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     Ergastolo per l’infermiera assassina di Piombino

    Condannata all’ergastolo l’infermiera assassina di Piombino. In primo grado a Livorno era stata condannata per omicidio, poi assolta e quindi nuovamente condannata al processo d’appello bis celebrato dopo l’annullamento della Cassazione. È ancora ergastolo per Fausta Bonino, l’infermiera accusata di aver iniettato dosi massicce di eparina a quattro pazienti ricoverati all’ospedale di Piombino (Livorno) dove lavorava, provocandone il decesso. La corte d’assise d’appello di Firenze, dopo quasi un’ora di camera di consiglio, ha accolto la richiesta del pg Fabio Origlio che aveva chiesto il massimo della pena.
    Punti Chiave ArticoloRisultato del processo d’appello La donna, al fianco del marito e del difensore Vinicio Nardo, è rimasta impassibile di fronte alla lettura del dispositivo. “Non me lo aspettavo” ha poi sussurrato come riportato da Sky, mentre abbandonava l’aula 32 del palazzo di giustizia. Si è sempre professata innocente. “Prendiamo atto della sentenza che fa rivivere quella di Livorno – ha detto l’avvocato Nardo al termine dell’udienza -. Siamo curiosi di leggere come sarà fatta la motivazione perché ci sono molti dubbi in questa vicenda, molte incongruenze, molti fatti che non tornano e quindi la Corte d’assise d’appello adesso avrà il compito di mettere in fila queste cose, se ci riuscirà vedremo. Noi faremo ricorso per Cassazione sicuramente. Mi dispiace che non finisce per lei questo calvario che dura da otto anni”. Il caso e le accuse Era il 30 marzo 2016 quando l’infermiera fu arrestata dal Nas dei carabinieri in esecuzione di un’ordinanza del gip di Livorno con l’accusa di aver causato, tra il 2014 e il 2015, la morte di 13 pazienti nel reparto rianimazione all’ospedale di Piombino, dove lavorava. Decessi provocati da emorragie improvvise e letali che, secondo le ipotesi degli inquirenti, sarebbero stati da ricondurre alla somministrazione di massicce dosi di eparina. Una serie di indizi concordanti, secondo la procura di Livorno, conducevano all’infermiera come responsabile degli omicidi: iniezioni dell’anticoagulante, presenza nel reparto dell’infermiera e morti avvenute poche ore dopo la somministrazione del farmaco. La lunga battaglia legale La donna venne poi scarcerata 21 giorni dopo l’arresto: il tribunale del riesame di Firenze revocò la misura ritenendo gli indizi né gravi né concordanti. Decisione poi annullata dalla Cassazione. Delle dieci morti di cui Bonino fu poi imputata, in primo grado con rito abbreviato fu condannata per quattro e assolta per le altre. In appello arrivò l’assoluzione totale, “per non aver commesso il fatto”. Sentenza in parte annullata dalla Cassazione nel maggio di un anno fa: la Suprema corte aveva confermato l’assoluzione per sei casi disponendo un processo d’appello bis per gli altri quattro. Oggi è arrivata la nuova condanna all’ergastolo. Leggi AncheCollaboratore di lunga data di Cronache della CampaniaDa sempre attento osservatore della società e degli eventi.Segue la cronaca nera. Ha collaborato con diverse redazioni. LEGGI TUTTO

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    Napoli, giallo in piazza Garibaldi: trovato nordafricano con la gola tagliata

    Napoli. Giallo questa mattina in piazza Garibaldi dove intorno alle 7 i carabinieri del nucleo radiomobile di Napoli hanno trovato in strada, a terra e privo di sensi, un uomo in fin di vita con un taglio alla gola.
    Si tratterebbe di un extracomunitario, probabilmente di origini nord-africane, senza fissa dimora che presentava una profonda ferita da taglio alla gola.
    I carabinieri erano stati avvertiti da alcuni passanti che avevano notato l’uomo insanguinato riverso esanime per terra.
    E’ stata allertata un’ambulanza con la quale l’uomo è stato trasportato all’ospedale vecchio Pellegrini dove si trova tuttora ricoverato in gravi condizioni, avendo perso molto sangue.
    Sono in corso indagini da parte dei carabinieri della Compagnia Stella per chiarire la dinamica e per identificare il ferito. I militari stanno prendendo visione delle immagini delle numerose telecamere presenti nella zona di piazza Garibaldi.
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    Napoli, algerino ferito nella notte a colpi di pistola

    Napoli. Ennesimo episodio di criminalità nella notte appena trascorsa nel centro città. Intorno alle 3 un 34enne algerino è stato trasportato all’ospedale Vecchio Pellegrini perché colpito alle gambe da proiettili esplosi da uno sconosciuto.
    Punti Chiave ArticoloL’uomo è stato dimesso con una prognosi di 15 giorni. Sarebbe accaduto in Piazza San Francesco a Capuana. I carabinieri del nucleo radiomobile di Napoli e quelli della Compagnia Stella indagano per ricostruire dinamica e matrice. Si cercano immagini utili dalle telecamere presenti I militari stanno cercando immagini utili alle indagini dalle telecamere pubbliche e private presenti in zona. Leggi Anche LEGGI TUTTO

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    Napoli, agguato a Poggioreale: ferito Giuseppe Barretta ‘o puorc

    Napoli. Agguato a Poggioreale: ferito con un colpo di pistola Giuseppe Barretta, vicino al clan Contini. Giuseppe Barretta, 39enne già noto alle forze dell’ordine e con legami con il clan Contini, è stato ferito ieri mattina con un colpo di pistola alla gamba nel quartiere Poggioreale di Napoli.
    Punti Chiave ArticoloL’agguato è avvenuto in via della Stadera, all’esterno di un bar. Barretta, soprannominato “‘o puorc”, è stato soccorso e portato all’ospedale Villa Betania, dove è stato ricoverato ma non è in pericolo di vita. Ancora da chiarire la dinamica dei fatti. Barretta ha raccontato ai carabinieri di non conoscere il suo aggressore e di essere stato vittima di un’azione da parte di uno sconosciuto. Tuttavia, gli investigatori non sono convinti dalla sua versione e ipotizzano che il ferimento sia avvenuto al culmine di un acceso diverbio. Barretta non è affiliato a clan di camorra, ma negli ultimi anni ha avuto frequentazioni che lo hanno fatto accostare al clan Contini. Nel 2019 era stato arrestato per estorsione ai danni di cantieri edili e nel 2020 era finito finito in carcere per un presunto giro di usura ai danni di un imprenditore di Soccavo: era uscito lo scorso gennaio.  Giuseppe Barretta ferito nel 2012, il suo amico rimase ucciso Ma il suo nome è legato a un omicidio avvenuto nel 2021 nell discoteca Remake di Sant’Antimo al culmine di una lite tra un gruppo di ragazzi, vicino al clan Lo Russo e un altro composto da giovani appartenenti alla famiglia Licciardi che erano in compagnia delle vittime. In quella circostanza rimase ucciso Vincenzo Priore all’epoca 21enne mentre Giuseppe Barretta ‘o puorc che di anni ne aveva 27 rimase ferito. I carabinieri stanno indagando a tutto campo e non escludono alcuna pista. Vengono acquisite le immagini delle telecamere di zona per cercare di individuare l’aggressore e ricostruire i fatti con precisione. L’agguato a Barretta è l’ennesimo episodio di violenza che fa registrare la cronaca Napoli nelle ultime settimane con le armi della camorra che tornano a far sentire il fragore degli spari. Leggi Anche LEGGI TUTTO

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    Napoli, agguato alle Case Nuove: arrestato Francesco Matteo

    Ieri mattina, la Polizia di Stato ha arrestato un terzo uomo nell’ambito delle indagini sull’agguato a Massimiliano. L’arrestato, Francesco Matteo, 22enne di Napoli con precedenti penali, si è consegnato spontaneamente al carcere di Poggioreale.
    Il 30 gennaio 2023, Massimiliano Abete fu gambizzato in via Gianbattista Manso, alle Case Nuove, durante una lite per motivi ancora da chiarire, ma che gli investigatori riconducono a vicende di strada. L’agguato fu portato a termine da Salvatore Maggio Junior, 20enne già noto alle forze dell’ordine, in sella a uno scooter condotto da un complice, Francesco Matteo.
    Le indagini, coordinate dalla Direzione Distrettuale Antimafia e condotte dalla Squadra Mobile di Napoli con la collaborazione del Commissariato Dante, hanno portato all’arresto di Salvatore Maggio Junior, figlio dell’omino ex killer e ras del rione Mercato diventato da alcuni anni collaboratore di giustizia, e Francesco Matteo.
    Dalle intercettazioni- come ha anticipato Il Roma in edicola – è emerso che Massimiliano Abete, pur ferito, si vantava di possedere un’arma da fuoco. Per questo motivo, il gip ha disposto gli arresti domiciliari per lui.
    Un’ulteriore intercettazione ha rivelato che Massimiliano Abete era in possesso di un’arma da fuoco. Per questo motivo, il gip, su richiesta della Procura Antimafia, ha emesso la misura cautelare ai domiciliari per lui per i reati di detenzione e porto di arma comune da sparo. LEGGI TUTTO

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    Gratteri: “La Camorra è la mafia più evoluta, usa il dark web per la cocaina”

    Per Gratteri “la Camorra dal punto di vista informatico è la mafia più evoluta”,
    Il procuratore di Napoli Nicola Gratteri intervenendo a Palermo al convegno “Le rotte e le logiche del traffico internazionale di stupefacenti e le evoluzioni della criminalità organizzata transnazionale” organizzato dalla Scuola Superiore della Magistratura, dalla Direzione Nazionale Antimafia e Antiterrorismo, con il Programma Falcone Borsellino del Ministero degli Affari Esteri.
    Ha spiegato Gratteri: “Durante un interrogatorio una persona mi ha dato una lezione di business spiegandomi che col cellulare si ordinano quintali di cocaina senza muovere un dito. E qualcuno mette in discussione le intercettazioni.” 
    La Camorra e il dark web
    Gratteri ha sottolineato la pericolosa capacità della Camorra di sfruttare le nuove tecnologie per il narcotraffico: “Oggi per comprare la cocaina non c’è bisogno di andare in Colombia. Ho visto, da quando sono Procuratore di Napoli, che la camorra da un punto di vista informatico è la mafia più evoluta che ci sia in Italia. Con il mio telefono cellulare posso comprare due kg di cocaina e qualcuno sta mettendo in discussione le intercettazioni e l’uso del trojan…”.
    “Oggi per comprare la cocaina non c’è bisogno di andare in Colombia”
    Il procuratore ha difeso l’utilizzo di strumenti investigativi come le intercettazioni e il trojan, ritenuti fondamentali per contrastare la criminalità organizzata che opera sempre più online: “Dobbiamo avere le tecnologie per entrare nel dark web altrimenti arresteremo solo gli straccioni”, ha concluso. LEGGI TUTTO

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    Napoli, arrestato Salvatore Maggio junior figlio dell’ex killer pentito

    Napoli. Figlio d’arte e come il padre abile e sempre pronto a utilizzare la pistola: Salvatore Maggio junior, finito in carcere ieri è il figlio dell’omonimo ex ras della zona Mercato poi diventato collaboratore di giustizia.

    Fino all’altro giorno non aveva condanne a suo carico, frequenta, secondo gli investigatori, sia ambienti vicini ai Mazzanti dei Quartieri Spagnoli che la malavita giovanile delle Case Nuove e della zona di piazza Mercato. Sulla copertina del suo profilo sui social network si legge: “C’è chi è nato per combattere e chi è nato per fare il burattinaio“. Ma anche:“La vita mi ha tolto il doppio di quello che avevo e mi riprenderò il triplo!”. 
    E’ accusato di aver gambizzato Massimiliano Abete, un incensurato del Cavone con contatti con l’ambiente dei Lepre. Secondo gli investigatori, Maggio Junior ha sparato ad Abete con l’aiuto di un complice che guidava lo scooter.
    Lunedì scorso, Maggio Junior è stato arrestato su ordinanza di custodia cautelare in carcere. Ma la sorpresa è arrivata quando il provvedimento restrittivo ha riguardato anche la vittima, Abete. In un’intercettazione durante le indagini, Abete si vantava di possedere un’arma da fuoco. Per lui il gip ha disposto gli arresti domiciliari.
    Il ruolo della vittima e l’identificazione del complice
    Le indagini, condotte dalla sezione “Omicidi” della Squadra Mobile della Polizia di Stato (diretta da Giovanni Leuci e dal vice questore Luigi Vissicchio), hanno permesso di identificare anche il complice di Maggio Junior.
    Le indagini e i moventi
    L’accusa per Abete, 22 anni, è di detenzione e porto di arma comune da sparo. Il provvedimento restrittivo, eseguito nelle rispettive abitazioni degli indagati, è il risultato delle indagini coordinate dalla Direzione Distrettuale Antimafia e condotte dalla Squadra Mobile di Napoli con la collaborazione del Commissariato Dante.
    Le indagini sono partite subito dopo la sparatoria avvenuta in via Gianbattista Manso alle Case Nuove, la sera del 30 gennaio 2023. Secondo gli investigatori, la lite che ha portato alla sparatoria è scaturita da motivi non chiari, ma riconducibili a vicende di strada.
    (nei riquadri Salvatore Maggio junior e Massimiliano Abete) LEGGI TUTTO

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    Agguato alle Case Nuove: arrestati due baby camorristi

    Napoli. Lo scontro tra le nuove leve della camorra dei Quartieri spagnoli e delle Case Nuove dietro il ferimento a colpi di pistola del 20enne A.M. avvenuto il 30 gennaio del 2023.

    Il giovane aveva dichiarato di essere stato ferito da sconosciuti perché aveva reagito a un tentativo di rapina mentre transitava in via Giovan Battista Manso nel quartiere Mercato.
    Ma a 14 mesi di distanza le indagini della squadra mobile di Napoli hanno accertato che si trattava di bene altro e hanno fatto scattare le manette ai polsi dei due presunti autori.
    In carcere è finito M.S.J., di anni 20, gravemente indiziato dei reati di lesioni personali, porto e detenzione di arma da fuoco aggravati dalle modalità mafiose  e quella degli arresti domiciliari per A. M., di anni 22, gravemente indiziato di detenzione e porto di arma comune da sparo.
    La lite tra bande di giovani camorristi delle Case Nuove e dei Quartieri Spagnoli
    Le indagini della polizia hanno accertato che ci fu una lite scaturita da futili motivi in zona Case Nuove e poco dopo M.S.J in sella a uno scooter condotto da altro soggetto, aveva esploso diversi colpi d’arma da fuoco all’indirizzo della vittima provocandole una “frattura completa del piatto laterale della tibia e una frattura del versante anteriore della testa del perone”.
    Dietro gli spari e la lite ci sono i dissidi tra le due giovani bande di baby camorristi: chi ha fatto fuoco è legato ai clan delle Case Nuove, quartiere Mercato, mentre il ferito  a quelli dei Quartieri Spagnoli.
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    Napoli, la Dia sequestra beni per un milione di euro ad affiliato del clan Lo Russo

    Napoli. La Direzione Investigativa Antimafia ha eseguito un provvedimento di sequestro di prevenzione emesso dal Tribunale di Napoli – Sezione Misure di Prevenzione nei confronti di un soggetto già condannato per la sua partecipazione al Clan Lo Russo (Capitoni).
    La misura trae origine da una proposta avanzata congiuntamente dal Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Napoli e dal Direttore della DIA.
    Le indagini dirette nel corso degli anni dalla DDA di Napoli avevano individuato il particolare ruolo dell’odierno prevenuto che, guidando di fatto un’azienda di riferimento del clan, consentiva all’organizzazione criminale di diversificare i propri settori di investimento negli appalti di servizi presso la Pubblica Amministrazione.
    Gli approfondimenti svolti hanno fatto emergere disponibilità patrimoniali e finanziarie significativamente sproporzionate rispetto ai profili reddituali del proposto.
    È stato pertanto disposto il sequestro di due società attive nel settore commerciale, sei beni immobili, numerosi oggetti preziosi e rapporti finanziari per un valore complessivo stimato in circa un milione di euro.
    L’odierno risultato si inserisce nell’ambito delle attività istituzionali finalizzate all’aggressione dei patrimoni illecitamente acquisiti e riconducibili, direttamente o indirettamente, a contesti delinquenziali di tipo mafioso, agendo così a tutela e salvaguardia della parte sana del tessuto economico nazionale.
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    Napoli, svelati due omicidi di camorra: scattano gli arresti

    Napoli: svelati due omicidi di camorra. Dalle prime luci del giorno i Carabinieri del Comando Provinciale di Napoli stanno dando esecuzione a due misure cautelari emesse dal Gip del Tribunale partenopeo su richiesta della locale Direzione distrettuale antimafia, relative a due omicidi aggravati dal metodo mafioso.
    Si tratta di due omicidi avvenuti negli ani scorsi e su cui si è fatta luce grazie alle informazioni fornite da alcuni pentiti. LEGGI TUTTO

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    Pozzuoli, “Stasera faccio il il parcheggio”: pistola in faccia a un uomo di 91anni che aveva reagito alle richieste di pizzo

    Nonostante i suoi 91 anni, il proprietario del parcheggio privato di Pozzuoli, ha avuto il coraggio di affrontare i tre estorsori ed è stato vittima di violenza fisica e minacce con una pistola.
    I tre parcheggiatori abusivi legati alla camorra, sono stati arrestati oggi dai carabinieri su ordine della Dda per i reati di estorsione e tentata estorsione aggravati dal metodo mafioso e dalla connessione con le attività illegali del clan Longobardi-Beneduce.
    “Per il parcheggio devi dare i soldi a me, qui comando io” e “stasera lo faccio io il parcheggio, devo lavorare”
    I tre Antonio e Cristian Di Roberto di 27 anni, e Alberto Ciotola, hanno usato la minaccia e il ricorso al nome di Salvatore Cerrone, noto come “Totore o’ biondo”, esponente di spicco del gruppo criminale di Pozzuoli, per intimidire la vittima.
    Oltre a richiedere il pagamento del “pizzo”, i parcheggiatori abusivi hanno impedito l’accesso ai clienti al parcheggio privato del anziano signore, che si trova nelle vicinanze di una discoteca.
     Uno dei tre banditi ha puntato la pistola in faccia il 91enne
    Inoltre, hanno dirottato le auto verso parcheggi abusivi in strada, dove poi hanno riscosso soldi illegittimamente. Le indagini sono state avviate dopo la denuncia del proprietario del parcheggio, il quale ha raccontato che uno dei tre malviventi, il 23 ottobre 2022, gli ha puntato una pistola in faccia dopo che egli ha reagito all’aggressione, nonostante la sua avanzata età e il bastone che usava per camminare.
    Le immagini delle telecamere di sorveglianza della zona hanno confermato la versione dei fatti fornita dalla vittima.
    (nella foto Antonio Di Roberto, uno dei tre arrestati) LEGGI TUTTO

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    Pozzuoli, pizzo al titolare di un parcheggio per conto del clan Beneduce

    La Compagnia Carabinieri di Pozzuoli ha eseguito un provvedimento di applicazione della misura cautelare in carcere nei confronti di tre persone gravemente indiziate per reati di estorsione e tentata estorsione legati al metodo mafioso.
    L’operazione è stata autorizzata dal GIP del Tribunale di Napoli su richiesta della Direzione Distrettuale Antimafia.
    Le persone coinvolte avrebbero minacciato e aggredito il titolare di un parcheggio privato a Pozzuoli, cercando di ottenere guadagni illeciti e ostacolando l’attività legittima dell’imprenditore.
    I tre si sono presentati a nome del clan Longobardi – Beneduce operanti da anni nel territorio di Pozzuoli.
    In particolare, gli indagati avrebbero, in più occasioni, con minacce ed aggressioni fisiche, intimato al titolare di un parcheggio privato, situato in Pozzuoli, di consegnare l’incasso ma anche di non ostacolare quella di parcheggio abusivo ai medesimi riferibile. LEGGI TUTTO