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    Benevento avvelenamento al Cinema San Marco: confermata condanna per Gina Pompeo Faraonio

    La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso presentato dalla difesa di Gina Pompeo Faraonio, amministratrice delegata della società che gestisce il Cinema San Marco di Benevento, confermando la condanna a 6 mesi di reclusione e al risarcimento dei danni alle parti civili.
    La Faraonio era stata accusata di lesioni gravi colpose nei confronti di numerosi studenti del Liceo del Sannio. Le emissioni di monossido di carbonio, causate da un malfunzionamento del sistema caldaia-canna fumaria, avevano provocato l’intossicazione di molti studenti durante il Secondo Festival Filosofico del Sannio, tenutosi al Cinema San Marco nel febbraio 2016.

    In primo grado, il Tribunale di Benevento aveva assolto la Faraonio. Ma la Corte d’Appello di Napoli, su ricorso del Pubblico Ministero e delle parti civili, dopo l’ ultima e lunga discussione degli avvocati Vittorio Fucci e Vincenzo Regardi, difensori di numerosi parti civili, e dopo la discussione degli avvocati Angelo Leone e Dario Vannitiello, difensori della Faraonio, accogliendo la tesi dei difensori degli studenti, costituitesi parti civili, ha ribaltato la sentenza, condannando la Faraonio per la sua negligenza nel garantire la sicurezza dei presenti.
    La Cassazione ha ritenuto inammissibile il ricorso della difesa, confermando la condanna a 6 mesi di reclusione e il risarcimento dei danni. La Faraonio dovrà inoltre risarcire le spese legali sostenute dalle parti civili.

    La vicenda ha avuto una grande eco mediatica e ha acceso i riflettori sulle carenze in materia di sicurezza negli edifici pubblici. Il caso ha spinto le autorità a intensificare i controlli e a sensibilizzare l’opinione pubblica su questi temi.
    Alle precedenti udienze avevano discusso gli altri difensori delle altre parti civili. Oltre agli Avvocati Vittorio Fucci e Vincenzo Regardi, hanno rappresentato le parti civili anche gli Avvocati: Alessandro Della Ratta, Nicola Covino, Isidoro Taddeo, Elena Cosina, Roberto Polcino, Covino, Pietro Farina, Antonio Biscardi, Francesco Saverio Iacuzzio, Maurizio Giannatasio, Daniela Martino,, Martino Lucio Giuseppe, Teresa Napolitano, Antonella Maffei, Paolo Abbate,, Fiorita Luciano, Mario Izzo, Giovanni Palma, Nunzia Meccariello, Angelo Montella, Katia Iannotti, Giuseppe Sauchella ed altri..
    Leggi AncheEsperto in diritto Diplomatico e Internazionale. Lavora da oltre 30 anni nel mondo dell’editoria e della comunicazione. E’ stato rappresentante degli editori locali in F.I.E.G., Amministratore di Canale 10 e Direttore Generale della Società Centro Stampa s.r.l. Attento conoscitore della realtà Casertana. LEGGI TUTTO

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    Soldi e scarpe al Garante dei Detenuti Caserta: nessun patto corruttivo

    Non c’era alcun patto corruttivo tra l’ex garante dei detenuti della provincia di Caserta, Emanuela Belcuore, e il recluso del carcere di Santa Maria Capua Vetere, Mario Borrata.
    Nonostante le attenzioni della garante e i suoi buoni uffici presso la direzione dell’istituto, i regali ricevuti da Belcuore tramite la sorella di Borrata, Sara, proprietaria di un negozio di abbigliamento a Casal di Principe, non rappresentano il prezzo della corruzione.

    Secondo il tribunale del Riesame di Napoli, i doni erano semplici regali dovuti alla relazione personale tra la garante e Borrata.
    Il tribunale del Riesame ha annullato la contestazione di corruzione contenuta nell’ordinanza di custodia cautelare emessa il 20 maggio scorso dal giudice per le indagini preliminari del tribunale di Santa Maria Capua Vetere nei confronti di Mario e Sara Borrata.

    Mario Borrata, già detenuto per un omicidio di camorra, era stato colpito da una misura carceraria, mentre la sorella Sara era stata posta agli arresti domiciliari. Tuttavia, la misura restrittiva non è stata completamente annullata, poiché rimane in piedi l’accusa di ricettazione di un telefonino che Borrata avrebbe usato in cella.
    I giudici del Riesame hanno accolto la tesi del difensore dei fratelli Borrata, Angelo Raucci, il quale ha dimostrato, tramite comunicazioni telefoniche, che i regali ricevuti dalla Belcuore – scarpe Gucci, vestiti e soldi – non fossero legati ai presunti favori che, secondo la Procura di Santa Maria Capua Vetere, l’ex garante avrebbe fatto a Borrata.
    Si trattava invece di regali d’amore. Sulla base di questa accusa di corruzione, la Belcuore, che rispondeva anche di rivelazione di segreto d’ufficio, aveva patteggiato nel dicembre scorso a un anno e dieci mesi di reclusione, con pena sospesa.
    L’ex garante aveva spiegato che la scelta di patteggiare era stata fatta “a malincuore, per meri motivi di opportunità e di strategia difensiva” e soprattutto “per voltare pagina e poter continuare l’attività professionale, senza la minaccia incombente di un lungo, pesante e costoso percorso processuale”.
    Durante l’interrogatorio davanti ai pm, prima del patteggiamento, l’ex garante aveva sempre sostenuto che i regali ricevuti da Borrata fossero dovuti a motivi sentimentali.
    La Procura di Santa Maria Capua Vetere sosteneva invece che la Belcuore avesse intrattenuto conversazioni telefoniche con Borrata, che usava il cellulare illecitamente introdotto in carcere, avvisandolo delle perquisizioni e adoperandosi per far avere al detenuto una relazione di servizio positiva, senza però ottenere risultati concreti.
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    Camorra, il pentito Rosario Rolletta: “Ecco come funzionava il sistema delle estorsioni”

    “Il ‘Sistema’ funzionava così: quanto al settore delle estorsioni, i proventi di tale attività illecita confluivano in una cassa comune gestita, prima, da Francesco Audino o’cinese e successivamente, dopo il suo arresto, da Giuseppe De Luca Bossa coadiuvato da Mimì a puttana (Domenico Amitrano detto anche Mimmo o’ pop ndr) e da Umberto De Luca Bossa. Fino a quando i De Martino hanno fatto parte del cartello camorristico, i soldi delle estorsioni finivano tutti nella cassa comune da cui poi si prelevavano per l’acquisto di stupefacenti, armi e per gli stipendi agli affiliati, il pagamento degli avvocati ed il mantenimento dei detenuti”.

    Punti Chiave ArticoloA parlare è il pentito di camorra Rosario Rolletta detto friariello, per un periodo uomo del vertice del clan De Micco di Ponticelli che ha raccontato il funzionamento del sistema delle estorsioni. “Prima del suo arresto, Francesco Audino si occupava anche della distribuzione degli stipendi. Ciascun gruppo del cartello camorristico e, dunque, anche il gruppo De Martino, si occupava di estorsioni ad imprenditori, nonché a soggetti che sul territorio svolgevano attività illecita come, ad esempio, i ladri di motorini, auto, biciclette, nonché alle bancarelle di merce contraffatta, ai contrabbandieri di sigarette, ai mercatini rionali di merce e perfino ai soggetti che facevano truffe assicurative e cambi di assegni”, ha raccontato ancora Rolletta.
     Tutti pagavano il pizzo: dai ladri di moto e auto ai gestori delle bancarelle “…Ho contattato le vittime tramite Pasquale Micco e ho chiesto loro 1500euro per i lavori che stavano eseguendo che dovevano pagare al clan De Martino. De Micco mi disse che costoro a seguito della mia richiesta si erano rivolti al Cinese, Audino Francesco, in quanto poiché avevano già pagato la tangente a lui volevano sapere a che titolo dovevano pagare anche me. Il cinese rispose loro che andava bene così e che dovevano farmi un regalo perché ero detenuto; alla fine mi hanno pagato 1000euro consegnatemi tramite De Micco Pasquale”. (da sinistra nella foto il pentito Rosario Rolletta, Francesco Audino, Umberto De Luca Bossa, Giuseppe De Luca Bossa e Domenico Amitrano) (le foto di Rosario Rolletta e Umberto De Luca Bossa sono tratte da napolitan.it) Leggi Anche LEGGI TUTTO

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    Castellammare: assolto con formula piena l’imprenditore Adolfo Greco

    Castellammare. La Corte d’Appello ha annullato la condanna a 8 anni di reclusione inflitta in primo grado ad Adolfo Greco, imprenditore accusato di estorsione nell’ambito dell’inchiesta Olimpo.
    Le indagini del 2018 avevano portato all’arresto dello stesso “re del latte”  e di oltre una decina di persone, tra cui boss e gregari dei clan D’Alessandro e Cesarano, che da decenni si spartiscono dal punto di vista criminale il territorio a Castellammare di Stabia.

    Greco era accusato di concorso in estorsione per due episodi, ma è stato assolto per non aver commesso il fatto e perché il fatto non sussiste.
    Assolti anche Michele e Raffaele Carolei, fratelli del boss Paolo Carolei (arrestato la scorsa settimana nell’ambito dell’inchiesta sull’omicidio del consigliere comunale del Pd, Gino Tommasino), accusati assieme a Greco di aver fatto pressione su un imprenditore per l’assunzione del figlio di Michele Carolei.

    Umberto Cuomo, macellaio di Agerola, è stato anch’egli assolto dall’accusa di aver mediato un’estorsione a un imprenditore caseario, sempre assieme a Greco.
    Confermata in secondo grado anche l’assoluzione per Attilio Di Somma, accusato di aver fatto esplodere una bomba nei pressi del supermercato Sole 365. Infine, è stato assolto per due capi d’imputazione Luigi Di Martino detto o’ profeta, boss del clan Cesarano, la cui pena è stata rideterminata a 6 anni e 6 mesi, rispetto ai 9 anni inflitti in primo grado.
    Leggi AncheSiamo la redazione di Cronache della Campania. Sembra un account astratto ma possiamo assicurarvi che è sempre un umano a scrivere questi articoli, anzi più di uno ed è per questo usiamo questo account. Per conoscere la nostra Redazione visita la pagina “Redazione” sopra nel menù, o in fondo..Buona lettura! LEGGI TUTTO

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    Camorra, 200 anni di carcere per la holding di narcos di Bruno Carbone

    NapoliIl processo di primo grado contro la presunta rete di narcotrafficanti capeggiata dall’ex broker della cocaina Bruno Carbone è entrato nel vivo ieri mattina con la requisitoria del pubblico ministero.PUBBLICITA

    Il pm ha chiesto 19 condanne per un totale di 200 anni di carcere. Le pene più alte sono state richieste per i capi dell’organizzazione, con condanne tra i 16 e i 20 anni di reclusione.

    Punti Chiave ArticoloIl processo trae origine dall’inchiesta culminata con un blitz a gennaio scorso, quando quasi 30 persone sono state arrestate. Le indagini, coordinate dalla DDA e condotte dai Carabinieri del Comando Provinciale di Napoli, hanno permesso di azzerare due gruppi che operavano sull’asse Barcellona-Amsterdam-Napoli.PUBBLICITA

    Il processo trae origine dall’inchiesta culminata con un blitz a gennaio scorso, quando quasi 30 persone sono state arrestate. Le indagini, coordinate dalla DDA e condotte dai Carabinieri del Comando Provinciale di Napoli, hanno permesso di azzerare due gruppi che operavano sull’asse Barcellona-Amsterdam-Napoli. Le intercettazioni e il ruolo di Bruno Carbone Le indagini sono state rese possibili grazie al crack della rete “Encrochat”, che ha permesso di intercettare le comunicaprimozioni tra i sodali, avvenute tramite criptofonini inizialmente considerati inattaccabili. Le intercettazioni hanno permesso agli inquirenti di risalire ai due gruppi e di individuare Bruno Carbone, latitante di lusso a Dubai e braccio destro del narcotrafficante Raffaele Imperiale. I due gruppi e il ruolo del Parco Verde di Caivano L’inchiesta ha individuato due gruppi distinti, entrambi coinvolti nel narcotraffico: Primo gruppo: capeggiato da Vincenzo e Salvatore Della Monica.Secondo gruppo: con a capo Simone Bartiromo, Roberto Merolla e Giovanni Cortese.L’inchiesta ha inoltre coinvolto il Parco Verde di Caivano, dove si svolgeva parte dell’attività illecita. Ora spetta al collegio difensivo elaborare una strategia per difendere gli imputati. Il processo proseguirà con l’audizione dei testimoni e le arringhe difensive. TUTTE LE RICHIESTE DI CONDANNA Bruno Carbone: 3 anni e 6 mesiGiovanni Cortese: 18 anniSalvatore Della Monica: 16 anniVincenzo Della Monica: 16 anniRoberto Merolla: 18 anniMichele Nacca: 20 anniFrancesco Addamiano, 4 anniErrico D’Ambrosio, 3 anni e 6 mesiDaniela Della Monica, 2 anniRaffaele De Sica, 16 anniNicola Di Casola, 18 anniCarlo Esposito, 6 anni e 6 mesiAlessio Onorato, 2 anni e 8 mesiAntonio Pagliarani, 4 anni e 4 mesiAntonio Pinto, 4 anni e 4 mesiEmanuele Pisa, 16 anniGiuseppe Rocco, 8 anniSebastiano Romeo, 8 anniDomenico Stefanelli, 10 anni Leggi AncheGiuseppe Del Gaudio, giornalista professionista dal 1991. Amante del cinema d’azione, sport e della cultura Sud Americana. Il suo motto: “lavorare fa bene, il non lavoro: stanca” LEGGI TUTTO

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    Benevento, ingaggiò killer per uccidere l’uomo che aveva violentato la figlia: chiesto il processo

    Benevento. Una vendetta consumata dopo 11 anni: fece uccidere l’uomo che aveva violentato la figlia. La ragazza per il dolore si era suicidata.PUBBLICITA

    Un uomo di 64 anni, Lucio Iorillo, ex operaio della Comunità Montana del Taburno, è stato accusato di aver organizzato l’omicidio di Giuseppe Matarazzo, il pastore che nel 2007 aveva violentato la sua figlia 15enne. La ragazza, non sopportando il trauma subito, si era tolta la vita pochi mesi dopo l’abuso.

    Punti Chiave ArticoloSecondo l’accusa, Iorillo avrebbe covato il suo piano di vendetta per oltre dieci anni, pagando due killer 20.000 euro per eliminare Matarazzo.PUBBLICITA

    Il pastore, uscito di galera da circa un mese dopo aver scontato la pena per lo stupro, è stato assassinato a colpi di pistola il 19 luglio 2018 davanti casa sua. I due presunti killer, Giuseppe Massaro e Generoso Nasta, erano già stati condannati all’ergastolo in primo grado dalla Corte di Assise di Benevento nel 2021. Tuttavia, la Cassazione ha annullato la sentenza disponendo un nuovo processo d’appello.  La Cassazione ha annullato la condanna per i due killer Iorillo, che si dichiara innocente, comparirà davanti al Gup del Tribunale di Benevento il prossimo 27 novembre per l’udienza preliminare. La sorella di Giuseppe Matarazzo nel 2018 si fece promotrice di una iniziativa con tanto di manifesto funebre con la foto del fratello in  cui rivendicava l’innocenza del congiunto in merito allo stupro della ragazzina per la quale era stato in carcere per oltre 10 anni e poi ucciso poco dopo essere uscito. Leggi AncheGiuseppe Del Gaudio, giornalista professionista dal 1991. Amante del cinema d’azione, sport e della cultura Sud Americana. Il suo motto: “lavorare fa bene, il non lavoro: stanca” LEGGI TUTTO

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    Camorra, 42 anni di carcere per i clan Mazzarella e De Martino: scarcerato Aldo Sartori

    Si è conclusa con una condanna complessiva a 42 anni e 8 mesi di carcere il processo ai nove esponenti dei clan di camorra di Napoli est accusati di estorsione ai danni di un ristoratore di Volla.PUBBLICITA

    Ma la notizia clamorosa è l’assoluzione e la scarcerazione  del ras Gesualdo Sartori, ras del clan Mazzarella che era stato arrestato ad agosto scorso sulla spiaggia di castel Volturno dopo un periodo di latitanza.

    Punti Chiave ArticoloIl pubblico ministero della Direzione Distrettuale Antimafia (Dda) aveva chiesto per Sartori una condanna a dieci anni di reclusione, ma le argomentazioni difensive del suo legale, l’avvocato Leopoldo Perone, hanno avuto la meglio, dimostrando l’estraneità del proprio assistito rispetto alla vicenda.PUBBLICITA

    Assolto e scarcerato il ras Aldo Sartori Nonostante l’assoluzione di Sartori, il verdetto pronunciato ieri dal giudice per l’udienza preliminare del tribunale di Napoli – come anticipato da Il Roma – ha comunque portato a diverse condanne Nove imputati in totale hanno ricevuto condanne per 40 anni e 8 mesi.Gli indagati dovevano rispondere di tentata estorsione e minacce, reati resi più gravi dalla finalità mafiosa. Le indagini risalgono alla primavera dello scorso anno, quando gli aguzzini avrebbero provato a imporre una tangente estorsiva di 500 euro in occasione di Pasqua, a cui è seguita una richiesta di 10mila euro. In un’occasione, il padre della vittima sarebbe stato persino prelevato e portato al cospetto dei fratelli De Martino, con la minaccia “Giovanni deve portare 10.000 euro sennò lo uccidiamo”. Tuttavia, le prove raccolte dagli inquirenti hanno permesso di assolvere Aldo Sartori, ritenuto inizialmente coinvolto nella vicenda solo per aver messo a disposizione la sua casa. LE CONDANNE Cristian Alberto 5 anni e 4 mesiGiovanni Prisco 5 anni e 4 mesiUmberto Dello Iacolo 5 anniGiuseppe De Martino 5 anniSalvatore De Martino 5 anniGermano Iavarone 5 anniMario Noto 5 anniBartolo Zuccoia 5 anniSalvatore De Micco 2 anniGianluca Di Paola assolto con formula piena per non aver commesso il fattoGesualdo Sartori assolto con formula piena per non aver commesso il fatto Leggi AncheEsperto in diritto Diplomatico e Internazionale. Lavora da oltre 30 anni nel mondo dell’editoria e della comunicazione. E’ stato rappresentante degli editori locali in F.I.E.G., Amministratore di Canale 10 e Direttore Generale della Società Centro Stampa s.r.l. Attento conoscitore della realtà Casertana. LEGGI TUTTO

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    False residenze a Villaricca: 30 milioni di bitcoin in sterline a casa della brasiliana

    Villaricca. Aveva un tesoro di quasi 50 milioni di euro tra pietre preziose e bitcoin nascosto in un cassetto segreto Silmara Fabotti la brasiliana a capo della gang delle false residenze per cittadini brasiliani sgominata nei giorni scorsi grazie a una inchiesta della polizia metropolitana e coordinata dalla Procura di napoli Nord culminata con sei arresti.PUBBLICITA

    Oggi gli agenti della polizia metropolitana guidati dalla comandante Lucia Rea in casa di Silmara Fabotti e che è stata posta ai domiciliari, hanno rinvenuto nel corso di una perquisizione delle valigie già pronte e passaporti. Segnale evidente che gli indagati erano pronti a scappare all’estero.

    Punti Chiave ArticoloLa gang falsificava le residenze, con la complicità di due funzionari, un dipendente e un vigile urbano in servizio al comune di Villaricca. Tra i beneficiari calciatori, presentatori televisivi, imprenditori e vip di nazionalità brasiliana.PUBBLICITA

    Sempre nel corso della perquisizione domiciliare in casa di Silmara Fabotti in un cassetto segreto è venuto fuori il tesoro della donna composto da una ottantina di pietre preziose tra smeraldi, ametiste e acquamarina, per un valore stimabile in diversi milioni di euro. Ma soprattutto della chiavette Usb su cui vi erano certificati di possesso di bitcoin per oltre 30milioni di di sterline.  Gli scenari investigativi inquietanti Il ritrovamento dell’ingente tesoro apre scenari investigativi inquietanti. con quali soldi erano stati comprati quei preziosi? Ne facevano un traffico? Venivano rivenduti? E se si a chi? E soprattutto quali traffici internazionali si celano dietro questa inchiesta? E tra l’altro alcuni contratti di lavoro utili alle false residenze sono intestati a ristoranti della zona Giuglianese che secondo la Dda di Napoli sarebbe gestiti da prestanome del clan Ferrara. Leggi AncheGiuseppe Del Gaudio, giornalista professionista dal 1991. Amante del cinema d’azione, sport e della cultura Sud Americana. Il suo motto: “lavorare fa bene, il non lavoro: stanca” LEGGI TUTTO

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    Pizze e camorra a Napoli: Massimiliano Di Caprio resta in carcere

    Napoli.Il Tribunale del Riesame di Napoli ha confermato la custodia cautelare in carcere per Massimiliano Di Caprio, ritenuto il gestore della pizzeria “Dal Presidente” a Napoli.PUBBLICITA

    Di Caprio era stato arrestato il 14 maggio dai finanzieri del Nucleo di Polizia Economico Finanziaria e dagli agenti della Squadra mobile di Napoli nell’ambito di un’indagine coordinata dalla Procura di Napoli sul riciclaggio di denaro del clan Contini, parte della federazione di camorra Alleanza di Secondigliano.

    Punti Chiave ArticoloPer la moglie di Di Caprio, Deborah Capasso invece, il Riesame ha disposto gli arresti domiciliari, confermando la stessa misura cautelare già applicata al poliziotto della sezione stradale di Avellino, Guido Albano coinvolto nella stessa inchiesta.PUBBLICITA

     La Pizzeria “Dal Presidente” sequestrata ma aperta per la gestione ordinaria Nell’inchiesta Sono state anche sequestrate le pizzerie “Dal Presidente” di via dei Tribunali, un panificio, una agenzia di viaggi, cinque appartamenti e 412mila euro in contanti. Le indagini, condotte dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Napoli, hanno portato all’emissione di diverse ordinanze di custodia cautelare, a seguito delle quali Di Caprio e gli altri indagati erano stati arrestati il 14 maggio scorso. Leggi AncheGiuseppe Del Gaudio, giornalista professionista dal 1991. Amante del cinema d’azione, sport e della cultura Sud Americana. Il suo motto: “lavorare fa bene, il non lavoro: stanca” LEGGI TUTTO

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    Napoli, scarcerata Loredana Frenna: la narcos delle Fontanelle

    Napoloi. Gestiva insieme con il marito la piazza di spaccio delle Fontanelle al rione Sanità durante il lockdown: la narcotrafficante Loredana Frenna è stata rilasciata dal carcere in anticipo.PUBBLICITA

    La 33enne è stata posta agli arresti domiciliari poiché il giudice per le indagini preliminari, accogliendo le argomentazioni dei legali, gli avvocati Gandolfo Geraci e Domenico Dello Iacono, ha ritenuto questa misura sufficiente a soddisfare le esigenze cautelari.

    Frenna era stata trasferita circa una settimana fa dal carcere di Pozzuoli a quello di Secondigliano, dove è detenuto anche il marito, Antonio Giglio, considerato il capo dell’organizzazione.PUBBLICITA

    A gennaio scorso, la polizia aveva eseguito un’ordinanza di custodia cautelare nei confronti di 15 persone, tutte accusate a vario titolo di associazione per delinquere finalizzata al traffico di stupefacenti e detenzione di droga a fini di spaccio.
    Le indagini, condotte dalla polizia e coordinate dalla Procura di Napoli tra il 2020 e il 2022, hanno documentato l’esistenza e l’operatività, nel centrale quartiere della Sanità, di un emergente gruppo criminale dedito all’approvvigionamento e alla vendita al dettaglio di ingenti quantitativi di hashish e marijuana, con un giro d’affari di circa 2 milioni di euro. .
    Esperto in diritto Diplomatico e Internazionale. Lavora da oltre 30 anni nel mondo dell’editoria e della comunicazione. E’ stato rappresentante degli editori locali in F.I.E.G., Amministratore di Canale 10 e Direttore Generale della Società Centro Stampa s.r.l. Attento conoscitore della realtà Casertana. LEGGI TUTTO

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    Camorra, Ettore Bosti dal carcere inviava messaggi con l’evidenziatore alla moglie

    Ettore Bosti, giovane boss della camorra, figlio di Patrizio Bosti, uno dei fondatori dell’Alleanza di Secondigliano, rinchiuso in regime di 41 bis nel carcere di Cuneo, tentava di mandare ordini all’esterno usando un sistema di comunicazione criptico basato su evidenziatori colorati.
    Telegramma intercettato: I magistrati hanno bloccato l’invio di un telegramma alla moglie di Bosti, insospettiti dall’ampio utilizzo di evidenziatori per evidenziare solo frasi e parole specifiche.
    Sospetto di codice criptico: Secondo i giudici, questo comportamento rappresentava un chiaro tentativo di trasmettere messaggi criptici alla sua consorteria di appartenenza.
    Negazione del boss: Bosti ha negato qualsiasi intento criminoso, sostenendo di usare regolarmente gli evidenziatori e che non si trattava di alcun codice. Ha anche fornito documentazione a sostegno della sua versione.
    Precedente simile: Un’ulteriore lettera ricevuta dal boss presentava caratteristiche simili, rafforzando il sospetto dei magistrati.
    Conferma dalla Cassazione: La Cassazione ha respinto il ricorso di Bosti, confermando il provvedimento del magistrato di sorveglianza di Cuneo e del tribunale di Torino.
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    Casoria ucciso per gelosia: la Cassazione conferma i 19 anni di carcere per Antonio Felli

    Gianluca Coppola 27enne di Casoria ucciso per gelosia nel 2021:la Corte di Cassazione ha confermato la condanna in appello a 19 anni di reclusione per Antonio Felli, 30 anni.
    Gianluca Coppola era stato ferito a colpi di pistola l’8 aprile 2021 a Casoria e morì il 18 maggio in ospedale a causa di complicazioni. Felli era stato condannato in primo grado a 20 anni di reclusione, pena ridotta a 19 anni in appello.
    Secondo la ricostruzione degli inquirenti, Felli avrebbe ucciso Coppola per gelosia, essendo l’ex fidanzato della ragazza che il 27enne frequentava quando è stato ucciso.
    “La conferma della pena di appello stabilita oggi dalla Cassazione non cambia il nostro dolore”, hanno dichiarato Elisa e Roberto, genitori di Gianluca Coppola.
    “Qualsiasi condanna comminata al responsabile dell’omicidio di nostro figlio Gianluca non avrebbe cambiato nulla. Nostro figlio non torna più. La vera condanna, con sentenza di fine dolore mai, è per noi ed è scattata il maledetto giorno in cui hanno tolto la vita a Gianluca.
     I genitori di Gianluca: “La vera condanna di fine dolore mai è la nostra”
    Speriamo che il responsabile almeno utilizzi questi anni di detenzione per riflettere sul male fatto a tutti noi e speriamo che dal carcere esca una persona riabilitata e consapevole del male che ha fatto. Perché questa possibilità lui l’avrà, mentre nostro figlio non ha avuto il diritto di vivere la sua vita”.
    Il presidente della Fondazione Polis della Regione Campania, don Tonino Palmese, ha ribadito “come in altri casi, il dato di fatto che la conclusione di un iter giudiziario porta luce nelle vite di chi ha subito una perdita terribile.
    La famiglia di Gianluca è a noi cara, impegnata nei percorsi che come Polis attuiamo insieme ai familiari delle vittime innocenti. A loro tutto il nostro affetto”, ha concluso don Tonino Palmese.
    Leggi AncheGiuseppe Del Gaudio, giornalista professionista dal 1991. Amante del cinema d’azione, sport e della cultura Sud Americana. Il suo motto: “lavorare fa bene, il non lavoro: stanca” LEGGI TUTTO