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    Camorra scatenata a Casavatore: stesa al corso Europa

    Casavatore. Camorra scatenata: esplosi 15 di colpi di pistola. Non si arresta l’ondata criminale.PUBBLICITA

    Lunedì sera, su Corso Europa, sono stati esplosi da uomini presumibilmente in sella ad alcune moto, almeno 15 colpi di pistola. Sul posto è intervenuta la Polizia locale che ha repertato i bossoli e inviato apposita relazione in Procura.

    Punti Chiave ArticoloMentre le indagini sono tuttora in corso. Dopo un periodo di calma apparente, i clan tornano a far sentire la loro presenza con stese e caroselli di uomini in moto e in auto di grossa cilindrata come ad Arzano “gemellata”, a quanto pare sul fronte criminale, al clan Ferone di Casavatore che, nel 2017, ha determinato anche lo scioglimento per mafia del comune. Il clan Ferone torna a far sentire la sua forza intimidatrice Secondo una prima ricostruzione investigativa, verso le 22,30, sul centralissimo corso Europa, uomini in sella ad alcune moto, hanno esploso almeno 15 colpi d’arma da fuoco in aria per poi dileguarsi e far perdere le proprie tracce.
    La scena si sarebbe consumata in pochi minuti tra il fuggi fuggi generale della gente a quell’ora ancora in strada. Una situazione che si somma alla già delicata vicenda della festa dei Gigli che ha registrato nei giorni scorsi il blitz congiunto di Polizia di Stato, Carabinieri e Polizia locale. Ovviamente le due cose non sono collegate, ma anche questa situazione rischia di diventare incandescente. P.B.
    Leggi AncheSiamo la redazione di Cronache della Campania. Sembra un account astratto ma possiamo assicurarvi che è sempre un umano a scrivere questi articoli, anzi più di uno ed è per questo usiamo questo account. Per conoscere la nostra Redazione visita la pagina “Redazione” sopra nel menù, o in fondo..Buona lettura! LEGGI TUTTO

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    Grumo Nevano muore dopo una TAC con contrasto, aperta un’inchiesta: sequestrata la salma

    Grumo Nevano.Un uomo di 77 anni di Acerra è deceduto ieri mattina mentre si sottoponeva a una TAC con mezzo di contrasto in un centro diagnostico di Grumo Nevano.PUBBLICITA

    I soccorsi sono stati tempestivi, ma non sono riusciti a salvare l’uomo. Sul posto sono intervenuti gli agenti del Commissariato di Frattamaggiore e la Procura di Napoli Nord ha aperto un’inchiesta per accertare le cause del decesso e le eventuali responsabilità.

    La salma dell’uomo è stata sequestrata e trasportata all’Istituto di Medicina Legale dell’Ospedale San Giuliano di Giugliano per l’autopsia. I familiari della vittima hanno presentato una denuncia e chiedono di fare chiarezza sull’accaduto.
    Secondo quanto ricostruito dagli inquirenti, all’uomo è stato iniettato il liquido di contrasto per via endovenosa. Poco dopo, ha iniziato ad accusare un forte malore e ha perso conoscenza. Il personale del centro diagnostico ha tentato di rianimarlo, ma senza successo.

    Le indagini dovranno appurare se sono state rispettate tutte le precauzioni previste per questo tipo di esame, come la premedicazione con farmaci antiallergici o la presenza di un anestesista in sala.

    Il centro diagnostico ha espresso cordoglio alla famiglia della vittima e ha dichiarato la propria disponibilità a collaborare con le autorità.
    Questo episodio solleva interrogativi sulla sicurezza delle TAC con mezzo di contrasto, che, sebbene generalmente sicure, possono in alcuni casi provocare gravi reazioni allergiche. È importante che i pazienti siano informati dei rischi associati all’esame e che le strutture mediche adottino tutte le necessarie precauzioni per garantire la loro sicurezza.

    Leggi AncheEsperto in diritto Diplomatico e Internazionale. Lavora da oltre 30 anni nel mondo dell’editoria e della comunicazione. E’ stato rappresentante degli editori locali in F.I.E.G., Amministratore di Canale 10 e Direttore Generale della Società Centro Stampa s.r.l. Attento conoscitore della realtà Casertana. LEGGI TUTTO

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    Napoli calcinacci sul lungomare: crolli e pericoli per i turisti. Scatta l’inchiesta

    Un altro pericoloso crollo di calcinacci si è verificato sabato sera sul lungomare di Napoli, questa volta dal balcone di un ristorante in via Partenope.PUBBLICITA

    Fortunatamente, nessuno è rimasto ferito, ma l’episodio ha riportato alla luce l’annoso problema della sicurezza sul lungomare, già messo a dura prova dal crollo del palazzo di Via Roma nel 2020.

    Non è la prima volta che si verificano crolli in zona: solo due mesi fa, un masso di 57 chili si è staccato da un altro edificio in via Partenope 10, finendo nel cortile del palazzo.
    I residenti e i commercianti della zona denunciano da tempo la presenza di balconi pericolanti, cornicioni fatiscenti e calcinacci che potrebbero cadere da un momento all’altro.

    La situazione è aggravata dall’erosione causata dalla salsedine, che accelera il deterioramento degli edifici. A ciò si aggiunge la mancanza di manutenzione adeguata, che spesso è ostacolata da cavilli burocratici e dalla carenza di fondi.

    Oltre ai pericoli per l’incolumità pubblica, il degrado del lungomare rappresenta un danno d’immagine per la città, che proprio in questa zona concentra una grande parte dell’offerta turistica.
    I turisti, infatti, si trovano a passeggiare tra cantieri, transenne e cumuli di detriti, con il rischio di imbattersi in crolli improvvisi.

    È necessario un intervento urgente e concreto da parte delle autorità competenti per mettere in sicurezza il lungomare di Napoli e tutelare l’incolumità di cittadini e turisti. Occorre un piano di manutenzione straordinaria degli edifici pericolanti, accompagnato da controlli regolari e da una maggiore efficienza burocratica.
    Solo con un impegno serio e condiviso sarà possibile restituire al lungomare di Napoli il suo antico splendore e renderlo un luogo sicuro e accogliente per tutti.
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    Napoli, occupazione abusiva dei locali di una scuola: chiesti danni anche ai dirigenti scolastici

    Napoli. Ex custode di una scuola morto da oltre dieci anni, gli eredi occupano l’alloggio dell’istituto. Sfruttano indebitamente anche la fornitura idrica.PUBBLICITA

    Uno dei familiari fu arrestato per coltivazione di marijuana nel cortile della scuola. Carabinieri e Corte dei Conti notificano a dirigenti scolastici invito a dedurre per un danno erariale di oltre 25mila euro.

    Dopo un’intensa attività di indagine condotta dal Nucleo Operativo della Compagnia Carabinieri Napoli Vomero e coordinata dalla Procura Regionale per la Campania presso la Corte dei Conti, è stato notificato a vari Dirigenti Scolastici pro tempore dell’Istituto Comprensivo Statale “Ignazio di Loyola”, sito in Napoli alla Via S. Ignazio di Loyola n. 3, un invito a dedurre in merito a condotte negligenti che hanno causato un danno erariale di 26.775 euro.
    I fatti contestati riguardano l’ex alloggio del custode della scuola, deceduto da oltre dieci anni, occupato illegittimamente dai suoi eredi, i quali hanno anche usufruito indebitamente della fornitura idrica dell’istituto.

    Le indagini hanno evidenziato una colpevole inerzia da parte della Dirigenza Scolastica pro tempore, che, avendo appreso dagli stessi occupanti che intendevano continuare ad esercitare abusivamente le loro mansioni, ha omesso di denunciare tale situazione.

    In particolare, la mancata segnalazione all’ente locale proprietario dell’immobile ha impedito l’adozione tempestiva delle azioni necessarie per liberare i locali e richiedere il risarcimento delle somme dovute, evitando così la prescrizione.
    Durante l’ispezione, i militari hanno identificato un familiare dell’ex custode, in passato arrestato per coltivazione di piante di marijuana nel cortile della scuola, adiacente all’alloggio.

    Gli accertamenti hanno rivelato anche che, in alcuni casi, la Dirigenza Scolastica pro tempore ha fornito agli occupanti abusivi i codici dell’allarme dell’istituto scolastico, compromettendo la sicurezza del materiale didattico custodito.
    L’occupazione di tali locali ha causato un danno all’offerta didattica, impedendo il riutilizzo degli stessi per le esigenze di aule, e ha interferito con il regolare funzionamento dell’istituzione scolastica, vista la presenza di estranei a contatto con scolaresche di giovane età che hanno avuto accesso indiscriminato agli ambienti scolastici.
    Leggi AncheEsperto in diritto Diplomatico e Internazionale. Lavora da oltre 30 anni nel mondo dell’editoria e della comunicazione. E’ stato rappresentante degli editori locali in F.I.E.G., Amministratore di Canale 10 e Direttore Generale della Società Centro Stampa s.r.l. Attento conoscitore della realtà Casertana. LEGGI TUTTO

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    “Appena puoi chiama”, il messaggio dal carcere del boss De Martino per parlare con la figlia

    Il boss Salvatore De Martino dal carcere si teneva in contatto con la figlia di tre anni e con la sua famiglia grazie a un profilo Instagram installato su un cellulare che gli veniva consegnato da un agente della penitenziaria compiacente.PUBBLICITA

    Emerge anche questo dall’indagine dei carabinieri di Torre del Greco che ieri hanno notificato nove arresti, anche al padre della piccola, rampollo della famiglia camorristica De Martino, e ai suoi genitori.

    Punti Chiave ArticoloSecondo quanto appreso dagli investigatori nel corso delle indagini, la famiglia malavitosa inviava un messaggio (“appena puoi chiama”) al loro congiunto in cella e l’uomo si attivava: appena ricevuto il telefono dall’agente chiamava, soprattutto nel fine settimana in quanto era quello il momento in cui era in servizio il poliziotto giusto. E’ quanto contenuto nelle 74 pagine dell’ordinanza cautelare firmata dal gip Marco Giordano in cui vi sono gli sconvolgenti racconti della donna, mamma della bambina ed ex compagna del boss, e dei suoi genitori.
    “Come vi ho detto avevo paura che a mia figlia potesse accadere qualcosa e iniziai ad accampare una serie di scuse in modo che al bimba andasse meno volte a casa dei De Martino. Dopo un po’ Salvatore De Martino capi che erano delle scuse e mi chiamo dal “contatto falso” Instagram che è stato attivo sino a due fa ovvero …omissis…
    Io gli dissi la verità ovvero che avevo timore per l’incolumità di mia figlia  e lui mi disse “mo vengo” e venne sotto al mio palazzo a Casalnuovo. Mi citofonò e, anche se mia madre cercava di dissuadermi, io scesi e lo incontrai, figlia, allora non hai capito che cosa succede”, io risposi “voglio vedere che cosa succede” e lui estrasse una pistola che aveva sul fianco ed all’interno dei pantaloni e me la puntò verso le gambe. “Mi puntò la pistola verso le gambe e dissi voglio vedere spara” Lui si calmò solo perché non mi feci intimidire e gli dissi “voglio vedere, spara”. Ricordo che la pistola era nera edi medie dimensioni. Lui nascose al pistola quando senti arrivare l’ascensore e disse “vuoi vedere che è tua mamma” edin effetti dall’ascensore uscì mia madre che utilizzò la scusa di andare a a buttare l’immondizia”.
    Leggi AncheGiuseppe Del Gaudio, giornalista professionista dal 1991. Amante del cinema d’azione, sport e della cultura Sud Americana. Il suo motto: “lavorare fa bene, il non lavoro: stanca” LEGGI TUTTO

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    Napoli, incendio Oasi degli Astroni: rinviati a giudizio i presunti responsabili

    Napoli. Un passo importante verso la giustizia per l’ambiente: la Procura di Napoli ha rinviato a giudizio i presunti responsabili dell’incendio che il primo agosto 2023 ha devastato l’Oasi WWF Cratere degli Astroni, divorando oltre 40 ettari di vegetazione all’interno e all’esterno dell’area protetta.PUBBLICITA

    Le fiamme, scatenate dall’esplosione di fuochi d’artificio in un’area adiacente all’Oasi, hanno rappresentato un vero e proprio disastro ambientale. Come sottolinea il WWF, “eventi drammatici come questi spingono ancora una volta l’organizzazione a raddoppiare gli sforzi per diffondere la cultura della responsabilità e del rispetto per l’ambiente”.

    Punti Chiave ArticoloL’impegno del WWF si traduce in azioni concrete, come l’installazione di termocamere in alcune Oasi per monitorare il territorio in tempo reale e garantire un rilevamento tempestivo degli incendi boschivi. Le indagini e le accuse L’attività investigativa, coordinata dal Procuratore Aggiunto Antonio Ricci e diretta dal Sostituto Procuratore Giulio Vanacore, ha permesso di raccogliere gravi indizi di colpevolezza a carico di due uomini, un 36enne e un 61enne entrambi residenti a Napoli.
    Quest’ultimo, gestore di un ristorante vicino all‘Oasi, aveva a disposizione aree adibite a parcheggio per i clienti della sua struttura.
    Secondo l’accusa, i due imputati avrebbero consentito e fatto esplodere fuochi pirotecnici, le cui scintille hanno innescato l’incendio. Inoltre, non avrebbero avvisato i soccorsi, aggravando le conseguenze del rogo. Le fiamme, propagate dal vento, si sono espanse rapidamente, distruggendo 40 ettari di prezioso ecosistema. Ora, con il rinvio a giudizio, i due presunti responsabili dovranno rispondere delle loro azioni di fronte alla Corte. Il processo sarà l’occasione per fare luce sulle dinamiche dell’incendio e per accertare le responsabilità.
    Il WWF, parte civile nel processo, continuerà a seguire con attenzione l’evolversi della vicenda, auspicando che la giustizia sia fatta e che tali crimini contro l’ambiente non rimangano impuniti. Leggi Anche LEGGI TUTTO

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    La bambina contesa, le minacce alla madre: “Vado pure a scavare a Gesù Cristo”. I 16 INDAGATI

    La bambina contesa dal clan camorristico dei De Martino di Ponticelli: cronaca di un’intimidazione.PUBBLICITA

    Una bambina strumentalizzata per regolare i conti della camorra. Questa la triste realtà emersa dall’indagine dei Carabinieri di Torre del Greco, coordinata dalla DDA di Napoli, che ha portato all’arresto di 9 persone legate al clan De Martino e all’iscrizione di altre sette.

    Punti Chiave ArticoloAl centro della vicenda c’è una bambina di soli 3 anni, costretta a vivere in un clima di terrore a causa delle continue minacce e violenze subite dalla sua famiglia materna. Le consegne della bambina al clan, avvenute in un parcheggio scortate da affiliati armati a bordo di moto e scooter, erano vere e proprie “cerimonie” intimidatorie. I nonni paterni, ritenuti a capo del clan De Martino, utilizzavano anche altri bambini come scudi umani per scoraggiare eventuali agguati da parte di rivali.
    Minacce di morte, aggressioni brutali e continue vessazioni: la madre della bambina era costretta a subire ogni sorta di sopruso se non accompagnava la figlia dai nonni paterni ogni giorno, anche in caso di malattia o altri impedimenti. In un’occasione, la donna e la nonna materna vennero picchiate selvaggiamente davanti agli occhi della piccola, che all’epoca aveva meno di un anno.
    L’incubo quotidiano non si è fermato neanche dopo la fine della relazione tra la donna e il rampollo del clan De Martino. La madre, infatti, era stata condannata a vivere da sola e nel terrore, con l’assoluto divieto di frequentare altri uomini. La svolta è arrivata grazie ai nonni materni, che, esasperati e preoccupati per la sicurezza della nipotina, hanno denunciato tutto ai Carabinieri. I militari, grazie a una certosina attività investigativa, hanno fatto luce sulle angherie subite dalla famiglia e hanno arrestato i responsabili.
    Una storia che purtroppo rappresenta solo un esempio delle drammatiche conseguenze dell’infiltrazione della camorra nel tessuto sociale. Una bambina innocente usata come merce di scambio e strumento di terrore per affermare il potere mafioso. Un monito per tutti a non sottovalutare la pericolosità della criminalità organizzata e a denunciare sempre qualsiasi forma di sopruso o illegalità. Oltre agli arresti, l’operazione ha permesso di interrompere il clima di terrore in cui viveva la bambina e la sua famiglia e togliere la piccola dalle mani dei clan. Nelle 74 pagine dell’ordinanza cautelare del gip Marco Giordano figurano i nomi di 16 indagati 9 dei quali sono finiti in carcere. E tra questo il boss Francesco De Martino di 55 anni, la moglie Carmela Ricci pure lei di 55 anni  e poi naturalmente il figlio Salvatore attualmente detenuto e altri 6 affiliati. Attanagliati dallo sconforto, preoccupati dall’eventualità che nello scontro armato tra quella famiglia e i rivali a pagarne le spese potesse essere proprio la nipotina, sono stati i nonni materni a denunciare tutto ai carabinieri di Cercola, nel Vesuviano. “Siamo una famiglia perbene” ma “non tutte le ciambelle nascono con il buco… è una ragazza… ha avuto una relazione con il figlio di De Martino”. E ancora: “Questi venivano a prendere la bambina ed avevano la pistola sotto la maglia… quattro motociclette, due motorini tra cui (e pronuncia il soprannome del nonno paterno della bimba)”. Fino a quel momento la famiglia aveva sopportato di tutto, insieme alla loro figlia. Anche le botte subite davanti agli occhi del papà della piccola e della nonna paterna con la nipotina in braccio che guardava. Nella denuncia la madre della bimba è piuttosto eloquente: “Niente per me, niente per nessuno”, “ti stai frequentando con un altro?”, “se ti messi con un altro, uccido a te e a lui”. Malgrado la fine della loro relazione, infatti, era stata condannata a vivere da sola e nel terrore. Quella sentenza le era inflitta perché, così le era stato detto, il padre doveva essere l’unico uomo che la piccola avrebbe dovuto vedere in casa. Nessun’altro. Il rampollo del clan De Martino insieme con i suoi genitori pretendevano una frequentazione giornaliera e al rifiuto scattarono le botte. E quando, per qualche ragione, come malattie, stanchezza, o per altri motivi simili, non era possibile, scattavano le minacce, anche di morte. Nell’estate del 2022 proprio la madre e la nonna vennero picchiate con estrema violenza alla presenza del padre della piccola e della nonna che teneva la nipotina tra le braccia. Alle botte fece seguito l’ordine del nonno paterno – mentre prendeva a pugni l’auto delle vittime – di non permettersi di recarsi dalle forze dell’ordine per denunciare l’accaduto. A una delle aggressioni subite dalla madre, infine, avrebbe preso parte anche la nuova compagna del papà della piccolina. La donna risulta, infatti, tre le sette persone indagate nei confronti delle quali non è stata emessa una misura cautelare.  Le minacce di Carmela Ricci alla mamma della bambina Emblematico è il messaggio inviato il 13 aprile scorso da carmela Ricci alla mamma della bambina contesa. “E prega Dio che mio figlio non esce da là dentro, prega Dio che non esce, perché il fegato glielo hai fatto arrivare fino nin gola!..”“voi avete appeso un chiodo ad un quadro, ad un brutto chiodo! Fidati, fidati! Hai capito o no? E ringrazia mio figlio Totore, voi dovete ringraziare a mio figlio che ci ha mantenuti buoni tutto questo tempo, hai capito o no?” “. questa bambina ha un bel padre che tra poco, bello e buono, me lo trovo fuori…” . ed io lo sto facendo fare, però adesso lui si è levato da mezzo, con lui te la vedi quando esce! A momenti, a breve! Ti avviso pure, a breve! Queste sono cose che chiarite da vicino solo tu e lui perché questa bambina non èsolo figlia tua, questa figlia è figlia pure di mio figlio! Punto due!” “capiscimi! Vado pure in capo al mondo, vado a scavare pure a Gesù Cristo però levati il pensiero che noi la bambina non la vediamo più. Oggi stiamo io e mio marito, poi bello e buono, bello e buono! Pure oggi, tra un momento esce il padre, te la piangi tu e il padre, perché questa bambina ha un bel padre! E non ti pensare”. “. tu a me devi farmi sapere se volete stare adesso tranquilli altrimenti devo mettermi in macchina e venire fin fuori alla porta? Hai deciso che dobbiamo fare? Allora tu ti senti tanto guappa, tanto grossa che poi alla fine sei una Dio di scema, solo una povera scema! Punto e basta”. I 16 INDAGATI  1) DE MARTINO Salvatore, nato a Napoli li 3.2.1997; CARCERE2) DE MARTINO Francesco, nato a Napoli il 30.5.1969; CARCERE3) RICCI Carmela, nata a Napoli 12.5.1969; CARCERE4) PUNZO Francesco, nato a Napoli il 20/02/2000; CARCERE5) DI CARLUCCIO Gabriele, nato a Sant’Agata dei Goti (BN) li 13/04/1996; CARCERE6) SCOGNAMIGLIO Antonio, nato a Napoli il 24/06/2002; CARCERE7) REA Felice, nato a Napoli il 27/03/1981; CARCERE8) VELOTTI Alessio, nato a Napoli li 21/04/2001; CARCERE9) PANGIA Luigi, nato a Napoli 18/03/1996; CARCERE10) COZZOLINO Domenico, nato a Napoli li 3/1/1998; INDAGATO1) PIGNATIELLO Maria, nata a Napoli il 15/02/1995; INDAGATA12) CINQUE Anna, nata a Napoli il 26/10/1962 INDAGATA13) LATTARELLI Ilaria, nata a Napoli li 26/02/2004; INDAGATA14) CARDILLO Anna, nata a Napoli li 23/10/1987; INDAGATA15) CARDILLO Giuseppina, nata a Napoli li 04/09/1991; INDAGATA16) LIMATOLA Emanuela, nata a Napoli il 29/12/1988; INDAGATA (la foto di Salvatore De Martino è tratta da Neapolitan.it di Luciana Esposito) Leggi AncheGiuseppe Del Gaudio, giornalista professionista dal 1991. Amante del cinema d’azione, sport e della cultura Sud Americana. Il suo motto: “lavorare fa bene, il non lavoro: stanca” LEGGI TUTTO

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    Napoli, liberati gli appartamenti abusivi nell’ex canonica del ‘500

    Napoli. Sono stati liberati gli appartamenti dell’ex canonica adiacente alla chiesa di San Biagio ai Taffettanari a Napoli, occupati abusivamente da famiglie legate alla criminalità organizzata. Lo sgombero è avvenuto sabato, come disposto dall’autorità giudiziaria.PUBBLICITA

    La notizia, diffusa dal parlamentare Francesco Emilio Borrelli, è stata confermata dalla Procura di Napoli. A fine maggio, l’ex canonica, gioiello del XVI secolo nel centro storico di Napoli, era stata sequestrata. All’interno erano alloggiati alcuni membri della famiglia Macor, tra cui pregiudicati e condannati.

    Secondo gli inquirenti, sette membri del nucleo familiare avrebbero occupato abusivamente gli immobili della canonica, aumentando illegalmente la superficie abitativa. L’ex canonica della chiesa di San Biagio ai Taffettanari, bene di rilievo storico-architettonico, è di proprietà dell’omonima Opera Pia, commissariata dalla prefettura di Napoli.
    I reati contestati sono invasione di terreni ed edifici, realizzazione di opere edilizie abusive e deturpamento e destinazione ad usi incompatibili di beni culturali.

    Lo sgombero e le dichiarazioni

    “Gli occupanti abusivi sono andati via nei termini previsti dall’autorità giudiziaria”, ha dichiarato il deputato Francesco Emilio Borrelli, che aveva presentato un’interrogazione parlamentare sulla vicenda dopo le inchieste di Report. “Mentre i protagonisti di questa deplorevole vicenda dovranno essere consegnati alla giustizia. Gente come i Macor non rappresenta Napoli. Ringrazio l’autorità giudiziaria, il Prefetto di Napoli, i vertici attuali della curia, il comune e le forze dell’ordine per aver posto fine a questa vergogna”.
    Borrelli ha poi aggiunto: “Si vantano del loro potere, dei loro soldi, sfoggiano lusso ed armi ma poi vivono come parassiti ed accattoni. Provo un disprezzo senza confini per questa gentaglia e non mi darò tregua fino a che non si sarà estinta e con essa quella mentalità criminale e violenta che tramanda di generazione in generazione. Liberiamo Napoli da questo tumore maligno. Adesso la palazzina sia restaurata e affidata ai veri bisognosi”.

    Il futuro dell’ex canonica
    L’obiettivo è quello di restaurare l’ex canonica e di adibirla a fini sociali, destinandola ai cittadini realmente bisognosi.
    Leggi AncheCollaboratore di lunga data di Cronache della CampaniaDa sempre attento osservatore della società e degli eventi.Segue la cronaca nera. Ha collaborato con diverse redazioni. LEGGI TUTTO

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    Napoli, banda del buco alle poste di Barra: bottino da 400mila euro

    Napoli. Banda del buco in azione all’ufficio postale di via Minichino nella periferia di NAPOLI, bottino da 400mila euro. I banditi sarebbero introdotti all’interno degli uffici durante il weekend attraverso un foro, portando via dalla cassaforte oltre 400mila euro in contanti.PUBBLICITA

    Sul caso hanno avviato le indagini gli agenti del commissariato di polizia San Giovanni-Barra, intervenuti per effettuare i primi rilievi del caso. Acquisiti i filmati di alcune telecamere, gli investigatori sono già sulle tracce dei componenti della banda del buco entrata in azione nel quartiere San Giovanni a Teduccio.

    Leggi AncheCollaboratore di lunga data di Cronache della CampaniaDa sempre attento osservatore della società e degli eventi.Segue la cronaca nera. Ha collaborato con diverse redazioni. LEGGI TUTTO

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    Il summit a casa di Patrizio Bosti nei 5 giorni di libertà e la decisione di uccidere Salvatore Barile

    Patrizio Bosti, per un errore di calcolo nella determinazione del cumulo di pene, fu scarcerato in data 11 maggio 2020.PUBBLICITA

    Trascorre 5 giorni in libertà, per poi essere nuovamente arrestato il 16 maggioPunti Chiave Articolo2020. In questo frangente, rientrato a Napoli, riprendeva immediatamente le redini del clan, come attestato dalla intercettazioni, e convocava immediatamente i suoi più fidati accoliti.
    In quella stessa data conferì il ruolo di suo “nuovo” luogotenente a Migliaccio Antonio, figlio del più noto Migliaccio Giovanni, affiliato al clan Contini e all’epoca detenuto. Tutto ciò emerge dalle conversazioni intercettate sulla utenza in uso a OlivaAnnunziata, madre di Migliaccio Antonio, nonché dalle intercettazioni registrate in carcere durante i colloqui tra il detenuto Giovanni Migliaccio e i familiari.
     L’investitura a boss di Antonio Migliaccio Le conversazioni sono contenute nelle quasi 900 pagine dell’ordinanza cautelare, firmata dal gip Antonio Santoro, che ha colpito lo stesso boss Patrizio Bosti alla vigilia di una nuova e imminente scarcerazione, i figli Ettore e Flora e il genero Luca Esposito.
    In quella data infatti Bosti decideva una totale inversione delle linee strategiche dell’associazione, fino a quel momento impostate su una sostanziale pax mafiosa col cartello contrapposto dei Mazzarella, convocando un esponente apicale di quest’ultimo sodalizio, Salvatore Barile , detto Totoriello, con l’intenzione — emersa circa 2 anni dopo dalle intercettazioni ambientali effettuate a casa di Mazzarella Ciro di ucciderlo. Il tutto all’insaputa degli allora reggenti del clan, ovvero Botta Carmine e De Luca Gennaro, dei quali evidentemente non condivideva la gestione, tanto vero che Bosti, rientrato sul territorio, non lì convoca davanti a sé, così confermandosi l’ipotesi che egli volesse investire del ruolo di suo luogotenente Migliaccio Antonio.
    E’ verosimile che alla base di tale scelta strategica vi fosse il malcontento del boss Patrizio Bosti in ordine alla gestione delle casse del clan: ed infatti, come emergerà dai colloqui seguiti al suo successivo arresto e dalle dichiarazioni di Luca Esposito, egli aveva trovato un “buco” nelle casse del clan di diversi milioni di euro. Bosti si informò anche della gestione di territori storicamente sotto il controllodell’Alleanza di Secondigliano, come Giugliano in Campania, dove è da anniegemone il clan Mallardo, confederato nel cartello criminale. Anche questo scrive il gip: “Lo si ricava dalle intercettazioni effettuate presso il domicilio di Lìcciardi Maria, (all’epoca ancora libera e al vertice del clan Licciardi) dalle quali emergeva che, nel breve periodo di libertà, Patrizio Bosti aveva incontrato Comite Oreste, affiliato al clan Mallardo, per essere ragguagliato sulla attuale situazione criminale di Giugliano e che, in quella sede, il Bosti aveva riconosciuto al Comite la piena intraneità al sodalizio (“Disse Lui “o Mellò …incomp… disse “Tu sei la famiglia, Ok?” .(ndr. A bassa voce)…”. Poi sempre su richiesta di Patrizio Bosti, Oreste Comite aveva fissato un incontro con Amicone Giuliano, allora reggente del clan Mallardo, verosimilmente per informarsi sulla gestione del medesimo, incontro, poi, non avvenuto a seguito del nuovo arresto del Bosti. L’immediata risposta dei suoi sodali alla sua “convocazione”, la fibrillazioneregistrata nelle conversazioni telefoniche per il suo rientro a Napoli, I’investitura, nel contesto di una nuova strategia, di Migliaccio Antonio quale suo luogotenente, la preoccupazione suscitata tra i suoi avversari del clan Mazzarella per l’imminente definitiva scarcerazione, all’epoca prevista per la fine di giugno 2022. Ci cono agli atti conversazioni ambientali tra Barile Salvatore e Mazzarella Ciro, nelle quali, intuita la volontà di Bosti Patrizio di uccidere il primo, i due si preparano alla “guerra” con l’Alleanza di Secondigliano, passando in rassegna gli affiliati da coinvolgere e facendo il punto sull‘assetto attuale del cartello criminale e sulla possibilità di reperire armi), l’interesse mostrato per gli assetti criminali sul territorio di pertinenza, a Napoli e in provincia, E il gip scrive: “Queste fibrillazioni indicano inequivocabilmente che Patrizio Bosti è, nonostante la detenzione in regime speciale, ancora tenacemente al centro della scena criminale partenopea, che è ancora un personaggio dalla caratura criminale di primissimo piano, in grado, ove scarcerato, di tornare immediatamente al comando del cartello da lui diretto”. Leggi AncheGiuseppe Del Gaudio, giornalista professionista dal 1991. Amante del cinema d’azione, sport e della cultura Sud Americana. Il suo motto: “lavorare fa bene, il non lavoro: stanca” LEGGI TUTTO

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    Camorra, il boss Patrizio Bosti arrestato sull’uscio del carcere

    La Squadra Mobile di Napoli, il Nucleo Investigativo dei Carabinieri, la Guardia di Finanza e la Polizia Economico-Finanziaria, su disposizione della Direzione Distrettuale Antimafia, hanno arrestato il boss Patrizio Bosti i figli Ettore Bosti e Flora Bosti e il genero Luca Esposito (marito dell’altra figlia Maria).PUBBLICITA

    Punti Chiave ArticoloTutti accusati di  associazione mafiosa, minacce, riciclaggio e autoriciclaggio.
    In particolare al boss, che stava per essere scarcerato, viene contestato di aver approfittato di una breve scarcerazione di due anni fa (grazie a un calcolo errato nella definizione dei giorni da scontare) per riorganizzare la famiglia criminale dell’Alleanza di Secondigliano. Gli investigatori avevano piazzate delle microspie nella sua abitazione di via Briganti al Vasto. E appena arrivato a casa Bosti avrebbe convocato i summit dettando le regole da tenere nei rapporti con i nemici del clan Mazzarella.
    Il summit intercettato a casa Bosti in via Briganti al Vasto E in quella occasione aveva affidato incarichi direttivi a soggetti di propria fiducia, decidendo una totale inversione delle linee strategiche del clan (fino a quel momento impostate su una sostanziale pax mafiosa con il contrapposto cartello dei Mazzarella).
    E sempre in quella occasione aveva impartito disposizioni agli affiliati che dovevano imporre ai soggetti intranei e/o contigui a non collaborare con la giustizia, oppure ad interrompere il percorso collaborativo. E allo stesso tempo aveva ricucito i rapporti con le altre famiglie criminali affiliate alla Alleanza di Secondigliano e, infine, dando indicazioni in ordine alla distribuzione delle “mesate”.
    I Bosti avevano riciclato in società di rifiuti ferrosi, telefonia e locazione di immobili Dalle indagini è emerso anche che Patrizio Bosti e il figlio Ettore Bosti avrebbero riciclato i proventi di truffe in società operanti nei settori dei rifiuti ferrosi, della telefonia e della locazione di immobili, utilizzando prestanome in maniera particolare cittadini extracomunitari. Oltre agli arresti, sono state eseguite perquisizioni e sequestrati due immobili e 353.709,95 euro, ritenuti profitto del reimpiego di denaro illecito. Contestualmente alle misure cautelari personali, sono state eseguite perquisizioni delegate nei confronti ulteriori 9 soggetti, in quanto possibili detentori di denaro contante o altri beni per conto degli indagati. Leggi AncheGiuseppe Del Gaudio, giornalista professionista dal 1991. Amante del cinema d’azione, sport e della cultura Sud Americana. Il suo motto: “lavorare fa bene, il non lavoro: stanca” LEGGI TUTTO

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    “Se ti metti con un altro uccido a te e a lui”: le minacce dal carcere del boss Salvatore De Martino alla ex

    Napoli. “Se ti metti con un altro uccido a te e a lui”, le ripeteva in continuazione. Un concetto ribadito anche dal padre, che una volta, rivolto alla madre della piccola, le dice “mo’ esce mio figlio A.
    Punti Chiave Articolocon due ergastoli scontati e te la vedi con lui”, “mo’ t’appicc” (“ora ti do fuoco”, ndr).PUBBLICITA

    Una storia di sopraffazione e violenza domestica emerge dagli atti relativi all’arresto di 9 persone del clan De Martino, ad opera dei carabinieri di Napoli su disposizione della Dda di Napoli.
    Al centro della vicenda c’è una giovane donna e sua figlia di tre anni, contesa dal padre, Salvatore De Martino elemento apicale del clan degli Xx di Ponticelli, detenuto in carcere. Le indagini, condotte dalla DDA di Napoli e dai Carabinieri della Compagnia di Torre del Greco, hanno portato alla luce un quadro agghiacciante di sopraffazioni nei confronti della donna e della sua famiglia.
    Il padre della bambina, nonostante la detenzione, manteneva contatti quotidiani con la figlia tramite un telefono cellulare fornito da una guardia carceraria compiacente.
    Comunicazioni costanti dal carcere dove il padre della bimba contesa era rinchiuso “tramite un profilo Instagram” con la complicità di una guardia penitenziaria. Minacce di morte alla donna, anche puntandole una pistola alla testa “intimandole di fargli vedere regolarmente la figlia”. Il boss parlava dal carcere con la complicità di una guardia carceraria in fedele Le vessazioni non si limitavano alle minacce. La donna è stata picchiata e insultata, sia dal padre della bambina che dai suoi suoceri, che le impedivano di avere contatti con altri uomini e la obbligavano a portare la figlia a casa loro tutti i giorni, tranne la domenica.
    L’uomo era possessivo nei confronti della donna anche dopo rottura. E quando i nonni materni chiedono di vedere la bambina a casa loro, in Comune vicino, i De Martino rifiutano dicendo di avere paura di agguati fuori dal loro territorio di influenza. “Una grave e allarmante spirale persecutoria” “Una grave e allarmante spirale persecutoria”, scrive il gip Marco Giordano nell’ordinanza cautelare. Una spirale di violenze e minacce che vede vittime la giovane donna e tutti i suoi familiari, ma anche la bambina. Fino a quando la nonna della piccola telefona ai carabinieri e fa partire le indagini due mesi fa. Una inchiesta minuziosa conclusa con gli arresti. Anche i genitori della donna sono stati vittime di minacce e intimidazioni. I De Martino li hanno avvertiti di non intromettersi e di non ostacolare i loro piani per la bambina. Gli accertamenti hanno confermato le accuse e portato all’arresto di 9 persone, tra cui il padre della bambina, i suoi nonni paterni e la guardia carceraria complice. Leggi AncheGiuseppe Del Gaudio, giornalista professionista dal 1991. Amante del cinema d’azione, sport e della cultura Sud Americana. Il suo motto: “lavorare fa bene, il non lavoro: stanca” LEGGI TUTTO