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    Agguato in Congo, 6 ergastoli per la morte del carabiniere pontino e dell’ambasciatore

    Un tribunale congolese ha condannato all’ergastolo le sei persone del posto accusate dell’agguato che il 22 febbraio del 2021 costò la vita all’ambasciatore italiano in Congo Luca Attanasio, al carabiniere di Priverno Vittorio Iacovacci e all’autista Mustapha Milambo. Per gli imputati – 5 alla sbarra e uno, considerato il capobanda, ancora latitante – la procura […] LEGGI TUTTO

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    Omicidio di Francesco Pio Maimone, l’avvocato di Valda: “Sembrava si fosse riabilitato”

    Era già stato arrestato ma per spaccio di droga Francesco Pio Valda il 19 enne in carcere da ieri sera con l’accusa di aver ucciso la notte di domenica il giovane di Pianura Francesco Pio Maimone a Mergellina.
    Era minorenne all’epoca dell’arresto insieme con il fratello Luigi e ora stava seguendo un percorso di riabilitazione conclusosi poco tempo fa in maniera positiva. Lo ha spiegato il suo avvocato, Antonio Iavarone.
    “Il fratello Luigi, che ho seguito insieme con Francesco Pio è in carcere per tentato omicidio. A giugno ci sarà l’udienza del processo in abbreviato che lo vede imputato”.
    Il fratello Luigi Valda è in carcere per tentato omicidio
    “Lo Stato ha cercato di recuperare entrambi e per Francesco Pio – precisa l’avvocato Iavarone – sembra fosse cosa fatta. Era stato arrestato insieme con Luigi per spaccio di sostanza stupefacenti. All’epoca era minorenne. Il Tribunale accordò la ‘messa alla prova’ che Francesco Pio riuscì a superare con successo.
    E infatti, – afferma – il reato contestato venne dichiarato estinto. Poi all’alba di lunedì la tragedia. E’ caduto nuovamente nel contesto criminale dal quale sembra fosse uscito”. 
    Ora tutto il percorso di riabilitazione fatto si è interrotto con la grave accusa di omicidio volontario aggravato dalle modalità mafiose. LEGGI TUTTO

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    La commovente lettera del parroco: “Francesco Pio aiuta Napoli a sconvolgersi per la morte dei suoi ragazzi”

    “Non siamo sconvolti ma attoniti e addolorati perché la vita di Francesco Pio, un giovane della nostra comunità, i suoi progetti e i suoi sogni sono stati interrotti da una mano criminale”, lo dice in una nota il parroco don Enzo Cimarelli.“Non siamo sconvolti perché ci si sconvolge quando accade qualcosa che non ti aspetti, qualcosa di impensabile ma l’ondata di violenza e di morti di questi anni ci ha periodicamente abituati alle vita spezzate di tanti giovani della nostra città”.
    Don Enzo Cimarelli è il giovane parroco dell’antica chiesa dei Santi Apostoli Pietro e Paolo di Soccavo, nella zona della Croce di Piperno impegnato nel volontariato e nelle azioni di sostegno alle famiglie in difficoltà.
    “Non siamo sconvolti-spiega- ma straziati perché solidali allo strazio di una famiglia, di un gruppo di amici, di un intero quartiere che ha visto un ragazzo pieno di speranza non far mai più ritorno nella sua casa, nel suo quartiere, tra i suoi cari.
    Anche se il presunto assassino di Francesco Pio Maimone è stato arrestato dalla squadra mobile di Napoli nel giro di 24 ore: si tratta del 20enne Francesco Pio Valda, figlio di Ciro Valda, ras del clan Cuccaro ucciso nel  2013 a Barra, don Enzo Cimarelli parla di omertà e di assenza delle istituzioni.
    “Siamo stanchi dell’omertà e dell’assenza delle istituzioni”
    Non siamo sconvolti perché queste notizie cadenzano ormai gli anni e segnano tempi e dolori collettivi e per questo siamo stanchi: stanchi dell’assenza delle istituzioni, perse nelle loro burocrazie, conti, tavoli; stanchi dell’omertà di chi fa finta di nulla e dell’indifferenza di chi si gira dall’altra parte, stanchi dell’individualismo di tutti e dell’incapacità di far rete sul serio, fino in fondo, per il bene dei piccoli.
    Caro Francesco Pio, non siamo sconvolti da questo mare di dolore a cui ci siamo assuefatti ma siamo certi che dal cielo tu potrai sconvolgere i cuori induriti dal male, gli sguardi offuscati dagli interessi di parte, le menti prese da un’economia che non mette al centro i ragazzi e i giovani.
    “Francesco Pio aiuta Napoli a sconvolgersi per la morte dei suoi ragazzi, aiuta tutti noi a non abituarci a notizie come queste!”
    E siamo certi anche che la tua presenza luminosa sosterrà i tuoi genitori, familiari e amici in queso momento di buia sofferenza. E noi, tua comunità parrocchiale, ti facciamo una promessa: lavoreremo senza stancarci, notte e giorno, per continuare la nostra missione educativa, adoperandoci per una Napoli più giusta, equa, sicura, pacifica, una società in cui la morte di un bellissimo ragazzo come te non sia accolta come una cosa ormai normale ma sconvolgente. Francesco Pio aiuta Napoli a sconvolgersi per la morte dei suoi ragazzi, aiuta tutti noi a non abituarci a notizie come queste!” LEGGI TUTTO

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    Napoli, agguato nella notte a Mergellina: ucciso 18enne

    Un ragazzo di 18 anni è stato ucciso a colpi di arma da fuoco nella notte a Napoli. L’agguato è avvenuto intorno alle 2 a Mergellina, nei pressi di uno chalet. Francesco Pio Maimone, questo il nome del 18enne, è stato trasportato da alcuni conoscenti all’ospedale Vecchio Pellegrini, dove però è deceduto poco dopo il suo arrivo.
    Il giovane, originario di Pianura, è arrivato intorno alle 2.30 di stanotte al pronto soccorso dell’ospedale Pellegrini con una ferita da arma da fuoco al torace. Le sue condizioni sono apparse subito gravissime, e dopo circa un’ora il suo cuore si è fermato. Solo 8 giorni fa, sempre agli chalet di Mergellina era stato ferito un altro pregiudicato di Pianura. Si tratta di Antonio Gaetano, che è ancora ricoverato all’ospedale San Paolo.
    Il 18enne ucciso a colpi di revolver
    Sul posto della sparatoria polizia e l’ambulanza del 118. Il 18enne però era stato già trasportato d’urgenza da alcuni conoscenti al Pronto Soccorso del Pellegrini di Napoli. Una corsa disperata contro il tempo che è stata vana: Maimone era già morto. La salma è stata sequestrata per l’autopsia del caso.
    Secondo le prime informazioni raccolte dagli investigatori, il giovane era in compagnia di amici quando e’ stato inseguito dai suoi assassini che, dopo averlo raggiunto, gli hanno sparato contro piu’ colpi. Mammone, residente a Pozzuoli, frequentava il quartiere di Pianura a Napoli e potrebbe essere vittima della faida tra due clan. Proprio nella stessa zona, a Mergellina, il 12 marzo scorso, era rimasto ferito Antonio Gaetano, del clan Calone-Esposito-Marsicano. LEGGI TUTTO

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    Napoli, ucciso durante la festa dei Mondiali di calcio del 2006: arrestati i fratelli Torino

    Napoli. Nel 2006 la nazionale italiane vince i mondiali. Durante i festeggiamenti uomo urta per sbaglio un ragazzino con una bandiera, viene ucciso poco dopo. Carabinieri eseguono 2 misure, in manette i fratelli Torino.
    Questa mattina infatti i carabinieri della Compagnia di Napoli Vomero hanno eseguito un’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal Gip del Tribunale di Napoli su richiesta della Direzione Distrettuale Antimafia a carico di 2 persone.
    Si tratta di Luigi Torino e Nicola Torino, 45 e 43 anni, il secondo già detenuto per altra causa, ritenuti gravemente indiziati dell’omicidio di Michele Coscia, commesso con l’aggravante del metodo mafioso il 9 luglio del 2006.
    Dalle indagini condotte dai carabinieri e coordinate dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Napoli, è emerso che Coscia, sventolando una bandiera avrebbe urtato per errore il fratello allora minorenne di Luigi e Nicola.
    Questi ultimi, perciò, avrebbero raggiunto e ucciso la vittima in presenza di molte altre persone, due delle quali rimasero accidentalmente ferite due. LEGGI TUTTO

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    Omicidio a Sant’Antimo: ucciso il 26enne Antonio Bortone

    Si torna ad uccidere a Sant’Antimo. L’omicidio in serata in via Solimena.
    Verso le 20:10 infatti i carabinieri della locale compagnia sono intervenuti – allertati dal 112 – a via Solimena per colpi d’arma da fuoco.
    A terra il 26enne Antonio Bortone, già noto alle forze dell’ordine. L’uomo, colpito da diversi colpi d’arma da fuoco, è deceduto sul posto nonostante l’intervento del 118.
    Indagini in corso da parte dei Carabinieri per ricostruire dinamica e matrice. I militari hanno avviato una serie di perquisizioni e hanno iniziato ad indagare nella vita del giovane, le sue frequentazioni, le amicizie, i rapporti.
     Omicidio a sant’Antimo: si indaga sui rapporti della vittima
    Sentiti a sommarie informazioni anche i parenti. I militari hanno prelevato lo smartphone della vittima per trovare eventuali tracce di contatti.  E soprattutto capire se avesse appuntamento con qualcuno LEGGI TUTTO

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    Omicidio Vassallo, nuovi accertamenti sul telefono di uno degli indagati

    “Il prossimo 13 marzo si svolgeranno gli “Accertamenti tecnici non ripetibili avente ad oggetto l’acquisizione di nuova copia forense del dispositivo Nokia, presso il laboratorio del Raggruppamento Carabinieri Investigazioni Scientifiche – Reparto Tecnologie Informatiche – Sezione elettronica”. Telefono intestato ad uno degli indagati”.Ad annunciarlo sono Dario Vassallo e Massimo Vassallo fratelli di Angelo Vassallo, rispettivamente Presidente e Vicepresidente della Fondazione intitolata al Sindaco Pescatore.
    “La Procura Antimafia di Salerno e l’Arma dei Carabinieri, senza sosta, proseguono le indagini sul materiale sequestrato il 27 luglio 2022 ai nove indagati implicati a vario titolo nell’uccisione di Angelo Vassallo, Sindaco di Pollica. Angelo è stato ucciso con nove colpi di semiautomatica Tanfoglio Baby, calibro 9×21, esplosi da uno o più sconosciuti, nella tarda serata del 5 settembre del 2010 mentre tornava a casa in auto nella frazione di Acciaroli. In più di 12 anni non abbiamo mai smesso un attimo di lottare per ottenere giustizia per nostro fratello”, affermano Dario e Massimo Vassallo.
    “Il cerchio si stringe – insistono – Siamo sempre più vicini alla verità. Non ci siamo mai arresi. Siamo stati derisi negli anni per le nostre ricostruzioni, a fronte di prove inquinate dai continui depistaggi istituzionali fin dal primo giorno. Sono coinvolti uomini delle istituzioni. Lo denunciamo da sempre. La scena dell’omicidio è stata inquinata.
    Tuttavia, la ripresa dell’inchiesta – e il nuovo slancio dopo il rischio di archiviazione che siamo riusciti ad impedire grazie alla mobilitazione delle coscienze e all’azione costante della Fondazione – mostrano quanto la nostra ricostruzione della vicenda trovi riscontro nella realtà.
    Finalmente il recente dossier desecretato realizzato dall’ex Commissione Parlamentare Antimafia e le recenti indagini della magistratura danno fondamento a quella dinamica che abbiamo ricostruito a fatica, giorno dopo giorno, ricercando, macinando migliaia di chilometri, studiando delibere, atti, mettendo insieme i pezzi come in uno sconfinato puzzle. Angelo era un uomo dello Stato, lasciato solo nel contrasto all’illegalità”, continuano i due fratelli.
    “Un primo cittadino modello il cui fine primario era quello di fare gli interessi della collettività all’insegna della legalità, dunque respingendo le lusinghe delle sirene criminali che lo avevano condannato a morte. Lo abbiamo ribadito anche alla Camera dei Deputati: l’omicidio di nostro fratello è stato un omicidio politico-mafioso. Di conseguenza ci sono due verità, una verità giudiziaria e una verità politica.
    A nostro fratello ci pensiamo tutti i giorni, in ogni momento. Da dodici anni viviamo per trovare la verità. In tutti questi anni abbiamo chiesto tante volte ai vari segretari del Partito Democratico di fare chiarezza sul comportamento di alcuni loro iscritti, che hanno sempre ostacolato Angelo e la Fondazione a lui dedicata nelle attività. Presto come Fondazione scriveremo al nuovo segretario del Elly Schlein per confrontarci.
    Tanti cittadini cilentani sono in debito nei confronti di Angelo. Ci battiamo per dimostrare che esiste un Sud che lotta per la legalità e per difendere i valori della Costituzione. Come faceva Angelo. Ringraziamo la Procura Antimafia di Salerno e l’Arma dei Carabinieri per questo lavoro incessante che stanno portando avanti per arrivare alla verità. Oggi la nostra missione di vita è rendere giustizia ad Angelo, vittima innocente di mafia”. LEGGI TUTTO

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    Torre Annunziata, omicidio Cerrato: chiesti 4 ergastoli

    La Procura di Torre Annunziata ha chiesto l’ergastolo per i quattro imputati che la Corte di Assise di Napoli è chiamata a giudicare per l’omicidio di Maurizio Cerrato, il vigilante 61enne degli scavi di Pompei ucciso a Torre Annunziata, davanti alla figlia, con una coltellata al cuore, la sera del 19 aprile 2021, dopo una lite per un parcheggio.
    A formulare le richieste oggi è stato il sostituto procuratore di Torre Annunziata, Giuliana Moccia, al termine di una lunga (è durata quasi cinque ore) e circostanziata requisitoria durante la quale il magistrato ha ripercorso tutte le fasi di quella tragica sera.
    Di quell’omicidio sono accusati i fratelli Giorgio e Domenico Scaramella, oltre a Francesco e Antonio Cirillo. Presente, per la famiglia Cerrato, come in quasi tutte le udienze, visibilmente affrante, la vedova e la figlia della vittima, difese dall’avvocato Giovanni Verdoliva.
     Omicidio Cerrato, il custode ucciso per un parcheggio
    La presidente della seconda Corte di Assise di Napoli Concetta Cristiano ha fissato per il prossimo 21 marzo, data in cui si celebrano le vittime delle mafie, l’udienza durante la quale discuteranno gli avvocati della difesa. La sentenza è annunciata per lo stesso giorno. LEGGI TUTTO

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    Omicidio Vassallo, La Fondazione: “Angelo è stato ucciso perché contrastava la criminalità organizzata”

    “C’è una responsabilità malavitosa, delinquenziale, camorristica e una responsabilità politica e questo è documentata dal fatto che sia in vita che dopo la morte prima hanno ostacolato Angelo e poi hanno ostacolato il percorso della Fondazione, che non era un percorso strano, bensì volto a cercare la verità su chi avesse ucciso il sindaco, dunque su chi avesse ucciso lo Stato.”La relazione redatta dalla Commissione Antimafia è molto chiara perché afferma quello che noi denunciamo da anni: “Angelo Vassallo aveva scoperto e contrastato il traffico di droga nel porto di Acciaroli, che “era utilizzato come approdo della droga da smerciare nel territorio del Cilento e oltre”.
    Inoltre “Solo grazie ad una parte delle istituzioni che ha continuato ad indagare, anche laddove sembrava insperabile, si può arrivare alla scoperta della verità. E, determinante, è stata l’incessante opera di una parte della famiglia che cerca in tutti i modi di mantenere desta l’attenzione sull’opera, sulla storia personale e sulla morte di Angelo Vassallo.”
    A dirlo sono Dario Vassallo e Massimo Vassallo fratelli di Angelo Vassallo, rispettivamente Presidente e Vicepresidente della Fondazione intitolata al Sindaco Pescatore, nel commentare la chiusura dei lavori della Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno delle mafie, in particolare relativamente all’omicidio del sindaco Angelo Vassallo avvenuto a Pollica il 5 settembre del 2010. Inchiesta non completata a causa dello scioglimento della Legislatura.
    “Insieme a migliaia di persone che hanno aderito alla Fondazione Angelo Vassallo, abbiamo sempre cercato la verità, ma quella vera, perché sappiamo bene come vanno le cose in questo Paese e in questi 12 anni siamo stati sempre vigili e attenti su quello che accadeva, perché, come sempre abbiamo detto, per cercare la verità sull’uccisione di Angelo, bisogna uscire dal Cilento e andare oltre. Noi l’abbiamo fatto, mentre altri dicevano: ma chi te lo fa fare, è successo. Questi stolti non hanno mai capito il significato dell’uccisione di Angelo.
    E concludono la domanda da porsi è: l’altra parte cosa faceva? Ormai è chiaro a tutti che alcuni uomini delle istituzioni quella notte e i giorni a seguire hanno messo in atto un’azione di depistaggio. Il reato di depistaggio è regolato dall’articolo 375 del Codice Penale e prevede dai 3 agli 8 anni di reclusione. Speriamo che non si arrivi al ridicolo e, si parli di prescrizione di questo reato, perché se è stato commesso da uomini dello Stato, è infamante” – concludono. LEGGI TUTTO

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    Omicidio a Pianura: Antonio Esposito ucciso in via Pallucci

    Pianura, via Pallucci angolo via Torricelli omicidio in strada stamane poco prima delle 9.
    I Carabinieri sono sul posto per condurre le indagini. La vittima è il pregiudicato Antonio Esposito di 49 anni.
    La tregua di camorra tra i clan è durata poco. Solo l’altra sera si era registrata una stesa in via Torricelli contro una palazzina in cui abita un giovane emergente.
    Solo ieri, nel tardo pomeriggio, il boss Pasquale Manna ai clan dell’hinterland era stato colpito da sicari mentre era a bordo della sua auto a Volla, ma aveva proseguito la sua marcia fino a fermarsi per morire in una zona poco abitata del quartiere di Napoli di Ponticelli. LEGGI TUTTO

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    Immigrato ucciso a Castel Volturno, sconto di pena per il killer

    Si erano accusati a vicenda di aver commesso un omicidio, poi in appello uno dei due ha confessato ed è arrivato lo sconto di pena per entrambi. È la vicenda dell’omicidio di Anthony Amadi, 30enne immigrato nigeriano ucciso a Castel Volturno nel febbraio del 2020, per il quale in primo grado erano stati condannati a 23 anni di carcere dalla Corte d’Assise del tribunale di Santa Maria Capua Vetere Mohamed Saussi, 39enne tunisino, e Assan Maged Osseran, 52 anni della Costa d’Avorio.
    In secondo grado, davanti alla terza sezione della Corte d’Assise d’Appello di Napoli, Saussi (difeso da Giuseppe Guadagno) ha confessato di essere stato l’autore materiale del delitto, ed ha avuto 18 anni previo riconoscimento della prevalenza delle attenuanti generiche, mentre il coimputato (assistito da Paolo Di Furia) è stato condannato a 16 anni perché gli è stata riconosciuta la partecipazione generica all’omicidio (la Procura Generale aveva chiesto 21 e 20 anni per i due imputati).
    L’omicidio di Amadi è avvenuto la notte tra il 26 ed il 27 febbraio del 2020, quando il 30enne venne ucciso con una coltellata dopo una colluttazione con entrambi gli imputati, che lo avevano inseguito in auto. Ognuno dei due aveva un movente: Soussi, carrozziere, aveva visto la vittima a bordo di una vettura rubata qualche giorno prima presso la sua officina, mentre Osseran voleva recuperare dei soldi che insieme a degli amici aveva consegnato ad Amadi per una partita di droga mai ricevuta. Per questo i due, in primo grado, si era accusati vicendevolmente, poi in Appello il cambio di versione con lo sconto di pena per entrambi. LEGGI TUTTO