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    Aggressione ad Airola: Giovanni Noviello condannato a 4 anni di carcere

    Si è tenuto dinanzi il Giudice Monocratico del Tribunale di Benvento Dott.ssa Rotili il processo a carico di Giovanni Noviello, 30 di Arpaia, difeso dall’ avvocato Mario Cecere, imputato di lesioni gravi e porto illegale di arma impropria (bastone), commessi a danno di Daniele Paolo, parte civile 36 anni di Airola, difeso dall’ avvocato Vittorio Fucci.
    Il Gup Dott.ssa Rotili, accogliendo le richieste dell’ avvocato Vittorio Fucci, ha condannato a 4 anni di reclusione Giovanni Noviello, di Arpaia. La condanna è stata esemplare avendo il Giudice disposto una pena superiore a quella richiesta dal Pm, che era di 3 anni e 8 mesi, e una provvisionale immediatamente esecutiva di 30 mila euro a favore di Daniele Paolo, oltre al risarcimento ulteriore che sarà liquidato in separata sede.
    Ha condannato, inoltre, il Noviello al pagamento delle spese processuali per la somma di 2 mila euro. Prescritto il reato di porto illegale d’ arma (un bastone). I fatti risalgono al 13 maggio 2018, allorquando il Noviello, nella piazza centrale di Airola, aggradì Daniele Paolo, colpendo al volto e procurandogli una grave lesione all’ occhio destro.
    Il fatto suscitò grande scalpore ad Airola, dove si tenne addirittura un consiglio comunale straordinario aperto sulla vicenda specifica e sulla sicurezza di Airola. LEGGI TUTTO

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    La morte di Maradona, ancora un mistero. Diego Jr.: “Ce l’hanno ammazzato”

    Le indagini sono ancora in corso, ma il figlio del Pibe de Oro è convinto che suo padre sia stato ucciso
    La morte di Diego Armando Maradona, avvenuta il 25 novembre 2020, continua a far discutere. Il figlio del Pibe de Oro, Diego Jr., è intervenuto in televisione per esprimere le sue convinzioni sulla vicenda.
    “L’indagine è tutt’ora in corso, ce l’hanno ammazzato”, ha dichiarato Diego Jr. in un’intervista a Verissimo. “Non doveva finire così. Non mi darò pace fino a quando non scoprirò la verità, l’ho promesso a mio padre”.
    Diego Jr. ha sempre sostenuto che la morte di suo padre non sia stata naturale. Secondo lui, Maradona è stato vittima di una serie di negligenze da parte dei medici che lo seguivano.
    Le indagini sono state avviate dalla procura di San Isidro, in Argentina. I medici accusati di presunto omicidio e omissione di soccorso sono otto.
    Le prime indagini hanno portato a una serie di contraddizioni e a dubbi sulla ricostruzione ufficiale dei fatti. Ad esempio, è stato accertato che Maradona era stato lasciato da solo per ore dopo il malore che lo ha ucciso.
    Le indagini sono ancora in corso e non è ancora chiaro se si arriverà a una sentenza definitiva. Tuttavia, le dichiarazioni di Diego Jr. hanno contribuito a mantenere viva l’attenzione sulla vicenda e a sollevare nuovi interrogativi.

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    Clan Amato Pagano: 160 anni di carcere. Tutte le condanne

    Condanne complessive a oltre 160 anni di carcere ai ventiquattro imputati del clan Amato Pagano arrestati nel blitz del 2021.
    L’indagine, culminata nel blitz del 2021, aveva confermato Marco Liguori come emergente capo del clan Amato-Pagano. Tra gli arrestati figurava anche Antonio Papa, ex presidente dell’Aicast, sospettato di partecipare direttamente alle attività criminali del clan facilitando i rapporti con commercianti e imprenditori.
    La sede dell’Aicast ospitava le riunioni del clan e gli incontri con le vittime delle estorsioni. Nel marzo 2020, Papa aveva richiesto l’intervento di una task force delle forze dell’ordine, dichiarando preoccupazione per i numerosi furti che stavano colpendo i negozi in una Melito semi deserta a causa dei contagi.
    L’indagine -come anticipato da Il Roma in edicola oggi-aveva rivelato l’esistenza di una forma innovativa di estorsione, affiancata da quella tradizionale con l’imposizione di tre rate annuali e l’acquisto obbligatorio di gadget natalizi. Gli inquirenti stimavano che circa 500 individui fossero vittime del clan.
    Il clan Amato-Pagano è tornato a crescere grazie a un sistema criminale che ha coinvolto uomini in divisa, imprenditori e rappresentanti dei commercianti.
    Il processo di secondo grado si è concluso ieri sera con la sentenza della Corte d’appello di Napoli.
    Ecco le condanne pronunciate:
    Massimiliano Aricò: 2 anni e 8 mesiSebastiano Aruta: 6 anni e 8 mesiRosario Balido: 3 anni e 4 mesiSalvatore Chiariello: 7 anni e 4 mesiClaudio Cristiano: 5 anni e 8 mesiLuciano De Luca: 4 anni e 5 mesiDomenico De Mase: 6 anni e 8 mesiRaffaele De Pancis: 7 anni e 7 mesiDomenico Di Girolamo: conferma di 6 anniMaria De Luca: conferma di 8 anniGiuseppe Liccardo: 4 anni e 5 mesiMarco Liguori: 7 anni e 8 mesi (contro i precedenti 11 anni)Vincenzo Maglione: 4 anni e 5 mesiGianni Maisto: 8 anni e 4 mesi in continuazioneAntonio Miliardi: 7 anni e 4 mesiFortunato Murolo: 6 anni e 8 mesiAntonio Papa: conferma di 13 anni e 4 mesiGiuseppe Pellecchia: 8 anni e 4 mesiMichele Riso: 4 anni e 8 mesiSalvatore Roselli (pentito): 5 anni e 4 mesiAndrea Severino: 12 anni e 8 mesi in continuazioneNicola Schiavone: 6 anniGiuseppe Sinistro: conferma di 9 anni e 4 mesiRaffaele Tortora: 7 anni
    Il processo ha confermato che Marco Liguori è il nuovo boss del clan Amato-Pagano.La lista delle vittime contava, secondo gli inquirenti, circa 500 soggetti. LEGGI TUTTO

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    Stupri a Caivano, fissati gli incidenti probatori delle cuginette

    Sono state stabilite le date degli incidenti probatori relativi alle due cuginette vittime di abusi a Caivano, in provincia di Napoli.
    Otto giovani, di cui due maggiorenni e sei minorenni, sono indagati in relazione a questo caso. Le bambine saranno ascoltate in modalità protetta il 19 e il 22 gennaio prossimi. Alle audizioni saranno presenti il sostituto procuratore Claudia De Luca e il gip Umberto Lucarelli per la Procura per i Minorenni di Napoli.
    Per la Procura di Napoli Nord, che sta gestendo il caso dei due maggiorenni, saranno presenti i sostituti procuratori Sabrina Navarro e Maria Carmen Quaranta, insieme al gip Fabrizio Forte.
    L’avvocato Clara Niola, rappresentante legale dei genitori di una delle due bambine, commenta: “Siamo certi che l’audizione delle minori avverrà nel clima più sereno possibile, a garanzia sia delle genuinità del ricordo, dell’acquisizione della prova e, soprattutto, della serenità delle minori, per evitare il rischio di vittimizzazione secondaria”. LEGGI TUTTO

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    Omicidio Ugo Russo, nominato perito per l’esperimento giudiziale

    È stato designato il perito Emanuele Paniz per condurre l’esperimento giudiziale nel contesto del processo sull’omicidio di Ugo Russo, il quindicenne ucciso da un carabiniere nella notte del 29 febbraio 2020 nel borgo Santa Lucia di Napoli.
    La vittima, armata di una replica di pistola e in compagnia di un complice, stava cercando di rapinare l’orologio del militare. La Corte di Assise di Napoli (prima sezione, presidente Annunziata) ha incaricato il perito Paniz di effettuare accertamenti mirati a determinare la distanza tra il quindicenne e il carabiniere al momento dello sparo considerato mortale.
    Questo dato è essenziale per stabilire se Ugo Russo sia stato colpito quando si trovava nelle immediate vicinanze del carabiniere o se era già in fuga a una distanza di circa 9-10 metri, quando è stato sparato il colpo.
    È importante notare che i colpi non sono stati esplosi contemporaneamente, ma in due momenti separati. Il perito dovrà presentare i risultati degli esperimenti, mirati a ricreare le stesse condizioni della tragica notte, entro un periodo di 90 giorni.
    Oggi, come testimoni, sono stati ascoltati anche i carabinieri responsabili dei primi accertamenti. L’imputato, accusato di omicidio volontario aggravato dalla Procura di Napoli (pm Simone de Roxas), è difeso dagli avvocati Roberto Guida e Mattia Floccher. La famiglia Russo è rappresentata nel procedimento dagli avvocati Domenico Di Donato, Giovanni Fusco e Antonio Mormile. LEGGI TUTTO

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    Diffamazione all’influencer Imperatrice: il 26 gennaio la decisione del Tribunale su Pino Grazioli

    Il 2 gennaio scorso, davanti al Tribunale di Napoli in composizione monocratica, si è tenuta l’udienza predibattimentale del processo che vede imputato di diffamazione col mezzo della stampa il sig. Giuseppe (detto Pino) Grazioli Somma, giornalista pubblicista, e nella veste di persona offesa la nota influencer napoletana Mariagrazia Imperatrice.
    La vicenda riguarda alcune trasmissioni del giornalista Pino Grazioli Somma sulla piattaforma Facebook, che prendevano di mira la signora Imperatrice. In particolare il cronista, nel commentare la notizia diffusa il giorno di Natale 2022 dalla influencer, che aveva annunciato a sua nonna – anch’essa conosciuta per le sue apparizioni su Facebook come Nonna Margherita – ed ai suoi follower di aspettare un bambino, la chiamava sardonicamente “Cenerentola”, e si chiedeva chi tra i 7 nani fosse il padre del nascituro, canzonandola in vernacolo: “Cenerentola è incinta! Chi è stato dei sette nani chi è stato? Chi sette nani è stato? Cucciolo, Pisolo, Brontolo, Chiavetonolo, Mammolo, Trombettonolo …”.
    Sicché, il pubblicista Pino Grazioli Somma è chiamato a rispondere di diffamazione aggravata, perché, a leggere il capo di imputazione, “con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso, in qualità di giornalista pubblicista, nel corso di dirette avviate sulla piattaforma Facebook”, avrebbe sostenuto che “non era nota l’identità del padre del nascituro, avendo la sig.ra Imperatrice numerosi partner … così provocando i commenti di altri utenti della piattaforma che a loro volta la denigravano”.
    Il processo contro il cronista Pino Grazioli Somma, nel quale la signora Imperatrice si è costituita Parte civile con il patrocinio dell’avvocato Francesco Cafiero de Raho, e che all’udienza del 2 gennaio ha visto respinta la richiesta di non luogo a procedere avanzata dal difensore del giornalista, avvocato Massimo Viscusi, proseguirà il prossimo 26 gennaio davanti al Giudice della sez. VII.ma del Tribunale di Napoli, dott.ssa Maria Brunetti Pierri. LEGGI TUTTO

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    Camorra, restiuiti alla famiglia Montescuro tutti i beni confiscati

    La Corte d’Appello di Napoli ha accolto l’appello proposto dai difensori di Luca Montescuro alias Enzuccio, figlio di Carmine detto o Menuzz, difeso dagli avvocati Immacolata Romano e Giuseppe Milazzo, nei cui confronti lo scorso mese di marzo gli agenti della Sezione Misure di Prevenzione Patrimoniali della Questura di Via Medina davano esecuzione ad un decreto di confisca di beni, emesso dal Tribunale di Napoli, per un valore di 500.000,00 euro.
    Già in primo grado i due difensori erano riusciti a far dissequestrare tre negozi, un deposito, diversi rapporti bancari e finanziari e due veicoli (una Mini Cooper ed una Fiat 500X), ottenendo anche l’inammissibilità per l’applicazione della sorveglianza speciale nei confronti di Luca Montescuro, in carcere dal 2008 ed attualmente in detenzione domiciliare, per essere stato ai vertici di un sodalizio che distribuiva droga proveniente dalla Spagna sul territorio campano e per aver partecipato a svariati assalti ai tir in autostrada.
    Oggi i giudici di secondo grado hanno accolto le argomentazioni delle difese, restituendo al pregiudicato anche i due appartamenti di sua proprietà, siti nel quartiere Sant’Erasmo, inizialmente confiscati su proposta della Questura e della Procura della Repubblica di Napoli. Il verdetto finale infatti ha dato ragione al figlio di o Menuzz ed ai suoi avvocati, restituendogli tutti i beni confiscati. LEGGI TUTTO

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    Clan Massaro: disposta per il boss Vincenzo Carfora la trascrizione delle intercettazioni

    Si è tenuta davanti al Tribunale di Santa Maria Capua Vetere il processo a carico del boss Vincenzo Carfora, alias  O’ Cantante, 54 anni di Forchia e residente a San Felice a Cancello frazione Talanico.
    Il boss è imputato di associazione camorristica e di estorsioni aggravate dal metodo mafioso, difeso di fiducia dall’ avvocato Vittorio Fucci. In particolare a Carfora viene contestato l’ appartenenza al clan Massaro, come figura di vertice, e diverse estorsioni aggravate dal metodo mafioso, per fatti verificatasi tra la Valle Caudina, la Valle di Suessola.
    Il Carfora, come è noto, dopo una lunga battaglia giudiziaria, a seguito di varie istanze e ricorsi, tra Riesami e Cassazioni, proposte dal suo difensore di fiducia avvocato Vittorio Fucci, fu clamorosamente scarcerato nel 2019, mentre gli altri presunti appartenenti al clan rimasero in carcere e furono condannati.
    Successivamente il Carfora, tutt’ oggi a piede libero, è stato tradotto in giudizio davanti al Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, che ha disposto la trascrizione delle intercettazioni telefoniche e ambientali che fanno parte del corredo probatorio del processo. Pertanto il Tribunale ha affidato l’ incarico per tale trascrizione al perito.
    Precedentemente il Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, a seguito di una seconda perizia, aveva deliberato la capacità di intendere e di volere del Carfora, assistito per quest’ atto da altro difensore. Il Tribunale ha rinviato il processo all‘ 11 aprile 2024. LEGGI TUTTO

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    Omicidio Vassallo: il boss pentito Imperiale svela la pista della cocaina

    Il pentito Raffaele Imperiale, ex boss del narcotraffico, sarà interrogato dai pm che indagano sull’omicidio del sindaco di Pollica, Angelo Vassallo, avvenuto nel 2010.
    Questo perché ha rivelato dettagli interessanti durante uno dei suoi ultimi interrogatori. Ha infatti menzionato Bruno Carbone, il suo ex braccio destro, e come questi avesse legami con l’ex boss del parco Verde di Caivano quel Pasquale Fucito, noto come ‘o marziano oppure Shrek, condannato a 16 anni di carcere per traffico internazionale di droga.
    Imperiale ha anche riportato dettagli personali sulle spese del periodo, svelando informazioni sulla gestione finanziaria e gli investimenti di denaro.
    È da notare che questo passaggio è particolarmente interessante perché ben collegato alle indagini sull’omicidio del sindaco e al coinvolgimento di ex carabinieri napoletani. La testimonianza di Imperiale potrebbe svelare collegamenti e dinamiche che contribuiranno all’indagine e ribaltare la narrativa dell’assassinio.
    L’interrogatorio del pentito è atteso con grande interesse, poiché i dettagli rivelati potrebbero essere determinanti per risolvere il mistero dell’omicidio di Vassallo. LEGGI TUTTO

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    Arrestati i rampolli del clan Moccia autori del violento pestaggio nella discoteca a Pozzuoli

    Figli d’arte crescono nel segno della violenza e della sopraffazione camorristica. I giovani rampolli della camorra sempre pronti a tirare fuori coltelli o altre armi pur di dimostrare la propria prepotenza.
    Era accaduto anche il 19 novembre scorso all’esterno di una discoteca di Pozzuoli dove due ragazzi furono selvaggiamente aggrediti e ridotti in fin di vita da quattro rampolli del clan Moccia di Afragola.
    E stamane a poco più di un mese dalla brutale aggressione su delega del Procuratore della Repubblica di Napoli la Polizia di Stato ha eseguito un’ordinanza di custodia cautelare che ha disposto la misura carceraria nei confronti di Gianluca Forte, Antonio Nobile e   Domenico Di Micco e la misura degli arresti domiciliari per Luigi Forte per i reati di tentato omicidio e lesioni aggravate in concorso.
    I due fratelli Forte sono figli di Giovanni, attualmente in carcere e ritenuto contiguo al clan Moccia di Afragola così come Antonio Nobile, figlio di Raffaele, pure lui in carcere per legami con i Moccia.
    I quattro giovani colpiti dall’ordinanza cautelare sono stati riconosciuti grazie alle immagini della discoteca di Pozzuoli in cui il 19 novembre scorso avvenne una violenta aggressione per futili motivi ai danni di due giovani.
    Uno dei feriti fu colpito da una coltellata all’addome riducendolo in fin di vita
    Uno dei quali era stato ferito con un fendente all’addome ed era giunto in pericolo di vita presso l’ospedale di Pozzuoli, ove poi era stato sottoposto ad un delicato intervento chirurgico mentre la seconda vittima era stata colpita più volte con calci pugni ed una mazza da baseball.
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