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    L’influenza di Federico II alle origini della cucina italiana. Presentato stamattina in Ateneo il volume

    La cucina italiana affonda le sue radici nel periodo di splendore e contaminazione del grande impero di Federico II di Svevia.PUBBLICITA

    Lo afferma, attraverso una rigorosa analisi storica, antropologica e gastronomica, partendo da indizi e suggestioni del trattato medievale ‘Liber de coquina’, lo studio approdato nel volume ‘Le origini della cucina italiana, da Federico II a oggi’, a cura di Paola Adamo, Valentina Della Corte, Francesca Marino ed Elisabetta Moro, che è stato presentato alla stampa stamattina nell’Aula del Senato Accademico dell’Università degli Studi di Napoli Federico II, con la moderazione della giornalista Chiara del Gaudio.

    ‘Questo volume, realizzato in occasione degli 800 anni della nostra università, inizialmente intendeva trovare un collegamento tra il mondo attuale e il tempo di Federico II, tra il periodo, alto medievale e l’attuale sensibilità verso la gastronomia, ma gli studi per l’elaborazione hanno dimostrato come la gastronomia italiana, la cucina italiana, in qualche modo, è nata e si è sviluppata in quel periodo, nel periodo in cui nascevano le università, il periodo in cui c’era un momento particolare di benessere, di abbondanza di cibo, di alimenti e di ingredienti, ma soprattutto in un periodo in cui si mettevano insieme diverse tradizioni anche dal punto di vista gastronomico, e che era proprio quello che accadeva alla corte dell’imperatore svevo, alla corte di Federico II’ – ha spiegato Matteo Lorito, Rettore dell’Università degli Studi di Napoli Federico II.
    ‘Prima della rivoluzione industriale quello che faceva la differenza in una qualunque delle nazioni del globo era la resa del raccolto, la disponibilità annuale degli alimenti. L’anno era buono se il raccolto era buono, è così da 11.000 anni. Quindi la disponibilità dei prodotti alimentari era alla base dell’economia degli stati. Le guerre si facevano solo se c’era da mangiare. Gli Stati che hanno fatto le cose più importanti erano quelli che potevano assicurare la produzione, l’approvvigionamento alimentare, per cui la disponibilità e l’utilizzo dei prodotti erano parte della storia e della tradizione del mondo – ha sottolineato il Magnifico -. Oggi sembra che la gastronomia abbia un ruolo meno fondamentale invece l’agrifood è la voce più importante del PIL italiano insieme alla moda e all’aerospazio. Quindi la sua importanza inevitabilmente ha determinato la storia delle comunità che si è coevoluta grazie alla disponibilità di cibo e al modo di conservarlo e di prepararlo, e si sono evolute anche rispetto alle tradizioni spesso legate alle religioni e agli usi locali. Quindi il cibo è sempre stato al centro di tutto. Per questo la storia della gastronomia italiana è la storia italiana, è la storia dell’Italia da quando era parte del Sacro Romano Impero fino ad oggi’.

    Il libro, che raccoglie interventi di Fulvio Delle Donne, Gianni Cicia, Massimo Ricciardi, Marino Niola, Luciano Pignataro, Raffaele Sacchi, Francesca Marino ed Elisabetta Moro e le ricette degli chef Corrado Assenza, Domenico Candela, Moreno Cedroni, Caterina Ceraudo, Enzo Coccia, Vitantonio Lombardo, Angelo Sabatelli, Mauro Uliassi, è a sostegno della candidatura della cucina italiana a patrimonio immateriale dell’Unesco.
    Stampato in un numero limitato di copie, è liberamente a disposizione di tutti sul sito di Fedoa – Federico II University Press, che lo ha realizzato
    (http://www.fedoabooks.unina.it/index.php/fedoapress/catalog/book/549).
    Nel volume, nel contri buto dei professori Gianni Cicia e Raffaele Sacchi si legge: ‘Il Liber de coquina è la pietra angolare della cultura gastronomica italiana. Nel basso Medioevo la cucina latina è definitivamente tramontata e si afferma un nuovo modello gastronomico che nasce in quel crogiuolo di culture che è la Sicilia di Federico II. Molti studiosi hanno giustamente affermato che il modello gastronomico europeo nasce dalla fusione della cultura latina e di quella germanica. Riferendoci al modello gastronomico italiano noi ampliamo questa lettura proponendo che esso affondi le sue radici nella Sicilia federiciana (intendendo con Sicilia tutta l’Italia meridionale, non solo quella insulare ma anche quella peninsulare), ambiente multiculturale dove convivevano latini, greci, normanni, svevi, lombardi, ebrei ed arabi’.
    E ancora: ‘Dal Liber traspare con tutta evidenza come si sia potuta realizzare la transizione dalla cucina romana antica a quella medioevale e come la cultura gastronomica italiana si sia trasformata per la commistione dei costumi alimentari dei tempi di Roma con quelli delle popolazioni arabe, normanne, sveve, longobarde ed ebraiche. Tenuto conto del valore storico e culturale del ricettario federiciano, ne consegue tutto l’interesse di un più attuale confronto per indagare e possibilmente dare una spiegazione ai rapporti sia di affinità che di disuguaglianza tra quello che offrivano le mense medioevali e quanto compare oggi sulle nostre tavole’.
    Le curatrici
    “Il volume è il risultato di un lavoro di squadra straordinario che ha coinvolto e visto interagire esperti di letteratura e storia medievale, di antropologia culturale, di nutrizione ed educazione alimentare, di economia, di botanica, di scienze e tecnologie alimentari, di chimica agraria e infine 8 maestri chef che operano in Campania, Puglia, Lucania, Marche e Sicilia, regioni legate a Federico II – spiega la professoressa Paola Adamo, del Dipartimento id Agraria della Federico II -. Un gruppo multidisciplinare di persone accomunato dall’interesse verso le scienze gastronomiche e che ha condiviso da subito un progetto comune: l’analisi storica di ricette e precetti gastronomici e salutistici di un Liber de coquina scritto 800 anni fa in lingua latina, e la rielaborazione di alcune sue ricette in chiave moderna. Un lavoro multidisciplinare che si colloca nel solco della tradizione Federiciana e che testimonia come la collaborazione e il confronto con persone anche molto diverse siano fondamentali per stimolare la creatività, continuare ad aumentare le conoscenze scientifiche e creare innovazione.”
    “L’idea di approfondire il liber di coquina rientra nel processo di sviluppo delle conoscenze e competenze che ha caratterizzato il progetto delle celebrazioni Unina 2024 – ricorda la professoressa Valentina Della Corte, del Dipartimento di Economia Management Istituzioni della Federico II e delegata del rettore per le celebrazioni degli 800 anni dell’Ateneo -. In tale ambito, sono stati individuati tre filoni principali: cultura, innovazione e sostenibilità, per inquadrare e valorizzare tutte le attività scientifiche dell’ateneo. In questo senso, il ricettario rientra trasversalmente a pieno titolo in tale processo, evidenziando sin dall’epoca di Federico II l’attenzione a due temi fondamentali: l’esaltazione dell’identità dei luoghi anche attraverso il cibo e la gastronomia, l’approccio salutistico e sostenibile in tale ambito. Questo approccio, così innovativo, apre il fronte all’analisi dell’oggi e del domani, proiettando le antiche ricette nel contesto contemporaneo, esaltandone le caratteristiche”.
    “Questo libro nasce dall‘idea che ci sia una connessione storica, un ponte, tra il Medioevo e i nostri tempi, costruito sulla storia della cucina italiana. Questa ipotesi è dimostrata con i capitoli dedicati ad approfondimenti storico-antropologici; Il libro propone anche delle ricette in chiave moderna ispirate al Liber de Coquina elaborate da chef che rappresentano territori noti per essere stati frequentati dall’Imperatore – chiarisce la dottoressa Francesca Marino, docente di Educazione Alimentare e Nutrizione, che è anche autrice di un contributo -. Il volume supporta la candidatura della cucina italiana a patrimonio immateriale dell’umanità. Perché l’arte è la tradizione enogastronomica italiana non solo hanno una loro chiara identità ma vedono le loro origini in epoche lontane nel tempo in quelle che erano le grandi capitali del Mediterraneo.”
    “Questo libro ribalta lo stereotipo che fa nascere al Nord la cucina italiana e rivela che in principio c’è la cultura gastronomica Normanno-Sveva sviluppatasi nel Medioevo tra Napoli e Palermo. Prova ne sia il fatto che nel “Liber de coquina”, cioè il ricettario di Federico II, si trovano le prime ricette di capolavori del genio culinario italico come la pasta alla genovese e la scapece. Ma anche lasagne, tortelli, gnocchi e ravioli. Nonché classici della dieta mediterranea come i broccoli soffritti nell’olio, le fritture di pesce e molti piatti a base di legumi e verdure- sottolinea la professoressa Elisabetta Moro, antropologa, docente di Storia della Gastronomia alla Federico II -. Di fatto il Liber sposta al Sud l’origine della cucina italiana e racconta l’inizio della sua fortuna europea”.
    Il professore Fulvio Delle Donne, ordinario di Letteratura Medievale e Umanistica presso l’Università degli Studi della Basilicata, racconta: ‘Secondo un cronista del tempo, il francescano Giovanni di Winterthur, fu solito digiunare e mangiare una sola volta al giorno, secondo una pratica in lui indotta non da ascetismo o da devozione religiosa, come sarebbe stato commendevole per la salvezza dell’anima, ma dal desiderio di conservare in salute il corpo. Di certo, Federico amò sulla sua tavola ampie varietà di cibi, dalle verdure, alla carne e al pesce, conditi con salse spesso agrodolci e speziate, compresa la “askipecia”, la scapece della nostra tradizione, ancora abbondantemente usata’.
    Dalle ricette del Liber, ad esempio, si trovano similitudini anche con paste tipo cavatelli, orecchiette, lasagne e trafile lunghe del tipo delle linguine, spaghetti e vermicelli.
    La pubblicazione riporta anche una selezione di ricette del Liber de coquina e un ricettario con piatti realizzati da chef. La dimostrazione che i principi riportati nel Liber si ritrovano oggi nell’alta cucina.
    Al termine della presentazione alla stampa, immaginando che potesse essere presente in una banchetti dell’Imperatore, il birrificio artigianale campano Kbirr, ha fatto omaggio all’Accademia della birra ‘Federiciana’, con il logo dell’Università degli Studi di Napoli Federico II, prodotta proprio in occasione dei festeggiamenti degli Ottocento anni dell’Ateneo.
    Leggi AncheEsperto in diritto Diplomatico e Internazionale. Lavora da oltre 30 anni nel mondo dell’editoria e della comunicazione. E’ stato rappresentante degli editori locali in F.I.E.G., Amministratore di Canale 10 e Direttore Generale della Società Centro Stampa s.r.l. Attento conoscitore della realtà Casertana. LEGGI TUTTO

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    Doppio trapianto di rene a Napoli: un successo per l’amore e la scienza

    Napoli. Un nuovo traguardo è stato raggiunto all’Azienda Ospedaliera Universitaria Federico II di Napoli, dove è stato eseguito con successo un doppio trapianto di rene incrociato da donatore vivente. L’intervento, definito “kidney paired donation”, ha permesso a due coppie di coniugi di donarsi reciprocamente il rene, superando l’incompatibilità di gruppo sanguigno che impediva il trapianto diretto all’interno della coppia.“Si tratta del secondo trapianto di rene incrociato in Italia – spiega il professor Roberto Troisi, direttore del Centro trapianti di rene dell’Aou Federico II – e rappresenta un’ulteriore dimostrazione dell’eccellenza del nostro centro e dell’impegno profuso per offrire ai pazienti le migliori cure possibili”.
    L’intervento, durato circa 10 ore, ha coinvolto 35 operatori sanitari distribuiti su due edifici e ha utilizzato ben quattro sale operatorie in contemporanea. Un’operazione complessa resa possibile grazie all’eccellente lavoro di squadra di chirurghi, infermieri, tecnici e medici in formazione.
    “I due donatori sono stati dimessi già dopo tre giorni – aggiunge il professor Troisi – mentre i riceventi, che mostrano già un’ottima funzionalità renale, sono stati dimessi ieri, lunedì 20 maggio”.
    Questo tipo di trapianto offre diversi vantaggi:
    Maggiori possibilità di trapianto: Permette di aumentare il numero di trapianti da donatore vivente, superando le barriere dell’incompatibilità di gruppo sanguigno.Funzionamento migliore nel tempo: I trapianti da donatore vivente tendono ad avere un funzionamento migliore e più duraturo rispetto ai trapianti da donatore cadavere.Riduzione della lista di attesa: Aumenta il numero di organi disponibili e di conseguenza riduce i tempi di attesa per i trapianti.Minore necessità di dialisi: In alcuni casi, il trapianto da donatore vivente può evitare del tutto la necessità di ricorrere alla dialisi.
    “Siamo orgogliosi di questo risultato – conclude il professor Troisi – che rappresenta un nuovo passo avanti nella lotta contro le malattie renali. Un risultato reso possibile grazie alla generosità dei donatori, all’impegno e alla professionalità di tutto il nostro personale e alla collaborazione con il Centro Nazionale Trapianti”.
    Il direttore generale dell’Aou Federico II, Giuseppe Longo, ha voluto sottolineare “l’incredibile lavoro di squadra che ha reso possibile questo successo. Un lavoro che si basa sulla professionalità e sulla tecnologia all’avanguardia, ma soprattutto su un approccio costantemente multidisciplinare che ci permette di raggiungere traguardi di eccellenza”.
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    Ricercatore della Federico II vince il premio nazionale GiovedìScienza

    Ieri, 16 maggio, presso l’Accademia delle Scienze di Torino sono stati proclamati i vincitori della tredicesima edizione del Premio Nazionale GiovedìScienza, la competizione scientifica rivolta ai ricercatori under 35 di tutti gli enti di ricerca italiani, organizzata dall’associazione torinese CentroScienza Onlus, con lo scopo di promuovere e incoraggiare i protagonisti della ricerca alla comunicazione della scienza.Tra i vincitori anche Gennaro d’Ambrosio, ricercatore al Dipartimento di Agraria dell’Università di Napoli Federico II, che si è aggiudicato il Premio GiovedìScienza Futuro, assegnato al miglior studio di fattibilità delle potenziali applicazioni di una ricerca.
    Con il progetto dal titolo Biostimolanti e microalghe: economia circolare per l’agricoltura sostenibile, Gennaro D’Ambrosio ha vinto il premio in palio di 3000 euro e un percorso di accompagnamento finalizzato allo sviluppo del progetto sostenuto da uno dei partner del Premio. Inoltre il ricercatore avrà l’opportunità di partecipare a un percorso di formazione dedicato alla comunicazione della scienza e ad “Arte Oratoria”, un corso per affinare le tecniche di public speaking.
    “Il progetto Biostimolanti e microalghe: economia circolare per l’agricoltura sostenibile propone una gestione dei reflui zootecnici in un’ottica di economia circolare in cui i rifiuti non sono considerati tali, ma risorse che alimentano processi produttivi capaci di valorizzare materiali di scarto e dare vita a prodotti ad alto valore aggiunto – dichiara il dottor Gennaro d’Ambrosio, vincitore del premio GiovedìScienza Futuro. Tali prodotti possono essere impiegati nelle pratiche agricole volte a garantire in maniera sostenibile la fertilità dei suoli e la qualità delle colture. Lo studio si concentra su un processo produttivo in cui si utilizzano, da una parte, reflui zootecnici provenienti da allevamenti bovini e/o bufalini e, dall’altra, le microalghe, microrganismi con grandissime potenzialità. In questo contesto, le microalghe giocano un ruolo fondamentale perché riducono la tossicità dei reflui rendendoli buoni fertilizzanti dei suoli e, al contempo, producono composti utili come formulati biostimolanti per le colture agricole”.
    Il premio GiovedìScienza Futuro si inserisce all’interno dell’iniziativa del Premio Nazionale GiovedìScienza, realizzata da CentroScienza Onlus, associazione che dal 2011 dà visibilità al lavoro di giovani ricercatrici e ricercatori italiani che con la loro attività contribuiscono allo sviluppo e all’innovazione nel nostro Paese, operando in un Ente di ricerca italiano. Il Premio ha il duplice obiettivo di stimolare l’attenzione nei confronti della comunicazione della scienza e di contribuire alla diffusione della cultura d’impresa, elementi imprescindibili per chi si trova a pianificare un progetto di ricerca. Tredici edizioni hanno raccolto oltre 700 candidature e coinvolto 407 ricercatrici e 363 ricercatori. 71 le candidature pervenute per l’edizione 2024, 48 ricercatrici e 23 ricercatori.
    Il premio GiovedìScienza Futuro è realizzato anche grazie al contributo e alla collaborazione con Camera di commercio di Torino, gli Incubatori di impresa dell’Università di Torino e del Politecnico di Torino, 2i3T e I3P, e con Fondazione LINKS e Club degli Investitori.
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    L’INIZIATIVA ABIO Napoli e i Supereroi Acrobatici insieme per regalare un sorriso ai bambini ricoverati al Policlinico Federico II

    Sabato 11 maggio, il Policlinico Federico II è stato trasformato in un regno incantato grazie all’iniziativa di ABIO Napoli e dei Supereroi Acrobatici. Batman, Spiderman, Ironman e Superman hanno sfilato dal tetto dell’edificio che ospita i reparti di pediatria, portando gioia e sorrisi ai bambini e agli adolescenti ricoverati.
    Dopo il successo della prima missione al Santobono lo scorso 30 marzo, ABIO Napoli e i Supereroi Acrobatici hanno unito nuovamente le forze per regalare un momento indimenticabile ai piccoli pazienti del Policlinico Federico II in occasione della festa della mamma.
    L’atmosfera dei reparti pediatrici è stata pervasa da un’ondata di entusiasmo e di emozione mentre i Supereroi preferiti dai bambini si calavano dall’edificio 11, sorprendendo e incantando i piccoli pazienti. I giochi, i sorrisi e le foto ricordo hanno riempito le stanze di allegria, offrendo un prezioso momento di spensieratezza e di evasione dalla malattia.
    Una madre commossa ha condiviso la sua emozione: “Dopo tanto tempo finalmente mia figlia ha trovato la forza di alzarsi dal letto per andare a vedere i supereroi alla finestra.” Le sue parole testimoniano il potere e il valore di iniziative come queste, che per qualche ora trasportano i bambini e gli adolescenti in un mondo di fantasia e avventura.
    La collaborazione tra ABIO Napoli e SEA Supereroi Acrobatici è un esempio tangibile di come diverse realtà possano unirsi per portare sollievo e magia ai bambini e agli adolescenti in ospedale. L’impegno costante di entrambe le associazioni nel rendere più umano e accogliente il percorso di cura dei piccoli pazienti ha regalato un momento di gioia e speranza, lasciando un’impronta indelebile nei cuori dei bambini e delle loro famiglie.
    Un sentito ringraziamento va all’Associazione SEA “Super Eroi Acrobatici ETS”, ai suoi volontari e alla fondatrice Anna Marras per il dono prezioso che hanno fatto ai bambini ricoverati al Policlinico Federico II. Un riconoscimento speciale è rivolto alla Direzione Sanitaria dell’AOU Federico II, alla Dott.ssa Rita Nocerino e a tutti i 290 volontari di ABIO Napoli che lavorano instancabilmente ogni giorno per rendere l’ambiente ospedaliero più accogliente per i bambini e gli adolescenti ricoverati e le loro famiglie.

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    La Federico II nello Spazio partecipa all’esperimento ESA per il volo parabolico

    All’esperimento ESA per il volo parabolico partecipa anche la Federico II. Nella campagna dell’Agenzia spaziale europea, in corso da mesi sulla Stazione spaziale internazionale in orbita attorno alla Terra, l’Ateneo federiciano ha contributo, infatti, alla realizzazione di Low-G Emulsions (Emulsioni a bassa gravità) sviluppato nell’ambito dello stesso progetto.Del gruppo di lavoro fanno parte Università ed enti di ricerca provenienti da Italia, Grecia, Stati Uniti, Germania, Francia e Giappone. L’Ateneo ha offerto il proprio supporto attraverso il Dipartimento di Ingegneria chimica, dei materiali e della produzione industriale, la cui competenza è riconosciuta a livello internazionale. Al gruppo di Napoli, gli altri partner, hanno chiesto di investigare il ruolo della reologia e della termodinamica di fluidi complessi, problematica tipica dell’ingegneria chimica. L’esperimento di volo parabolico si è svolto sull’Oceano Atlantico dal 27 novembre al 1° dicembre 2023 ed è stato realizzato utilizzando un’apparecchiatura sviluppata dall’Università Aristotele di Salonicco.
    La squadra di volo comprende Thodoris Karapantsios, Sotiris Eugenides, Ourania Oikonomidou e Angeliki Chondrou dell’università greca, e Sergio Caserta del DICMaPI della Federico II di Napoli. La squadra di volo ha condotto l’esperimento in assenza di gravità, mentre il team di supporto a terra, di cui hanno fatto parte Stefano Guido della Federico II, Margaritis Kostoglou e Triantafyllos Tsilipira, dell’Università Aristotele di Salonicco AUTh, si è occupato della logistica e della preparazione dei dispositivi sperimentali prima e dopo il volo.
    I voli parabolici sono uno strumento scientifico riconosciuto e prezioso per eseguire esperimenti in condizioni di gravità zero, come quelle dello spazio, ma all’interno dell’atmosfera terrestre.
    Ogni anno l’ESA organizza due campagne di volo parabolico sull’Oceano Atlantico partendo da Bordeaux, in Francia, e i team partecipanti vengono selezionati a seguito di una valutazione basata su rigorosi criteri scientifici, mentre le specifiche tecniche e il funzionamento in sicurezza di ciascun esperimento vengono controllati da personale specializzato che visita i team nei loro laboratori durante tutta la preparazione che dura diversi mesi.
    Gli esperimenti realizzati dal team congiunto Italo-Greco (UNINA-AUTh) hanno riguardato lo studio del comportamento dinamico di gocce di liquido organico (fase oleosa) all’interno di una fase acquosa continua. Un’emulsione è definita come la dispersione di goccioline di un liquido in un altro liquido, senza che i due liquidi si mescolino tra loro.
    L’importanza dell’esperimento risiede principalmente nel significato scientifico dei risultati raccolti in condizioni di gravità zero. In particolare, i risultati sperimentali mostrano i meccanismi attraverso i quali è possibile preparare emulsioni di particolare stabilità anche con l’utilizzo di una piccola quantità di prodotti chimici (tensioattivi) purché vengano scelte le opportune condizioni di emulsificazione.
    Due le potenziali applicazioni dei risultati della ricerca: investigare la possibilità di produrre beni di largo consumo (alimenti, detergenti, cosmetici, farmaci) in condizioni di bassa o nulla gravità che consentirebbe di sviluppare simili produzioni su scala industriale così da poter pensare a una reale esplorazione dello spazio che vada oltre le orbite terrestri, realizzando delle installazioni umane permanenti per esempio sulla Luna o su Marte; migrare verso una chimica verde e uno sviluppo industriale sostenibile.
    Si tratta dunque di esperimenti indispensabili non solo per lo sviluppo della frontiera della conoscenza scientifica e tecnologica asservita allo scopo dell’esplorazione spaziale, ma hanno anche l’obiettivo di identificare delle ricadute su una scala temporale più ravvicinata nella nostra vita quotidiana, con particolare attenzione allo sviluppo di processi e prodotti industriali che possano ridurre l’impatto sull’ambiente. LEGGI TUTTO