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Processo “cella zero” a Poggioreale: tutti assolti i 12 agenti penitenziari
“Il fatto non sussiste”: hanno tutti rinunciato alla prescrizione e sono stati tutti assolti gli agenti della polizia penitenziaria coinvolti nel cosiddetto processo sulla “cella zero” nel carcere napoletano di Poggioreale.
La sentenza riguarda una decina di agenti ai quali venivano contestati abusi e lesioni ai danni dei detenuti. La sentenza è stata pronunciata in mattinata a Napoli, dal giudice Diego Vargas (terza sezione penale).
I presunti maltrattamenti vennero denunciati da quattro ex detenuti del carcere di Poggioreale tra il 2012 e il 2014. Il processo prese il via nel 2018 e l’introduzione del reato di tortura (che non poteva essere contestato come invece è avvenuto per i fatti di Santa Maria Capua Vetere) è risalente al 2017.
Il collegio difensivo è stato composto, tra gli altri, dagli avvocati Marcello Severino, Carmine Capasso, Carlo De Stavola, Elisabetta Montano e Marco Monica. LEGGI TUTTODdetenuta di Portici morta in carcere a Parigi: aperta un’inchiesta
La Procura di Roma ha aperto un fascicolo di indagine in relazione alla morte, che risale al 21 gennaio scorso, di Gilda Ammendola, la 32enne trovata impiccata in carcere a Parigi dove era stata trasferita dopo un arresto.
In base a quanto si apprende i pm di piazzale Clodio indagano per istigazione al suicidio e avrebbero disposto l’autopsia della donna che è originaria di Portici.
L’esame autoptico dovrebbe svolgersi la prossima settimana a Napoli dove, nel frattempo, è stata trasferita la salma.
La procura di Roma ha avviato una indagine alla luce di un esposto presentato dai familiari della 30enne, assistiti dall’avvocato Domenico Scarpone, col quale chiedono di fare chiarezza su quanto avvenuto nel penitenziario di Fleyry-Merogis a Parigi. LEGGI TUTTOIl boss Marco Raduano evaso dal carcere di Nuoro: è caccia all’uomo
Attivate anche nel Gargano e nel Foggiano le ricerche di Marco Raduano il quarantenne boss della mafia di Vieste evaso ieri sera dal carcere di massima sicurezza di Badu’ e Carros di Nuoro.
Raduano è riuscito a scappare calandosi dal muro di cinta dell’istituto penitenziario con lenzuola. Subito dopo la fuga in Sardegna è scattata la caccia all’uomo con controlli e posti di blocco anche ai porti e agli aeroporti.
Caccia all’uomo scattata anche sul Foggiano e, in particolare, sul Gargano dove il latitante potrebbe trovare aiuto e protezione. Raduano il 3 febbraio scorso era stato condannato, in via definitiva, alla pena di 19 anni di reclusione per associazione a delinquere per il traffico di sostanze stupefacenti, aggravata dal metodo mafioso.
Raduano è coinvolto anche nell’omicidio di Giuseppe Silvestri, membro del clan della mafia garganica Li Bergolis-Miucci-Lombardone, assassinato il 21 marzo 2017. Del delitto è accusato Matteo Lombardi. Secondo le rivelazioni di un pentito con Lombardi vi era anche Raduano. LEGGI TUTTOAvvocato portava la droga in carcere al cliente: arrestati
Avvocato a colloquio con il cliente in carcere trovato in possesso di 400 gr. hashish ed in microtelefono cellulare: arrestati entrambi.
Il 17 febbraio 2023 personale della Polizia Penitenziaria della Casa Circondariale di Santa Maria Capua Vetere, ha dato esecuzione ad una ordinanza emessa dal G.I.P. presso il Tribunale di Santa Maria Capua Vetere su richiesta di questa Procura con la quale è stata applicata la misura cautelare nei confronti di un avvocato del Foro di Napoli e del proprio assistito, quest’ultimo detenuto per altri fatti nel penitenziario sammaritano.
L’attività d’indagine ha avuto origine quando, immediatamente dopo il colloquio tra l’avvocato ed il detenuto all’interno del carcere di Santa Maria Capua Vetere nella stanza destinata ai colloqui tra i detenuti ed i loro difensori, quest’ultimo, sottoposto ad accurata perquisizione personale, veniva trovato in possesso di quattro panetti da circa 100 grammi ciascuno di stupefacente del tipo “Hashish”, di un micro telefonino con scheda SIM e caricabatteria con cavetto occultati sulla sua persona.
Avvocato portava droga in carcere: 4 panetti di hashish
Sono stati effettuati successivamente altri accertamenti all’esito dei quali è stata emessa la misura cautelare.
L’avvocato ed il detenuto, da ritenersi innocenti fino a sentenza definitiva, sono stati sottoposti rispettivamente alle misure cautelari degli arresti domiciliari e della custodia in carcere. LEGGI TUTTOViolenti scontri tra detenuti napoletani e stranieri nel carcere minorile di Airola
Violenti scontri sono avvenuti ieri pomeriggio carcere minorile di Airola, in provincia di Benevento dove c’è stato uno scontro tra detenuti stranieri e detenuti napoletani.
I disordini si sono protratti fino a notte. Secondo quanto si apprende, prima che tornasse la calma un gruppo di carcerati ha letteralmente sdradicato la porta blindata di una cella, causando lesioni ai muri della sezione detentiva.
“Gli istituti minorili campani – commentano Auricchio Ciro dell’USPP e Eugenio Ferrandino della UIL P.A. PP – sono diventati una miscela esplosiva a causa della promiscuità tra detenuti italiani e stranieri. Proprio questi ultimi – sottolineano i due sindacalisti – si sono resi resi autori di svariati atti di violenza, anche nei confronti del personale di polizia penitenziaria e sono riluttanti a qualsiasi regola o trattamento penitenziario”.
Durante gli scontri tra detenuti napoletani e stranieri sdradicata la porta blindata di una cella
In sostanza, secondo Auricchio e Ferrandino, “vanno ad aggiungersi a quelli del nostro territorio aggravando una situazione già precaria”.
“Chiediamo – concludono i due sindacalisti – la chiusura parziale dell’istituto minorile e l’inizio dei lavori già in calendario e ormai non più rinviabili visto la decadenza strutturale dell’istituto airolese. Complimenti, infine, al comando dell’istituto, che con grande professionalità a evitato il peggio”. LEGGI TUTTOViolenze in carcere a Santa Maria Capua Vetere, la Procura chiede condanne per due agenti
Prime richieste di condanna per gli agenti della Penitenziaria imputati nel processo per i pestaggi dei detenuti avvenuti nel carcere di Santa Maria Capua Vetere il 6 aprile 2020 per sedare una rivolta.
La Procura di Santa Maria Capua Vetere ha infatti chiesto sei anni di reclusione per l’agente Angelo Di Costanzo e tre anni e otto mesi per l’agente Vittorio Vinciguerra, imputati per i reati di lesioni, abuso di autorità e tortura.
Per Vinciguerra la tortura è stata contestata in relazione ad un episodio avvenuto il 10 marzo 2020, ovvero quasi un mese prima dei pestaggi. I due poliziotti penitenziari sono stati gli unici a scegliere la strada dell’abbreviato, rito che comporta uno sconto di pena in caso di condanna ma non permette l’acquisizione di nuove prove e si basa solo su quelle raccolte durante le indagini.
Altri 105 imputati, tra agenti, funzionari del Dap (Dipartimento Amministrazione Penitenziaria) e medici dell’Asl, stanno invece sostenendo il processo con rito ordinario che si sta svolgendo nell’aula bunker (prossima udienza l’8 marzo) annessa al carcere delle violenze, la stessa dove si sta celebrando il processo abbreviato.
Contro i due agenti si sono costituite come parti civili decine di detenuti vittime dei pestaggi; e come nel processo ordinario, anche per questo abbreviato il Ministero di Grazia e Giustizia compare nella doppia veste di parte civile, legittimato dunque a chiedere un risarcimento ai due agenti, e di responsabile civile, che in teoria potrebbe essere chiamato a risarcire alle altre parti civili i danni nel caso in cui i due poliziotti, suoi dipendenti, non avessero le risorse per pagare dopo l’eventuale condanna. LEGGI TUTTOViolenze in carcere, due agenti scelgono il rito abbreviato
È partito ieri all’aula bunker del carcere di Santa Maria Capua Vetere il processo abbreviato a carico di due agenti della Polizia Penitenziaria imputati per le violenze ai danni di detenuti avvenuti il 6 aprile 2020 nell’istituto di pena casertano.
L’udienza è stata aggiornata dal giudice per l’udienza preliminare Pasquale D’Angelo al 14 febbraio, ed entro lo stesso mese dovrebbe arrivare a sentenza; entro poche settimane dunque ci sarà entro il primo verdetto per agenti che hanno preso parte alle violenze nei confronti di circa 200 detenuti del carcere di Santa Maria Capua Vetere mentre era in corso il lockdown per il Covid. LEGGI TUTTOAgente penitenziario preso a testate e pugni a Poggioreale dal figlio del boss
Aggredito da un detenuto nel reparto Alta Sicurezza. Ha riportato la rottura del setto nasale ed è in ospedale in attesa di essere operato
Ennesima aggressione ai danni di un poliziotto penitenziario all’interno del carcere napoletano di Poggioreale.
Il fatto è avvenuto stamani nel reparto di “Alta Sicurezza” denominato “Avellino” dove un detenuto, figlio di un elemento di spicco della criminalità organizzata della provincia di Napoli, si è scagliato contro un poliziotto penitenziario colpendolo al volto con una testata e poi un pugno.
A darne notizia è il segretario regionale dell’Asppe (confederata Consipe) della Campania Luigi Castaldo. Secondo quanto si apprende l’agente ha riportato la rottura del setto nasale e per questo motivo è stato ricoverato in ospedale dove ora si trova in attesa di un intervento chirurgico.
“Purtroppo parlare di trattamento e rieducazione in un contesto come Poggioreale – è il commento amaro di Castaldo – è pura utopia. La mancanza di personale mette in seria discussione l’operatività della Polizia penitenziaria e anche la sicurezza di tutti”.
Per Claudio Marcangeli, segretario generale dell’Asppe “il personale di Polizia penitenziaria è abbandonato a se stesso, non ha punti di riferimento: oggi manca il rispetto delle Istituzioni. Urge un segnale forte di presenza dello Stato affinché si ripristino i valori fondamentali di legalità e giustizia”.
Marcangeli, chiede “maggior rispetto per il Corpo di Polizia penitenziaria, quotidianamente martoriato da eventi critici quotidianamente che mettono in discussione il prestigio e l’onore di servitori dello Stato”.Continua a leggere LEGGI TUTTO
Porta mezzo chilo di droga al marito detenuto: arrestata
Santa Maria Capua Vetere. A riferire questa vicenda è il consigliere nazionale Osapp, organizzazione sindacale autonoma polizia penitenziaria, Emilio Fattorello.
Non è scappato il fare circospetto, di una moglie di un detenuto in procinto di effettuare il colloquio con il marito, gli attenti agenti hanno intensificato i controlli e hanno rinvenuto all’interno delle scarpe calzate dalla donna, dosi di sostanza stupefacente.
Le poliziotte penitenziarie hanno allora eseguito una puntuale perquisizione corporale, rinvenendo poi nelle parti intime altra droga occultata. La sostanza stupefacente di elevata quantità, circa 500 grammi risultava essere al narcotest hashish e cocaina.
La donna una ventiquattrenne proveniente dal litorale Domizio, è stata arrestata e portata nel carcere femminile di Pozzuoli su ordine del pubblico ministero di turno che ha disposto anche una perquisizione presso il domicilio della donna.
Il destinatario è un uomo condannato a 10 anni di carcere
L’Osapp: “Il presunto destinatario della droga risulterebbe un detenuto condannato a circa 10 anni per vari reati comuni. Doveva essere un’Epifania nel carcere sammaritano all’insegna del consumo di droga ma, ciò non è avvenuto grazie alla professionalità messa in campo dalle donne e uomini dei baschi blu ivi in servizio, ai quali va il compiacimento dell’Osapp, la legalità viene ancora garantita dalla polizia penitenziaria, tra mille difficoltà operative contro una criminalità sempre più spavalda.”Continua a leggere LEGGI TUTTO
Napoli, condannati i detenuti spacciatori del carcere di Secondigliano
Sentenza pesante per i due detenuti del carcere di Secondigliano che lo scorso 20 dicembre furono sorpresi con 79 grammi di hashish e uno smartphone dagli uomini della Polizia Penitenziaria, diretti dal comandante Gianluca Colella, a seguito di una perquisizione.
I due, ristretti nel circuito Alta Sicurezza, “in concorso tra loro detenevano illecitamente ai fini di spaccio 79 grammi di hashish e un telefono cellulare” occultati all’interno della cella.Il Tribunale di Napoli, su concorde richiesta delle parti ha applicato a R.E. e L.D.A. la pena di 4 anni di reclusione e 4000 euro di multa ciascuno oltre al pagamento delle spese processuali.
Un altro duro colpo alla criminalità organizzata che, sempre più frequentemente, sta cercando di estendere il suo raggio d’azione all’interno delle carceri investendo nel florido e redditizio mercato intramurale della droga e degli smartphone.Continua a leggere LEGGI TUTTO
Violenze nel carcere di Santa Maria Capua Vetere, al processo presenti 126 parti civili
Sono 126 le parti civili ammesse dalla Corte di Assise di Santa Maria Capua Vetere al processo per le violenze ai danni dei detenuti avvenute il 6 aprile del 2020 nel carcere sammaritano “Francesco Uccella”.Nel processo sono imputate a vario titolo per reati di tortura, omicidio colposo come conseguenza di tortura (reato contestato solo a ventidue imputati), lesioni pluriaggravate, abuso di autorità, falso in atto pubblico, 105 persone, quasi tutti agenti della Polizia Penitenziaria, ma anche funzionari del Dap (Dipartimento Amministrazione Penitenziaria) e medici dell’Asl di Caserta.
Delle parti civili ammesse, 117 sono detenuti riconosciuti dalla Procura di Santa Maria Capua Vetere come vittime delle violenze (erano in totale 177 ma una cinquantina non si è costituito), cinque sono associazioni, quattro già costituitesi durante l’udienza preliminare, mentre l’ultima, l’associazione “Italiastatodiritto”, si è costituita il 7 novembre scorso, prima udienza del dibattimento.
Figurano poi il garante nazionale e quello regionale dei detenuti, quest’ultimo – Samuele Ciambriello – determinante per l’avvio delle indagini sulle violenze grazie alle sue denunce raccolte dai detenuti picchiati.
Ci sono infine il Ministero della Giustizia e l’Asl di Caserta, che nel processo compaiono tanto come parti civili che nella veste di responsabili civili, per cui in teoria potrebbero avere un risarcimento in caso di condanna degli agenti o dei medici ed essere nello stesso chiamate a pagare nel caso in cui gli imputati non riuscissero a risarcire le vittime.
La Corte presieduta da Roberto Donatiello non ha poi accolto l’eccezione di nullità del decreto che ha disposto il rinvio a giudizio per deposito tardivo di atti di indagine da parte della Procura (depositati cioè dopo l’avviso di chiusura indagini del settembre 2021); istanza che era stata avanzata dal difensore di alcuni imputati, Giuseppe Stellato, che oggi, preso atto della decisione della Corte, ha annunciato che avanzerà sulla questione eccezione di incostituzionalità per violazione del diritto di difesa.
La Corte ha dato tempo fino al 20 dicembre per depositare memorie su tale questione. Altra eccezione respinta è quella di incompetenza per materia avanzata da Elisabetta Carfora, legale di altri imputati, soprattutto agenti penitenziari, che chiedevano di essere giudicati da un collegio di tribunale e non dalla Corte d’Assise, in cui siedono oltre ai giudici togati, anche i giudici popolari.
La richiesta si basava sulla circostanza che solo a ventidue imputati su 105 è contestato il reato per cui è competente la Corte d’Assise, ovvero la morte come conseguenza del reato di tortura (che porta la pena a 30 anni), fattispecie relativa alla morte del detenuto algerino Hakimi Lamine.
Si tornerà in aula il 28 dicembre per la decisione sull’eccezione di costituzionalità. Se dovesse essere superata tale questione senza rinvio alla Corte Costituzionale, allora la Corte dichiarerà aperto il dibattimento e si potrà partire con le attività istruttorie, ovvero il processo entrerà nel vivo con le prime testimonianze.Continua a leggere LEGGI TUTTO
Castel Volturno, barbiere ucciso dopo lite: restano in carcere padre e figlio
Castel Volturno, barbiere ucciso dopo lite: restano in carcere padre e figlio. Per l’omicidio di Luigi Izzo restano in carcere Alessandro Moniello di 49 anni e Roberto Moniello di 27, padre e figlio.Resteranno in carcere Alessandro Moniello di 49 anni e Roberto Moniello di 27, padre e figlio accusati dell’omicidio del barbiere 38enne Luigi Izzo, avvenuto il 5 novembre scorso a Castel Volturno.
Lo ha stabilito il tribunale del Riesame di Napoli che ha certificato la sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza confermando l’ordinanza di custodia cautelare emessa dal Gip del tribunale di Santa Maria Capua Vetere subito dopo il delitto e l’arresto dei due presunti responsabili da parte dei carabinieri.
Nei prossimi giorni si verrà a conoscenza di una decisione del Riesame forse più importante ai fini processuali, ovvero se i giudici partenopei hanno escluso, come richiesto dal legale dei due indagati, Giuseppe Guadagno, l’aggravante dei futili motivi contestata dalla Procura, circostanza che in teoria può comportare pene carcerarie fino a 30 anni.
La difesa, nell’istanza avanzata al Riesame, non ha chiesto infatti la scarcerazione, essendo il 47enne Alessandro Moniello reo-confesso, mentre sul figlio Roberto, accusato di concorso nel delitto avendo accompagnato il padre da Izzo, sono in corso ulteriori e approfondite indagini della Procura di Santa Maria Capua Vetere e dei carabinieri del Reparto Territoriale di Mondragone.
Izzo, come ricostruito dagli inquirenti sulla base delle testimonianze in particolare della moglie e delle suocera della vittima, presenti al momento del delitto, fu ucciso da Moniello in seguito ad una lite che aveva coinvolto il figlio Roberto, alla quale peraltro Izzo non aveva preso parte.
Era stato il fratello di Izzo, infatti, ad aver litigato con Roberto Moniello. Il papà di quest’ultimo però prese il figlio dopo la lite e, armato di coltello da cucina, si recò in auto da Luigi Izzo, e dopo averlo trovato mentre scendeva dall’auto davanti casa, lo accoltellò più volte al petto.
Moniello ha confessato alcune ore dopo, e ha fatto anche ritrovare l’arma del delitto, che aveva gettato in un canalone.Continua a leggere LEGGI TUTTO