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    Camorra, Salvatore Lausi tentò di vendere la casa per pagare i Mazzarella

    Sapeva che il clan non lo avrebbe perdonato e cosi’ ha chiesto alla madre di vendere la casa “facciamo 50 milioni e iniziamo a darglielo. Firmiamo tutti e vendiamo”.E poi: “Come devo risolvere, mi devono ammazzare solamente adesso”, commentava al telefono con i suoi familiari Salvatore Lausi, il cassiere dei Mazzarella ucciso dal suo clan, il 6 ottobre del 2002. Un buco di 100 milioni di lire e un agghiacciante retroscena: “Mi ammazzano”.
    Le telefonate sono nell’ordinanza dal gip Giovanni Vinciguerra, del Tribunale di Napoli che su richiesta della Dda  ha disposto tre misure cautelari nei confronti dei due mandanti e di uno degli esecutori materiali, rispettivamente i boss Vincenzo e Michele Mazzarella e l’allora neo 18enne Salvatore Barile.
    Camorra, Salvatore Lausi voleva pagare il debito per evitare di essere ucciso
    “Vediamo di racimolare i soldi. Vendo la modo e facciamo 10 milioni – suggerisce il cognato di Lausi – ti hanno fatto un bel trucchetto… te lo hanno fatto proprio grosso”. Poi i due ipotizzano chi possa essere il ladro. E il cognato accusa il marito dell’altra sorella: “E’ stato sicuro lui”. 
    E la sorella, per trovare chi se li era presi, chiese addirittura lumi a una cartomante. L’ordinanza, per i fatti che riporta e i colpi di scena che riserva, sembra la sceneggiatura di un film sulla camorra. I carabinieri del Nucleo Investigativo di Napoli, coordinati dalla Dda, hanno scoperto che uno dei killer, Ciro Giovanni Spirito, morto suicida in carcere, con i soldi presi per quell’omicidio comprò una Honda Transalp, moto in voga all’epoca.
    Facendo luce sul cold case emerge anche un identikit più preciso di Marianna Giuliano, figlia dello storico boss di Forcella, Luigi, da anni pentito moglie di Michele Mazzarella, considerato uno degli elementi apicali dell’omonimo clan.
    Marianna, una “sangue blu”, erede di una camorra antica, viene definita un vero e proprio “boss in gonnella” da un “pentito”, una donna che prendeva decisioni infischiandosene del reggente di allora ma portando sempre massimo rispetto al marito, per il quale faceva l’ufficiale di collegamento.
    Lausi, dopo avere scoperto il furto, sapeva che la vicenda gli sarebbe potuta costare la vita. Lo evidenziano le telefonate intercettatte dai carabinieri, in cui parla con la madre e il cognato. Proprio a quest’ultimo dice affranto: “Come devo risolvere… mi devono ammazzare solamente adesso…”.
    Ma quell’omicidio, che i vertici dei Mazzarella volevano tenere segreto, stava per innescare addirittura una guerra con i rivali di sempre, l’Allenza di Secondigliano.
    L’omicidio di Salvatore Lausi, il cassiere del clan Mazzarella ritenuto responsabile di un ammanco da 100 milioni di lire, stava per innescare una guerra tra i Mazzarella e i loro acerrimi nemici dell’Alleanza di Secondigliano.
    A rivelarlo ai Carabinieri del Nucleo Investigativo di Napoli è stato Giuseppe Misso, collaboratore di giustizia, all’epoca tra i vertici dell’omonimo clan che era alleato del clan Mazzarella. Il clan Misso non sapeva chi avesse ucciso Lausi. Sapeva solo che era assassinato nel “loro” territorio.
    Un atto grave che poteva essere stato commesso dall’Alleanza di Secondigliano la quale, per compierlo, si era spinta troppo oltre, aveva addiruttura sconfinato. Fu per questo motivo che Giuseppe Missi (zio quasi omonimo di colui che ha rilasciato le dichiarazioni agli inquirenti su questi fatti, appresi “de relato”) decise di convocare Gennaro Mazzarella (fratello di Vincenzo) per chiedere spiegazioni.
    Gennaro, inizialmente, negò il coinvolgimento, e Missi rispose che quindi bisognava attaccare l’Alleanza di Secondigliano (tuttora rivale dei Mazzarella). E così, davanti al pericolo di innescare una guerra, Gennaro Mazzarella si vide costretto a rivelare che il cassiere era stato ucciso da un loro affiliato, animato però da autonoma iniziativa, cioé senza il consenso dei vertici.
    Solo successivamente, consapevole che le sue bugie sarebbero potute costare la vita del killer (indicato nella persona di Ciro Giovanni Spirito, ma del commando fecero parte anche Salvatore Barile e Vincenzo De Bernardo), Gennaro Mazzarella chiese a Missi di accantonare i suoi propositi di vendetta, per evitare che mettesse fine alla loro alleanza. LEGGI TUTTO

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    Camorra, killer del clan Mazzarella: “Percepivo 10mila euro al mese, comprai una moto”. I verbali

    Con i soldi dell’omicidio il killer si comprò una moto, una enduro molto in voga all’epoca.Così Ciro Giovanni Spirito, uno dei sicari di Salvatore Lausi, affiliato al clan Mazzarella ritenuto colpevole di avere fatto sparire 100 milioni di lire che gli erano stati affidati, spese i soldi che gli vennero dati per commettere quell’assassinio, insieme con Vincenzo De Bernardo e Salvatore Barile.
    Lausi, venne ucciso in un agguato scattato nel rione Sanità di Napoli il 6 ottobre 2002 e Spirito divenne collaboratore di giustizia prima di suicidarsi in carcere il 23 dicembre 2009. Il sicario fece anche sapere agli inquirenti che a commissionargli l’omicidio “furono Gennaro Mazzarella, fratello di Vincenzo, e Michele Mazzarella, figlio di Vincenzo”.
    In cambio, “ebbi in regalo dei soldi con i quali acquistai una motocicletta Honda Transalp”. “Nel programmare l’omicidio – aveva spiegato Spirito – ci ponevamo il problema che Totore (Salvatore Lausi, la vittima) doveva darci circa 100mila euro, sempre provento della droga. Ma superammo la perplessità, ritenendo che avremmo, comunque, potuto in qualche modo recuperare la somma di denaro”.
    “Percepivo 10mila euro al mese, diventati 2.500 nel periodo in cui erodetenuto. Gli emolumenti venivano decisi da Vincenzo Mazzarella e successivamente da Paolo Ottaviano, che li mandava attraverso un suo uomo”, aveva raccontato ancora ai magistrati della Dda sempre Spirito prima di suicidarsi.
     Il killer del clan Mazzarella superpagato
    Spiegando anche sua vita di killer superpagato al servizio della camorra. “Ho iniziato come semplice autista o conducente di motocicli per arrivare ben presto a commettere omicidi nell’interesse del clan e comporre così il gruppo di fuoco dell’organizzazione:allora il mio stipendio aumentò notevolmente. Con gli anni sono via diventato uno degli uomini di più stretta fiducia del capoclan Vincenzo Mazzarella, con il quale fui catturato nel 1999 in Francia”.
    Spirito, insieme con il boss Vincenzo Mazzarella, di 53 anni, fu arrestato nel 1999 a Nizza dalla Squadra Mobile di Napoli in collaborazione con agenti di polizia francesi. I due furono sorpresi in un lussuoso residence dell’ hotel Siracuse a Villeneve Luobet. Mazzarella e Spirito finirono in manette con l’accusa di associazione per delinquere di stampo camorristico.
    A Spirito, in particolare, si contestava anche l’omicidio di Egidio Cutarelli, avvenuto il 16 febbraio 1998, davanti al carcere di Poggioreale a Napoli. Il delitto avvenne nell’ ambito dello scontro tra gli esponenti del clan Mazzarella e quelli della “Alleanza di Secondigliano”. Nella sparatoria morì anche il padre di Vincenzo Mazzarella, Francesco.
    L’agguato era stato organizzato dai killer dell’ “Alleanza di Secondigliano” contro Vincenzo Mazzarella che quel giorno doveva essere scarcerato. Nel 2007 il nipote di Spirito, Giosuè, fu ucciso, forse per una “vendetta trasversale”. LEGGI TUTTO

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    Camorra, killer del clan Mazzarella: “Percepivo 10mila euro al mese, comprai una moto”. I verbali

    Con i soldi dell’omicidio il killer si comprò una moto, una enduro molto in voga all’epoca.Così Ciro Giovanni Spirito, uno dei sicari di Salvatore Lausi, affiliato al clan Mazzarella ritenuto colpevole di avere fatto sparire 100 milioni di lire che gli erano stati affidati, spese i soldi che gli vennero dati per commettere quell’assassinio, insieme con Vincenzo De Bernardo e Salvatore Barile.
    Lausi, venne ucciso in un agguato scattato nel rione Sanità di Napoli il 6 ottobre 2002 e Spirito divenne collaboratore di giustizia prima di suicidarsi in carcere il 23 dicembre 2009. Il sicario fece anche sapere agli inquirenti che a commissionargli l’omicidio “furono Gennaro Mazzarella, fratello di Vincenzo, e Michele Mazzarella, figlio di Vincenzo”.
    In cambio, “ebbi in regalo dei soldi con i quali acquistai una motocicletta Honda Transalp”. “Nel programmare l’omicidio – aveva spiegato Spirito – ci ponevamo il problema che Totore (Salvatore Lausi, la vittima) doveva darci circa 100mila euro, sempre provento della droga. Ma superammo la perplessità, ritenendo che avremmo, comunque, potuto in qualche modo recuperare la somma di denaro”.
    “Percepivo 10mila euro al mese, diventati 2.500 nel periodo in cui erodetenuto. Gli emolumenti venivano decisi da Vincenzo Mazzarella e successivamente da Paolo Ottaviano, che li mandava attraverso un suo uomo”, aveva raccontato ancora ai magistrati della Dda sempre Spirito prima di suicidarsi.
     Il killer del clan Mazzarella superpagato
    Spiegando anche sua vita di killer superpagato al servizio della camorra. “Ho iniziato come semplice autista o conducente di motocicli per arrivare ben presto a commettere omicidi nell’interesse del clan e comporre così il gruppo di fuoco dell’organizzazione:allora il mio stipendio aumentò notevolmente. Con gli anni sono via diventato uno degli uomini di più stretta fiducia del capoclan Vincenzo Mazzarella, con il quale fui catturato nel 1999 in Francia”.
    Spirito, insieme con il boss Vincenzo Mazzarella, di 53 anni, fu arrestato nel 1999 a Nizza dalla Squadra Mobile di Napoli in collaborazione con agenti di polizia francesi. I due furono sorpresi in un lussuoso residence dell’ hotel Siracuse a Villeneve Luobet. Mazzarella e Spirito finirono in manette con l’accusa di associazione per delinquere di stampo camorristico.
    A Spirito, in particolare, si contestava anche l’omicidio di Egidio Cutarelli, avvenuto il 16 febbraio 1998, davanti al carcere di Poggioreale a Napoli. Il delitto avvenne nell’ ambito dello scontro tra gli esponenti del clan Mazzarella e quelli della “Alleanza di Secondigliano”. Nella sparatoria morì anche il padre di Vincenzo Mazzarella, Francesco.
    L’agguato era stato organizzato dai killer dell’ “Alleanza di Secondigliano” contro Vincenzo Mazzarella che quel giorno doveva essere scarcerato. Nel 2007 il nipote di Spirito, Giosuè, fu ucciso, forse per una “vendetta trasversale”. LEGGI TUTTO

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    Camorra, ucciso dal clan Mazzarella per un buco nella cassa da 100milioni

    Napoli. Ancora un cold case risolto dai Carabinieri. 3 persone in manette per un omicidio commesso 20 anni fa. Tra i mandanti Michele e Vincenzo Mazzarella. La vittima era ritenuta responsabile di un buco di 100 milioni di lire dalla cassa del clan.Il 6 marzo 2023, presso le Case Circondariali di Napoli Secondigliano, Parma e Siracusa, il Nucleo Investigativo di Napoli ha dato esecuzione ad una misura cautelare personale, emessa dal G.I.P. presso il Tribunale di Napoli su richiesta della locale Direzione Distrettuale Antimafia, nei confronti di 3 indagati, tutti detenuti e affiliati di spicco del clan Mazzarella, in quanto ritenuti gravemente indiziati dell’omicidio – aggravato dalle finalità mafiose – di Lausi Salvatore, anch’egli affiliato al citato clan, avvenuto in Napoli il 6 ottobre 2002.
    Le indagini, condotte dal citato Nucleo attraverso attività di intercettazione e riscontri a dichiarazioni di collaboratori di giustizia, hanno consentito di accertare che l’omicidio costituì una epurazione interna al clan, originata dal fatto che la vittima, incaricata della riscossione delle estorsioni nei quartieri Forcella, Maddalena e Sanità era ritenuta responsabile dell’ammanco di 100 milioni di lire dalla cassa dell’associazione;
    – aveva stretto sinergici rapporti con Misso Giuseppe (all’epoca capo e fondatore dell’omonimo clan operante nel quartiere Sanità, poi divenuto collaboratore di giustizia), cosa che venne interpretata come volontà di affiliarsi a quest’ultimo, dissociandosi dai Mazzarella, dei quali avrebbe potuto rivelare informazioni riservate;
    – in più, si era impossessata di un orologio di valore di altro associato, sottraendoglielo con forza.
    Il provvedimento eseguito è una misura cautelare, disposta in sede di indagini preliminari, avverso cui sono ammessi mezzi di impugnazione, e i destinatari della stessa sono persone sottoposte alle indagini e, quindi, presunte innocenti fino a sentenza definitiva.
    Le persone raggiunte dal provvedimento sono:
    – Mazzarella Michele, nato a Napoli il 14.7.1978, in qualità di mandante;
    – Mazzarella Vincenzo, nato a Napoli il 25.9.1949, in qualità di mandante e organizzatore;
    – Barile Salvatore, nato a Napoli il 15.5.1984, in qualità di esecutore materiale (in concorso con SPIRITO Ciro Giovanni e DE BERNARDO Vincenzo, deceduti). LEGGI TUTTO

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    Camorra, colpita il clan Ferrara Cacciapuoti: interdittiva antimafia per 4 società

    Camorra a Villaricca: la Prefettura di Napoli, su proposta dei Carabinieri del nucleo informativo del comando provinciale partenopeo, ha emesso 4 interdittive anti-mafia nei confronti di altrettante società riconducibili al clan Ferrara-Cacciapuoti.
    I provvedimenti del Prefetto nascono a seguito delle indagini condotte dai militari del nucleo informativo grazie al prezioso contributo dei carabinieri del nucleo investigativo del gruppo di castello di cisterna che hanno dimostrato la riconducibilità delle società – 3 distributori di carburanti e un bar – al clan camorristico Ferrara-Cacciapuoti.
     Le mani del clan Ferrara Cacciapuoti sul settore carburanti
    Quest’attività, grazie al prezioso contributo dei Carabinieri del nucleo informativo del gruppo di Castello di Cisterna, considerata la recente esecuzione delle misure cautelari da parte dei carabinieri del nucleo investigativo di Napoli a carico di persone del clan Mazzarella, evidenzia il crescente interesse della criminalità organizzata nel settore dei carbolubrificanti. LEGGI TUTTO

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    Camorra, il boss Ciro Mazzarella intercettato: “…i carcerati si devono rispettare”

    Dall’inchiesta dei carabinieri del Nucleo Investigativo di Napoli sugli affari del clan Mazzarella di Napoli emerge chiaramente anche l’interesse crescente dell’organizzazione malavitosa guidata da Ciro Mazzarella nei riguardi del commercio e della distribuzione degli idrocarburi.Un business che consente di poter riciclare imponenti somme di denaro frutto di attività illecite. Ma dalle conversazioni emerge anche la volontà di “portare rispetto” ai carcerati.
    I militari dell’arma intercettano un summit a casa di Ciro Mazzarella (figlio del capoclan Gennaro, che dopo l’arresto del fratello Francesco, il 12 dicembre 2018, ha assunto la guida dell’organizzazione malavitosa): è il 30 aprile 2019 e a casa di Ciro Mazzarella c’è il ghota: Ciro Mazzarella chiede conto di una estorsione ai D’Amico (rappresentati da Umberto D’Amico, detto “o’ lione”).
    L’estorsione riguarda un uomo dei Mazzarella a cui è riconducibile un distributore di benzina del quartiere napoletano di San Giovanni a Teduccio. Ciro Mazzarella è fortemente contrariato: “…senti, a questa pompa di benzina … non si deve fare niente”.
    D’Amico si giustifica però: “…non gli abbiamo cercato niente… gli diamo 50mila euro… ci vuoi far guadagnare su un camion di benzina a settimana? Noi non vogliamo niente… vogliamo solo qualcosa di soldi… noi l’estorsione non la stiamo cercando”.
    A questo punto Ciro Mazzarella ribadisce l’ammonimento: “quelli che stanno carcerati si devono rispettare… dobbiamo fare bella figura perché oggi stiamo noi fuori (dal carcere)”.
    Camorra, affiliato clan Mazzarella intercettato: “I paesi vesuviani sono nostri”
     “I Paesi vesuviani sono diventati nostri”. A parlare è un presunto affiliato al clan Mazzarella, intercettato dai carabinieri del Nucleo Investigativo di Napoli nell’ambito dell’indagine della DDA (pm Fratello e Converso).
    A quell’uomo, Umberto Luongo, 45 anni, oggi i militari dell’arma hanno notificato una misura cautelare in carcere. Per gli inquirenti il controllo criminale del gruppo camorristico Mazzarella dal quartiere partenopeo di San Giovanni a Teduccio si è esteso verso importanti e popolosi comuni del Vesuviano, appunto, tra Ercolano, Portici, San Sebastiano al Vesuvio e San Giorgio a Cremano.
    Camorra, sequestrata “pompa bianca” del clan, aderì a recente sciopero
    Non compare nell’elenco dei distributori di carburante che sono rimasti aperti durante il recente sciopero la “pompa bianca” (stazioni di servizio indipendenti che non fanno parte del circuito delle compagnie di distribuzione di carburante più note) “Red Fuel” di via Cinthia a Fuorigrotta sequestrata oggi dai carabinieri di Napoli nell’ambito di un’operazione anticamorra coordinata dalla DDA.
    La circostanza fa ritenere che il presunto distributore della camorra, quindi, abbia anche aderito all’astensione legata all’aumento dei prezzi di benzina e diesel che c’è stato dall’inizio del 2023 e indetta in segno di protesta per difendere la posizione della categoria.
    Il provvedimento emesso dall’autorità giudiziaria riguarda il ramo d’azienda e l’attività di vendita di carburanti prosegue sotto l’amministrazione giudiziaria. LEGGI TUTTO

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    Camorra, il boss Ciro Mazzarella intercettato: “…i carcerati si devono rispettare”

    Dall’inchiesta dei carabinieri del Nucleo Investigativo di Napoli sugli affari del clan Mazzarella di Napoli emerge chiaramente anche l’interesse crescente dell’organizzazione malavitosa guidata da Ciro Mazzarella nei riguardi del commercio e della distribuzione degli idrocarburi.Un business che consente di poter riciclare imponenti somme di denaro frutto di attività illecite. Ma dalle conversazioni emerge anche la volontà di “portare rispetto” ai carcerati.
    I militari dell’arma intercettano un summit a casa di Ciro Mazzarella (figlio del capoclan Gennaro, che dopo l’arresto del fratello Francesco, il 12 dicembre 2018, ha assunto la guida dell’organizzazione malavitosa): è il 30 aprile 2019 e a casa di Ciro Mazzarella c’è il ghota: Ciro Mazzarella chiede conto di una estorsione ai D’Amico (rappresentati da Umberto D’Amico, detto “o’ lione”).
    L’estorsione riguarda un uomo dei Mazzarella a cui è riconducibile un distributore di benzina del quartiere napoletano di San Giovanni a Teduccio. Ciro Mazzarella è fortemente contrariato: “…senti, a questa pompa di benzina … non si deve fare niente”.
    D’Amico si giustifica però: “…non gli abbiamo cercato niente… gli diamo 50mila euro… ci vuoi far guadagnare su un camion di benzina a settimana? Noi non vogliamo niente… vogliamo solo qualcosa di soldi… noi l’estorsione non la stiamo cercando”.
    A questo punto Ciro Mazzarella ribadisce l’ammonimento: “quelli che stanno carcerati si devono rispettare… dobbiamo fare bella figura perché oggi stiamo noi fuori (dal carcere)”.
    Camorra, affiliato clan Mazzarella intercettato: “I paesi vesuviani sono nostri”
     “I Paesi vesuviani sono diventati nostri”. A parlare è un presunto affiliato al clan Mazzarella, intercettato dai carabinieri del Nucleo Investigativo di Napoli nell’ambito dell’indagine della DDA (pm Fratello e Converso).
    A quell’uomo, Umberto Luongo, 45 anni, oggi i militari dell’arma hanno notificato una misura cautelare in carcere. Per gli inquirenti il controllo criminale del gruppo camorristico Mazzarella dal quartiere partenopeo di San Giovanni a Teduccio si è esteso verso importanti e popolosi comuni del Vesuviano, appunto, tra Ercolano, Portici, San Sebastiano al Vesuvio e San Giorgio a Cremano.
    Camorra, sequestrata “pompa bianca” del clan, aderì a recente sciopero
    Non compare nell’elenco dei distributori di carburante che sono rimasti aperti durante il recente sciopero la “pompa bianca” (stazioni di servizio indipendenti che non fanno parte del circuito delle compagnie di distribuzione di carburante più note) “Red Fuel” di via Cinthia a Fuorigrotta sequestrata oggi dai carabinieri di Napoli nell’ambito di un’operazione anticamorra coordinata dalla DDA.
    La circostanza fa ritenere che il presunto distributore della camorra, quindi, abbia anche aderito all’astensione legata all’aumento dei prezzi di benzina e diesel che c’è stato dall’inizio del 2023 e indetta in segno di protesta per difendere la posizione della categoria.
    Il provvedimento emesso dall’autorità giudiziaria riguarda il ramo d’azienda e l’attività di vendita di carburanti prosegue sotto l’amministrazione giudiziaria. LEGGI TUTTO

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    Clan Mazzarella, 24 arresti. Lo scontro a suon di bombe con i Silenzio. TUTTI I NOMI

    Questa mattina, il Nucleo Investigativo del Comando Provinciale Carabinieri di Napoli ha eseguito un’ordinanza di custodia cautelare, emessa dal G.I.P. presso il Tribunale di Napoli su richiesta della locale Direzione Distrettuale Antimafia, nei confronti di 24 indagati, di cui 9 già detenuti per altra causa.Tutti ritenuti gravemente indiziati, a vario titolo, di associazione di tipo mafioso, associazione finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti (cocaina e hashish), violazione alla normativa sulle armi e sugli esplosivi, estorsione e impiego di denaro di provenienza illecita in attività economiche.
    In particolare, le indagini, condotte dal febbraio 2018 al gennaio 2020, hanno consentito di:– dimostrare la perdurante operatività del clan Mazzarella, diretto da Mazzarella Ciro e D’Amico Salvatore(quest’ultimo in ordine all’ articolazione del citato sodalizio operante in Napoli, nei quartieri di San Giovanni a Teduccio e Ponticelli, nonché nei comuni di San Giorgio a Cremano e Portici);
    Documentare la contrapposizione armata con il gruppo camorristico dei Silenzio (quest’ultimo rientrante nella sfera di influenza dell’Alleanza di Secondigliano), operante sempre nel quartiere partenopeo di San Giovanni a Teduccio, nel cui ambito si inquadra, tra gli altri episodi, il lancio di bottiglie molotov su autovetture e motocicli del 29 agosto 2018;
    Le mani del clan Mazzarella sugli idrocarburi e sulle sigarette di contrabbando
    Rilevare il crescente interesse da parte del Clan Mazzarella nel settore del commercio e della distribuzione degli idrocarburi, riscontrato dalle pretese estorsive avanzate nei confronti di un imprenditore del settore, nonché dall’acquisizione da parte di un affiliato di un’attività di distribuzione di carburanti nell’area di Fuorigrotta, nei pressi dello stadio Maradona.
    Evidenziare il controllo delle attività di commercializzazione di tabacchi di contrabbando, nonché la diretta e indiretta gestione da parte del sodalizio delle principali piazze di spaccio nell’area orientale di Napoli.

    Destinatari della custodia cautelare in carcere:– MAZZARELLA Ciro, nato a Napoli il 3.5.1971;– D’AMICO Salvatore, nato a Napoli il 20.09.1998;– D’AMICO Umberto, nato a Napoli il 16.05.1996;– D’AMICO Gabriele Salvatore, nato a Napoli il 13.08.1997;– BORRELLI Giovanni, di Antonio, nato a Portici (Na) il 25.12.1969;– CATINO Antonio, nato a Napoli il 22.08.1989;– NOCERINO Alessandro, nato a Napoli il 22.02.1977;– NOCERINO Pasquale, nato a Napoli il 02.03.1974;– NOCERINO Pasquale, nato a Napolil 04.04.1974;– TABASCO Francesco, nato a Napoli il 02.11.1994;– URIO Giacomo, nato a Napoli il 08.04.1979;– URIO Giovanni, nato a Napoli il 18.01.1995;– URIO Pasquale, nato a Napoli il 20.01.1986;– ARIOSTO Pasquale, nato a Napoli il 27.9.1983;– AUTIERO Salvatore, nato Napoli il 6.4.1982;– D’AMICO Salvatore, nato a Napoli il 01.08.1973;– IMPROTA Gennaro, nato a Napoli il 6.8.1976;– LUONGO Umberto, nato a Napoli il 29.7.1977;– MUSELLA Giovanni, nato a Napoli il 28.5.1981;– SALOMONE Giovanni, nato a Milano il 12.7.1967;– IMPROTA Giovanni, nato a Napoli il 16.10.1977;
    Destinatari della custodia cautelare agli arresti domiciliari:– URIO Maria, nata a Napoli il 08.04.1979;– DENTICE Anna, nata a Napoli il 15.10.1991;– MONACO Mariano, nato a Napoli il 19.07.1976; LEGGI TUTTO

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    Camorra, Tomaselli non doveva morire: i contrasti con i Quartieri Spagnoli

    Napoli. Doveva essere solo un avvertimento e non un omicidio ma i numerosi proiettili che lo hanno centrato alle gambe gli hanno reciso l’arteria femorale causandogli una copiosa perdita di sangue che lo hanno portato alla morte.
    Per l’agguato costato la vita a Rocco Tomaselli, 32 anni, gli inquirenti individuano un duplice movente. La pista piu’ battuta e’ appunto quella che porta allo scontro che ormai va avanti da 20 anni tra il clan Contini e i Mazzarella a cui la vittima apparteneva.
    Tomaselli da qualche tempo era il reggente del gruppo delle Case Nuove, una zona che muove affari per milioni di euro al mese grazie ad estorsioni, droga e riciclaggio. Era legato ai Cardarelli e ai Barile.
     Rocco ‘o burdell non doveva morire
    Un’altra pista porta invece a un ‘avviso’ interno alla cosca ed e’ legata al fatto che i sicari hanno colpito la vittima alle gambe e al gluteo, mirando sei volte con tre colpi andati a segno. In pratica, l’uomo doveva solo essere gambizzato, probabilmente perche’ i Mazzarella intendevano punirlo per qualche sgarro, ma le ferite sono state piu’ gravi del previsto.
    Secondo le indicazioni che arrivano dalle indagini della squadra mobile il giovane ras conosciuto come Rocco o’ burdell per il suo carattere esuberante e di guascone era entrato in rotta di collisione con alcune famiglie criminali dei Quartieri Spagnoli a loro volta  legati agli stessi Mazzarella. E per questo doveva essere punito.
    Al setaccio il suo telefono per capire i contatti
    Gli agenti della squadra mobile di Napoli stanno passando al setaccio gli ultimi movimenti della vittima, e soprattutto il telefono: il traffico, le chat, gli sms. Per capire i suoi contatti e se attraverso la lettura dei suoi dati si possa arrivare a capire perché era stata decisa la sua punizione. Punizione che poi si è trasformata in omicidio. LEGGI TUTTO

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    Napoli, caccia ai killer dell’omicidio del ras delle Case Nuove, Rocco Tommaselli

    E’ caccia ai killer che ieri sera poco prima di mezzanotte hanno ucciso a colpi di arma da fuoco il 32enne Rocco Tommaselli .
    Il giovane ritenuto il nuovo capo zona del clan Mazzarella alle Case nuove è stato massacrato sotto casa con ben 10 colpi di pistola.
    Il giovane colpito a varie parti del corpo è stato anche trasportato all’ospedale Vecchio Pellegrini dove è morto poco dopo nonostante il disperato tentativo dei medici di salvargli la vita. Era stato lasciato sull’uscio dell’ospedale dal alcuni conoscenti che poi si sono dileguati.
     Si profila una nuova guerra di camorra tra i Mazzarella e i Contini
    Immediate sono scattate le indagini e i sopralluoghi della Polizia scientifica, che ha recuperato una parte dei bossoli. Il 32enne aveva alle spalle numerosi precedenti e, da qualche tempo era diventato il reggente dei Mazzarella nella zona delle Case Nuove. Una circostanza che spinge gli inquirenti a ipotizzare un attacco dei rivali di sempre: i Contini.
    E si profila una nuova guerra di camorra per il controllo degli affari illeciti nel centro di Napoli. LEGGI TUTTO

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    Camorra, ai domiciliari dopo 3 settimane la donna boss del clan Mazzarella

    Ha trascorso le festività natalizie nel carcere di Santa Maria Capua Vetere ma da ieri mattina è tornata a casa agli arresti domiciliari.
    Trascorrerà quindi il Capodanno a casa, magari con tanto du fuochi d’artificio, al rione Luzzatti, la donna boss Antonietta Virenti, moglie del defunto capoclan Vincenzo Mazzarella e madre del rampollo Michele Mazzarella.
    Ieri mattina ha ottenuto, come anticipa Il Roma in edicola, ad appena tre settimane di distanza dal suo arresto, la scarcerazione. Il giudice per le indagini preliminari ha infatti accolto l’istanza avanzata dal suo difensore, avvocato Sergio Lino Morra, concedendo alla 64enne il beneficio degli arresti domiciliari per motivi di salute.
    Secondo le accuse della Dda di Napoli che tre settimane fa portarono al suo arresto insieme con altre 24 persone del clan Mazzarella e e famiglie di camorra a loro collegate della zona Mercato, Forcella, Poggioreale e San Giovanni a Teduccio, “zia” Antonietta Virenti aveva deciso che alle bancarelle si poteva estorcere massimo 10 euro al giorno. E invece un referente del  pretendeva 70 euro. Una cifra troppo alta.
    Ma non solo perché la Virenti aveva il pieno controllo di tutte le attività illecite della cosca. Aveva in pratica eredito lo scettro del comando del defunto marito  Vincenzo Mazzarella ‘o pazzo.

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