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    Napoli arrestato finto tassista: rapinò donna stordendola con caffè adulteratoff

    Il G.I.P. del Tribunale di Napoli ha convalidato il fermo di un 50enne napoletano, gravemente indiziato di rapina pluriaggravata e lesioni personali aggravate, commesse il 21 giugno scorso ai danni di una 78enne ischitana.PUBBLICITA

    L’uomo è stato arrestato dai Carabinieri della Compagnia di Napoli Centro e si trova ora nel carcere di Poggioreale.

    Le indagini, coordinate dalla Procura della Repubblica, hanno accertato che l’uomo, fingendosi tassista, ha offerto un passaggio alla donna dal molo Beverello di Napoli.
    Durante il tragitto, le ha somministrato un caffè contenente sostanze che le hanno fatto perdere i sensi. Una volta svenuta, l’uomo le ha rubato denaro, documenti e carte di credito, abbandonandola poi incosciente in una zona periferica del quartiere Poggioreale.

    L’attività investigativa dei Carabinieri ha permesso di identificare e rintracciare l’uomo, che è stato arrestato l’11 luglio scorso.

    Ora le indagini continuano per accertare eventuali collegamenti con gli episodi di avvelenamento al latte di mandorla di sette persone avvenute in due giorni diversi nelle ultime 72 ore.
    Il fenomeno aveva creato un grande allarme sui social con la diffusione di foto del presunto “serial poisoner”.

    Leggi AncheGiuseppe Del Gaudio, giornalista professionista dal 1991. Amante del cinema d’azione, sport e della cultura Sud Americana. Il suo motto: “lavorare fa bene, il non lavoro: stanca” LEGGI TUTTO

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    “Clan delle aste” di Avellino, arriva il sequestro bis

    Il Tribunale del Riesame di Napoli (ottava sezione), presieduto dal giudice Capozzi e composto dai magistrati Ruggiero e Consiglio, ha confermato il sequestro bis disposto dalla DDA di Napoli (pm Henry John Woodcock e Simona Rossi) nei confronti di un’organizzazione malavitosa avellinese, denominata “il clan delle aste”.PUBBLICITA

    La decisione arriva dopo che il Tribunale di Avellino aveva sancito l’esistenza dell’organizzazione con una sentenza lo scorso 27 aprile.

    Punti Chiave ArticoloOpposizioni dei legali difensori Ai sigilli apposti dal Nucleo di polizia economico-finanziaria della Guardia di Finanza di Napoli si erano opposti quattro legali del collegio difensivo: gli avvocati Villani, Furgiuele, Taormina e Botti. Tuttavia, il Tribunale del Riesame ha respinto tali opposizioni, confermando il sequestro dei beni. Reiterazione del sequestro Si tratta della reiterazione di un sequestro già operato dai finanzieri su delega della Procura antimafia partenopea. Gli indagati coinvolti sono Armando Aprile, Gianluca Formisano, Antonio Barone e Livia Forte. La nuova sentenza mantiene dunque sotto sequestro un vasto patrimonio di beni.
    In base alla nuova decisione, restano sotto sequestro 70 immobili, 26 terreni, 6 società, 3 autoveicoli e quasi 600 mila euro. Questo colpo significativo rappresenta un passo importante nella lotta contro le attività criminali del “Clan delle aste”.
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    Napoli, condanna dimezzata per il narcos albanese Faslii Qibini

    E’ stato condannato a 10 anni di carcere il pericoloso narcos albanese Faslii Qibini che è stato latitante per oltre 13 anni ed è stato arrestato solo nel gennaio scorso.PUBBLICITA

    Nel processo con rito abbreviato che si è celebrato davanti al gip Gabriella Logozzo del Tribunale di Napoli l’albanese, difeso dall’avvocato Rosario Arienzo, ha incassato una condanna decisamente lieve rispetto alle accuse e alle richieste della pubblica accusa che aveva avanzato una richiesta di condanna di 20 anni di carcere.

    Punti Chiave ArticoloIl gip, accogliendo la tesi del suo difensore, ha ridotto a 10 anni con l’esclusione della qualifica di capo promotore, organizzatore e dirigente dell’associazione criminale dedita al traffico internazionale di droga. Importava eroina per conto del clan Di Lauro e dei Nardielli di Torre Annunziata L’uomo è considerato un broker del narcotraffico trans-frontaliero. Secondo gli investigatori avrebbe gestito e mediato il traffico di eroina tra il suo paese d’origine, la Grecia, la Turchia e l’Italia meridionale dove faceva affari con il clan Di Lauro e poi con i “Nardielli”, gruppo criminale del versante oplontino.
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    Stupri di Caivano, condannati 3 dei 7 minorenni coinvolti

    Napoli. Sono state emesse le prime condanne per i minorenni coinvolti nei tragici stupri di Caivano, avvenuti la scorsa estate.PUBBLICITA

    Il giudice del tribunale per i minorenni di Napoli, Anita Polito, ha emesso condanne tra i 9 e i 10 anni di reclusione per tre dei sette imputati, al termine di un processo celebrato con rito abbreviato.

    Le condanne, pronunciate dopo una breve camera di consiglio, riguardano tre ragazzi che all’epoca dei fatti avevano 15 e 16 anni.
    Il pm Claudia De Luca, nella sua requisitoria, aveva chiesto pene tra i 9 anni e 10 anni e otto mesi di reclusione.

    Si tratta della prima tranche di condanne relative a questo orribile caso che ha sconvolto la comunità di Caivano.

    Lo scorso 5 luglio, infatti, il tribunale di Napoli Nord aveva già condannato a pene tra i 12 anni e 5 mesi e i 13 anni e 4 mesi di reclusione i due maggiorenni coinvolti nelle violenze.
    Ancora da definire la posizione degli altri quattro minorenni imputati, per i quali il processo è in corso.

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    Napoli, il pentito Umberto D’Amico: “Mio zio Salvatore voleva diventare il nuovo boss di Roma”

    Napoli. Il boss Salvatore D’Amico o’ pirata mirava a diventare il nuovo della criminalità organizzata a Roma. Lo ha rivelato il nipote pentito Umberto D’Amico ‘o lione.PUBBLICITA

    Le sue dichiarazioni hanno contribuito a sgominare le organizzazioni criminali nella capitale con 16 arresti e 57 indagati grazie a una indagine della Dda di Roma. Nelle circa 400 pagine dell’ordinanza cautelare firmata dal gip Emanuela Attura grande spazio trovano le dichiarazioni del pentito D’Amico.

    Punti Chiave Articolo“Mio zio aveva rapporti con il figlio di Michele Senese, che credo si chiamasse Roberto e con un uomo di Michele Senese agli arresti domiciliari, che si chiamava Roberto. Mio zio ha avuto una discussione con il figlio di Michele Senese che era un pò arrogante e gli ha detto che ormai era lui a comandare a Roma e non più la famiglia Senese. Ciò mi è stato raccontato da mio zio, io non ero presente. Poi si sono riappacificati, anche perché mio zio è entrato con la prepotenza a Roma e dovunque lui andava metteva il terrore. Mio zio gestiva a Roma una specie di suo clan che gestiva denaro, droga ed aveva armi, mentre Michele Senese era in carcere e nessuno lo seguiva più”.
    “…mio zio ha capito che a Roma c’era una buona movimentazione di denaro e, avendo conosciuto Daniele Muscariello, tramite Alberto Viola, ha deciso di operare anche a Roma. Mio zio conosceva Pasquale da molto tempo, ma non andava, prima del 2017 (periodo nel quale ha conosciuto Daniele) a Roma molto spesso.
    Io sono stato a Roma con mio zio Salvatore in zona Eur dove Alberto Viola aveva un ristorante. Ciò è accaduto a partire da gennaio o febbraio del 2018. Ci incontravamo con Daniele Muscariello, referente di mio zio quale suo braccio destro per tutto ciò che veniva fatto a Roma: recupero crediti, Iva e benzina. Gli imprenditori che dovevano recuperare dei soldi su Roma si rivolgevano a Daniele il quale informava mio zio Salvatore il quale interveniva e prendeva la metà del credito e alle volte l’intero. Daniele spartiva con noi il ricavato. Accadeva anche il contrario, ossia che eravamo noi ad avere un problema a Roma e ci rivolgevamo a Daniele. Ciò è accaduto ad esempio con Nando Palumbo …omissis…
    Daniele aveva aperto una ditta, non so a nome di chi, che formalmente assumeva gli operai, ma era una ditta fantasma ed in realtà loro lavoravano per altri ed anche per …omissis… La ditta non pagava i contributi ed era destinata a fallire. Per ogni lavoratore che mettevamo a disposizione delle altre ditte ci dovevano versare una percentuale.Dando il cappello a …omissis… gli abbiamo fatto capire che avrebbe dovuto fare quello che Daniele richiedeva. Stessa richiesta è stata fatta a Nando Palumbo e Giorgio Bresciani, giocatore di calcio, che avevano paura di noi. Daniele spesso veniva a Napoli, ma mio zio Salvatore era spessissimo a Roma. Daniele tramite sue conoscenze gli faceva fare delle richieste dall’ospedale e così mio zio, cheera sorvegliato speciale, poteva venire a Roma. Spesso aveva documenti falsi.  … quando venivamo a Roma, incontravamo …omissis… detto il fioraio oppure o’ guaglione (napoletano di circa cinquant’anni, proveniente da Napoli, San Giovanni e che ha un ristorante in piazza di Spagna), un certo Stefano (alto e pelato), Massimo (con la barba) e Andrea. non so dire bene cosa facesse l’altro Roberto, quello agli arresti domiciliari, ma so per certo che anche lui non sopportava il figlio di Michele Senese, che come ho detto era un ragazzo arrogante ed inoltre privo di spessore.  Salvatore D’Amico o’ pirata fu avvisato prima di essere arrestato Il lavoro con I’IVA prevedeva la consegna a Daniele di ingenti somme di denaro in contanti e lui ce le restituiva con l’aggiunta dell’IVA. Da quanto ho capito, ma questa cosa veniva seguita da Daniele i soldi venivano inviati tramite bonifico su conti di società fasulle (grazie ad altre società che avevano bisogno di scaricare l’IVA) e c’erano dei galoppini che prelevavano con la carta poste pay evolution l’intera somma – suddivisa per ciascuno di loro – in un solo giorno (prendevano 100 euro ciascuno). lo non mi occupavo di questo e non conosco i galoppini. Daniele veniva a consegnarmi i soldi o a casa nostra o al bar …omissis.. vicino a casa della sua fidanzata o allo …omissis. Daniele è un mago delle truffe e credo abbia grandi amicizie anche nelle forze dell’ordine. Aveva informato mio zio che sarebbe stato arrestato un mese prima che ciò accadesse”. Leggi AncheGiuseppe Del Gaudio, giornalista professionista dal 1991. Amante del cinema d’azione, sport e della cultura Sud Americana. Il suo motto: “lavorare fa bene, il non lavoro: stanca” LEGGI TUTTO

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    Camorra, clamorosa assoluzione in appello del figlio del boss Reale. Tutte le condanne

    Nel pomeriggio di oggi la Seconda Sezione della Corte d’Appello di Napoli, dopo cinque lunghe ore di camera di consiglio, ha finalmente dato lettura del dispositivo di sentenza del processo contro il clan Reale – Rinaldi – Formicola, formatosi a partire dal 2014 in seguito all’indebolimento del sodalizio Mazzarella – D’Amico.PUBBLICITA

    Assolti Antonio Reale ninnillo (avvocati Giuseppe Milazzo e Carlo Ercolino), a cui veniva contestato il ruolo di capo dell’omonimo gruppo, prevalentemente impegnato nella gestione delle piazze di spaccio del Rione Pazzigno, per il quale la DDA partenopea chiese all’epoca 15 anni.

    Punti Chiave ArticoloI difensori del figlio di Mario Reale hanno infatti evidenziato al collegio l’inattendibilità delle dichiarazioni dei pentiti Mazzarella Alfonso e D’Amico Umberto lione perché mosse da astio, in quanto suoi acerrimi rivali ai tempi della guerra tra fazioni contrapposte. Assoluzioni anche per Reale Gennaro cl. 87, Reale Pasquale nano cl. 96, Reale Vincenzo cl. 97 e Reale Antonio cinese cl. 91 e Giovanni Tabasco.
     Condanne per quasi 150 anni di carcere Ci sono invece state delle riduzioni di pena per Ferdinando Di Pede (15 anni e 4 mesi), Gaetano Formicola (8 anni, difeso dall’avvocato Leopoldo Perone), Giuseppe Fusaro (10 anni e 4 mesi), Ciro Grandioso (8 anni), Ciro Grassia (11 anni e 5 mesi), Sergio Grassia (da 14 anni e mesi 8 a 8 anni, difeso dall’avvocato Sergio Lino Morra), Luigi Luongo (anni 8), Salvatore Luongo (anni 8), Raffaele Maddaluno (14 anni 4 mesi), Raffaele Oliviero (8 anni), Giovanni Pagano (10 anni e 4 mesi), Lorenzo Pianese (11 anni e 5 mesi), Carmine Reale (6 anni e mesi 8), Gaetano Tabasco (11 anni e 5 mesi).
    Confermate poi le condanne di Maria Domizio bionda (14 anni ), moglie di Formicola Ciro, Sannino Tommaso (14 anni), Rinaldi Ciro mauè (18 anni), Rinaldi Francesco (8 anni), Salvatore Nurcaro (8 anni).Nel collegio difensivo anche gli avvocati Raffaele Chiummariello e Giuseppe De Gregorio. Leggi Anche LEGGI TUTTO

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    Marano condannato l’ex sindaco Bertini: 12 anni e 8 mesi per collusione con la camorra

    Napoli. Si è concluso con una pesante condanna il processo a carico dell’ex sindaco di Marano, Mauro Bertini, accusato di concorso esterno in associazione mafiosa e corruzione.PUBBLICITA

    I giudici del tribunale di Napoli Nord, dopo un processo durato oltre tre anni e mezzo, hanno inflitto a Bertini una pena di 12 anni e 6 mesi di reclusione.

    Punti Chiave ArticoloCondannati a pene più lievi anche l’imprenditore edile Angelo Simeoli (3 anni) e i fratelli Aniello e Raffaele Cesaro (3 anni ciascuno). Assolto invece Eduardo Pellecchia. Per i giudici Bertini aveva favorito i clan nell’aggiudicazione degli appalti pubblici La corte, presieduta dal giudice Eleonora Pacchiarini, ha riconosciuto il ruolo di Bertini nell’infiltrazione della camorra nella pubblica amministrazione locale, in particolare per quanto riguarda l’assegnazione di appalti edilizi.
    La sentenza rappresenta un duro colpo per l’ex primo cittadino di Marano, già in passato coinvolto in vicende giudiziarie legate alla criminalità organizzata
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    Camorra, la moglie di Sandokan in aula: “L’ho incontrato quando era collaboratore”

    Giuseppina Nappa, moglie di Francesco “Sandokan” Schiavone, ha rivelato in un’udienza al processo in corso a Santa Maria Capua Vetere che ha incontrato il marito in carcere nel marzo del 2024.PUBBLICITA

    L’incontro è avvenuto durante un breve periodo in cui Schiavone aveva avviato la collaborazione con la giustizia, poi interrotta.

    Punti Chiave ArticoloNappa ha affermato di aver potuto parlare liberamente con il marito per la prima volta dopo anni, a causa delle restrizioni imposte dal regime di 41 bis a cui Schiavone era sottoposto. L’ammissione della Nappa è stata fatta durante una discussione sui presunti doni di Natale e Pasqua che Nicola Schiavone, socio storico di Sandokan e ritenuto amico di vecchia data del boss, avrebbe fatto a Nappa e ai suoi figli. La donna ha dichiarato che questi doni sono avvenuti “fino a un certo punto e poi si sono diradati”.
    Poi ad una precisa domanda se avesse avvertito di ciò suo marito, la donna ha riferito che poiché il marito era in carcere al 41bis e i colloqui erano registrati “non gli ho detto nulla”, ma queste circostanze gliele ha riferite lo scorso marzo quando l’ha incontrato in carcere, e “in quella occasione nessuno ci ascoltava”.
     La perplessità degli avvocati della difesa sulla gestione dei pentiti Le dichiarazioni di Nappa hanno suscitato perplessità tra gli avvocati della difesa, che hanno sottolineato la “gestione del collaboratore piuttosto particolare” e il fatto che Sandokan abbia potuto incontrare anche il figlio Emanuele Libero durante il periodo di collaborazione. Emanuele Libero, infatti, non ha seguito la scelta del padre di collaborare con la giustizia, ma ha invece tentato di riorganizzare le attività illecite del clan a Casal di Principe, venendo poi arrestato. Il processo è stato aggiornato al mese di settembre.
    Leggi AncheSiamo la redazione di Cronache della Campania. Sembra un account astratto ma possiamo assicurarvi che è sempre un umano a scrivere questi articoli, anzi più di uno ed è per questo usiamo questo account. Per conoscere la nostra Redazione visita la pagina “Redazione” sopra nel menù, o in fondo..Buona lettura! LEGGI TUTTO

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    Tentata estorsione col metodo mafioso, cinque misure cautelari

    La Polizia di Stato di Latina giovedì mattina ha eseguito cinque misure cautelari nei confronti di altrettante persone per il reato di tentata estorsione, aggravata dal metodo mafioso. Le indagini, condotte dai poliziotti della Squadra Mobile con il coordinamento della Direzione distrettuale antimafia della Procura della Repubblica di Roma, hanno avuto origine dalla denuncia sporta […] LEGGI TUTTO

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    Salerno anziani adescati al bar, narcotizzati e derubati: presa la banda di napoletani e salernitani

    Salerno. Erano diventati il terrore di Salerno e dei frequentatori di bar e caffè. Grazie alla complicità di piacenti e talvolta giovani donne adescavano le vittime al bar.PUBBLICITA

    E dopo aver condiviso con loro una birra o un caffè e approfittavano per narcotizzare le bevanda. E poi a quel punto il gioco era facile.
    Punti Chiave Articolopotevano riaccompagnarli a casa e rapinarli di tutto.
    I Carabinieri della Stazione Salerno Duomo hanno arrestato 7 persone accusate di aver messo a segno rapine, furti e truffe. L’indagine, coordinata dalla Procura di Salerno, ha permesso di scoprire un’associazione a delinquere che dal 2018 al 2023 ha commesso almeno cinque rapine, una truffa aggravata, un furto in abitazione e un furto d’auto tra Salerno e Battipaglia.
     Le vittime adescate ai bar da piacenti donne Le vittime venivano adescate in bar. Una volta conquistata la loro fiducia, i malviventi offrivano loro una birra o un caffè, approfittando per mescolare nella bevanda una sostanza stupefacente. Quando le vittime erano in stato di incoscienza, i criminali derubavano i loro beni e le loro carte di credito.
    Oltre alle rapine, il gruppo è accusato di aver riciclato il denaro proveniente dai loro crimini. I sette indagati sono stati arrestati con diverse misure cautelari: custodia in carcere, arresti domiciliari e divieto di dimora.
    Ai sette indagati sono contestati, a vario titolo, i reati di associazione a delinquere finalizzata alla commissione di rapine mediante narcotizzazione, furti in abitazione, furti di autovetture, truffe aggravate in danno di anziani, riciclaggio e reimpiego di denaro, beni o utilità di provenienza illecita, indebito utilizzo e falsificazione di strumenti di pagamento diversi dai contanti, sostituzione di persona. In carcere sono finiti: Bernardo Sperandeo, nato a Salerno il 17.1.1990, indagato per associazione per delinquere, furto aggravato, rapina aggravata, truffa aggravata, reimpiego di denaro di provenienza illecita;Pietro Izzo, nato a Torre del Greco il 23.2.1976, indagato per furto aggravato. Agli arresti domiciliari:Claudio Sena, nato a Salerno il 9.1.1982, indagato per associazione per delinquere, furto aggravato, rapina aggravata, truffa aggravata, reimpiego di denaro di provenienza illecita, sostituzione di persona;Fortuna Samo, nata a Napoli il 26.3.1980, indagata per associazione per delinquere, furto aggravato, truffa aggravata, reimpiego di denaro di provenienza illecita, rapina aggravata, sostituzione di persona;Ida Massotti, nata a Salerno il 2.11.1990, indagata per associazione per delinquere, furto aggravato, rapina aggravata;Fiorenzo Memoli,nato a Battipaglia il 15.11.1983, indagato per furto aggravato, rapina aggravata. Leggi Anche LEGGI TUTTO

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    Salerno, l’avvocato Cembalo organizzatore del giro di sfruttamento degli immigrati

    Salerno. L’avvocato penalista Gerardo Cembalo, sua moglie Maria Chirico, la sua assistente Nadia Outalbi, l’intermediario Tojammel Hopssain Md alias Oliva, il connazionale del Bangladesh Bilger Mohamed, e gli imprenditori agricoli Armando e Raffaele Nappi della Arfedi di Capaccio Paestum sono stati arrestati con l’accusa di associazione a delinquere finalizzata al favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e sfruttamento di manodopera.PUBBLICITA

    L’indagine, coordinata dalle sostitute procuratrici Francesca Fittipaldi e Claudia D’Alitto, ha permesso di scoprire un’organizzazione criminale che, grazie allo sfruttamento dei decreti flussi del 2023 e del 2024, ha favorito l’ingresso in Italia di almeno 144 cittadini extracomunitari.

    Punti Chiave ArticoloCembalo, secondo l’accusa, era il “dirigente” del gruppo, mentre Chirico, Hossain e Outalbi ne facevano parte. L’organizzazione avrebbe richiesto mille euro per ogni istanza inoltrata durante i “click day”, duemila per ogni nulla osta e, in caso di ottenimento di un contratto fittizio, altri duemila euro. Gli imprenditori Nappi, invece, avrebbero acconsentito a fungere da finti datori di lavoro per gli immigrati, assumendone 300 nel corso di due anni attraverso la produzione di certificazioni e documenti falsi. In questo modo, avrebbero tratto un profitto tra i mille e i 5mila euro a immigrato.
    Secondo la procura di Salerno, Cembalo e Nappi avrebbero svolto l’attività illecita “sistematicamente”, reinvestendo i profitti.
    Gli strani legami con persone del clan Cesarano E poi c’erano Decimo Viola, il vero organizzatore del giro d’affari legato all’immigrazione clandestina e l’imprenditore di Castellammare di Stabia,  Catello Cascone, figlio di quel famoso Ferdinando Cascone che negli anni novanta aveva favorito la latitanza del boss Ferdinando Cesarano in provincia di Salerno.
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    Camorra, il clan Cesarano aveva messo le mani sull’affare migranti: 47 arresti

    Salerno. Fino a 4mila euro per ogni straniero fatto entrare illegalmente in Italia. E’ il prezzo che la Dda di Salerno ha scoperto essere stato pagato in un’operazione di maxi-sfruttamento che ha portato all’arresto di 47 persone.PUBBLICITA

    Le indagini, coordinate con la Procura nazionale antimafia, hanno svelato un sistema illecito che ha permesso l’ingresso fraudolento di oltre 2.500 cittadini extracomunitari.

    Punti Chiave ArticoloA riciclare i proventi della lucrosa attività illecita ci pensavano alcuni esponenti del clan Cesarano di Castellammare e Pompei che da anni hanno messo le radici nel Salernitano e in maniera particolare nella Piana del Sele, con terre rigogliose e dove lo sfruttamento della mano d’opera straniera è un business quotidiano.  Il business riciclaggio nella Piana del Sele del clan Cesarano Le indagini, svolte in coordinamento con il Procuratore nazionale antimafia, hanno consentito di ricostruire l’intero sistema illecito, a partire dalla costituzione di società ad hoc e dall’utilizzo fraudolento dell’identità digitale di imprenditori ignari, allo scopo di consentire l’inserimento delle istanze per l’ottenimento del nulla osta all’ingresso sul territorio nazionale.
    Venivano poi individuati imprenditori, addetti ai patronati e liberi professionisti che dietro pagamento di denaro da parte dei cittadini extracomunitari interessati predisponevano ed effettuava l’inserimento e curavano le successive pratiche burocratiche.
    Infine un gruppo di soggetti, alcuni dei quali già condannati per il delitti di associazione mafiosa con riferimento al clan camorristico Cesarano attivo a Pompei e Castellammare di Stabia e con propaggini nella provincia di Salerno, riciclavano gli ingenti proventi derivanti dall’attività illecita. Ad essere sfruttati erano i migranti, disposti a pagare cifre esorbitanti per un sogno di vita migliore. Le indagini, ancora in corso, ipotizzano che ogni straniero abbia pagato fino a 4mila euro:
    1.000 euro per la presentazione della domanda2mila euro per il nulla osta e il visto2mila euro per un falso contratto di lavoro (facoltativo) Oltre all’arresto degli indagati, la Dda ha sequestrato un terreno a Battipaglia, denaro e beni per un totale di 6 milioni di euro, e ha trovato 300mila euro in contanti e un libro mastro delle operazioni illecite. Un giro d’affari da capogiro L’operazione della Dda di Salerno ha scoperchiato un giro d’affari da milioni di euro, sfruttando la disperazione di chi cerca una vita migliore. Un monito a non abbassare la guardia contro le infiltrazioni mafiose anche in settori delicati come l’immigrazione. Le indagini, coordinate dalla Dda di Salerno, sono state svolte dalla compagnia di Battipaglia della Guardia di Finanza. Ai 47 indagati sono state notificate misure cautelari (13 in carcere, 24 ai domiciliari, 10 interdizioni per un anno da attività imprenditoriali e professionali) con le accuse, a vario titolo, di immigrazione clandestina, riciclaggio, autoriciclaggio, utilizzo ed emissione di fatture per operazioni inesistenti. Leggi Anche LEGGI TUTTO