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    Camorra, torna libero Salvatore Liberti sasariello: ras della Masseria Cardone

    Scarcerato un ras del clan Licciardi: è festa alla Masseria Cardone.PUBBLICITA

    Da ieri infatti dopo 15 anni ininterrotti di carcere è tornato in libertà Salvatore Liberti detto sasariello, esponente di primo piano della camorra della Masseria Cardone.

    Il suo ultimo arrestato risale al 2009 quando fu ammanettato a Marano dalla polizia dopo una rocambolesca fuga.
    Era andato al Vomero insieme allo zio a chiedere il pizzo di 5mila euro al titolare di una ditta edile che aveva fatto finta di accettare.

    Ma all’appuntamento fissato per riscuotere i due trovarono la polizia. Lo zio fu arrestato subito mentre Salvatore Liberti riuscì a fuggire. Fu rintracciato dopo alcune ore a Marano.
    Ora sasariello è tornato in libertà avendo scontato per intero la sua condanna. E la camorra della Masseria Cardone da oggi ha di nuovo tra le sue fila un “esperto” criminale.

    Leggi AncheGiuseppe Del Gaudio, giornalista professionista dal 1991. Amante del cinema d’azione, sport e della cultura Sud Americana. Il suo motto: “lavorare fa bene, il non lavoro: stanca” LEGGI TUTTO

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    Camorra, il pentito De Rosa: “Ecco come i Licciardi sono andati in aiuto ai Bosti-Contini”

    Il pentito di camorra eccellente Teodoro De Rosa in una recente deposizione davanti ai magistrati della Dda di napoli ha fornito una serie di interessanti chiarimenti in meriti ai rapporti interni all’Alleanza di Secondigliano.PUBBLICITA

    Il suo racconto è contenuto nell’ordinanza cautelare di 480 pagine firmata dal gip Federica Colucci dell’ottava sezione del Tribunale di napoli e con la quale il mese scorso sono finite in carcere 12 persone ovvero i nuovi vertici della cosca dei Bosti-Contini e tra questi Carmine  Botta e il noto Gennaro Manetta detto “Maradona”, il politico della cosca.

    Racconta Teodoro De Rosa: “… usciti Lo Russo e Sacco dalla Alleanza, non con guerre ma con una separazione che negli anni successivi comportava che i nostri rapporti fossero ancora buoni ma certo più freddi e cauti, la alleanza resta tra Mallardo, Contini e Licciardi.
    E il passaggio di alcuni dei Licciardi dalla Masseria ai territori dei clan alleati, cioè a Giugliano per Trambarulo e al Borgo S. Antonio quanto a Cristiano e Ammendola. serviva a rafforzare l’alleanza e i relativi clan garantendo anche a quei territori la presenza di appartenenti al gruppo di fuoco dei Licciardi.

     Questo perché alcuni clan stavano facendo guerra alla Alleanza, come i Mazzarella, e occorreva rinforzarla; ma è anche da dire (per quanto io ricordi poiché certe discussioni avvenivano a casa di mia nonna) che i tre che se ne andarono verso i clan alleati erano anche contenti di farlo perché all ‘interno del clan Licciardi si stavano creando delle frizioni tra i membri del clan appartenenti alla ristretta cerchia familiare (come Gennaro e Pierino Licciardi, spalleggiati dalle loro sorelle) e i loro principali capizona come Cristiano Antonio, Trambarulo e Ammendola poiché a dire della famiglia Licciardi questi loro importanti affiliati non stavano reagendo adeguatamente alle morti che la famiglia Licciardi aveva subito. Aggiungo che coinvolto in questo passaggio fu anche Tonino ‘o Biondo, cioè Muscireno Antonio.

    L’unico fedelissimo rimasto con la famiglia Licciardi fu Giovanni Cesarano, e a San Pietro restò Bombolone. E aggiungo che i Moccia sostennero sin da questo periodo la famiglia Licciardi anche perché c ‘era un rapporto di parentela tra la moglie di Giovanni Cesarano e i Moccia, non so bene il grado di parentela. La donna la conosco, ma non ricordo il nome, forse Assunta”.
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    Camorra, spaccio a San Pietro a Patierno e Secondigliano: condanne per la famiglia di “Totore Marlboro”

    Salvatore Romano, detto “Totore Marlboro”, capo di una paranza di narcotrafficanti che inondava di droga le strade di San Pietro a Patierno e Secondigliano, è stato condannato a 15 anni di reclusione al termine del processo di primo grado.PUBBLICITA

    Insieme a lui, anche il figlio Daniele Romano (14 anni) e Antonio Russo (10 anni e 6 mesi) hanno ricevuto condanne severe.

    Punti Chiave ArticoloPer le donne del gruppo, la pena è stata più mite: Giuseppina Esposito, moglie di Romano, ha ottenuto 4 anni e 2 mesi grazie all’esclusione dell’accusa associativa (la procura aveva chiesto 19 anni). L’accusa di aver agevolato il clan della Vanella Grassi non è stata accolta per la maggior parte degli imputati.
    Le indagini e il modus operandi Le indagini, coordinate dalla DDA e durate sei mesi, hanno permesso di ricostruire il modus operandi del gruppo, che gestiva un vero e proprio “servizio di delivery” di cocaina.
    Un componente riceveva le ordinazioni telefonicamente, mentre i “rider” si occupavano di recapitare la droga a domicilio, in un’area che comprendeva Secondigliano, San Carlo all’Arena, Vasto, Arenaccia, Poggioreale, Casoria e Casavatore. Si stima che il giro d’affari della piazza di spaccio ammontasse a circa mezzo milione di euro all’anno. Durante le perquisizioni, sono stati sequestrati 15mila euro in contanti a casa di Romano e 5mila al figlio.
    Le condanne Salvatore Romano: 15 anni di reclusioneDaniele Romano: 14 anni di reclusioneAntonio Russo: 10 anni e 6 mesi di reclusioneGiuseppina Esposito: 4 anni e 2 mesi di reclusioneCristofaro Alfano: 10 anni e 6 mesi di reclusione (nella foto da sinistra Salvatore Romano, Giuseppina Esposito, Daniele Romano, Cristoforo Alano e Antonio Russo) Leggi Anche LEGGI TUTTO

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    Il boss Salvatore D’Amico aveva un arsenale per scatenare la guerra a Roma

    Il boss Salvatore D’Amico ‘o pirata disponeva di un arsenale, custodito dal  produttore cinematografico, Daniele Muscariello, e con il quale era pronto a scatenare una guerra per prendersi il controllo delle attività illecite a Roma.PUBBLICITA

    E’ quanto emerge dalla lettura delle 400 pagine dell’ordinanza cautelare, firmata dal gip di Roma, Emanuela Attura e che due settimane fa ha portato in carcere 16 persone con 57 indagati.

    L’eponente di spicco del clan Mazzarella di napoli, insieme con il figlio Umbero aveva stretto rapporti con Antonio Nicoletti, figlio di uno dei fondatori della Banda della Magliana e con Vincenzo Senese, figlio del boss di camorra da anni padrone incontrastato su Roma, Michele detto ‘o pazzo.
    Del resto lo stesso nipote Umberto Luongo, diventato collaboratore di giustizia, ha raccontato ai pm della Dda di Roma, che o’ pirata mirava a diventare il nuovo boss di Roma e per questo si serviva di un personaggio senza scrupoli come il produttore cinematografico Daniele Muscariello personaggio chiave dell’inchiesta.

    Condannato per riciclaggio dal tribunale di Roma a 9 anni di carcere e raggiunto da un’altra misura cautelare in carcere per riciclaggio con metodo mafioso era l’uomo di fiducia sulla capitale clan camorristico dei D’Amico.

    Si legge nell’ordinanza a proposito di Daniele Muscariello “è l’organizzatore della politica economico-criminale dell’associazione, in quanto individua e recluta gli imprenditori da coinvolgere nel sistema di riciclaggio e mantiene rapporti con esponenti del mondo delle istituzioni in senso lato ed appartenenti alle forze dell’ordine (si richiamano i rapporti con il Tremiterra ed il pranzo con alti graduati delle Forze dell’ordine).
    Ha favorito l’ingresso nel sodalizio di Salvatore D’Amico, inteso o’ pirata, accrescendo la forza economica e militare della consorteria. Partecipa a numerosi incontri con i vertici del sodalizio, per affrontare le criticità emerse all’interno della centrale di riciclaggio dopo l’arresto del Salsiccia il 6.giugno 2018.

    Gestisce per conto dell’organizzazione ingenti capitali illeciti provenienti in particolare dal clan D’Amico/Mazzarella, necessari per alimentare la centrale di riciclaggio.
    Insieme al Salsiccia è responsabile di un arsenale di armi custodito nel territorio romano, armi messe a disposizione da Salvatore D’Amico, inteso o’ Pirata, per garantire al sodalizio una efficace ed immediata azione di fuoco qualora necessaria.
    Allo scopo di tutelare gli interessi del sodalizio, pianifica con Salvatore Ventura un attentato nei confronti di Salvatore Pezzella e Stefano De Angelis, colpevoli di non corrispondere al sodalizio i guadagni della attività di riciclaggio gestite sulla capitale con il Coppola, evento non verificatosi a seguito del decesso improvviso del Ventura (28.09.2018).
    Insieme al Lombardi, ad Antonio Nicoletti ed al Salsiccia, mette a disposizione del sodale Salvatore D’Amico una vettura Mercedes da utilizzare per le trasferte nella Capitale, sulla quale viaggiava con documenti falsi. Si occupa del mantenimento dei sodali detenuti, in particolare del Salsiccia”.
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    Casoria, bancarotta fraudolenta: assolto l’imprenditore dei fiori

    Casoria. P.P., uno dei più noti grossisti di fiori del Mezzogiorno, è stato assolto con formula piena dal tribunale di Casoria dall’accusa di bancarotta fraudolenta.PUBBLICITA

    L’imprenditore, al centro di una complessa vicenda giudiziaria dopo il fallimento della sua azienda, era stato accusato di aver emesso assegni scoperti per evitare di saldare i debiti.

    Punti Chiave ArticoloLe accuse e l’indagine La vicenda era esplosa oltre un anno fa, quando i creditori della società di P.P. avevano sollevato dubbi sulla gestione finanziaria. Il fallimento improvviso dell’azienda, un punto di riferimento nel settore florovivaistico del Sud Italia, aveva lasciato numerosi fornitori senza pagamento. L’accusa sosteneva che l’imprenditore avesse emesso assegni scoperti pur sapendo di non avere i fondi sufficienti, con l’intento di ritardare i pagamenti e aggravare la situazione di insolvenza.
    Il processo e la difesa Il caso ha avuto grande eco mediatica, sia per la notorietà di P.P. nel settore, sia per le implicazioni legali per altre aziende in difficoltà. Il processo ha visto l’impegno dell’avvocato difensore Domenico Iodice, il quale ha sostenuto che il fallimento fosse dovuto a una serie di eventi avversi, tra cui la crisi economica che aveva colpito duramente il settore florovivaistico.
    Iodice ha presentato prove dettagliate a sostegno della sua tesi, dimostrando che P.P. aveva tentato in ogni modo di mantenere la liquidità aziendale, ricorrendo agli assegni postdatati come ultimo tentativo di guadagnare tempo per trovare una soluzione. L’assoluzione e la sentenza Un elemento chiave della difesa è stata la dimostrazione che l’imprenditore non avesse agito con dolo, ossia con l’intento di frodare i creditori. Il giudice, accogliendo la tesi difensiva, ha assolto P.P. con formula piena.
    La sentenza ha riconosciuto che, sebbene vi fossero stati errori nella gestione aziendale, non vi erano prove di intenti fraudolenti. Il giudice ha sottolineato che, pur considerando l’emissione di assegni scoperti un atto grave, nel caso specifico mancava la volontà di ingannare. Significato e implicazioni Il caso di P.P. evidenzia la complessità delle vicende legate ai fallimenti aziendali e ribadisce l’importanza di un sistema giudiziario equo e imparziale. L’assoluzione dell’imprenditore rappresenta non solo una vittoria personale, ma anche un monito a distinguere tra errori gestionali e veri e propri reati di frode. Con la reputazione finalmente riabilitata, P.P. può guardare al futuro con rinnovata speranza e determinazione. Leggi AncheSiamo la redazione di Cronache della Campania. Sembra un account astratto ma possiamo assicurarvi che è sempre un umano a scrivere questi articoli, anzi più di uno ed è per questo usiamo questo account. Per conoscere la nostra Redazione visita la pagina “Redazione” sopra nel menù, o in fondo..Buona lettura! LEGGI TUTTO

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    Scafati, scarcerato il ras delle palazzine Raffaele Forte, nipote del boss Dario Federico

    Scafati. E’ tornato in libertà dopo 5 mesi il ras Raffaele Forte  definito dal nuovo collaboratore di giustizia scafatese Giuseppe Di Dato quale promotore e gestore dell’associazione dedita allo spaccio di cocaina con epicentro nel rione popolare di Mariconda al confine tra Scafati e Pompei.PUBBLICITA

    Personaggio di alto spessore criminale in quanto nipote di Dario Federico e Di Paolo Salvatore era stato arrestato con una doppia ordinanza di custodia cautelare in carcere  daii carabinieri che bussarono alla sua porta il 16 febbraio scorso per notificargli l’ordinanza di custodia cautelare in carcere.

    Era accusato de essere componente attivo dell’organizzazione criminale dedita al narcotraffico nella zona tra Scafati e Pompei e tra l’altro all’atto della perquisizione fu trovato in possesso di 100 grammi di hashish.
    Due scarcerazioni in rapida successione ottenute dall’avvocato Gennaro De Gennaro difensore di Forte Raffaele.

    Qualche settimana fa il GIP di Salerno, dott. Indinnimeo gli aveva sostituito la misura cautelare per il reato associativo ma il giovane era rimasto bloccato in carcere per la procedura del Tribunale di Nocera Inferiore relativa ai 100 grammi di hashish.

    Ieri il giudice di Nocera Inferiore accogliendo l’istanza del suo avvocato di fiducia gli ha concesso gli arresti domiciliari ed il giovane ha potuto lasciare il carcere di massima sicurezza di Santa Maria Capua vetere.
    Leggi AncheEsperto in diritto Diplomatico e Internazionale. Lavora da oltre 30 anni nel mondo dell’editoria e della comunicazione. E’ stato rappresentante degli editori locali in F.I.E.G., Amministratore di Canale 10 e Direttore Generale della Società Centro Stampa s.r.l. Attento conoscitore della realtà Casertana. LEGGI TUTTO

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    Napoli, la figlia del boss Bosti aveva realizzato anche la sauna abusiva al rione Amicizia

    Flora Bosti, figlia del boss Patrizio, abitava abusvamente in una delle abitazioni popolari del rione Amicizia, sgomberate stamane grazie all’intervento di Polizia, Carabinieri, Guardia di Finanza e polizia municipale.PUBBLICITA

    Le abitazioni eran tutte riconducibili ai familiari di Patrizio Bosti, reggente del clan Contini. Ma nel corso dell’intervento di sgombero di oggi si è scoperto che Flora Bosti,  non solo ha unito due unità immobiliari per crearne una sola per sé, ma ha anche annesso una parte di suolo pubblico, su cui ha realizzato una sauna.

    Punti Chiave ArticoloDue settimane fa Flora Bosti è stata arrestata dalla Squadra Mobile di Napoli nell’ambito di un’indagine interforze anti-riciclaggio coordinata dalla procura antimafia partenopea, coinvolgendo anche il padre, il fratello, e il cognato Luca Esposito. Un’altra abitazione era occupata dall’unica delle sorelle Aieta non sposata Tra le sei abitazioni sgomberate, una era occupata dall’unica cognata non sposata dei boss Francesco Mallardo, Edoardo Contini e Patrizio Bosti, che hanno sposato le sorelle Anna, Maria e Rita Aieta.
    Il decreto notificato oggi riguarda anche una decina di altre abitazioni, dove però non risiedono persone legate alla criminalità organizzata. Per questi inquilini si sta concedendo più tempo per lasciare le case, cercando soluzioni alternative che non creino traumi.
    Leggi AncheGiuseppe Del Gaudio, giornalista professionista dal 1991. Amante del cinema d’azione, sport e della cultura Sud Americana. Il suo motto: “lavorare fa bene, il non lavoro: stanca” LEGGI TUTTO

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    Evasione fiscale ultramilionaria, la Finanza sequestra beni a un imprenditore pontino

    Nei giorni scorsi i finanzieri del Comando provinciale di Latina hanno dato attuazione ad un’ordinanza applicativa di misure cautelari reali nei confronti di F.G., 55enne amministratore di una società di capitali operante nel settore del commercio all’ingrosso di parti e accessori di autoveicoli. Il sequestro cautelare è stato disposto dal gip di Latina a seguito […] LEGGI TUTTO

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    Imprenditori di Avellino: “Mai date mazzette all’ex sindaco Festa”

    Avellino. Due degli imprenditori coinvolti nell’inchiesta “Dolce Vita” per corruzione hanno respinto le accuse di aver dato tangenti all’ex sindaco di Avellino, Gianluca Festa, e all’architetto Fabio Guerriero.PUBBLICITA

    I due, interrogati dal Gip Giulio Argenio, hanno negato di aver mai ricevuto richieste di denaro da Guerriero per poi girarle a Festa.

    Le loro dichiarazioni contrastano con le intercettazioni telefoniche che, al momento, sono l’unica prova a sostegno dell’accusa.
    Gli imprenditori, insieme ad un terzo indagato che si è avvalso della facoltà di non rispondere, si erano aggiudicati appalti per lavori di riqualificazione edilizia a Bellizzi e per la Porta Est di Avellino.

    Intanto, il Riesame ha fissato al 23 luglio l’udienza per Guerriero, che come Festa aveva rinunciato a deporre nell’interrogatorio di garanzia.

    “Intercettazioni fumose”, la difesa degli imprenditori
    Nel corso dell’interrogatorio, la difesa degli imprenditori ha depositato memorie difensive in cui si sottolinea la “fumosità” delle intercettazioni.

    Secondo i legali, le conversazioni telefoniche non sarebbero sufficienti a dimostrare la sussistenza del reato di corruzione.
    L’inchiesta “Dolce Vita”
    L’inchiesta “Dolce Vita” è stata avviata dalla Procura di Avellino che ipotizza un giro di tangenti per appalti pubblici a Avellino.
    Nell’ambito dell’inchiesta, oltre a Festa e Guerriero, sono indagati altri imprenditori e professionisti. I reati contestati sono, a vario titolo, corruzione, turbativa d’asta, associazione a delinquere e falso.
    Le prossime mosse
    Il 23 luglio si terrà l’udienza al Riesame per Guerriero, mentre per Festa è già stata fissata un’udienza per il 26 luglio. Si attendono nuovi sviluppi nelle prossime settimane, con l’acquisizione di ulteriori elementi di prova e le decisioni dei giudici.
    Leggi AncheCollaboratore di lunga data di Cronache della CampaniaDa sempre attento osservatore della società e degli eventi.Segue la cronaca nera. Ha collaborato con diverse redazioni. LEGGI TUTTO

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    Napoli arrestato finto tassista: rapinò donna stordendola con caffè adulteratoff

    Il G.I.P. del Tribunale di Napoli ha convalidato il fermo di un 50enne napoletano, gravemente indiziato di rapina pluriaggravata e lesioni personali aggravate, commesse il 21 giugno scorso ai danni di una 78enne ischitana.PUBBLICITA

    L’uomo è stato arrestato dai Carabinieri della Compagnia di Napoli Centro e si trova ora nel carcere di Poggioreale.

    Le indagini, coordinate dalla Procura della Repubblica, hanno accertato che l’uomo, fingendosi tassista, ha offerto un passaggio alla donna dal molo Beverello di Napoli.
    Durante il tragitto, le ha somministrato un caffè contenente sostanze che le hanno fatto perdere i sensi. Una volta svenuta, l’uomo le ha rubato denaro, documenti e carte di credito, abbandonandola poi incosciente in una zona periferica del quartiere Poggioreale.

    L’attività investigativa dei Carabinieri ha permesso di identificare e rintracciare l’uomo, che è stato arrestato l’11 luglio scorso.

    Ora le indagini continuano per accertare eventuali collegamenti con gli episodi di avvelenamento al latte di mandorla di sette persone avvenute in due giorni diversi nelle ultime 72 ore.
    Il fenomeno aveva creato un grande allarme sui social con la diffusione di foto del presunto “serial poisoner”.

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    “Clan delle aste” di Avellino, arriva il sequestro bis

    Il Tribunale del Riesame di Napoli (ottava sezione), presieduto dal giudice Capozzi e composto dai magistrati Ruggiero e Consiglio, ha confermato il sequestro bis disposto dalla DDA di Napoli (pm Henry John Woodcock e Simona Rossi) nei confronti di un’organizzazione malavitosa avellinese, denominata “il clan delle aste”.PUBBLICITA

    La decisione arriva dopo che il Tribunale di Avellino aveva sancito l’esistenza dell’organizzazione con una sentenza lo scorso 27 aprile.

    Punti Chiave ArticoloOpposizioni dei legali difensori Ai sigilli apposti dal Nucleo di polizia economico-finanziaria della Guardia di Finanza di Napoli si erano opposti quattro legali del collegio difensivo: gli avvocati Villani, Furgiuele, Taormina e Botti. Tuttavia, il Tribunale del Riesame ha respinto tali opposizioni, confermando il sequestro dei beni. Reiterazione del sequestro Si tratta della reiterazione di un sequestro già operato dai finanzieri su delega della Procura antimafia partenopea. Gli indagati coinvolti sono Armando Aprile, Gianluca Formisano, Antonio Barone e Livia Forte. La nuova sentenza mantiene dunque sotto sequestro un vasto patrimonio di beni.
    In base alla nuova decisione, restano sotto sequestro 70 immobili, 26 terreni, 6 società, 3 autoveicoli e quasi 600 mila euro. Questo colpo significativo rappresenta un passo importante nella lotta contro le attività criminali del “Clan delle aste”.
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