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    Napoli, torna in carcere il clochard della Venere degli stracci

    Dopo aver ottenuto un permesso, Simone Isaia non è tornato al luogo dove era sotto arresti domiciliari, portando la Procura di Napoli a richiedere e ottenere l’aggravamento della misura cautelare nei suoi confronti.
    Isaia, 32 anni, è stato condannato a quattro anni di reclusione per essere ritenuto responsabile dell’incendio della “Venere degli Stracci”, opera di Michelangelo Pistoletto, avvenuto il 12 luglio scorso in piazza Municipio a Napoli, appena sistemata una quindicina di giorni prima.
    Attualmente detenuto in un carcere di Roma, Isaia non si trovava più presso la sua residenza, dove avrebbe dovuto essere secondo la conferma degli arresti domiciliari stabilita dal giudice per le indagini preliminari.
    Il giudice aveva respinto l’istanza di attenuazione della misura cautelare presentata dal suo legale, l’avvocato Carla Maruzzelli. L’aggravamento della misura cautelare è stato richiesto e ottenuto dalla Procura di Napoli, poiché si ritiene sussista il pericolo di fuga da parte di Isaia, che sembra essere particolarmente provato dalla vicenda giudiziaria.
    L’avvocato Maruzzelli ha annunciato un’istanza di appello contro l’aggravamento della misura cautelare, sostenendo fermamente l’assoluta estraneità del suo assistito alla vicenda, basandosi sugli atti processuali. LEGGI TUTTO

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    Avellino, ancora tensioni al processo Aste Ok

    Si è svolta oggi un’altra udienza movimentata al processo Aste Ok, che vede imputati esponenti del clan Partenio accusati di turbativa d’asta ed estorsione aggravata dal metodo mafioso.
    Il pm della Direzione distrettuale Antimafia, John Woodcock, ha depositato nuovi atti iscrivendo nel registro degli indagati altre nove persone, tra cui due avvocati del Foro di Avellino. A loro viene contestata l’ipotesi di accusa di corruzione in atti di ufficio.
    Secondo l’accusa, il coinvolgimento dei due avvocati sarebbe scaturito dopo le dichiarazioni rese in aula da alcuni testimoni per agevolare il clan Partenio.
    Le difese degli imputati si sono insorte dopo la presentazione di oltre seimila pagine di nuovi documenti prodotti da Woodcock.
    “Non possiamo far passare sotto silenzio questo modus operandi – ha sostenuto l’avvocato Claudio Botti -: viene aperto un filone parallelo con il coinvolgimento di testimoni che ora risultano indagati, senza dare il tempo alle difese di studiare la documentazione e dunque garantire l’esercizio pieno del mandato difensivo”.
    Le questioni sollevate sono state però rigettate dal collegio presieduto da Roberto Melone, giudici a latere Gilda Zarrella e Vincenza Cozzino, dopo una camera di consiglio. LEGGI TUTTO

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    Camorra, la lettera-testamento di Marcello Torre consegnata all’Anci

    Pagani. La lettera-testamento di Marcello Torre, il primo cittadino di Pagani ucciso dalla camorra l’11 dicembre del 1980, è stata consegnata alla figlia Annamaria e ad Agnese Moro, figlia di Aldo, al presidente nazionale di Avviso pubblico, Roberto Monta’, e al vicepresidente di Anci Campania, Antonio Del Giudice.La cerimonia si è svolta nell’aula del Consiglio regionale della Campania, in occasione di una giornata di riflessione per ricordare la figura del “sindaco gentile”, che fu assassinato dopo aver respinto le richieste del malaffare nel post terremoto dell’Irpinia.
    Annamaria Torre ha ringraziato tutti coloro che si sono impegnati per la memoria del padre e per la lotta alla camorra. “Sono grata alla Fondazione Polis, a Libera, ad Avviso Pubblico, all’Anci”, ha detto. “Abbiamo lottato tanto, ma sul mio percorso ho trovato don Tonino Palmese, don Luigi Ciotti, il Coordinamento dei familiari delle vittime innocenti e abbiamo vissuto tante battaglie di riconoscimento e di giustizia insieme”.
    Agnese Moro ha ricordato come le vite di Aldo e Marcello Torre siano state segnate dalla violenza della camorra. “Nelle loro vite si sono visti gli effetti delle scorie radioattive dell’irreparabile”, ha detto. “C’è una vicinanza spirituale tra Aldo e Marcello. Di loro è stato detto che sono stati uomini dello Stato, ma secondo me loro sono stati uomini della Repubblica, nel senso più forte che la parola Repubblica ha nella nostra Costituzione, cioè di un luogo di responsabilità comune tra chi ha dei ruoli pubblici e chi non li ha”.
    Il presidente della Fondazione Polis della Regione Campania, don Tonino Palmese, ha invitato tutti a ricordare che la Campania è la regione italiana con il maggior numero di vittime innocenti, uccise perché avevano fatto qualcosa, perché erano cittadini onesti.
    Ad aprire la discussione il presidente del Consiglio regionale, Gennaro Oliviero, che ha rimarcato l’importanza di diffondere l’impegno di Marcello Torre, affinchè “il suo sacrificio non sia dimenticato. In questi tempi, in cui nuove ombre si scagliano sul fronte criminale, il sindaco gentile ci ricorda che, per chi è impegnato nella pubblica amministrazione, dai più alti ai più bassi gradi, non può esistere il compromesso”.
    Del Giudice, delegato dal presidente nazionale dell’Anci per partecipare all’iniziativa, ha fatto notare che “sindaci si rimane per tutta la vita, perché solo chi ha potuto dedicarsi a questo ruolo e rappresentare la propria comunità, può capire che sia il momento più importante della vita di un uomo”.
    La lettera-testamento di Marcello Torre
    Nella lettera-testamento, scritta nel 1980, Marcello Torre annuncia il suo ritorno all’impegno politico e ammette di temere per la propria vita.
    “Ho deciso di tornare in politica – scrive Torre – perché credo che sia necessario continuare a lottare contro la camorra e per la legalità. So che questo mi espone a gravi rischi, ma sono disposto a tutto pur di difendere i valori in cui credo”.
    Torre parla anche della sua esperienza come sindaco di Pagani. “Sono stato un sindaco scomodo – scrive – perché ho sempre rifiutato di piegarmi alle richieste del malaffare. Questo mi ha portato a scontrarmi con la camorra, che mi ha minacciato più volte”.
    “Ma non mi arrendo – conclude Torre – Continuerò a lottare per un mondo migliore, in cui la legalità e la giustizia prevalgano sulla violenza e la sopraffazione”.
    Un impegno politico per la libertà
    La lettera-testamento di Marcello Torre è un documento importante, che testimonia l’impegno politico e civile di un uomo che ha sacrificato la propria vita per la libertà.
    La sua storia è un monito per tutti coloro che credono nella democrazia e nella legalità. LEGGI TUTTO

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    Mondragone, donna trovata morta nel baule, la figlia si avvale della facoltà di non rispondere

    Mondragone. La figlia di Concetta Infante, la donna di 77 anni trovata morta nei giorni scorsi in un baule nella sua abitazione di Mondragone, si è avvalsa della facoltà di non rispondere davanti agli inquirenti.
    La donna, Maddalena Infante, 54 anni, è indagata per occultamento di cadavere.
    Secondo quanto ricostruito dai carabinieri, la morte della donna risalirebbe ad oltre un mese fa. Il corpo è stato trovato in avanzato stato di decomposizione.
    L’autopsia, che si dovrebbe svolgere nei prossimi giorni all’istituto di Medicina Legale dell’ospedale di Caserta, sarà decisiva per chiarire le cause della morte.
    Se dovessero emergere segni di violenza sul corpo della 77enne, la posizione della figlia potrebbe aggravarsi.
    Ai carabinieri, la donna ha raccontato che la madre era rimasta vittima di un incidente domestico e che aveva deciso di chiudere il cadavere in un baule non avendo soldi per il funerale.
    I carabinieri, tuttavia, hanno scoperto che la 54enne, una volta morta la madre, ha ritirato due mensilità della pensione dall’ufficio postale.
    Questa – è emerso – ha ritirato la pensione senza alcuna delega della madre, forse in base ad una prassi che si tramandava da tempo.
    A trovare il corpo è stata l’altra sorella della 54enne, che vive e lavora in Abruzzo. La donna era andata a Mondragone perché da settimane non riusciva a mettersi in contatto con la madre, ma riceveva solo messaggi dal suo telefono, in cui c’era scritto di stare tranquilla.
    Le indagini sono in corso per ricostruire la dinamica dei fatti e chiarire le responsabilità della figlia. LEGGI TUTTO

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    La grande truffa al servizio sanitario nazionale: tutti i nomi dei coinvolti

    Era il medico di base Vincenzo Cerciello a capo della organizzazione della truffa al sistema sanitario nazionale scoperto dalla Guardia di Finanza a Pomigliano e che ha portato all’emissione dei 17 misure cautelari dal parte del Tribunale di Nola.Partendo dai movimenti del dottor Vincenzo Cerciello che è nata l’indagine della Guardia di Finanza.

    Nelle 435 pagine firmate dal gip Daniela Critelli viene rappresentato tutto il sistema truffaldino che aveva come partecipi la maggior parte della farmacie di Pomigliano compresa una comunale, alcuni medici, informatori scientifici e due laboratori di analisi.
    Complessivamente sono 23 gli indagati, sono tutti accusati a vario titolo, per truffa aggravata ai danni del Servizio sanitario Nazionale, falsità ideologica commessa dal pubblico ufficiale in certificati, corruzione e associazione per delinquere.
    Il provvedimento costituisce l’epilogo di complesse indagini che hanno consentito di ipotizzare l’operatività di due distinte associazioni per delinquere radicate sul territorio del comune di Pomigliano.
    Si ipotizza che le associazioni fossero funzionali alla commissione di una serie indeterminata di truffe ai danni del S.S.N. mediante la produzione di false prescrizioni di prodotti farmaceutici o di analisi cliniche di laboratorio.
    In particolare, secondo l’ipotesi investigativa – allo stato condivisa dal Giudice per le Indagini preliminari di Nola – la prima associazione avrebbe operato emettendo ricette aventi ad oggetto false prescrizioni di natura farmacologica in favore di soggetti esenti dal pagamento del ticket sanitario, in modo da assicurare la gratuita disponibilità dei farmaci, i quali – tuttavia – non sarebbero stati erogati ai formali beneficiari, così determinando l’indebito rimborso del costo dei prodotti a carico del S.S.N., con un corrispondente danno per le casse dell’A.S.L. territorialmente competente.
     I RUOLI DEGLI INDAGATI
    De Tommasis Giustino, titolare farmacia Alfa di Pomigliano,Fabio Averto informatore scinetifco,I Medici :Vincenzo Circiello, Mimma Marisa della Bruna, Giustino De Tommaso, Agostino LibioGrazia Maria Pisapia e Stefano Briganti titolari farmacia De Vita PomiglianoGianfranco Tanzillo Farmacia Tanzillo PomiglianoMassimo Finelli informatore fatmaceuticoMarianna Maione Franca Fucci direttrici Farmacia Municipalizzata 7Farmacia Romano di Luca RomanoFarmacia Internazionale di Luigi CricrìGiustino De Tommasis farmacia Alfa e San FeliceLaboratorio Alfa, Centro Diagnostico Terracciano
    TUTTI GLI INDAGATI
    AVERTO Fabio, 27 anni Portici divieto dimora PomiglianoBERNILE Francesca, 36 anni Pomigliano indagataBORRELLI Cira, 44 anni Pomigliano indagatoBRIGANTI Stefano, 35 anni Napoli sospensione farmacia 1 annoCIRCIELLO Vincenzo, 68 anni Pomigliano arresti domiciliariCRICRi’ Luigi, 49 anni Napoli divieto dimora PomiglianoD’ALISA Paola, 33 anni Somma Vesuviana indagataD’ONOFRIO Francesca 38 anni Pomigliano divieto contratti pub.amm. 1 annoDE FALCO Vincenzo Claudio, 62 anni Pomigliano indagatoDELLA BRUNA Mimma Marisa, 68 anni Marigliano interdittiva per un annoDE TOMMASIS Giustino, 65 anni Napoli sospensione farmacia 1 annoESPOSITO Giancarlo, , 33 anni Pomigliano sospensione servizio infermiere 1 annoFINELLI Massimo 52 anni m Boscoreale divieto dimora PomiglianoFUCCI Gravina, 62 anni Pomigliano sospensione farmacia 1 annoGAAMBARDELLA Maria Grazia Giuseppina, 43 anni Sant’AnastasiaLIBIO Agostino Ciro, 68 anni Pomigliano interdittiva per un annoMAIONE Marianna, 39 anni Pollena Trocchia sospensione farmacia 1 annoNOTORIO Fabio, 48 anni Pomigliano sospensione servizio infermiere 1 annoPISAPIA Maria Grazia, 74 anni Pomigliano sospensione farmacia 1 annoPURCARO Antonio, , 39 anni Pomigliano indagatoREGA Michela, 43 anni Castello di Cisterna indagataROMANO Luca, 60 anni Pomigliano sospensione farmacia 1 annoTANZILLO Gianfranco, 42 anni Acerra sospensione farmacia 1 annoTERRACCIANO luigi, 60 anni Pomigliano divieto contratti pub.amm. 1 annoVALENTE Edoardo, 43 anni Pomigliano indagato LEGGI TUTTO

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    Napoli, 9 condanne e 7 assoluzioni per il crollo di Chiaia

    Si è concluso dopo dieci anni il processo per il crollo di una porzione di Palazzo Guevara di Bovino, avvenuto la mattina del 4 marzo 2013 nella zona di Chiaia a Napoli.
    Il Tribunale di Napoli ha condannato a due anni di reclusione, con pena sospesa, per disastro colposo Giuseppe Annunziata, Federico Moccia, Raffaele Imparato, Angelo Ribecco, Antonio Liguori, Mario Barbati e Gabriele Santangelo.

    Sono stati invece assolti, per non aver commesso il fatto, sia dall’accusa di disastro che di crollo colposo: Ciro De Luca, Giorgio Mormone, Angiolino Belizzi, Ettore Sacco, Paolo Santangelo, Luigi Nardacci e Vincenzo Scotti.
    Un anno e sei mesi di reclusione, con pena sospesa, è stata invece la condanna per Stefano Aversa e Gino Zanchini.
    La sentenza ha ritenuto che il crollo sia stato causato da un difetto di costruzione nelle paratie a 18 metri di profondità, durante i lavori per la realizzazione della metropolitana.
    Il pm Federica D’Amodio della Procura di Napoli, sulla scorta di una consulenza firmata dai periti Augenti e Prezioso, aveva chiesto condanne più severe per tutti gli imputati.
     La sentenza arriva 10 anni dopo il crollo
    Il processo è stato lungo e complesso, e ha coinvolto numerosi professionisti e istituzioni. La sentenza è stata accolta con soddisfazione dalle parti civili, che hanno chiesto un risarcimento danni di 10 milioni di euro. LEGGI TUTTO

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    Napoli, i rapina Rolex in trasferta “traditi” dal Dna su una mascherina

    Aveva trascorso tranquillamente in famiglia la festa dell’Immacolata nella sua casa ai Quartieri Spagnoli ma all’alba seguente è stato svegliato dalla polizia che lo ha portato in carcere dove trascorrerà le prossime festività natalizie e di sicuro qualche anno in più.Salvatore Dipino, 41 anni era l’unico della banda di trasferisti di Napoli, con base Quartieri Spagnoli, ancora libero. Gli altri due Giuseppe Pica di 50 anni e Mariano Conte, di 40 anni, sono ritenuti responsabili di quattordici rapine, di cui dodici riuscite, di Patek Philippe, Hublot e Rolex. Agli altri due l’ordinanza cautelare è stata notificata in carcere, al primo e agli arresti domiciliari per il secondo.

    Le indagini sono state condotte dalla quinta sezione della Squadra mobile di Milano, diretta da Marco Cali’ e guidata da Francesco Federico. Gli investigatori sono risaliti ai tre rapinatori grazie a due elementi: una mascherina usata durante una delle rapine, da cui è stato estratto il Dna; l’abbandono di uno scooter nei pressi di un comando dei carabinieri.
    Le indagini hanno permesso di ricostruire il modus operandi della banda, che si spostava a Milano da Napoli per rapinare persone facoltose. I rapinatori, una volta individuata la “preda”, l’avvicinavano e sotto minaccia di una pistola semi-automatica, si facevano consegnare i preziosi orologi.
    Il 41enne, Mariano Conte, è stato in particolare inquadrato da una telecamera del comando interregionale dei carabinieri di via Marcora, a Milano, mentre scappava dopo un’aggressione in viale Montesanto.
    I dettagli delle indagini
    Le indagini della polizia di Milano sono iniziate a settembre 2020, quando sono state registrate le prime rapine di orologi di lusso. Gli investigatori hanno subito individuato una serie di elementi comuni alle rapine, come l’uso di scooter e la presenza di una pistola semi-automatica.
    Grazie alle telecamere di sorveglianza, gli investigatori sono riusciti a individuare i tre rapinatori e a raccogliere prove a loro carico.In particolare, la mascherina usata durante una delle rapine ha permesso di estrarre il Dna di uno dei rapinatori, che è stato poi identificato come Giuseppe Pica.
    L’abbandono di uno scooter nei pressi di un comando dei carabinieri ha invece permesso di identificare il 41enne Mariano Conte.Le indagini hanno poi permesso di ricostruire il modus operandi della banda, che si spostava a Milano da Napoli per rapinare persone facoltose.
    I rapinatori, una volta individuata la “preda”, l’avvicinavano e sotto minaccia di una pistola semi-automatica, si facevano consegnare i preziosi orologi. L’attività investigativa della polizia di Milano ha portato all’arresto di tre pericolosi rapinatori e ha messo un freno a una serie di colpi che avevano messo in allarme la città.
    @rirpoduzione riservata
    (nella foto un frame di una delle rapine violente a Milano e nel riquadro Salvatore Dipino e Giuseppe Pica) LEGGI TUTTO

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    Estorsioni sui cantieri edili a Minturno, tutti assolti

    Si é chiuso il processo in essere presso il secondo collegio del Tribunale di Latina, presieduto dal giudice Gianluca Soana, a carico di numerosi imputati di Minturno. L’indagine dei carabinieri prendeva le mosse dalle denunce presentate nel 2010 da alcuni imprenditori edili, che avevano riferito di tentativi di estorsione a loro danno nello svolgimento di […] LEGGI TUTTO

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    Ignora il divieto di avvicinamento ad ex moglie e figlia, pregiudicato arrestato

    Mercoledì la polizia di Terracina ha tratto in arresto un pregiudicato terracinese di 54 anni, in esecuzione di un’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal gip del Tribunale di Latina Giuseppe Cario su richiesta del procuratore aggiunto Carlo Lasperanza. Il destinatario della Mmsura restrittiva deve rispondere del reato di maltrattamenti in famiglia nei confronti […] LEGGI TUTTO