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    Camorra, il pentito Caracallo: “Ecco chi erano gli uomini del boss e le zone di competenza”

    Napoli. Il super pentito di camorra Filippo Caracallo ha svelato agli investigatori della Dda di Napoli anche un retroscena e un vezzo che riguarda Feliciano Mallardo uno dei boss fondatori dell’Alleanza di Secondigliano e cognato sia di Eduardo Contini sia di Patrizio Bosti.PUBBLICITA

    Il boss dell’area giuglianese amava molto i corni portafortuna e in un’occasione i Contini gliene regalarono uno d’oro del peso di circa 200 grammi con un diamante.

    ” …ho conosciuto personalmente Eduardo Contini negli anni 92/93 quando frequentava casa di Mallardo Francesco e Mallardo Giuseppe. Ho conosciuto i fratelli Salvatore e Carmine Botta, capi del Clan Contini con roccaforte all’interno del Rione Amicizia.

    Ho ancora conosciuto Tonino detto o’ peccerillo, affiliato del Clan Contini e cognato di Ciccio, Eduardo e Bosti, cognato di Ciccio Maliardo, Contini e Bosti Patrizio. Ho anche conosciuto Egidio Annunziata, detto cervella, sempre affiliato al clan Contini. A volte venivano loro a Giugliano, altre volte andavamo noi dei Maliardo a Napoli.

    C’è sempre stato un forte legame e sono tutt’ora clan attivi sulla zona.Si tratta di famiglie senza alcun problema economico. So che il clan Contini svolge tra le proprie attività illecite l’attività del contrabbando di sigarette e quella del falso abbigliamento, scarpe, trapani).

    Posso dire che il gruppo tra i vari clan cui mi riferisco viene denominato “Alleanza di Secondigliano.
    Il gruppo Contini e Bosti è un gruppo unico con diverse fazioni controllate da diversi affiliati. Ad esempio Dell’Aquila, detto peppe o ciccio controllava la zona del Vasto; Tonino Peccerillo mi pare controllasse la zona delle Case Nuove; i fratelli Salvatore e Carmine e Botta nel Rione Amicizia. Mario Pomatico, altro affiliato che mi pare si occupasse dell ‘Arenaccia.

    Altro affiliato era Giuseppe Del Piano che gestiva la zona dei Ponti Rossi. La zona di via Stadera era invece gestita da Paolo Di Maro, detto Paoluccio o nfermiere. Noi tutti gli anni durante le festività natalizie portavamo regali di ingente valore, tipo Rolex o scarpe di un certo valore sia alla famiglia dei Licciardi che a quella dei Contini.
    Viceversa gli stessi elargivano regali del medesimo tipo. In particolare Napoli inviava Rolex di grande valore. Feliciano Mallardo amava molto i corni ed in una occasione i Contini gli regalarono un corno d’oro del peso di circa 200gr con un diamante.
    Non so dire bene ora il territorio dei Contini da chi è controllato. Di sicuro Salvatore e Carmine Botta di cui, però, non so dire se siano entrambi o meno liberi o detenuti. Taglialatela mi ha mandato lo scorso Natale i saluti ma non ricordo se di Carmine o di Salvatore.
    Mi ero anche riproposto di andarli a trovare cosa che poi non ho fatto. Mi sono interfacciato con i Contini fino a che è stato libero Ettore Bosti. L’ho visto in qualche ulteriore occasione dopo gli episodi di cui ho detto legali alla sparizione di Michele De Biase, avvenuta mi pare nel 2015. Poi, successivamente non ho più avuto modo di incontrarlo … “
    Leggi AncheGiuseppe Del Gaudio, giornalista professionista dal 1991. Amante del cinema d’azione, sport e della cultura Sud Americana. Il suo motto: “lavorare fa bene, il non lavoro: stanca” LEGGI TUTTO

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    Camorra, sequestato in Germania un conto corrente di un pregiudicato gestore di scommesse clandestine

    Scommesse clandestine per contro di alcuni clan di camorra di Napoli e Salerno: scatta il sequestro di denaro a un pregiudicato ad opera della DIA di Salerno.PUBBLICITA

    La Direzione Investigativa Antimafia di Salerno, in collaborazione con il Comando Provinciale Carabinieri, ha eseguito un sequestro preventivo di 109.077,00 euro. Il denaro, ritenuto provento di attività illecite, era depositato su un conto corrente tedesco intestato a L.C.A., classe 1984, originario di Napoli.

    L’uomo è già imputato per associazione mafiosa aggravata dalla finalità di agevolazione mafiosa ed è stato sottoposto a misura cautelare personale e reale nei primi mesi del 2022. Il processo è attualmente in fase dibattimentale a Nocera Inferiore.

    Le indagini, avviate da una segnalazione di operazione sospetta da parte della FIU tedesca all’Unità Informazioni Finanziarie della Banca d’Italia, hanno permesso di accertare che il denaro sequestrato è il profitto delle attività illecite svolte da L.C.A.

    L’uomo è considerato un punto di riferimento per diverse consorterie di camorra nel settore delle scommesse e dei giochi d’azzardo illegali online.
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    La lettera confessione di Filippo Turetta ai suoi genitori

    Filippo Turetta aveva scritto una “lettera” ai suoi genitori in cui ammetteva l’omicidio e indicava dove trovare il corpo di Giulia Cecchettin.PUBBLICITA

    La lettera è stata trovata all’interno dell’auto quando è stato fermato dalla polizia a Lipsia il 19 novembre scorso durante la fuga dopo l’omicidio. Missiva che è agli atti del processo e che fa parte del suo lungo interrogatorio di oltre 160 pagine di racconto reso al pm l’1 dicembre del 2023.

    Punti Chiave ArticoloLa decisione era stata presa perchè aveva deciso di suicidarsi. “Quando sono stato fermato dalla polizia tedesca in auto c’erano delle coperte, una borsa con una scatola con qualcosa da mangiare, dei dolcetti, una bottiglia di sambuca, i regali per Giulia, due zaini. Poi c’erano dei fogli di carta ovvero una specie di lettera, che avevo scritto prima di tentare di suicidarmi a Berlino.
    Nella lettera ho scritto che ero colpevole, ho detto dove si trovava il corpo, il luogo, ho scritto ai miei genitori. In auto potrebbe esserci anche un sacchetto che ho usato per provare a suicidarmi, il coltello e le sigarette: ho pensato che se avessi fumato e bevuto sambuca, sarebbe stato piu’ facile suicidarmi”.
    La lettera, i coltelli usati per il delitto, il telefono di Giulia e il suo tablet sono stati ritrovati in un fossato vicino a Fossò. Il computer di Giulia è stato invece trovato a Aviano. Turetta non ha fornito un movente chiaro per l’omicidio. Ha detto che lui e Giulia avevano litigato quella sera e che lui si era arrabbiato. Ha anche detto che si sentiva “sotto pressione” perché Giulia voleva lasciarlo.

    “Non avevo un buon rapporto con la sorella di Giulia” Poi ha anche spiegato di non avere un buon rapporto con Elena Cecchettin, la sorella di Giulia. Ha detto che Elena era “protettiva” nei confronti di Giulia e che non gli piaceva da subito. Ha anche detto che Elena era gelosa del suo rapporto con Giulia.
    L’avvocato di Turetta, Giovanni Caruso, ha precisato che il suo assistito “si assume la responsabilità” dell’omicidio. Ha anche detto che la “giustizia riparativa” è una cosa seria e che Turetta non parlerà di perdono in questa fase. Leggi Anche LEGGI TUTTO

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    Napoli, tre medici del Cardarelli condannati per la morte di Nunzia Nobis

    Napoli. Un anno e due mesi di carcere per omicidio colposo: questa la condanna inflitta dal giudice monocratico di Napoli, Franco Napoli, a tre chirurghi dell’ospedale Cardarelli.PUBBLICITA

    I medici sono stati ritenuti responsabili della morte di Nunzia Nobis, una donna di 43 anni madre di tre figli, deceduta nel giugno 2020 a seguito di un intervento chirurgico per calcoli renali.

    Punti Chiave ArticoloDurante l’operazione, eseguita in laparoscopia dai chirurghi Clemente Meccariello e Andrea Oliva, la vena cava inferiore della paziente fu lacerata, provocando una grave emorragia.
    A intervenire successivamente fu un terzo chirurgo, Paolo Fedelini, ma nonostante due ulteriori interventi effettuati nella stessa giornata, l’emorragia non fu possibile da tamponare e la donna morì.
     La famiglia di Nunzia Nobis ha accolto con soddisfazione la condanna La famiglia di Nunzia Nobis, costituitasi parte civile nel processo assistita dall’avvocato Mario Griffo, ha accolto con soddisfazione la condanna, che ora apre la strada al riconoscimento di un risarcimento per il tragico evento. Leggi AncheEsperto in diritto Diplomatico e Internazionale. Lavora da oltre 30 anni nel mondo dell’editoria e della comunicazione. E’ stato rappresentante degli editori locali in F.I.E.G., Amministratore di Canale 10 e Direttore Generale della Società Centro Stampa s.r.l. Attento conoscitore della realtà Casertana. LEGGI TUTTO

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    Benevento assolti Pietro ed Ettore Cuozzo: accusati di estorsione aggravata

    La 1a Sezione della Corte d’Appello di Napoli, accogliendo le tesi dell’avvocato Vittorio Fucci, ha assolto il noto pregiudicato Pietro Cuozzo, 57 anni, e il pluripregiudicato Ettore Cuozzo, 36 anni, dalle accuse di tentata estorsione aggravata e introduzione abusiva di animali nel fondo altrui.PUBBLICITA

    In primo grado, il Tribunale di Benevento aveva condannato Pietro ed Ettore Cuozzo alla pena di 3 anni e 4 mesi di reclusione. I fatti oggetto del processo si verificarono ad Airola nel 2020 e furono portati all’attenzione delle autorità a seguito di una denuncia da parte delle vittime.

    Oggi, la 1a Sezione della Corte d’Appello di Napoli ha riformato la sentenza di primo grado e assolto Pietro Cuozzo ed Ettore Cuozzo, accogliendo le tesi difensive dell’avvocato Fucci.

    Leggi AncheEsperto in diritto Diplomatico e Internazionale. Lavora da oltre 30 anni nel mondo dell’editoria e della comunicazione. E’ stato rappresentante degli editori locali in F.I.E.G., Amministratore di Canale 10 e Direttore Generale della Società Centro Stampa s.r.l. Attento conoscitore della realtà Casertana. LEGGI TUTTO

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    Camorra, ergastolo per Ciro Di Lauro per il duplice omicidio Riccio-Gagliardi

    Ciro Di Lauro, F3 ovvero il terzo dei 10 figli maschi del boss Paolo Di Lauro alias Ciruzzo o’ milionario, è stato condannato per la seconda volta all’ergastolo.PUBBLICITA

    Era accusato di essere il mandante degli omicidi di Domenico Riccio, sospettato cassiere del clan rivale Abbinante, e dell’innocente Salvatore Gagliardi, cognato del primo ma estraneo ai contesti camorristici.

    Punti Chiave ArticoloLa sentenza, come anticipa Il Roma, è stata emessa dalla quinta sezione della Corte d’Assise d’Appello di Napoli che ha confermato quella di primo grado anche per Giovanni Cortese, alias “’o cavallaro”, affiliato di lunga data dei Di Lauro.
    Salvatore Petriccione, soprannominato “’o marenaro”, fondatore del clan scissionista della Vanella Grassi, ha invece ottenuto una riduzione della pena da ergastolo a 30 anni di carcere, grazie alle attenuanti generiche concesse dopo la confessione resa nel processo d’appello.
    La svolta sul duplice omicidio, avvenuto il 21 novembre 2004 agli esordi della prima faida di Scampia, è giunta a febbraio 2022 grazie al pentimento di Massimo Molino, uno degli uomini coinvolti nel delitto Riccio-Gagliardi. Molino, affiliato e sicario al servizio del clan Di Lauro, recentemente passato dalla parte dello Stato, con le sue rivelazioni ha fatto luce su una drammatica pagina di camorra: la prima faida di Scampia e Secondigliano. Conosciuto agli investigatori antimafia per i suoi precedenti penali e per essere il cognato del ras Maurizio Maione, Molino ha contribuito a chiudere il cerchio intorno ai presunti mandanti e sicari dell’omicidio di Riccio e Gagliardi, uccisi con sei colpi di pistola in una tabaccheria di Melito la mattina del 21 novembre 2004, poche ore prima del brutale assassinio di Gelsomina Verde.

    Le accuse del pentito Salvatore Tamburrino Le accuse si sono sommate a quelle precedentemente sottoscritte dall’ex ras Salvatore Tamburrino: “Ciro Di Lauro – ha spiegato il neo pentito – ci disse che ci dovevamo affiancare al gruppo di “Totore ’o marenaro” per fare la guerra, nel quale c’erano Pasquale Malavita e Ciro Barretta “Cicciotto””.
    La vicenda viene quindi ricostruita così: “’O marenaro” ci mandò l’imbasciata che si doveva uccidere Mimmo Riccio, che aveva una tabaccheria a Melito. Mio cognato Maurizio Maione decise di andare personalmente da Ciro Di Lauro per avere conferma”. Il duplice omicidio avvenuto a Melito  il 21 novembre 2004, nel pieno della cosidetta prima ‘faida di Scampia’ (2004-2005) che ha visto come vittime Domenico Riccio, ritenuto vicino al clan Abbinante e obiettivo dell’agguato, avvenuto all’interno della sua tabaccheria, e Salvatore Gagliardi, casualmente presente sul posto. Il duplice omicidio è maturato nel corso della guerra tra clan che ha contrapposto dall’ottobre del 2004 il clan Di Lauro al cartello scissionista (formato da Abete-Notturno, Abbinante, Marino e Amato-Pagano). Il clan di Lauro avrebbe individuato quale obiettivo Riccio, ma sotto i colpi dei camorristi finì anche Gagliardi. Fu l’inizio di una notte di sangue perché nel giro di mezz’ora ci fu la risposta. A Secondigliano fu ucciso Francesco Tortora, 63 anni, fu sfigurato con cinque colpi alla testa. Fu trovato carbonizzato in un’auto date alle fiamme a Casavatore. Ma non finì lì perché a Secondigliano fu trovato un cadavere carbonizzato in un’auto data alle fiamme. Era quello di Gelsomina Verde, uccisa perché era fidanzata di Gennaro Notturno uno degli scissionisti, poi pentito. Leggi Anche LEGGI TUTTO

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    Camorra, agguato a Gioele Lucarelli: “Lo vidi tutto nero, venne e pà, pà, pà…”

    ” Però quell’infame o’frat… ho la scena davanti agli occhi o’ frat, è cattivo!” Gioele Lucarelli parla con il socio in affari Mario Rosario De Martino detto o’ chiatt e spiega l’agguato in cui è rimasto ferito.PUBBLICITA

    Punti Chiave ArticoloE’ la sera del 24 settembre 2021 solo 4 giorni dopo essere stato centro alle gambe da due proiettili. Agli investigatori che lo aveva sentito a sommarie informazioni non aveva detto niente.
    Un venditore ambulante di bibite  che si trovava insieme  a lui al momento dell’agguato aveva descritto la scena senza dare sigbnificative indicazioni per identificare gli autori.
    sarà lo stesse Gioele a fornire, inconsapevolemnete e senza sapere di essere intercettato, gli investogori i nomi, le circostnze e confermando che al momento dell’agguato pure lui era armato.
    Infatti nel corso della conversazione dice: “ho messo la mano n’gopp…”. Per quell’agguato ieri hanno ricevuto l’ordinanza cautelare Leonardo Cimminiello e Giuseppe Romano e tale frase, inserita nel racconto dell’agguato subito. Il pomeriggio del 25 settembre 2021 Gioele racconta al fratello Pietro che, su consiglio di Gianluca De Martino stava guardando una serie tv trasmessa da Netflix.Il fratello Pietro, gli chiede: “Pensi a Basetta quando vedi questo film?”, alludendo, secondo gli inquirenti ala partecipazione di Basetta (Giuseppe Romano) all’agguato.

    “Lo vidi tutto vestito nero, venne e pà, pà, pà…” Gioele infatti quando racconta dell’agguato così si esprime: “…quando lo vidi o’ frat tutto nero, venne e pà, pà, pà (mima esplosione di colpi d’arma da fuoco) e m i ha riempito di botte o’ frat. Eh purtroppo, solo che io, figlio di puttana, però purtroppo per una parte ho fatto l’errore e per una parte io non sapevo lui dove mi voleva sparare, giustamente no? Ti trovi?
    Giustamente io cosa ho fatto? e faccia ..faccia e faccia, appena che non ho messo la mano ( gesticola) perché altrimenti se lui vedeva che io mettevo la mano, alzava la mano e bum, bum… (mima esplosione di colpi d’arma da fuoco) Invece io furbo ho tenuto subito l’attimo di fare due passi nei lati, mi sono girato e l’attimo che mi sono girato, all’attimo che mi sono girato ho preso la prima botta nella coscia sinistra,. Girandomi e facendo il passo , hai capito?” Gioele Lucarelli prosegue il racconto dicendo che era andato abbasc ‘o priatorio, in Via Pascoli, dove era riuscito a rintracciare la persona che lo aveva precedentemente cercato; quest’ultimo gli aveva detto di farsi vedere lunedì. Gioele avrebbe risposto:“è inutile che io vengo a parlare con… mi avete fatto noleggiare le auto da un’altra parte in quanto mi avete detto che non avevate le auto”, . “venerdì o sabato” per poi aggiungere “lunedì mi hanno fatto la rapina” riferendosi, secondo gli inquirenti all’agguato subito. Gioele precisa saldato un vecchio debito di1 500.00 euro e di aver promesso che avrebbe versato altri 1000 euro non appena fosse arrivata la nuova merce. E poi spiega all’interlocutore di riferire allo zio (ovvero Luigi Folichetti il capo della zona della Stadera per conto dei Contini) di non offendersi e che sarebbe andato presto a trovarlo. Il soggetto di cui stava parlando Gioele, a suo dire, lo invitava più volte a non preoccuparsi e Gioele, commentava ironicamente “meno male che non mi dovevo preoccupare”. “…anche io avevo la cosa addosso quando mi hanno sparato…”. Poi qualche mese dopo parlando con Nunzio Gelsomino confessa: “…anche io avevo la cosa addosso quando mi hanno sparato…”. I due continuano a parlare facendo riferimento a Mario o’ Chiatt (Mario De Martino) che, a dire di Gioele, nell’effettuare verosimilmente delle consegne di stupefacente in zona “abbasc o’ priatorio”, girava armato di una “NOVE” (ndr, pistola calibro 9), sconfinando di zona nella conduzione degli affari illeciti in quanto convinto di potersi difendersi con l’uso della pistola. Leggi AncheGiuseppe Del Gaudio, giornalista professionista dal 1991. Amante del cinema d’azione, sport e della cultura Sud Americana. Il suo motto: “lavorare fa bene, il non lavoro: stanca” LEGGI TUTTO

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    Camorra, il figlio di Sandokan voleva riorganizzare il clan: “Papà sta facendo ridere il mondo”

    Emanuele Libero Schiavone, figlio 32enne del pentito boss dei Casalesi Francesco “Sandokan” Schiavone, voleva riorganizzare il clan schierandosi contro il padre e destando la preoccupazione di tutta la famiglia.PUBBLICITA
    E’ emblematica infatti l’intercettazione di qualche mese fa mentre era ancora in carcere (è stato scarcerato il 14 aprile scorso) parlando con la mamma Giuseppina Nappa: “Papà facendo questo dopo 25 anni e otto mesi (riferendosi al “pentimento”) fa ridere tutto il mondo… una volta che tu ti penti, non abbiamo più nessuno. O ci uccidono, o ci rimettiamo (in attività criminali)”.

    Punti Chiave ArticoloE nello stesso periodo(era febbraio) le sue sorelle, durante un colloquio con il padre allora detenuto al 41 bis, avevano manifestato preoccupazione circa l’eventualità che Emanuele, una volta tornato in libertà, potesse tentare di rimettere in piedi il clan: “Speriamo che mette la testa a posto, diglielo pure tu”, avevano detto entrambe rivolgendosi al padre durante il colloquio in carcere.  Le sorelle aveva chiesto al padre di intervenire Ma non ci sono riuscite perchè insieme con Francesco Reccia, 20enne figlio di Oreste Reccia, altro esponente di spicco del clan, che aveva conosciuto in carcere a Siracusa voleva riprendere il controllo delle attività illecite che per anni la famiglia grazie al padre aveva gestito.
    Aveva deciso di vendicarsi uccidendo i rivali ma è stato coinvolto in un incidente stradale ed è stato costretto a rifugiarsi al Pallonetto di Santa Lucia a Napoli dove è stati arrestato il 13 giugno dai Carabinieri del Comando Provinciale di Caserta.
    Insieme a lui è stato fermato anche Francesco Reccia.L’accusa nei loro confronti è di porto illegale di armi in concorso aggravato da finalità mafiose. Si ipotizza che le armi fossero destinate a intimidire i clan rivali e a riaffermare il controllo sulle piazze di spaccio di Casal di Principe, in particolare quella di Piazza Mercato. Emanuele Libero Schiavone era stato scarcerato solo due mesi prima, il 14 aprile, dopo aver scontato 12 anni per associazione mafiosa ed estorsione. Tornato in libertà, aveva deciso di riprendere le redini del clan, in contrasto con la scelta del padre di collaborare con la giustizia.  I tre raid a colpi di pistola E così da inizio mese è cominciata una escalation criminale a colpi di pistola. Il primo raid a Casal di Principe è avvenuto vicino a un bar situato nelle vicinanze di una piazza di spaccio: poco prima della mezzanotte del 7 giugno, sono stati sparati almeno 5 proiettili calibro 9 con un fucile mitragliatore. Successivamente, pochi minuti dopo, sono stati esplosi almeno 15 proiettili da armi diverse contro la casa degli Schiavone. Il secondo episodio è stato registrato l’11 giugno, 40 minuti dopo la mezzanotte, con almeno 5 colpi sparati con un’arma dello stesso tipo e calibro di quella utilizzata nel primo raid. Tuttavia, questa volta la raffica è stata esplosa nei pressi dell’abitazione di Reccia, a San Cipriano d’Aversa. Leggi AncheGiuseppe Del Gaudio, giornalista professionista dal 1991. Amante del cinema d’azione, sport e della cultura Sud Americana. Il suo motto: “lavorare fa bene, il non lavoro: stanca” LEGGI TUTTO

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    L’assassino dei fratelli Marrandino: “Li ho uccisi in una lite per motivi di viabilità”

    Li ha uccisi durante un litigio per motivi di viabilità.  la confessione è arrivata ieri mattina, davanti al pubblico ministero della procura di Napoli Nord durante l’udienza di convalida del fermo.PUBBLICITA
    Antonio Mangiacapre ha spiegato di aver assassinato, nel pomeriggio di sabato scorso, i fratelli Marco Marrandino e Claudio Marrandino, di 40 e 29 anni, per questioni di traffico.

    Punti Chiave ArticoloMangiacapre avrebbe estratto una pistola, come emerso dalla ricostruzione della procura normanna, al culmine di una discussione, forse perché la BMW bianca dei Marrandino aveva tagliato la strada alla Golf dell’omicida. Tuttavia, questa confessione non convince completamente gli inquirenti, che continuano le indagini per verificare se esiste un legame tra l’omicida e le vittime. Si sospetta che potrebbe esserci una strategia processuale per evitare l’aggravante della premeditazione.
    Se questa versione dovesse essere confermata, sarebbe scioccante la facilità con cui Mangiacapre portava e usava la pistola, che secondo i carabinieri era infilata nella cintura. Mangiacapre ha tentato poi la fuga, seminando i carabinieri.
    Ha abbandonato la Golf alla periferia di Cancello Arnone e si è recato alla Clinica Pineta Grande di Castelvolturno simulando un malore, dove è stato arrestato. L’enigmatico post della moglie di Mangiacapre Sta facendo discutere un post sui social della moglie di Mangiacapre. Nonostante il marito abbia ucciso due persone, per lei “è tutto a posto”. Queste le parole utilizzate in uno stato Whatsapp dalla donna. “C’è stato un equivoco”, continua, ma poi invita a evitare contatti telefonici e a recarsi a casa per parlare di persona. Nel frattempo, il pubblico ministero aveva appena terminato di interrogare il marito ed emesso il decreto di fermo di indiziato di delitto, facendolo rinchiudere nel carcere di Santa Maria Capua Vetere. Oggi l’autopsia dei fratelli Marrandino La famiglia Marrandino si è affidata a un pool di difensori composto dagli avvocati penalisti Dario Carmine, Luigi Poziello, Luigi Marrandino e Giuseppe Laudante. In giornata dovrebbe tenersi, presso il reparto di medicina legale dell’ospedale San Giuliano di Giugliano, l’esame necroscopico sulle salme delle due vittime. Non è escluso che domani, dopo la restituzione dei corpi ai familiari, possano tenersi i funerali a Cesa con la proclamazione del lutto cittadino. Leggi Anche LEGGI TUTTO

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    Avellino omicidio Ficuciello, l’anziano omicida ricorre in Cassazione per un’ulteriore riduzione della condanna

    Avellino. Gerardo Limongiello, l’anziano coniuge che la mattina del 5 maggio 2021 uccise la propria moglie soffocandola con un cuscino nei giorni scorsi presso la Corte di Cassazione il proprio ricorso contro la condanna pronunciata dalla Corte d’Assise d’appello di Napoli nel febbraio 2024.PUBBLICITA
    La Corte partenopea accogliendo i motivi di appello del Limongiello aveva già ridotto la condanna comminata in primo grado dal Tribunale di Avellino da 21 anni a 14 anni di reclusione per omicidio volontario aggravato.

    Punti Chiave ArticoloLimongiello assistito dall’avvocato Mario di Salvia del foro di Avellino ha proposto nuovo ricorso per l’ulteriore riduzione di pena mirando contenere definitivamente la pena al di sotto dei 10 anni non essendogli stata riconosciuta la provocazione ovvero l’aver agito la mattina dell’omicidio in stato d’ira.  Limongiello attende da uomo libero la sentenza della Cassazione Fatto a sua detta non adeguatamente valorizzato dalla Corte napoletana. Nei prossimi mesi l’udienza che l’anziano potrà attendere in libertà non essendo gravato da restrizioni cautelari .
    Leggi AncheSiamo la redazione di Cronache della Campania. Sembra un account astratto ma possiamo assicurarvi che è sempre un umano a scrivere questi articoli, anzi più di uno ed è per questo usiamo questo account. Per conoscere la nostra Redazione visita la pagina “Redazione” sopra nel menù, o in fondo..Buona lettura! LEGGI TUTTO

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    Camorra, confiscati beni per 4milioni di euro a imprenditore legati al clan Zagaria

    I militari del Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria della Guardia di Finanza di Napoli hanno confiscato beni per un valore complessivo di oltre 4 milioni di euro a un imprenditore di Casapesenna risultato affiliato al clan dei Casalesi – fazione Zagaria.PUBBLICITA
    Il provvedimento di confisca, emesso dalla Sezione per l’Applicazione delle Misure di Prevenzione del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere e confermato dalla Corte di Cassazione, riguarda un imprenditore già condannato in via definitiva per associazione mafiosa.

    Punti Chiave ArticoloLe indagini, condotte dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Napoli, hanno accertato che l’imprenditore, in concorso con altri, si aggiudicava appalti pubblici grazie all’intervento del boss Michele Zagaria. In cambio, versava al clan una tangente del 5% sull’importo dei lavori e ulteriori somme a Zagaria e ai suoi familiari.

    Gli accertamenti patrimoniali Gli accertamenti patrimoniali eseguiti dalla Guardia di Finanza hanno evidenziato una sproporzione tra i redditi dichiarati dall’imprenditore e il valore dei beni nella sua disponibilità e del suo nucleo familiare, in un periodo che va dal 1997 al 2015.
    La confisca Questa sproporzione, sintomo di un’illecita accumulazione di ricchezze nel tempo, ha portato alla confisca irrevocabile di: 5 società12 autoveicoli2 natanti9 rapporti finanziari5 immobili7 terreni Leggi AncheEsperto in diritto Diplomatico e Internazionale. Lavora da oltre 30 anni nel mondo dell’editoria e della comunicazione. E’ stato rappresentante degli editori locali in F.I.E.G., Amministratore di Canale 10 e Direttore Generale della Società Centro Stampa s.r.l. Attento conoscitore della realtà Casertana. LEGGI TUTTO