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    Camposano investe e uccide donna di 27 anni: illese le due nipotine. Era ubriaco, arrestato

    Una serata spezzata dall’irresponsabilità. Un 26enne di Camposano, con un tasso alcolemico di 1,7 g/l, ha causato un terribile incidente stradale nella tarda serata di ieri, stroncando la vita di una donna di 27 anni e lasciando illese, ma sotto choc, le sue due nipotine di 10 e 7 anni.PUBBLICITA

    L’incidente. La donna, Lucia Passariello, nata a San Giuseppe Vesuviano ma residente a Cicciano, insieme alle nipotine, stava percorrendo a piedi via Croce San Nicola quando è stata travolta dalla Suzuki Splash guidata dal giovane.

    Punti Chiave ArticoloL’impatto è stato violento: la donna è stata sbalzata in un terreno, oltre un muro alto un metro e mezzo, perdendo la vita sul colpo. Le bambine, miracolosamente illese, sono state comunque sottoposte a controlli medici per accertare le loro condizioni e per lo choc subito.
    Arrestato per omicidio stradale Il 26enne, dopo l’incidente, si è fermato ed è stato sottoposto a test alcolemico che ha rilevato un tasso di 1,7 g/l, ben oltre il limite consentito di 0,5 g/l. Arrestato per omicidio stradale, si trova ora agli arresti domiciliari in attesa di giudizio.
    Un monito. La tragedia di Camposano rappresenta l’ennesimo drammatico monito contro la guida sotto l’influenza di alcol o droga e che sempre più spesso vengono raccontate nelle cronache di Napoli e provincia. Le conseguenze di tali comportamenti irresponsabili possono essere devastanti, come in questo caso, dove una vita è stata spezzata e due bambine sono state segnate per sempre da un evento traumatico.
    I primi segnali dell’alterazione da alcol. Già con un tasso alcolemico tra 0,5 e 1 g/l si manifestano i primi segnali di alterazione, come diminuita capacità di eseguire compiti semplici, stato di rilassamento, alterazione della percezione degli spazi e perdita di prontezza nei riflessi. Con l’aumentare del tasso alcolico, i sintomi si aggravano, fino a compromettere seriamente la coordinazione motoria, il linguaggio e le capacità cognitive. Mettersi alla guida in tali condizioni è estremamente pericoloso, oltre che illegale. Rispetto per la vita. La strada non è un gioco. Guidare sotto l’influenza di sostanze alteranti è un atto criminale che mette a rischio la propria vita e quella degli altri. Rispettiamo la vita, nostra e altrui, scegliendo di guidare sempre in modo responsabile e consapevole. Leggi AncheGiuseppe Del Gaudio, giornalista professionista dal 1991. Amante del cinema d’azione, sport e della cultura Sud Americana. Il suo motto: “lavorare fa bene, il non lavoro: stanca” LEGGI TUTTO

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    Caivano, cuginette stuprate: prime 2 condanne

    A quasi un anno di distanza dai fatti, il Tribunale di Napoli Nord ha emesso le prime condanne per gli stupri di gruppo che la scorsa estate sconvolsero Caivano, in provincia di Napoli.PUBBLICITA

    Le vittime, due cuginette di 12 e 10 anni, erano state ricattate e abusate da un branco di giovani composto da due maggiorenni e sette minorenni.

    I maggiorenni, Giuseppe Varriale e Pasquale Mosca, sono stati condannati rispettivamente a 12 anni e 5 mesi e 13 anni e 4 mesi di reclusione. Pene più alte rispetto a quelle richieste dalla Procura (11 anni e 4 mesi e 12 anni di reclusione).
    Dovranno inoltre risarcire le vittime con una provvisionale di 50mila euro ciascuno e 20mila euro ai genitori della bambina più piccola.

    L’avvocato Clara Niola, legale della madre di una delle vittime, ha commentato: “Per la prima volta i genitori possono emettere un sospiro di sollievo. Con questa prima sentenza abbiamo messo un primo punto fermo su un’efferata vicenda di violenza carnale”.

    Nella mattinata di oggi, invece, era stato celebrato il processo per i tre minorenni, con la sentenza slittata alla prossima settimana. Parti civili a processo sono costituiti la madre della bimba più piccola è difesa dall’avvocato Clara Niola, nonché i tutori delle piccole vittime con l’avvocato Manuela Palombi.
    Il Pubblico Ministero ha chiesto condanne tra i 9 e i 10 anni di reclusione per tre dei sette ragazzi coinvolti. Per gli altri quattro, la decisione è stata posticipata all’autunno in attesa di un pronunciamento della Corte Costituzionale sul “decreto Caivano”.

    Le due vittime, intanto, si trovano ancora separate dalle famiglie e vivono in comunità. I genitori della più grande hanno visto anche gli altri figli minori allontanati e collocati in strutture di accoglienza.

    Leggi AncheCollaboratore di lunga data di Cronache della CampaniaDa sempre attento osservatore della società e degli eventi.Segue la cronaca nera. Ha collaborato con diverse redazioni. LEGGI TUTTO

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    Camorra lo scontro tra gli Iadonisi e i Troncone dietro la sparatoria di via Leopardi

    C’è lo scontro in atto tra il gruppo degli Iadonisi del Rione Lauro e i Troncone di Fuorigrotta dietro la sparatoria con scene da Far West del tardo pomeriggio di ieri in via Leopardi.PUBBLICITA

    Polizia e carabinieri sono al lavoro da ieri per ricostruire quanto accaduto e hanno preso visione delle numerose immagini delle tante telecamere pubbliche e private posto sia sul luogo della sparatoria sia lungo la via di fuga.

    Punti Chiave ArticoloTutto è iniziato in via Consalvo, dove una Honda Sh nera con a bordo due uomini ha incrociato un’altra motocicletta, di tipo e colore ancora ignoti, con altre due persone in sella. Tra i quattro, appartenenti a due clan rivali, c’è stata una discussione degenerata rapidamente in una sparatoria. Ancora non è chiaro quale dei due mezzi si sia poi dato alla fuga a tutta velocità verso via Leopardi, dove all’altezza del civico 80 si è verificata una seconda sparatoria, anche questa senza feriti.
    nel frattempo in zona si trovava una volante della polizia che sentito il fragore degli spari si è posta all’inseguimento ma il traffico ha consentito ai motociclisti pistoleri di dileguarsi. Sul luogo sono stati trovati tre bossoli calibro 7,65.  Polizia e carabinieri hanno avviato le indagini per ricostruire l’accaduto e identificare i responsabili. L’episodio è avvenuto nel quartiere di Fuorigrotta, una zona già da tempo teatro di scontri tra i clan Troncone e Esposito-Iadonisi.
    Si ipotizza che la sparatoria sia l’ennesimo capitolo di questa sanguinosa faida, alimentata dalla lotta per il controllo del racket delle estorsioni ai parcheggiatori abusivi e alle bancarelle attorno allo stadio Maradona, che con il nuovo entusiasmo con l’arrivo di Conte sulla panchina del Napoli di sicuro porterà introiti superiori a quelli dello scorso anno.  Il controllo del territorio di Fuorigrotta attorno allo stadio motivo dello scontro Ma più in generale, per il controllo delle piazze di spaccio sul territorio, il riciclaggio nelle attività del food and beverage, del divertimento. E’ stato solo un caso che ieri non sia scappata qualche vittima innocente come quando il 4 aprile scorso, in piazza Italia, una donna, Luisa Mangiapia, è stata ferita per errore durante un’altra sparatoria tra clan. Ancora una volta, gli inquirenti si trovano ad affrontare l’incubo della criminalità organizzata che semina terrore tra la popolazione civile. La caccia ai responsabili è in corso, ma la strada per sconfiggere la camorra e riportare la sicurezza a Napoli appare ancora lunga e in salita. Leggi AncheGiuseppe Del Gaudio, giornalista professionista dal 1991. Amante del cinema d’azione, sport e della cultura Sud Americana. Il suo motto: “lavorare fa bene, il non lavoro: stanca” LEGGI TUTTO

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    Napoli, i genitori di Paciolla: “Mario è stato ucciso, la verità la conosciamo”

    Napoli.“Noi la verità la conosciamo. In questi quattro anni la famiglia ha cercato in tutti i modi di far conoscere questa storia.PUBBLICITA

    Ci sono prove importanti: sappiamo che Mario non si è suicidato, ma sappiamo anche con certezza che è stato ucciso”. Lo ha dichiarato Anna Motta, madre di Mario Paciolla, il cooperante napoletano di 33 anni trovato senza vita in Colombia nel luglio del 2020.

    Le sue parole sono state pronunciate nel corso di un’iniziativa – alla quale ha partecipato anche il padre di Mario, Pino Paciolla – promossa dalla CGIL presso la propria sede di Napoli.
    Proprio lì è stato esposto uno striscione che chiede “verità e giustizia” per Paciolla, a sostegno della mobilitazione contro l’archiviazione del caso, richiesta per la seconda volta dalla procura di Roma.

    “Adesso” – annuncia Anna Motta – “le nostre avvocate, con un team di periti, stanno valutando le conclusioni del Pubblico Ministero per preparare una nuova opposizione”.
    Il 15 luglio saranno trascorsi quattro anni dalla morte di Mario e sono state organizzate diverse iniziative commemorative, in particolare un ricordo del cooperante che si terrà alle 18:30 in piazza Municipio a Napoli.
    “Dobbiamo dire tutti, con coraggio: noi non archiviamo. La vicenda di Mario non è un affare di famiglia, deve interessare tutta la società, perché non accada mai più“, sottolinea la madre del cooperante.

    All’iniziativa presso la sede CGIL hanno preso parte anche il segretario confederale CGIL Napoli e Campania Raffaele Paudice, la portavoce di Amnesty International Napoli Tina Marinari, la portavoce di Articolo 21 Campania Désirée Klain, il segretario generale aggiunto della Fnsi Claudio Silvestri, il vignettista Mauro Biani, il segretario generale CGIL Napoli e Campania Nicola Ricci, e la segretaria confederale CGIL Lara Ghiglione.
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    Benevento choc, decapitato nel sonno dal fratello: ha lanciato la testa dal balcone

    Un efferato delitto si è consumato ieri sera a Pannarano, in provincia di Benevento. Un uomo di 57 anni, Benito Miarelli, ha ucciso il fratello maggiore, Annibale, di 70 anni, e dopo avergli reciso la testa, l’ha lanciata dal balcone della loro abitazione.PUBBLICITA

    Secondo le prime ricostruzioni dei Carabinieri, i due fratelli, che vivevano insieme in via Piano, avevano avuto una lite poco prima del delitto per motivi ancora da accertare.

    Approfittando del sonno del fratello maggiore, Benito lo ha aggredito con un’arma da taglio, uccidendolo e decapitandolo.
    I Carabinieri, allertati dai vicini di casa, giunti sul posto hanno trovato il corpo senza vita di Annibale Miarelli ancora sul letto.

    L’assassino, invece, si trovava in stato di shock in casa. Interrogato dai militari e dal magistrato, ha confessato il delitto e successivamente è stato arrestato e portato in carcere.
    Resta ancora da chiarire il movente che ha spinto Benito Miarelli a compiere questo gesto agghiacciante. Le indagini dei Carabinieri sono in corso per fare luce sull’accaduto.
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    Il prete anticamorra fa chiudere una piazza di spaccio a Pianura: “Andate via da qui”

    Napoli, il parroco anticamorra Don Antonio Coluccia ha  fatto chiudere una piazza di spaccio nel quartiere di Pianura, al grido di “Non cadete nelle mani dei clan”.PUBBLICITA

    La sua azione, supportata dalla polizia, è solo l’ultima di una lunga serie di interventi contro la criminalità organizzata.

    Punti Chiave ArticoloDon Antonio Coluccia è un prete vocazionista noto in tutta Italia per la sua strenua battaglia contro la criminalità. Da anni, è impegnato nell’aiutare giovani in difficoltà e in contesti a rischio, diventando una figura di rilievo nella lotta alla criminalità organizzata. La sua vocazione lo porta a intervenire direttamente sul territorio, con azioni concrete e visibili.
    L’ultimo intervento di Don Antonio ha avuto luogo in una delle piazze di spaccio di Pianura, quartiere di Napoli noto per le attività illegali. Armato di megafono e supportato dalla polizia di Stato, Don Antonio si è scagliato contro spacciatori e criminali, esortando i giovani a non cadere nelle mani dei clan. “Andate via di qui!”, ha gridato ai pusher “Andate via di qui!”, ha gridato ai pusher, sottolineando il suo impegno a favore della legalità. A causa della sua battaglia contro i clan, Don Antonio è da tempo sotto scorta. Nonostante le minacce e i pericoli, continua instancabilmente il suo impegno per salvare le nuove generazioni dalla violenza e dall’illegalità. Le sue azioni concrete e la sua dedizione lo rendono un esempio di coraggio e tenacia nella lotta contro la criminalità organizzata.
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    Notte di paura ai Campi Flegrei scossa di magnitudo 3.2: gente in strada

    Napoli. Nuova notte di paura ai Campi Flegrei per una forte scossa di terremoto che ha svegliato la popolazione alle 2.18.PUBBLICITA

    Una scossa di terremoto di magnitudo 3.2 è stata registrata a quell’ora nella zona di Bagnoli.

    Secondo i dati dell’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia (Ingv), il sisma ha avuto ipocentro a tre chilometri di profondità ed epicentro sei chilometri a sudest di Pozzuoli. Non si hanno al momento segnalazioni di danni a persone o cose.
    La scossa era stata preceduta da uno sciame sismico con una serie di scosse con magnitudo compresa tra 2.5 e 2.9. Poi in serata a intermittenza altre piccole scosse fino a quella forte di stanotte che ha svegliato la popolazione.

    Molti si sono riversati in strada e sui social da stamane sono stanti i commenti. tanti hanno sentito boati e puzza di zolfo nell’area. Poi c’è stata un’altro scossa di magnitudo 1.2 alle 3.53.
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    Patrizio Bosti boss senza scrupoli che voleva impiccare il genero pentito

    Napoli. Sarà pur vero come ha detto il procuratore capo Nicola Gratteri che la camorra si è evoluta anzi “l’ho trovata evoluta” ma usa ancora vecchi e feroci metodi come quelle delle minacce di morte ai familiari di pentiti per farli desistere.PUBBLICITA

    Ed è quanto è stato scoperto indagando sul nucleo familiare del boss Patrizio Bosti fondatore insieme ai due cognati Mallardo e Contini della potente Alleanza di Aecondigliano con i Licciardi.

    Punti Chiave ArticoloIl boss fermato in carcere da una nuova ordinanza a una decina di giorni dalla scarcerazione non aveva esitata a minacciare di impiccare il genero Luca Esposito che per un periodo aveva deciso di collaborare con la giustizia (lo fece tre anni fa quando fu fermato con la moglie Maria, altra figlia di Bosti mentre cercavano di andare a Dubai con green pass falsi ancora in epoca covid). Patrizio Bosti: un boss senza scrupoli Dalle indagini della DDA emerge il ritratto di un boss spietato, pronto a tutto per mantenere il potere. Patrizio Bosti non ha esitato a minacciare di morte i nipoti pur di far tacere il genero Luca Esposito, collaboratore di giustizia che aveva svelato alcuni segreti del clan. Ai due nipoti ha fatto sapere di essere pronto a fargli del male e finanche di impiccare il padre. E le minacce, criptiche, sono state fatte pervenire a Esposito in carcere attraverso delle lettere solo apparentemente affettuose.
    I Contini sono considerati la cosca più potente di Napoli, paragonabili solo ai Casalesi per egemonia in Campania. Dal loro quartier generale di San Giovanniello, tra Amicizia e Arenaccia, tessono una ragnatela di potere che si estende su ben dieci quartieri cittadini. La loro influenza data dagli anni ’70, quando la Camorra si è strutturata come organizzazione criminale. Alleanze e affari Accanto ai Mallardo e ai Licciardi, i Contini hanno dato vita all’Alleanza di Secondigliano negli anni ’80. Un connubio che ha rafforzato il loro dominio e ampliato i loro traffici illeciti. Tra le loro principali attività figura il riciclaggio di denaro proveniente da droga ed estorsioni, canali attraverso cui vengono ripuliti i proventi e infiltrati nel tessuto economico sano della città. Un colpo al cuore del clan Le recenti operazioni congiunte di Procura, Carabinieri, Polizia e Guardia di Finanza hanno colpito duramente i Bosti, in particolare il gruppo di Patrizio, figura apicale della cosca. I Bosti, legati ai Contini da un matrimonio, rappresentano una costola importante del clan.
    Nuove accuse e un clan sotto assedio L’ordinanza di custodia cautelare ha portato all’arresto di Patrizio Bosti e dei suoi figli Flora ed Ettore, oltre che dello stesso Luca Esposito. Le accuse nei loro confronti includono minacce gravi e tentativi di ostacolare la collaborazione con la giustizia. L’operazione rappresenta un duro colpo per i Contini, che si ritrovano ad affrontare una nuova sfida nella lotta per il potere e il controllo del territorio. La zona grigia: dove il clan incontra l’economia legale Colpire i Contini significa anche colpire la zona grigia dell’economia, quell’area in cui le attività illecite si intrecciano con quelle legali. E’ qui che il clan ricicla i suoi proventi, inquinando il tessuto imprenditoriale sano e alimentando la corruzione. L’azione delle forze dell’ordine mira a smantellare questo sistema, a recidere il legame tra il clan e le attività legali, privandolo di una fondamentale fonte di potere e di consenso. Gratteri: “La lotta contro la Camorra continua” “L’operazione contro i Contini è un passo importante nella lotta contro la Camorra, ma la strada per sconfiggere questo cancro è ancora lunga. Occorre un impegno costante da parte delle istituzioni, delle forze dell’ordine e della cittadinanza per estirpare il malaffare dalle radici e costruire un futuro migliore per Napoli e per tutta la Campania. “Non sono un esperto di Camorra sul piano storico, sto imparando, sto cercando di portare il mio metodo su questa Procura e sto facendo ancora scuola guida, però è ovvio che, nel momento in cui vedo questa ricchezza e questo target di criminalità, è chiaro che si tratta di una struttura evoluta nel mondo camorristico”. Lo ha detto il procuratore di Napoli Nicola Gratteri, commentando il sequestro di 4 milioni di euro e di gioielli e orologi di lusso per un valore di 5 milioni eseguito in un’abitazione nella disponibilità di un elemento apicale del clan camorristico Contini, tra i destinatari dell’ordinanza eseguita ieri. “Una delle prime cose che mi hanno sorpreso qui a Napoli – ha aggiunto Gratteri – è vedere una Camorra molto evoluta sul piano imprenditoriale, quindi molto ricca”. Leggi AncheGiuseppe Del Gaudio, giornalista professionista dal 1991. Amante del cinema d’azione, sport e della cultura Sud Americana. Il suo motto: “lavorare fa bene, il non lavoro: stanca” LEGGI TUTTO

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    “Appena puoi chiama”, il messaggio dal carcere del boss De Martino per parlare con la figlia

    Il boss Salvatore De Martino dal carcere si teneva in contatto con la figlia di tre anni e con la sua famiglia grazie a un profilo Instagram installato su un cellulare che gli veniva consegnato da un agente della penitenziaria compiacente.PUBBLICITA

    Emerge anche questo dall’indagine dei carabinieri di Torre del Greco che ieri hanno notificato nove arresti, anche al padre della piccola, rampollo della famiglia camorristica De Martino, e ai suoi genitori.

    Punti Chiave ArticoloSecondo quanto appreso dagli investigatori nel corso delle indagini, la famiglia malavitosa inviava un messaggio (“appena puoi chiama”) al loro congiunto in cella e l’uomo si attivava: appena ricevuto il telefono dall’agente chiamava, soprattutto nel fine settimana in quanto era quello il momento in cui era in servizio il poliziotto giusto. E’ quanto contenuto nelle 74 pagine dell’ordinanza cautelare firmata dal gip Marco Giordano in cui vi sono gli sconvolgenti racconti della donna, mamma della bambina ed ex compagna del boss, e dei suoi genitori.
    “Come vi ho detto avevo paura che a mia figlia potesse accadere qualcosa e iniziai ad accampare una serie di scuse in modo che al bimba andasse meno volte a casa dei De Martino. Dopo un po’ Salvatore De Martino capi che erano delle scuse e mi chiamo dal “contatto falso” Instagram che è stato attivo sino a due fa ovvero …omissis…
    Io gli dissi la verità ovvero che avevo timore per l’incolumità di mia figlia  e lui mi disse “mo vengo” e venne sotto al mio palazzo a Casalnuovo. Mi citofonò e, anche se mia madre cercava di dissuadermi, io scesi e lo incontrai, figlia, allora non hai capito che cosa succede”, io risposi “voglio vedere che cosa succede” e lui estrasse una pistola che aveva sul fianco ed all’interno dei pantaloni e me la puntò verso le gambe. “Mi puntò la pistola verso le gambe e dissi voglio vedere spara” Lui si calmò solo perché non mi feci intimidire e gli dissi “voglio vedere, spara”. Ricordo che la pistola era nera edi medie dimensioni. Lui nascose al pistola quando senti arrivare l’ascensore e disse “vuoi vedere che è tua mamma” edin effetti dall’ascensore uscì mia madre che utilizzò la scusa di andare a a buttare l’immondizia”.
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    La bambina contesa, le minacce alla madre: “Vado pure a scavare a Gesù Cristo”. I 16 INDAGATI

    La bambina contesa dal clan camorristico dei De Martino di Ponticelli: cronaca di un’intimidazione.PUBBLICITA

    Una bambina strumentalizzata per regolare i conti della camorra. Questa la triste realtà emersa dall’indagine dei Carabinieri di Torre del Greco, coordinata dalla DDA di Napoli, che ha portato all’arresto di 9 persone legate al clan De Martino e all’iscrizione di altre sette.

    Punti Chiave ArticoloAl centro della vicenda c’è una bambina di soli 3 anni, costretta a vivere in un clima di terrore a causa delle continue minacce e violenze subite dalla sua famiglia materna. Le consegne della bambina al clan, avvenute in un parcheggio scortate da affiliati armati a bordo di moto e scooter, erano vere e proprie “cerimonie” intimidatorie. I nonni paterni, ritenuti a capo del clan De Martino, utilizzavano anche altri bambini come scudi umani per scoraggiare eventuali agguati da parte di rivali.
    Minacce di morte, aggressioni brutali e continue vessazioni: la madre della bambina era costretta a subire ogni sorta di sopruso se non accompagnava la figlia dai nonni paterni ogni giorno, anche in caso di malattia o altri impedimenti. In un’occasione, la donna e la nonna materna vennero picchiate selvaggiamente davanti agli occhi della piccola, che all’epoca aveva meno di un anno.
    L’incubo quotidiano non si è fermato neanche dopo la fine della relazione tra la donna e il rampollo del clan De Martino. La madre, infatti, era stata condannata a vivere da sola e nel terrore, con l’assoluto divieto di frequentare altri uomini. La svolta è arrivata grazie ai nonni materni, che, esasperati e preoccupati per la sicurezza della nipotina, hanno denunciato tutto ai Carabinieri. I militari, grazie a una certosina attività investigativa, hanno fatto luce sulle angherie subite dalla famiglia e hanno arrestato i responsabili.
    Una storia che purtroppo rappresenta solo un esempio delle drammatiche conseguenze dell’infiltrazione della camorra nel tessuto sociale. Una bambina innocente usata come merce di scambio e strumento di terrore per affermare il potere mafioso. Un monito per tutti a non sottovalutare la pericolosità della criminalità organizzata e a denunciare sempre qualsiasi forma di sopruso o illegalità. Oltre agli arresti, l’operazione ha permesso di interrompere il clima di terrore in cui viveva la bambina e la sua famiglia e togliere la piccola dalle mani dei clan. Nelle 74 pagine dell’ordinanza cautelare del gip Marco Giordano figurano i nomi di 16 indagati 9 dei quali sono finiti in carcere. E tra questo il boss Francesco De Martino di 55 anni, la moglie Carmela Ricci pure lei di 55 anni  e poi naturalmente il figlio Salvatore attualmente detenuto e altri 6 affiliati. Attanagliati dallo sconforto, preoccupati dall’eventualità che nello scontro armato tra quella famiglia e i rivali a pagarne le spese potesse essere proprio la nipotina, sono stati i nonni materni a denunciare tutto ai carabinieri di Cercola, nel Vesuviano. “Siamo una famiglia perbene” ma “non tutte le ciambelle nascono con il buco… è una ragazza… ha avuto una relazione con il figlio di De Martino”. E ancora: “Questi venivano a prendere la bambina ed avevano la pistola sotto la maglia… quattro motociclette, due motorini tra cui (e pronuncia il soprannome del nonno paterno della bimba)”. Fino a quel momento la famiglia aveva sopportato di tutto, insieme alla loro figlia. Anche le botte subite davanti agli occhi del papà della piccola e della nonna paterna con la nipotina in braccio che guardava. Nella denuncia la madre della bimba è piuttosto eloquente: “Niente per me, niente per nessuno”, “ti stai frequentando con un altro?”, “se ti messi con un altro, uccido a te e a lui”. Malgrado la fine della loro relazione, infatti, era stata condannata a vivere da sola e nel terrore. Quella sentenza le era inflitta perché, così le era stato detto, il padre doveva essere l’unico uomo che la piccola avrebbe dovuto vedere in casa. Nessun’altro. Il rampollo del clan De Martino insieme con i suoi genitori pretendevano una frequentazione giornaliera e al rifiuto scattarono le botte. E quando, per qualche ragione, come malattie, stanchezza, o per altri motivi simili, non era possibile, scattavano le minacce, anche di morte. Nell’estate del 2022 proprio la madre e la nonna vennero picchiate con estrema violenza alla presenza del padre della piccola e della nonna che teneva la nipotina tra le braccia. Alle botte fece seguito l’ordine del nonno paterno – mentre prendeva a pugni l’auto delle vittime – di non permettersi di recarsi dalle forze dell’ordine per denunciare l’accaduto. A una delle aggressioni subite dalla madre, infine, avrebbe preso parte anche la nuova compagna del papà della piccolina. La donna risulta, infatti, tre le sette persone indagate nei confronti delle quali non è stata emessa una misura cautelare.  Le minacce di Carmela Ricci alla mamma della bambina Emblematico è il messaggio inviato il 13 aprile scorso da carmela Ricci alla mamma della bambina contesa. “E prega Dio che mio figlio non esce da là dentro, prega Dio che non esce, perché il fegato glielo hai fatto arrivare fino nin gola!..”“voi avete appeso un chiodo ad un quadro, ad un brutto chiodo! Fidati, fidati! Hai capito o no? E ringrazia mio figlio Totore, voi dovete ringraziare a mio figlio che ci ha mantenuti buoni tutto questo tempo, hai capito o no?” “. questa bambina ha un bel padre che tra poco, bello e buono, me lo trovo fuori…” . ed io lo sto facendo fare, però adesso lui si è levato da mezzo, con lui te la vedi quando esce! A momenti, a breve! Ti avviso pure, a breve! Queste sono cose che chiarite da vicino solo tu e lui perché questa bambina non èsolo figlia tua, questa figlia è figlia pure di mio figlio! Punto due!” “capiscimi! Vado pure in capo al mondo, vado a scavare pure a Gesù Cristo però levati il pensiero che noi la bambina non la vediamo più. Oggi stiamo io e mio marito, poi bello e buono, bello e buono! Pure oggi, tra un momento esce il padre, te la piangi tu e il padre, perché questa bambina ha un bel padre! E non ti pensare”. “. tu a me devi farmi sapere se volete stare adesso tranquilli altrimenti devo mettermi in macchina e venire fin fuori alla porta? Hai deciso che dobbiamo fare? Allora tu ti senti tanto guappa, tanto grossa che poi alla fine sei una Dio di scema, solo una povera scema! Punto e basta”. I 16 INDAGATI  1) DE MARTINO Salvatore, nato a Napoli li 3.2.1997; CARCERE2) DE MARTINO Francesco, nato a Napoli il 30.5.1969; CARCERE3) RICCI Carmela, nata a Napoli 12.5.1969; CARCERE4) PUNZO Francesco, nato a Napoli il 20/02/2000; CARCERE5) DI CARLUCCIO Gabriele, nato a Sant’Agata dei Goti (BN) li 13/04/1996; CARCERE6) SCOGNAMIGLIO Antonio, nato a Napoli il 24/06/2002; CARCERE7) REA Felice, nato a Napoli il 27/03/1981; CARCERE8) VELOTTI Alessio, nato a Napoli li 21/04/2001; CARCERE9) PANGIA Luigi, nato a Napoli 18/03/1996; CARCERE10) COZZOLINO Domenico, nato a Napoli li 3/1/1998; INDAGATO1) PIGNATIELLO Maria, nata a Napoli il 15/02/1995; INDAGATA12) CINQUE Anna, nata a Napoli il 26/10/1962 INDAGATA13) LATTARELLI Ilaria, nata a Napoli li 26/02/2004; INDAGATA14) CARDILLO Anna, nata a Napoli li 23/10/1987; INDAGATA15) CARDILLO Giuseppina, nata a Napoli li 04/09/1991; INDAGATA16) LIMATOLA Emanuela, nata a Napoli il 29/12/1988; INDAGATA (la foto di Salvatore De Martino è tratta da Neapolitan.it di Luciana Esposito) Leggi AncheGiuseppe Del Gaudio, giornalista professionista dal 1991. 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    Il summit a casa di Patrizio Bosti nei 5 giorni di libertà e la decisione di uccidere Salvatore Barile

    Patrizio Bosti, per un errore di calcolo nella determinazione del cumulo di pene, fu scarcerato in data 11 maggio 2020.PUBBLICITA

    Trascorre 5 giorni in libertà, per poi essere nuovamente arrestato il 16 maggioPunti Chiave Articolo2020. In questo frangente, rientrato a Napoli, riprendeva immediatamente le redini del clan, come attestato dalla intercettazioni, e convocava immediatamente i suoi più fidati accoliti.
    In quella stessa data conferì il ruolo di suo “nuovo” luogotenente a Migliaccio Antonio, figlio del più noto Migliaccio Giovanni, affiliato al clan Contini e all’epoca detenuto. Tutto ciò emerge dalle conversazioni intercettate sulla utenza in uso a OlivaAnnunziata, madre di Migliaccio Antonio, nonché dalle intercettazioni registrate in carcere durante i colloqui tra il detenuto Giovanni Migliaccio e i familiari.
     L’investitura a boss di Antonio Migliaccio Le conversazioni sono contenute nelle quasi 900 pagine dell’ordinanza cautelare, firmata dal gip Antonio Santoro, che ha colpito lo stesso boss Patrizio Bosti alla vigilia di una nuova e imminente scarcerazione, i figli Ettore e Flora e il genero Luca Esposito.
    In quella data infatti Bosti decideva una totale inversione delle linee strategiche dell’associazione, fino a quel momento impostate su una sostanziale pax mafiosa col cartello contrapposto dei Mazzarella, convocando un esponente apicale di quest’ultimo sodalizio, Salvatore Barile , detto Totoriello, con l’intenzione — emersa circa 2 anni dopo dalle intercettazioni ambientali effettuate a casa di Mazzarella Ciro di ucciderlo. Il tutto all’insaputa degli allora reggenti del clan, ovvero Botta Carmine e De Luca Gennaro, dei quali evidentemente non condivideva la gestione, tanto vero che Bosti, rientrato sul territorio, non lì convoca davanti a sé, così confermandosi l’ipotesi che egli volesse investire del ruolo di suo luogotenente Migliaccio Antonio.
    E’ verosimile che alla base di tale scelta strategica vi fosse il malcontento del boss Patrizio Bosti in ordine alla gestione delle casse del clan: ed infatti, come emergerà dai colloqui seguiti al suo successivo arresto e dalle dichiarazioni di Luca Esposito, egli aveva trovato un “buco” nelle casse del clan di diversi milioni di euro. Bosti si informò anche della gestione di territori storicamente sotto il controllodell’Alleanza di Secondigliano, come Giugliano in Campania, dove è da anniegemone il clan Mallardo, confederato nel cartello criminale. Anche questo scrive il gip: “Lo si ricava dalle intercettazioni effettuate presso il domicilio di Lìcciardi Maria, (all’epoca ancora libera e al vertice del clan Licciardi) dalle quali emergeva che, nel breve periodo di libertà, Patrizio Bosti aveva incontrato Comite Oreste, affiliato al clan Mallardo, per essere ragguagliato sulla attuale situazione criminale di Giugliano e che, in quella sede, il Bosti aveva riconosciuto al Comite la piena intraneità al sodalizio (“Disse Lui “o Mellò …incomp… disse “Tu sei la famiglia, Ok?” .(ndr. A bassa voce)…”. Poi sempre su richiesta di Patrizio Bosti, Oreste Comite aveva fissato un incontro con Amicone Giuliano, allora reggente del clan Mallardo, verosimilmente per informarsi sulla gestione del medesimo, incontro, poi, non avvenuto a seguito del nuovo arresto del Bosti. L’immediata risposta dei suoi sodali alla sua “convocazione”, la fibrillazioneregistrata nelle conversazioni telefoniche per il suo rientro a Napoli, I’investitura, nel contesto di una nuova strategia, di Migliaccio Antonio quale suo luogotenente, la preoccupazione suscitata tra i suoi avversari del clan Mazzarella per l’imminente definitiva scarcerazione, all’epoca prevista per la fine di giugno 2022. Ci cono agli atti conversazioni ambientali tra Barile Salvatore e Mazzarella Ciro, nelle quali, intuita la volontà di Bosti Patrizio di uccidere il primo, i due si preparano alla “guerra” con l’Alleanza di Secondigliano, passando in rassegna gli affiliati da coinvolgere e facendo il punto sull‘assetto attuale del cartello criminale e sulla possibilità di reperire armi), l’interesse mostrato per gli assetti criminali sul territorio di pertinenza, a Napoli e in provincia, E il gip scrive: “Queste fibrillazioni indicano inequivocabilmente che Patrizio Bosti è, nonostante la detenzione in regime speciale, ancora tenacemente al centro della scena criminale partenopea, che è ancora un personaggio dalla caratura criminale di primissimo piano, in grado, ove scarcerato, di tornare immediatamente al comando del cartello da lui diretto”. Leggi AncheGiuseppe Del Gaudio, giornalista professionista dal 1991. Amante del cinema d’azione, sport e della cultura Sud Americana. Il suo motto: “lavorare fa bene, il non lavoro: stanca” LEGGI TUTTO

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    Camorra, il boss Patrizio Bosti arrestato sull’uscio del carcere

    La Squadra Mobile di Napoli, il Nucleo Investigativo dei Carabinieri, la Guardia di Finanza e la Polizia Economico-Finanziaria, su disposizione della Direzione Distrettuale Antimafia, hanno arrestato il boss Patrizio Bosti i figli Ettore Bosti e Flora Bosti e il genero Luca Esposito (marito dell’altra figlia Maria).PUBBLICITA

    Punti Chiave ArticoloTutti accusati di  associazione mafiosa, minacce, riciclaggio e autoriciclaggio.
    In particolare al boss, che stava per essere scarcerato, viene contestato di aver approfittato di una breve scarcerazione di due anni fa (grazie a un calcolo errato nella definizione dei giorni da scontare) per riorganizzare la famiglia criminale dell’Alleanza di Secondigliano. Gli investigatori avevano piazzate delle microspie nella sua abitazione di via Briganti al Vasto. E appena arrivato a casa Bosti avrebbe convocato i summit dettando le regole da tenere nei rapporti con i nemici del clan Mazzarella.
    Il summit intercettato a casa Bosti in via Briganti al Vasto E in quella occasione aveva affidato incarichi direttivi a soggetti di propria fiducia, decidendo una totale inversione delle linee strategiche del clan (fino a quel momento impostate su una sostanziale pax mafiosa con il contrapposto cartello dei Mazzarella).
    E sempre in quella occasione aveva impartito disposizioni agli affiliati che dovevano imporre ai soggetti intranei e/o contigui a non collaborare con la giustizia, oppure ad interrompere il percorso collaborativo. E allo stesso tempo aveva ricucito i rapporti con le altre famiglie criminali affiliate alla Alleanza di Secondigliano e, infine, dando indicazioni in ordine alla distribuzione delle “mesate”.
    I Bosti avevano riciclato in società di rifiuti ferrosi, telefonia e locazione di immobili Dalle indagini è emerso anche che Patrizio Bosti e il figlio Ettore Bosti avrebbero riciclato i proventi di truffe in società operanti nei settori dei rifiuti ferrosi, della telefonia e della locazione di immobili, utilizzando prestanome in maniera particolare cittadini extracomunitari. Oltre agli arresti, sono state eseguite perquisizioni e sequestrati due immobili e 353.709,95 euro, ritenuti profitto del reimpiego di denaro illecito. Contestualmente alle misure cautelari personali, sono state eseguite perquisizioni delegate nei confronti ulteriori 9 soggetti, in quanto possibili detentori di denaro contante o altri beni per conto degli indagati. Leggi AncheGiuseppe Del Gaudio, giornalista professionista dal 1991. Amante del cinema d’azione, sport e della cultura Sud Americana. Il suo motto: “lavorare fa bene, il non lavoro: stanca” LEGGI TUTTO