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    Capua uccise lo zio disabile: condannato a 24 anni di carcere

    Capua. La Corte d’Assise del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere ha condannato a 24 anni di carcere il 43enne romeno Octavian Muntean, accusato dell’omicidio dello zio Petru Muntean nei pressi del campo sportivo di via Giardini a Capua.PUBBLICITA

    Il pm di Santa Maria Capua Vetere aveva richiesto l’ergastolo, contestando all’imputato diverse aggravanti che il collegio, presieduto da Roberto Donatiello (giudice a latere Honoré Dessi), non ha ritenuto prevalenti sulle attenuanti.

    Pertanto, non le ha applicate e ha inflitto all’imputato una pena di 24 anni. Il delitto è avvenuto all’inizio di luglio 2022. Petru, disabile, è stato trovato accanto alla sua sedia a rotelle in un lago di sangue, con vistose ferite.
    Secondo quanto accertato dai medici legali, la vittima sarebbe stata uccisa con calci e pugni alla testa. Octavian, il nipote, è stato arrestato un mese dopo a Napoli mentre stava ritirando un pasto alla mensa dei poveri.

    Leggi AncheEsperto in diritto Diplomatico e Internazionale. Lavora da oltre 30 anni nel mondo dell’editoria e della comunicazione. E’ stato rappresentante degli editori locali in F.I.E.G., Amministratore di Canale 10 e Direttore Generale della Società Centro Stampa s.r.l. Attento conoscitore della realtà Casertana. LEGGI TUTTO

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    Omicidio Cerciello Rega: dimezzata la pena ai due americani

    Dai due ergastoli inflitti in primo grado a una sentenza di appello bis che fissa le pene a 15 anni e due mesi e 11 anni e quattro mesi di carcere.PUBBLICITA

    Questo è il percorso giudiziario dei due studenti americani, Finnegan Lee Elder e Gabriel Natale Hjorth, accusati della morte di Mario Cerciello Rega, ucciso con 11 coltellate la notte tra il 25 e il 26 luglio 2019 a Roma.

    Punti Chiave ArticoloI giudici della Corte d’Assise d’Appello, dopo che la Cassazione aveva disposto un nuovo processo di secondo grado, hanno ulteriormente ridotto le condanne: 24 anni per Elder e 22 per Hjorth. Le aggravanti sono state rimosse, il rito abbreviato è stato ammesso, portando a una significativa diminuzione degli anni di carcere. In particolare, Elder è stato assolto dall’accusa di resistenza a pubblico ufficiale, perché il fatto non costituisce reato.
    In aula, alla lettura della sentenza, era presente anche Rosa Maria, la moglie di Cerciello, che è apparsa scossa e ha lasciato piazzale Clodio senza rilasciare dichiarazioni. “Rispetto alla gravità del fatto”, ha commentato il suo legale, il professore Franco Coppi, “è una sentenza indubbiamente generosa, ma noi non eravamo interessati alla quantità della condanna. Eravamo interessati al riconoscimento della responsabilità di entrambi”. Dal canto loro, i difensori degli imputati non hanno nascosto la soddisfazione per il verdetto. “Elder, dopo la sentenza, mi ha detto che era terribilmente stressato, ma si rende conto che una pena la meritava e che la sentenza è più giusta delle precedenti”, ha rivelato l’avvocato Renato Borzone, aggiungendo che la sentenza apre “tutto un altro scenario, come è giusto che sia. Noi, poche ore dopo aver parlato con Finnegan, avevamo spiegato come lui non si fosse mai reso conto di trovarsi di fronte a degli agenti della forza pubblica. Ci sono voluti cinque anni, finalmente abbiamo una corte che potrà dormire tranquilla perché ha preso una decisione giusta,” ha concluso il penalista.
    Il difensore di Hjorth, l’avvocato Francesco Petrelli, parla apertamente di “ridimensionamento assai importante in termini di pena, che è stata dimezzata. Siamo passati da 22 anni a 11 anni ed è per noi una soddisfazione.” La tragica fine di Cerciello iniziò con il tentativo dei due americani di comprare cocaina a Trastevere. Poi il furto dello zaino del ‘facilitatore’ dei pusher, Sergio Brugiatelli. Quest’ultimo, dopo aver ricevuto la telefonata dei due statunitensi con la richiesta di riscatto, il classico ‘cavallo di ritorno’, aveva allertato i carabinieri. Cerciello Rega e il suo collega di pattuglia, Andrea Varriale, dopo una trattativa intercorsa tra Brugiatelli e i due ragazzi, si recarono in borghese all’appuntamento in via Pietro Cossa. In pochi istanti, una tranquilla serata dell’estate romana si trasformò in tragedia. I due americani aggredirono Cerciello e il suo collega. Elder, armato di coltello, colpì con undici fendenti il vicebrigadiere, che morì per shock emorragico. Il percorso giudiziario di Finnegan Lee Elder e Gabriel Natale Hjort Primo grado: Entrambi condannati all’ergastolo.Appello: Pene ridotte a 24 anni per Elder e 22 per Hjorth.Cassazione: Annulla la sentenza d’appello e dispone un nuovo processo.Appello bis:Elder condannato a 15 anni e 2 mesi di carcere.Hjorth condannato a 11 anni e 4 mesi di carcere. Riconosciuta la derubricazione del reato per Elder da omicidio a omicidio preterintenzionale.Assolti entrambi per resistenza a pubblico ufficiale. Il caso ha avuto un’ampia risonanza mediatica in Italia e negli Stati Uniti. La vicenda giudiziaria è ancora in corso, in attesa di un possibile ricorso in Cassazione da parte della famiglia della vittima. Leggi Anche LEGGI TUTTO

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    Carmine Puccinelli morto per una diagnosi sbagliata, la famiglia chiede giustizia

    Questa mattina, gli avvocati dello Studio Associati Maior si sono recati presso la Procura della Repubblica del Tribunale di Macerata per discutere il caso del giovane Carmine Puccinelli, tragicamente deceduto in giovanissima età per omessa diagnosi tumorale.PUBBLICITA

    Durante l’incontro, gli avvocati Filippo Castaldo, Michele Sorrentino e Pierlorenzo Catalano hanno depositato una relazione di parte multispecialistica che include valutazioni medico-legali e oncologiche dettagliate.

    La relazione evidenzia chiaramente che comportamenti medici inadeguati e una diagnosi omessa hanno privato il giovane Carmine della possibilità di ricevere cure tempestive che avrebbero potuto salvargli la vita. Secondo quanto emerso, il giovane ha manifestato sintomi dolorosi, ma è mancata una diagnosi precoce e sono stati commessi una serie di errori successivi.
    Lo Studio Associati Maior segue meticolosamente il caso e sostiene l’accusa di omicidio e falsificazione di cartella clinica.

    La Procura di Macerata sta conducendo un’indagine scrupolosa e approfondita per fare piena luce sulle circostanze che hanno portato alla morte di Carmine. Abbiamo massima fiducia nella magistratura.
    A riferirlo è la famiglia e lo Studio Associati Maior, composto dagli avvocati Filippo Castaldo, Michele Francesco Sorrentino, Pierlorenzo Catalano e dal medico-legale Dott. Marcello Lorello.
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    Assolte 3 persone di Airola: accusate di lesioni, minacce e ingiurie a un minorenne

    Si è tenuto dinanzi al Giudice Monocratico del Tribunale di Benevento il processo a carico di Renzo Ruggiero, 54 di Airola, Michelina Ciaramella, 50 di Airola e Francesca Ruggiero, 24 di Airola, imputati di lesioni, minacce e ingiurie in concorso tra di loro per fatti avvenuti ad Airola nel 2019 nei confronti di un minore costituitosi parte civile, prima tramite la madre e poi personalmente.PUBBLICITA

    Il Pm aveva richiesto al condanna a 8 mesi di reclusione e 500 euro di multa per ciascun imputato. Il Giudice Monocratico, accogliendo le tesi dell’ Avvocato Vittorio Fucci e dell’ Avvocato Daniela Martino, ha assolto Ruggiero Renzo, Ciaramella Michelina e Ruggiero Francesca da tutti i reati.

    Leggi AncheCollaboratore di lunga data di Cronache della CampaniaDa sempre attento osservatore della società e degli eventi.Segue la cronaca nera. Ha collaborato con diverse redazioni. LEGGI TUTTO

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    Maltrattamenti al nido a Roma, assolta la dirigente di Formia

    Assolta, dopo sei anni di processo e quasi 20 udienze dibattimentali, la 50enne formiana, coordinatrice dell’asilo nido comunale a Roma dove si erano consumati maltrattamenti ai danni dei bambini La vicenda nata dalle denunce di alcune mamme, insospettite dal comportamento e da quanto riferito a casa dai figli, in tenerissima età, ha visto la cristallizzazione […] LEGGI TUTTO

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    Patrizio Bosti boss senza scrupoli che voleva impiccare il genero pentito

    Napoli. Sarà pur vero come ha detto il procuratore capo Nicola Gratteri che la camorra si è evoluta anzi “l’ho trovata evoluta” ma usa ancora vecchi e feroci metodi come quelle delle minacce di morte ai familiari di pentiti per farli desistere.PUBBLICITA

    Ed è quanto è stato scoperto indagando sul nucleo familiare del boss Patrizio Bosti fondatore insieme ai due cognati Mallardo e Contini della potente Alleanza di Aecondigliano con i Licciardi.

    Punti Chiave ArticoloIl boss fermato in carcere da una nuova ordinanza a una decina di giorni dalla scarcerazione non aveva esitata a minacciare di impiccare il genero Luca Esposito che per un periodo aveva deciso di collaborare con la giustizia (lo fece tre anni fa quando fu fermato con la moglie Maria, altra figlia di Bosti mentre cercavano di andare a Dubai con green pass falsi ancora in epoca covid). Patrizio Bosti: un boss senza scrupoli Dalle indagini della DDA emerge il ritratto di un boss spietato, pronto a tutto per mantenere il potere. Patrizio Bosti non ha esitato a minacciare di morte i nipoti pur di far tacere il genero Luca Esposito, collaboratore di giustizia che aveva svelato alcuni segreti del clan. Ai due nipoti ha fatto sapere di essere pronto a fargli del male e finanche di impiccare il padre. E le minacce, criptiche, sono state fatte pervenire a Esposito in carcere attraverso delle lettere solo apparentemente affettuose.
    I Contini sono considerati la cosca più potente di Napoli, paragonabili solo ai Casalesi per egemonia in Campania. Dal loro quartier generale di San Giovanniello, tra Amicizia e Arenaccia, tessono una ragnatela di potere che si estende su ben dieci quartieri cittadini. La loro influenza data dagli anni ’70, quando la Camorra si è strutturata come organizzazione criminale. Alleanze e affari Accanto ai Mallardo e ai Licciardi, i Contini hanno dato vita all’Alleanza di Secondigliano negli anni ’80. Un connubio che ha rafforzato il loro dominio e ampliato i loro traffici illeciti. Tra le loro principali attività figura il riciclaggio di denaro proveniente da droga ed estorsioni, canali attraverso cui vengono ripuliti i proventi e infiltrati nel tessuto economico sano della città. Un colpo al cuore del clan Le recenti operazioni congiunte di Procura, Carabinieri, Polizia e Guardia di Finanza hanno colpito duramente i Bosti, in particolare il gruppo di Patrizio, figura apicale della cosca. I Bosti, legati ai Contini da un matrimonio, rappresentano una costola importante del clan.
    Nuove accuse e un clan sotto assedio L’ordinanza di custodia cautelare ha portato all’arresto di Patrizio Bosti e dei suoi figli Flora ed Ettore, oltre che dello stesso Luca Esposito. Le accuse nei loro confronti includono minacce gravi e tentativi di ostacolare la collaborazione con la giustizia. L’operazione rappresenta un duro colpo per i Contini, che si ritrovano ad affrontare una nuova sfida nella lotta per il potere e il controllo del territorio. La zona grigia: dove il clan incontra l’economia legale Colpire i Contini significa anche colpire la zona grigia dell’economia, quell’area in cui le attività illecite si intrecciano con quelle legali. E’ qui che il clan ricicla i suoi proventi, inquinando il tessuto imprenditoriale sano e alimentando la corruzione. L’azione delle forze dell’ordine mira a smantellare questo sistema, a recidere il legame tra il clan e le attività legali, privandolo di una fondamentale fonte di potere e di consenso. Gratteri: “La lotta contro la Camorra continua” “L’operazione contro i Contini è un passo importante nella lotta contro la Camorra, ma la strada per sconfiggere questo cancro è ancora lunga. Occorre un impegno costante da parte delle istituzioni, delle forze dell’ordine e della cittadinanza per estirpare il malaffare dalle radici e costruire un futuro migliore per Napoli e per tutta la Campania. “Non sono un esperto di Camorra sul piano storico, sto imparando, sto cercando di portare il mio metodo su questa Procura e sto facendo ancora scuola guida, però è ovvio che, nel momento in cui vedo questa ricchezza e questo target di criminalità, è chiaro che si tratta di una struttura evoluta nel mondo camorristico”. Lo ha detto il procuratore di Napoli Nicola Gratteri, commentando il sequestro di 4 milioni di euro e di gioielli e orologi di lusso per un valore di 5 milioni eseguito in un’abitazione nella disponibilità di un elemento apicale del clan camorristico Contini, tra i destinatari dell’ordinanza eseguita ieri. “Una delle prime cose che mi hanno sorpreso qui a Napoli – ha aggiunto Gratteri – è vedere una Camorra molto evoluta sul piano imprenditoriale, quindi molto ricca”. Leggi AncheGiuseppe Del Gaudio, giornalista professionista dal 1991. Amante del cinema d’azione, sport e della cultura Sud Americana. Il suo motto: “lavorare fa bene, il non lavoro: stanca” LEGGI TUTTO

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    I boss dei clan Orlando e Polverino liberi: annullata l’ordinanza per il duplice omicidio Pastella-Vigna

    Napoli. Colpo di scena nel processo per il duplice omicidio di Antonio Pastella e Salvatore Vigna, avvenuto a Marano nel 2015.PUBBLICITA

    Il Tribunale del Riesame di Napoli (VIII sezione collegio F presieduto dal dottor Vito Maria Giorgio Purcaro) ha annullato l’ordinanza di custodia cautelare in carcere per gli esponenti di spicco dei clan Orlando e Polverino, ritenuti mandanti ed esecutori materiali dell’efferato delitto.

    Pastella e Vigna furono uccisi a distanza di poche settimane l’uno dall’altro, vittime – secondo le dichiarazioni dei collaboratori di giustizia Giuseppe Simioli, Giuseppe Ruggiero e Teodoro Giannuzzi – di una faida interna alla camorra.
    Il movente? Il loro passaggio al gruppo dello scissionista emergente Mario Riccio, mossa che avrebbe scatenato la furia dei clan Orlando e Polverino.

    Nonostante la gravità delle accuse e la detenzione già in atto per altri reati, i giudici napoletani hanno accolto le istanze di revoca della misura cautelare, disponendo la scarcerazione di Antonio Orlando, Angelo Orlando, Vincenzo Polverino e Armando Lubrano.
    Nel collegio difensivo gli avvocati Briganti, Alfonso Vozza e Antonio Rocco.

    Leggi AncheSiamo la redazione di Cronache della Campania. Sembra un account astratto ma possiamo assicurarvi che è sempre un umano a scrivere questi articoli, anzi più di uno ed è per questo usiamo questo account. Per conoscere la nostra Redazione visita la pagina “Redazione” sopra nel menù, o in fondo..Buona lettura! LEGGI TUTTO

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    Napoli, incendio Oasi degli Astroni: rinviati a giudizio i presunti responsabili

    Napoli. Un passo importante verso la giustizia per l’ambiente: la Procura di Napoli ha rinviato a giudizio i presunti responsabili dell’incendio che il primo agosto 2023 ha devastato l’Oasi WWF Cratere degli Astroni, divorando oltre 40 ettari di vegetazione all’interno e all’esterno dell’area protetta.PUBBLICITA

    Le fiamme, scatenate dall’esplosione di fuochi d’artificio in un’area adiacente all’Oasi, hanno rappresentato un vero e proprio disastro ambientale. Come sottolinea il WWF, “eventi drammatici come questi spingono ancora una volta l’organizzazione a raddoppiare gli sforzi per diffondere la cultura della responsabilità e del rispetto per l’ambiente”.

    Punti Chiave ArticoloL’impegno del WWF si traduce in azioni concrete, come l’installazione di termocamere in alcune Oasi per monitorare il territorio in tempo reale e garantire un rilevamento tempestivo degli incendi boschivi. Le indagini e le accuse L’attività investigativa, coordinata dal Procuratore Aggiunto Antonio Ricci e diretta dal Sostituto Procuratore Giulio Vanacore, ha permesso di raccogliere gravi indizi di colpevolezza a carico di due uomini, un 36enne e un 61enne entrambi residenti a Napoli.
    Quest’ultimo, gestore di un ristorante vicino all‘Oasi, aveva a disposizione aree adibite a parcheggio per i clienti della sua struttura.
    Secondo l’accusa, i due imputati avrebbero consentito e fatto esplodere fuochi pirotecnici, le cui scintille hanno innescato l’incendio. Inoltre, non avrebbero avvisato i soccorsi, aggravando le conseguenze del rogo. Le fiamme, propagate dal vento, si sono espanse rapidamente, distruggendo 40 ettari di prezioso ecosistema. Ora, con il rinvio a giudizio, i due presunti responsabili dovranno rispondere delle loro azioni di fronte alla Corte. Il processo sarà l’occasione per fare luce sulle dinamiche dell’incendio e per accertare le responsabilità.
    Il WWF, parte civile nel processo, continuerà a seguire con attenzione l’evolversi della vicenda, auspicando che la giustizia sia fatta e che tali crimini contro l’ambiente non rimangano impuniti. Leggi Anche LEGGI TUTTO

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    Il summit a casa di Patrizio Bosti nei 5 giorni di libertà e la decisione di uccidere Salvatore Barile

    Patrizio Bosti, per un errore di calcolo nella determinazione del cumulo di pene, fu scarcerato in data 11 maggio 2020.PUBBLICITA

    Trascorre 5 giorni in libertà, per poi essere nuovamente arrestato il 16 maggioPunti Chiave Articolo2020. In questo frangente, rientrato a Napoli, riprendeva immediatamente le redini del clan, come attestato dalla intercettazioni, e convocava immediatamente i suoi più fidati accoliti.
    In quella stessa data conferì il ruolo di suo “nuovo” luogotenente a Migliaccio Antonio, figlio del più noto Migliaccio Giovanni, affiliato al clan Contini e all’epoca detenuto. Tutto ciò emerge dalle conversazioni intercettate sulla utenza in uso a OlivaAnnunziata, madre di Migliaccio Antonio, nonché dalle intercettazioni registrate in carcere durante i colloqui tra il detenuto Giovanni Migliaccio e i familiari.
     L’investitura a boss di Antonio Migliaccio Le conversazioni sono contenute nelle quasi 900 pagine dell’ordinanza cautelare, firmata dal gip Antonio Santoro, che ha colpito lo stesso boss Patrizio Bosti alla vigilia di una nuova e imminente scarcerazione, i figli Ettore e Flora e il genero Luca Esposito.
    In quella data infatti Bosti decideva una totale inversione delle linee strategiche dell’associazione, fino a quel momento impostate su una sostanziale pax mafiosa col cartello contrapposto dei Mazzarella, convocando un esponente apicale di quest’ultimo sodalizio, Salvatore Barile , detto Totoriello, con l’intenzione — emersa circa 2 anni dopo dalle intercettazioni ambientali effettuate a casa di Mazzarella Ciro di ucciderlo. Il tutto all’insaputa degli allora reggenti del clan, ovvero Botta Carmine e De Luca Gennaro, dei quali evidentemente non condivideva la gestione, tanto vero che Bosti, rientrato sul territorio, non lì convoca davanti a sé, così confermandosi l’ipotesi che egli volesse investire del ruolo di suo luogotenente Migliaccio Antonio.
    E’ verosimile che alla base di tale scelta strategica vi fosse il malcontento del boss Patrizio Bosti in ordine alla gestione delle casse del clan: ed infatti, come emergerà dai colloqui seguiti al suo successivo arresto e dalle dichiarazioni di Luca Esposito, egli aveva trovato un “buco” nelle casse del clan di diversi milioni di euro. Bosti si informò anche della gestione di territori storicamente sotto il controllodell’Alleanza di Secondigliano, come Giugliano in Campania, dove è da anniegemone il clan Mallardo, confederato nel cartello criminale. Anche questo scrive il gip: “Lo si ricava dalle intercettazioni effettuate presso il domicilio di Lìcciardi Maria, (all’epoca ancora libera e al vertice del clan Licciardi) dalle quali emergeva che, nel breve periodo di libertà, Patrizio Bosti aveva incontrato Comite Oreste, affiliato al clan Mallardo, per essere ragguagliato sulla attuale situazione criminale di Giugliano e che, in quella sede, il Bosti aveva riconosciuto al Comite la piena intraneità al sodalizio (“Disse Lui “o Mellò …incomp… disse “Tu sei la famiglia, Ok?” .(ndr. A bassa voce)…”. Poi sempre su richiesta di Patrizio Bosti, Oreste Comite aveva fissato un incontro con Amicone Giuliano, allora reggente del clan Mallardo, verosimilmente per informarsi sulla gestione del medesimo, incontro, poi, non avvenuto a seguito del nuovo arresto del Bosti. L’immediata risposta dei suoi sodali alla sua “convocazione”, la fibrillazioneregistrata nelle conversazioni telefoniche per il suo rientro a Napoli, I’investitura, nel contesto di una nuova strategia, di Migliaccio Antonio quale suo luogotenente, la preoccupazione suscitata tra i suoi avversari del clan Mazzarella per l’imminente definitiva scarcerazione, all’epoca prevista per la fine di giugno 2022. Ci cono agli atti conversazioni ambientali tra Barile Salvatore e Mazzarella Ciro, nelle quali, intuita la volontà di Bosti Patrizio di uccidere il primo, i due si preparano alla “guerra” con l’Alleanza di Secondigliano, passando in rassegna gli affiliati da coinvolgere e facendo il punto sull‘assetto attuale del cartello criminale e sulla possibilità di reperire armi), l’interesse mostrato per gli assetti criminali sul territorio di pertinenza, a Napoli e in provincia, E il gip scrive: “Queste fibrillazioni indicano inequivocabilmente che Patrizio Bosti è, nonostante la detenzione in regime speciale, ancora tenacemente al centro della scena criminale partenopea, che è ancora un personaggio dalla caratura criminale di primissimo piano, in grado, ove scarcerato, di tornare immediatamente al comando del cartello da lui diretto”. Leggi AncheGiuseppe Del Gaudio, giornalista professionista dal 1991. Amante del cinema d’azione, sport e della cultura Sud Americana. Il suo motto: “lavorare fa bene, il non lavoro: stanca” LEGGI TUTTO

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    La  Cassazione annulla ordinanza 41bis per boss Belforte

    Si intravedono possibilità di un allentamento del carcere duro per Domenico Belforte, capo del clan omonimo attivo nel Casertano, tra Marcianise, Capodrise e il capoluogo.PUBBLICITA

    Belforte è detenuto al 41bis dal 2007 e in carcere dal 1998. La Corte di Cassazione ha annullato l’ordinanza emessa il 16 aprile scorso dal Tribunale di Sorveglianza di Roma, che aveva respinto il reclamo scritto dallo stesso Belforte, dopo che il Ministro della Giustizia aveva prorogato di due anni il regime del 41bis nel settembre precedente.

    Accogliendo il ricorso presentato dall’avvocato difensore di Belforte, Mariano Omarto, la Suprema Corte ha rinviato il procedimento al Tribunale di Sorveglianza di Roma, ma a una sezione diversa da quella che aveva deciso in precedenza.
    Le motivazioni della decisione non sono ancora note, ma l’annullamento con rinvio alimenta le speranze di Belforte. Nel reclamo, Belforte si era dichiarato claustrofobico, affermando di non poter resistere a trascorrere 22 ore in cella come previsto dal regime 41bis.

    Inoltre, aveva espresso la volontà di collaborare per ritrovare il corpo di una donna uccisa, sostenendo l’estraneità sua e della moglie all’omicidio dell’amante.

    I giudici di sorveglianza di Roma avevano respinto il reclamo poiché, a loro parere, “Belforte continua ad avere un ruolo apicale e non ha mostrato segni di pentimento né di distacco definitivo dalle logiche criminali del clan di provenienza”.
    Inoltre, ritenevano che fosse “incessante lo sforzo di Belforte di veicolare all’esterno ordini e indicazioni di azioni criminali a sodali liberi o detenuti”.

    Leggi AncheCollaboratore di lunga data di Cronache della CampaniaDa sempre attento osservatore della società e degli eventi.Segue la cronaca nera. Ha collaborato con diverse redazioni. LEGGI TUTTO

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    Latina, i carabinieri arrestano una coppia di Torre Annunziata

    Nel corso della mattinata di domenica, a Latina, i carabinieri della Stazione locale, dopo giornate di pedinamenti, hanno tratto in arresto un 44enne residente nel capoluogo pontino e domiciliato a Torre Annunziata. L’uomo è stato raggiunto da un provvedimento emesso dall’ufficio esecuzioni penali del Tribunale di Latina, per dei reati legati alla detenzione ai fini […] LEGGI TUTTO

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    Camorra, il boss Patrizio Bosti arrestato sull’uscio del carcere

    La Squadra Mobile di Napoli, il Nucleo Investigativo dei Carabinieri, la Guardia di Finanza e la Polizia Economico-Finanziaria, su disposizione della Direzione Distrettuale Antimafia, hanno arrestato il boss Patrizio Bosti i figli Ettore Bosti e Flora Bosti e il genero Luca Esposito (marito dell’altra figlia Maria).PUBBLICITA

    Punti Chiave ArticoloTutti accusati di  associazione mafiosa, minacce, riciclaggio e autoriciclaggio.
    In particolare al boss, che stava per essere scarcerato, viene contestato di aver approfittato di una breve scarcerazione di due anni fa (grazie a un calcolo errato nella definizione dei giorni da scontare) per riorganizzare la famiglia criminale dell’Alleanza di Secondigliano. Gli investigatori avevano piazzate delle microspie nella sua abitazione di via Briganti al Vasto. E appena arrivato a casa Bosti avrebbe convocato i summit dettando le regole da tenere nei rapporti con i nemici del clan Mazzarella.
    Il summit intercettato a casa Bosti in via Briganti al Vasto E in quella occasione aveva affidato incarichi direttivi a soggetti di propria fiducia, decidendo una totale inversione delle linee strategiche del clan (fino a quel momento impostate su una sostanziale pax mafiosa con il contrapposto cartello dei Mazzarella).
    E sempre in quella occasione aveva impartito disposizioni agli affiliati che dovevano imporre ai soggetti intranei e/o contigui a non collaborare con la giustizia, oppure ad interrompere il percorso collaborativo. E allo stesso tempo aveva ricucito i rapporti con le altre famiglie criminali affiliate alla Alleanza di Secondigliano e, infine, dando indicazioni in ordine alla distribuzione delle “mesate”.
    I Bosti avevano riciclato in società di rifiuti ferrosi, telefonia e locazione di immobili Dalle indagini è emerso anche che Patrizio Bosti e il figlio Ettore Bosti avrebbero riciclato i proventi di truffe in società operanti nei settori dei rifiuti ferrosi, della telefonia e della locazione di immobili, utilizzando prestanome in maniera particolare cittadini extracomunitari. Oltre agli arresti, sono state eseguite perquisizioni e sequestrati due immobili e 353.709,95 euro, ritenuti profitto del reimpiego di denaro illecito. Contestualmente alle misure cautelari personali, sono state eseguite perquisizioni delegate nei confronti ulteriori 9 soggetti, in quanto possibili detentori di denaro contante o altri beni per conto degli indagati. Leggi AncheGiuseppe Del Gaudio, giornalista professionista dal 1991. Amante del cinema d’azione, sport e della cultura Sud Americana. Il suo motto: “lavorare fa bene, il non lavoro: stanca” LEGGI TUTTO