Da quanto si apprende, il Comune da tempo stava cercando di notificare all’anziano una diffida affinchè mettesse in sicurezza una pensilina pericolante della sua abitazione. Come giustificazione il figlio avrebbe risposto che l’anziano genitore si trovava all’estero, in Svizzera. LEGGI TUTTO

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    Omicidio Cerciello Rega: in Cassazione l’accusa chiede conferma condanna per americani

    La procura generale sollecita la conferma della pena a 24 e 22 anni, rispettivamente per Gabriel Natale Hjorth e Finnegan Lee Elder chiedendo l’inammissibilita’ del ricorso di Elder e di rigettare quello di Natale Hjort.I due giovani statunitensi sono sotto processo, dinnanzi alla Prima corte di Cassazione per l’omicidio del vice brigadiere Mario Cerciello Rega avvenuto nella notte tra 25 e 26 luglio 2019 nel quartiere Prati a Roma.
    “In 20 secondi” Finnegan Lee Elder “infligge 11 coltellate al brigadiere disarmato. Questa e’ la descrizione dei fatti identica in entrambe le sentenze” di primo e secondo grado. “Il fatto che i due carabinieri hanno mostrato il tesserino o se non lo hanno mostrato sono tutti motivi di contorno”. Lo he detto il procuratore generale Francesca Loy durante la requisitoria nel processo in cassazione per l’omicidio del vice brigadiere Mario Cerciello Rega.
    Imputati Finnegan Lee Elder e Gabriel Natale Hjorth, condannati a 24 e 22 anni in appello. I due cittadini americani erano stati condannati all’ergastolo nel processo di primo grado.L’assassinio del vicebrigadiere dei carabinieri risale alla notte del 26 luglio 2019: dopo un tentato acquisto di droga, non andato a buon fine, i due americani, all’epoca diciannovenni, rubarono lo zaino di Sergio Brugiatelli, che, in Piazza Mastai, aveva indicato loro il pusher dal quale potevano rifornirsi.
    Gli americani pretendevano 100 euro e della cocaina per restituire il maltolto, e Brugiatelli (teste chiave della vicenda, deceduto nel 2021 per un male incurabile) chiese aiuto al 112. A quel punto, Cerciello, con il collega Andrea Varriale, venne inviato in soccorso per fermare la tentata estorsione messa in atto dai due giovani.
    Quando i militari cercarono di bloccarli, Elder reagì colpendo a morte Cerciello con 11 coltellate, prima di darsi alla fuga con l’amico.I due aggressori si precipitarono nella camera 109 dell’albergo Le Meridien, che li ospitava, a pochi metri da Via Pietro Cossa, luogo dell’omicidio, mentre Varriale cercava disperatamente di soccorrere il collega che sarebbe morto poco dopo, in ospedale.
    Elder e Hjorth dormirono in albergo, e la mattina del 26 luglio, grazie alle immagini riprese dalle telecamere di sorveglianza e alle testimonianze raccolte, i carabinieri li trovarono e fermarono. I due erano pronti a lasciare l’Italia, con biglietti aerei già acquistati, e avevano nascosto in un controsoffitto il coltello con lama da 18 centimetri usato nell’agguato, che Elder aveva portato con sé, nascosto in un trolley, dagli Stati Uniti. LEGGI TUTTO

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    Napoli, sequestrati beni per 2 milioni di euro al rapinatore trasfertista

    Un pregiudicato di 48anni, rapinatore ‘trasfertista’ residente a Napoli, è stato sottoposto a un sequestro di prevenzione emesso dal Tribunale di Milano su proposta del Questore.
    Il provvedimento, secondo quanto riferito dalla Questura, ha colpito il patrimonio immobiliare ritenuto illecitamente accumulato negli anni grazie alle numerose rapine che l’uomo avrebbe commesso prevalentemente a Milano.
    “Come scrive la Sezione autonoma Misure di prevenzione di Milano – si legge in una nota – l’attività delittuosa posta in essere fin dal 1993 denota uno stabile radicamento dell’uomo in contesti dediti alla perpetrazione di delitti contro il patrimonio, grazie ai quali il medesimo, che non ha altri redditi, si è assicurato rilevanti profitti vivendo abitualmente grazie ai proventi delle attività illecite, a decorrere dal 2009.
    E poi negli anni 2016 e 2020, quando è stato riconosciuto responsabile di numerose rapine di orologi e beni di valore, commesse in modo sistematico” prevalentemente con il trucco della botta allo specchietto retrovisore esterno e poi dello strappo dal polso dell’orologio dal braccio del conducente mentre lo raddrizzava.
     Il rapinatore trasfertista sceglieva solo orologi di grande valore
    Alcuni orologi di lusso valevano oltre 50mila euro. Il sequestro eseguito dalla Polizia di Stato dopo le indagini della Divisione Anticrimine, riguarda diverse unità immobiliari a Napoli, compresa un’attività commerciale, conti correnti e polizze, nonché il contenuto di una cassetta di sicurezza all’interno della quale è stata rinvenuta una somma in contante; il tutto per un valore complessivo di circa 2 milioni di euro. LEGGI TUTTO

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    16 chilogrammi di cocaina nascosti nel box della parrocchia: arrestati due fratelli

    Singolare ritrovamento di un ingente quantitativo di cocaina da parte dei carabinieri della Compagnia di Monza, coordinati dalle procure di Monza e Busto Arsizio.I militari infatti tra Seveso e l’aeroporto di Malpensa, hanno sequestrato 16 kg di cocaina, 800 grammi di hashish e arrestato due fratelli di origini albanese di 43 e 47 anni, ritenuti di essere i detentori e custodi dello stupefacente.
    Il blitz è scattato all’alba quando i militari, monitorando tramite telecamere i movimenti degli indagati, hanno visto uno dei due fratelli uscire di casa con un grosso zaino che, una volta caricato sull’ auto, e’ stato portato presso un terreno di proprietà di una parrocchia del Comune di Seveso, e nascosto in un box agricolo sotto chiave.
    Una circostanza che ha insospettito i militari, considerando che l’uomo risulta estraneo a qualsiasi iniziativa della comunità parrocchiale. I carabinieri hanno così ricostruito il tragitto effettuato individuando il box: una volta entrati, all’interno del borsone lasciato poco prima sono stati trovati 7 kg di cocaina, 542 grammi di hashish e 21.400 euro in contanti.
    Il giorno dopo, l’indagato, ritornato sul posto e realizzato di essere stato scoperto, ha tentato la fuga prendendo il primo volo di sola andata per l’Albania. I carabinieri sono riusciti però a rintracciarlo presso lo scalo di Malpensa, dove aveva superato il check-in ed era già a bordo dell’aereo in pista, dal quale in collaborazione con la Polaria, è stato fatto scendere.
    Accompagnato a terra, è stato sottoposto a fermo di indiziato di delitto e portato presso il carcere di Busto Arsizio a disposizione della Procura. Le operazioni sono proseguite con la perquisizione domiciliare a carico del fermato, consentendo di recuperare altri 280 grammi di hashish nascosti in cantina.
    Le ricerche sono state estese anche alla residenza del fratello, anche questa a Seveso, il quale, all’interno del garage, aveva altri 9 kg di cocaina in una cassaforte interrata nel pavimento e sulla quale erano stati piazzati degli armadi per occultarla. Al termine delle operazioni anche il fratello è stato arrestato in flagranza di reato e trasferito presso l’istituto penitenziario di Monza a disposizione della Procura di Monza.
    La droga sequestrata per un valore di 1,5 milioni di euro
    Si stima che il quantitativo sequestrato, verosimilmente destinato alle piazze di spaccio di Monza della Brianza, una volta immesso nel mercato avrebbe fatturato oltre 1.500.000 euro. Lo stupefacente sarà inviato presso i laboratori dell’Arma per le analisi qualitative. LEGGI TUTTO

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    Napoletano uccide ristoratore a Roma e poi si costituisce

    Ha ucciso il titolare dell’Osteria degli Artisti in via Germano Sommeiller 8, nel quartiere Esquilino a Roma e si e’ andato a costituire.
    La vittima è Emanuele Costanza, romano di 41 anni, conosciuto come “chef Manuel Costa”. Cuoco e titolare del ristorante Osteria degli artisti. L’assassino è F. G. di 43 anni e originario di Napoli che ancora con gli abiti insanguinati si è presentato alla polizia dicendo “Abbiamo litigato e gli ho sparato”.
     L’assassino va alla polizia e confessa:”Abbiamo litigato e gli ho sparato”
    Gli agenti delle Volanti hanno raggiunto il luogo indicato trovando il cadavere del ristoratore 41enne romano all’interno della macchina del presunto assassino. La pistola era vicino al corpo esanime. 
    La polizia indaga per ricostruire la dinamica di quanto accaduto. E’ il secondo omicidio in 48 ore a Roma (mercoledi’ sera e’ stato ucciso un 30enne in via Francesco Selmi) LEGGI TUTTO

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    Il clan Moccia nel business degli oli esausti: 8 arresti

    Questa mattina, militari del Nucleo Operativo Ecologico Carabinieri di Ancona, in collaborazione con il Gruppo Tutela Ambiente di Roma e Napoli, hanno eseguito otto misure cautelari non custodiali, emesse dal GIP del Tribunale di Ancona, nei confronti di otto soggetti coinvolti nel reato di attività organizzata di traffico illecito di rifiuti, inerente il recupero degli oli vegetali esausti.La complessa attività investigativa è diretta dalle Direzioni distrettuali antimafia di Ancona e di Napoli, con il coordinamento della Direzione Nazionale Antimafia e Antiterrorismo.L’indagine è volta a contrastare un importante fenomeno criminale che, con l’aggravante di agevolare associazioni criminali camorristiche, era dedito al traffico illecito di oli esausti trattati illecitamente, con gravi implicazioni di impatto ambientale per la gestione abusiva di ingenti quantità di rifiuti.
    E’ stata riconosciuta la gravità indiziaria con riferimento alla posizione di otto soggetti dimoranti in più parti del territorio nazionale: D.S. F. Napoli ’71, S.D. Napoli ’73, P.G. Mesagne (BR) ’94, M.P. Acerra (NA) ’79, T.G. Afragola (NA) ’71, C.P. Casoria (NA) ’74, D.F. Villa Literno (CE) ’79, B.M. Bologna ’63.
    L’attività illecita è consistita anche nella perpetrazione di furti aggravati di oli vegetali esausti, classificati come rifiuto liquido non pericoloso, di elevato valore commerciale per gli incentivi collegati alla produzione finale di biocarburante.
    L’investigazione è stata condotta per quasi due anni, sotto la direzione della Direzione Distrettuale Antimafia di Ancona, durante i quali, dall’iniziale riscontro di numerosi furti aggravati di olio vegetale esausto, raccolto in appositi contenitori dislocati nelle vie urbane di vari comuni siti nel territorio marchigiano, è stato possibile individuare un’attività organizzata di traffico illecito di rifiuti, facente capo a una pluralità di soggetti, alcuni dei quali già gravati da precedenti penali per le medesime violazioni di natura ambientali e di gestione dell’attività illecita di rifiuti, nonché di criminalità organizzata, dotati di mezzi e stabilimenti.
    L’attività criminale, riconducibile a ditte dislocate tra la regione Marche (per lo più fascia litoranea sud, Grottammare, e inizio della fascia abruzzese, Martinsicuro) e la regione Campania (Afragola, Casoria e Napoli), effettuava operazioni di raccolta illecita di olio vegetale esausto presso i contenitori di raccolta posti nelle vie urbane delle città, danneggiandoli, oppure presso sedi commerciali, senza le previste autorizzazioni.
    L’olio trafugato, successivamente, veniva illecitamente stoccato presso lo stabilimento sito a Grottammare (AP) e poi trasportato presso altre ditte fuori regione, in assenza della prevista documentazione (Formulari di Identificazione Rifiuti) determinando, così, una totale assenza di tracciabilità del rifiuto.
    Dalla disamina delle visure camerali e dall’analisi della documentazione acquisita, è emerso che le ditte coinvolte site in Campania (Fargeco s.r.l., Biofaroil s.r.l. e Soloil Italia s.r.l), oltre ad operare nel medesimo settore commerciale, avevano un legame strutturato e solido, in quanto i rispettivi amministratori erano legati tra loro da legami di parentela, condividevano le stesse sedi e utilizzavano vicendevolmente mezzi e dipendenti.
    Rilevante è il legame che è emerso con la criminalità organizzata, essendo i reati in contestazione aggravati ai sensi dell’art. 416 bis.1. c.p. dalla finalità di agevolare il sodalizio camorristico denominato clan Moccia, attraverso l’intestazione delle compagini sociali e anche mediante il ritorno di ingenti illeciti profitti, conseguiti dalle aziende coinvolte.
    Le indagini protratte nel tempo hanno permesso di acquisire elementi utili a ricostruire il modus operandi dell’attività delittuosa e di cogliere l’essenza del fenomeno criminale.
    L’olio vegetale esausto è classificato come rifiuto speciale liquido non pericoloso (codice E.E.R. 20.01.25) e, pertanto, soggiace alla normativa di settore, la cui gestione di raccolta, trasporto e recupero deve esser curata da soggetti appositamente autorizzati; infatti, se smaltito in maniera non corretta, può rappresentare un pericolo per le matrici ambientali, al contrario, se trattato correttamente, esso può acquisire un elevato valore commerciale, in particolare, per la produzione di biodiesel.
    Pertanto, considerato il valore che assume il rifiuto una volta trattato, il sodalizio poneva in essere condotte volte a creare una concorrenza sleale con gli operatori del settore nell’area marchigiana, attraverso sabotaggi di contenitori, furti, danneggiamenti o raccolta di olio a clienti non contrattualizzati, senza trascurare altre condotte intimidatorie.
    Dalla disamina delle informazioni acquisite nel corso delle indagini, è emerso che gli stabilimenti siti nella regione Campania, dove l’olio veniva trasportato, erano privi di autorizzazioni, con strutture sottodimensionate per le operazioni che avrebbero dovuto realizzare e non atte al trattamento adeguato dell’olio, per la sua cessazione della qualifica di rifiuto, venendosi così ad alimentare una seconda filiera di traffico illecito di rifiuti. LEGGI TUTTO

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    Il carabiniere assassino per gelosia ha confessato

    Ha confessato di aver agito in stato confusionale, senza rendersi conto di aver ucciso il suo presunto “rivale” e ferito la donna di cui era innamorato.Giuseppe Molinaro, 58 anni carabiniere in servizio in una stazione dell’Arma nel Casertano, da questa notte è nel carcere di Santa Maria Capua Vetere per omicidio e tentato omicidio
    Ha sparato e ucciso Giovanni Fidaleo, 60 anni  direttore dell’ albergo Nuova Suio nella frazione di Suio Terme, nel Comune di Castelforte, in provincia di Latina quindi ha ferito Miriam Mignano, 31 anni di Castelforte la donna che avrebbe avuto una relazione con entrambi e poi è fuggito, ma dopo qualche ora si è fatto arrestare.
    La donna è stata raggiunta da almeno due colpi, uno al torace e uno al ventre. Soccorsa è stata trasportata in elicottero all’ospedale Gemelli di Roma dove è stata sottoposta a un delicato intervento chirurgico per le gravi ferite d’arma da fuoco, ieri in serata è stata sottoposta a ulteriori accertamenti e per lei la prognosi resta riservata.
    Ci sarebbe la gelosia dietro il folle gesto del carabiniere. La donna che aveva lavorato nell’albergo di Suio Terme aveva una relazione con entrambi. Il militare, in servizio in una stazione dell’Arma in provincia di Caserta, dopo il fatto si è diretto verso il Casertano fermandosi da un amico a Teano, cui ha raccontato ciò che aveva commesso facendo contattare i carabinieri, che sono andati a prelevarlo e lo hanno condotto a Capua presso il Comando della locale Compagnia, dove è stato interrogato.
    Il provvedimento restrittivo è stato poi disposto dalla Procura di Santa Maria Capua Vetere (procuratore Carmine Renzulli), competente per il fermo, essendo avvenuto nel Casertano, mentre la Procura di Cassino è quella competente per territorio, che effettuerà le indagini preliminari. Il fermo dovrà essere convalidato entro 48 ore dal Gip del tribunale di Santa Maria Capua Vetere.
    Dall’interrogatorio reso da Molinaro presso la caserma di Capua, sarebbe emerso un movente che ha a che fare con la donna rimasta ferita. Con quest’ultima sembra che il Carabiniere avesse una relazione, ma il militare riteneva che anche Fidaleo frequentasse la 40enne. E lo ha preso di mira.
    Avrebbe così raggiunto l’hotel dove era sicuro di trovare l’uomo, e nel parcheggio della struttura ha incrociato il 60enne gestore e la donna: ha quindi cominciato a sparare ferendo a morte l’albergatore e colpendo anche la donna. Fondamentali saranno gli esami balistici per accertare la traiettoria esatta dei colpi sparati.
    nella foto l’albergo Nuova Suio dove è avvenuta la tragedia e da sinistra il carabiniere omicida Giuseppe Molinaro, la donna ferita Miriam Mignano e la vittima Giovanni Fidaleo LEGGI TUTTO

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     Carabiniere casertano uccide direttore di albergo e ferisce donna: poi si costituisce

    Un uomo è stato ucciso e una donna è stata ferita a colpi d’arma da fuoco a Suio Terme a Castelforte in provincia di Latina.
    Un carabiniere si è poi costituito a Capua, nel Casertano. Sul caso sono in corso le indagini dei carabinieri, coordinate dalla procura di Cassino in coordinamento con i colleghi campani.
    E’ il direttore dell’albergo Nuova Suio, nel Comune di Castelforte, la vittima dell’omicidio avvenuto nel pomeriggio di oggi nella frazione di Suio Terme. In base a una prima ricostruzione dei carabinieri della compagnia di Formia, l’uomo e’ stato colpito da un colpo di pistola sparato da un carabiniere che si e’ poi costituito.
    Il militare ha ferito gravemente una donna presente nella hall che e’ stata trasferita in codice rosso a Roma.
    Il carabiniere, che si e’ costituito nel carcere di Santa Maria Capua Vetere, presta servizio in provincia di Caserta. LEGGI TUTTO

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    Rapina Rolex a Milano: arrestati 2 “trasfertisti” a Napoli

    Rapina Rolex in trasferta da Napoli a Milano: colpi da 100mila euro negli ultimi mesi.
    La Polizia di Stato, coordinata dalla Procura della Repubblica di Milano, ha eseguito un fermo di indiziato di delitto emesso dei pubblici ministeri del VII Dipartimento, nei confronti di due napoletani di 39 e 41 anni, entrambi pregiudicati, gravemente indiziati di una serie di rapine di orologi di lusso commesse a Milano.
    A seguito di una forte riproposizione, purtroppo ciclica, di fenomeni predatori a danno di possessori di orologi di valore, i poliziotti della Squadra Mobile milanese hanno avviato un’attività investigativa: il monitoraggio del fenomeno criminoso ha permesso di raccogliere gravi indizi di colpevolezza a carico dei due quarantenni ”trasfertisti” di Napoli, già pregiudicati per gli stessi reati, in relazione a sei episodi criminosi, cinque consumati ed uno tentato, realizzati tra settembre 2022 e febbraio 2023.
     Cinque colpi consumati da settembre 2022 a febbraio 2023
    Nello specifico, i due indagati, secondo uno schema collaudato e ripetitivo, dopo aver percorso le principali arterie stradali di Milano in sella di due scooter, individuavano la vittima e, mentre uno attirava la ”preda” utilizzando la tecnica del cosiddetto ”specchietto”, l’altro si avventava sul braccio dell’ignara vittima, intenta a sistemare lo specchietto retrovisore, e gli sottraeva, con uno strappo forte e violento, l’orologio di valore.
     Rapina Rolex a Milano con la tecnica dello specchietto
    Si tratta di un bottino di cinque orologi appartenenti ai brand Rolex e Patek Phlippe per un valore complessivo di circa 100mila euro. I rigorosi accertamenti svolti dagli agenti della Squadra Mobile a carico degli odierni indagati hanno determinato il pubblico ministero ed emettere un fermo d’indiziato di delitto a loro carico.
    Il provvedimento è stato eseguito a Napoli, con la collaborazione della Squadra Mobile della Questura partenopea. LEGGI TUTTO

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    Messina Denaro, i “pizzini” scritti dalla sorella Rosalia hanno favorito la cattura del boss

    “Pizzini” che, messi insieme, costituivano il diario clinico del paziente oncologico Andrea Bonafede, l’alias usato da Matteo Messina Denaro. A custodire gli scritti era Rosalia, la sorella dell’ex superlatitante arrestata questa mattina.
    “Pizzini” scritti da Rosalia Messina Denaro con diario clinico
    È stato proprio il ritrovamento di uno di questi scritti “improvvidamente custodito, sebbene abilmente occultato, proprio da ‘Rosetta’” a indirizzare gli investigatori verso la cattura dell’ultimo grande stragista. È quanto ricostruisce l’ordinanza del gip di Palermo Alfredo Montalto.
    Il ‘pizzino’ in questione è stato ritrovato a seguito dell’installazione di microspie e telecamere all’interno dell’abitazione di Castelvetrano di Rosalia. Lo scritto era posto all’interno di una gamba cava di una sedia di alluminio.
    Gli scritti hanno favorito la cattura del boss
    Recava annotazioni confuse, ma al momento del ritrovamento era stato comunque precauzionalmente fotografato dagli operanti e lasciato occultato esattamente nel luogo dove si trovava.
    I successivi accertamenti svolti dalla polizia giudiziaria hanno dimostrato con certezza che il paziente oncologico non corrispondeva alla persona fisica censita, ma a Matteo Messina Denaro, poi arrestato lo scorso 16 gennaio nei pressi della clinica La Maddalena di Palermo. LEGGI TUTTO