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    Camorra, blitz contro il nuovo clan dell’Agro nocerino: decine di arresti

    Operazione contro la Camorra e in particolare contro il nuovo clan dell’Agro nocerino con ramificazioni anche in provincia di Napoli.
    Un’ordinanza di custodia cautelare è stata eseguita dai carabinieri del Reparto territoriale di Nocera Inferiore su richiesta della procura di Salerno.
    L’azione è stata diretta nei confronti dei membri di un’associazione a delinquere di tipo camorristico, operante nell’agro nocerino sarnese e nella provincia di Napoli.
    Sono decine gli affiliati e boss finiti in carcere accusati di traffico di droga ed estorsioni a commercianti e imprenditori.
    In azione un centinaio di carabinieri del reparto territoriale di Nocera Inferiori con la collaborazione del nucleo elicotteristi di Pontecagnano LEGGI TUTTO

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    Caivano, il boss Pezzella aveva un bunker anti intercettazioni. Tutti i nomi degli arrestati

    Teneva i summit di camorra lontano da occhi indiscreti e da eventuali visite “indesiderate” da parte delle forze dell’ordine il boss Francesco Pezzella detto pane e’ ran.Si era infatti fatto costruire una sorta di bunker  anti intrusioni e  anti intercettazioni ricavato dal suo scantinato. E lo aveva fatto foderare di alluminio, senza luce e illuminato con le torce. E nonostante sia detenuto aveva preso il comando anche della zona di Caivano approfittando degli arresti degli ultimi tempi.
    Secondo Pasquale Cristiano, ex boss di Arzano diventato collaboratore di giustizia. Secondo le testimonianze dei pentiti, Pezzella temeva di essere intercettato e vietava ai suoi uomini di pronunciare il suo nome, utilizzando un gesto – toccarsi il mento – per indicare la sua presenza.
    Cristiano ha anche raccontato che sia stato lui a ordinare l’omicidio di tre persone ritenute colpevoli dell’assassinio del suo fratello Mario, nonché di aver richiesto il “pizzo” senza il suo consenso.
    Ordinò l’omicidio di tre persone responsabili dell’assassinio del fratello Mario
    Legato al clan Moccia aveva comandato sempre le attività illecite nei comuni Cardito, Carditello, Frattaminore, Frattamaggiore mentre su Caivano aveva solo il controllo del racket delle estorsioni. Mentre al clan Sautto Ciccarelli era stato datoi il compito della gestione del lucroso traffico di droga in maniera particola quella del Parco Verde.
    Pezzella aveva anche un suo fidatissimo numero due: si tratta di Pasquale Landolfo che controllava appunti gli affari del boss in carcere. L’operazione anti camorra di oggi, coordinata dalla Dda di Napoli ed eseguita dai carabinieri, ha svelato anche i motivi degli attentati, ordinati da Pezzella, nei confronti di don Maurizio Patriciello e del comandante della polizia municipale Biagio Chiarello.
     Sui disposizione del gip sAntonio Santoro del Tribunale di Napoli, sono finiti in carcere:
    Pasquale Landolfo, 41 anni; Pasquale Pezzella, 64 anni; Pasquale Lucaioli, 33 anni; Pasquale Battista, 37 anni; Maurizio Parolisi, 47 anni; Giovanni e Ciro Ciccarelli, 52 e 29 anni; Mario Pellino, 55 anni; Michele Leodato, 54 anni; Gennaro Ercolanese, 26 anni e Massimo Landolfo, 20 anni. Divieto di dimora invece per Carmela Cimmino, 60 anni e Carmela Landolfo, 22 anni.
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    Camorra, ucciso a Torre Annunziata il giovane rampollo dei “Fasano” di Castellammare

    E’ uno dei giovani rampolli, ma già con un curriculum criminale di tutto rispetto, della nota famiglia di camorra dei “Fasano” della zona dell’Acqua della Madonna di Castellammare, la vittima dell’agguato di stasera a Torre Annunziata.
    Alfonso Fontana, così come altri quattro componenti della sua famiglia era stato condannato tre anni fa a 4 anni e mezzo di carcere per l’aggressione con sparatoria davanti a un bara sul Lungomare di Castellammare.
    A fare fuoco, esplodendo diversi colpi, sarebbe stato un uomo in sella di uno scooter, forse guidato da un complice: l’omicidio è avvenuto in strada intorno alle 21 davanti a una pasticceria, a breve distanza dal tribunale di Torre Annunziata
    Gli investigatori sono al lavoro per capire cosa ci facesse a quell’ora a Torre Annunizxata la vittima. E’ probabile che avesse appuntamento con qualcuno e che quindi sia stato attirato in una trappola.
    I  possibili moventi dell’agguato sono indecifrabili al momento perchè la storia familiare di Alfonso Fontana impone approfondimenti. LEGGI TUTTO

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    Camorra, arrestato a Casal di Principe affiliato ai Casalesi

    Questa mattina, i Carabinieri della Sezione operativa della Compagnia di Casal di Principe hanno eseguito un ordine di carcerazione emesso dalla Procura generale della Repubblica di Napoli nei confronti di un uomo di 50 anni.
    L’uomo dovrà scontare una pena di 2 anni di reclusione dopo essere stato riconosciuto colpevole di associazione a delinquere di stampo mafioso, estorsione e detenzione abusiva di armi da fuoco.
    I reati sono stati commessi tra gli anni 2000 e 2013 a Casal di Principe e comuni limitrofi, in qualità di esponente della fazione Schiavone del clan dei Casalesi.
    Dopo essere stato rintracciato nella sua abitazione, il 50enne è stato portato nel carcere di Secondigliano, a Napoli, a disposizione della competente autorità giudiziaria. LEGGI TUTTO

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    Camorra, riciclavano i soldi dei Casalesi attraverso società di comodo: 8 arresti

    Riciclavano  i proventi illeciti del clan dei Casalesi attraverso una società di gestione e smaltimento di rifiuti formalmente intestata a un “prestanome”, ma di fatto collegata a una compagine familiare vicina agli ambienti camorristici della potente cosca di camorra.E lo facevano tramite una rete di persone fisiche e giuridiche guidate da una stessa direzione.
    E per questo che stamane  i militari del Nucleo Speciale di Polizia Valutaria della Guardia di Finanza di Roma, con il supporto del Comando Provinciale della Guardia di Finanza di Caserta, hanno eseguito un’ordinanza di custodia cautelare emessa dal GIP del Tribunale di Napoli, su richiesta della Procura della Repubblica di Napoli, Direzione Distrettuale Antimafia.
    L’ordinanza riguarda otto persone fortemente indiziate di far parte di un’organizzazione dedita ai reati di riciclaggio di denaro, frode fiscale ed intestazione fittizia di beni, con l’aggravante di agevolare il clan dei Casalesi.
    L’operazione di oggi è il risultato di un’indagine che ha raccolto prove a carico di un gruppo di imprenditori con base organizzativa nella provincia di Caserta, i quali si dedicavano in modo sistematico alla commissione di reati tributari.
    Nonostante la precedente presenza di provvedimenti interdittivi antimafia nei confronti dell’impresa di smaltimento rifiuti, a causa dell’associazione con un esponente di spicco del clan dei Casalesi, la società ha continuato a operare attraverso una nuova compagine, mantenendo così una continuità gestionale e imprenditoriale.
    Le indagini hanno rivelato che la società avrebbe utilizzato fatture per operazioni inesistenti, generando costi fittizi e consentendo la fuoriuscita di utili aziendali attraverso un sistema di riciclaggio.
    Con ruoli ben definiti, diversi soggetti hanno eseguito movimentazioni finanziarie anomale, connesse alle fatturazioni di operazioni inesistenti emesse da società di comodo/cartiere.
    Queste movimentazioni avevano l’obiettivo di far confluire somme di denaro su conti correnti bancari e postali, successivamente trasferite anche all’estero (in Bulgaria, Regno Unito, Polonia, Germania, Belgio, Lituania) o prelevate in contanti, rendendo complessa l’identificazione della destinazione finale. Le indagini tecniche e bancarie hanno comunque permesso di rintracciare una parte significativa dei capitali di probabile provenienza illecita attraverso transazioni di denaro contante.
    In relazione a coloro che hanno diretto e organizzato l’attività criminale, è stata emessa la custodia cautelare in carcere, mentre gli altri sei indagati sono stati sottoposti agli arresti domiciliari.
    Su richiesta della Direzione Distrettuale Antimafia, il GIP ha anche ordinato il sequestro preventivo, anche per equivalente, di disponibilità finanziarie, beni mobili e immobili, per un ammontare superiore a 11 milioni di euro, comprendendo la totalità delle quote di partecipazione al capitale sociale e dei complessi aziendali di sei società coinvolte.
    @riproduziopne riservata LEGGI TUTTO

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    Napoli, appello del vescovo ai giovani: “Niente compromessi”

    Il vescovo di Napoli, don Mimmo Battaglia, ha rivolto un appello ai giovani di Napoli e della Campania, esortandoli ad avere il coraggio di prendere in mano le redini della propria vita e di non accettare compromessi con nessuno.Parlando a margine dell’Assemblea pubblica per la presentazione del Comitato anticamorra per la legalità a Napoli, il vescovo ha sottolineato l’importanza per gli adolescenti di vivere la propria vita con dignità, evitando di concedere la propria coscienza a influenze esterne.
    Don Mimmo Battaglia ha incoraggiato i giovani a vivere e amare la vita, spronandoli a credere che un futuro migliore è possibile per tutti, ma richiede il coraggio di mettersi in gioco e schierarsi. Questo messaggio di responsabilità e impegno vale, secondo il vescovo, per i giovani e per ciascuno di noi, poiché è essenziale avere il coraggio di sostenere e credere in questi ragazzi, riconoscendo l’importanza della credibilità individuale.
    Il vescovo, sempre a margine dell’evento, ha evidenziato che la radice della mafia, e quindi della camorra a Napoli, si nasconde nell’indifferenza e nell’asocialità, nell’inerzia e nel voltarsi dall’altra parte. Ha sottolineato che l’omertà, in questo contesto, rappresenta una minaccia mortale.
    Affrontando coloro che gestiscono il territorio con violenza e minacce, il vescovo ha dichiarato che la comunità offre dolore e rabbia, ma mai resa. Ha sottolineato la disponibilità a offrire speranza a coloro che ne hanno bisogno e ha enfatizzato la bellezza e la dignità della vita che tutti portiamo dentro di noi, invitando a credere in una terra migliore.
    “La prima mafia, e quindi la camorra qui a Napoli, si annida nell’indifferenza e nell’asocialità, nel non fare nulla, nel voltarsi magari dall’altra parte. E’ questa la ragione per cui anche l’omertà, in questo senso, uccide. A chi crede di gestire il territorio con violenza e bombe possiamo offrire il nostro dolore e rabbia, ma mai la nostra resa.
    A loro diciamo che se hanno bisogno di noi, della speranza noi siamo qui, se non riescono a credere in una terra migliore possiamo dare loro la fragranza della bellezza di questa terra che non è solo sogno, ma soptrattutto è dignità della vita che ci portiamo dentro”. LEGGI TUTTO

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    L’OPERAZIONE Camorra, tentata estorsione a Pozzuoli: due arresti

    Due presunti affiliati al clan camorristico Longobardi-Beneduce, attivo nel territorio di Pozzuoli (in provincia di Napoli), sono stati arrestati dai Carabinieri della compagnia puteolana in applicazione di un’ordinanza emessa dal gip di Napoli su richiesta della Dda partenopea.
    I due sono gravemente indiziati di tentata estorsione aggravata dal metodo mafioso. Il gip ha disposto per entrambi la custodia cautelare in carcere. Secondo quanto ricostruito dalle indagini, i due destinatari della misura cautelare, a settembre e ottobre del 2022, avrebbero intimidito un imprenditore edile.
    Il tutto sarebbe stato effettuato con riferimento al clan Longobardi-Beneduce al quale hanno detto di appartenere, per ottenere il pagamento di una somma di denaro, di importo imprecisato, per consentirgli la prosecuzione di alcuni lavori di efficientamento energetico svolti per un condominio a Pozzuoli. LEGGI TUTTO

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    Napoli, blitz a Forcella e alle Case nuove: sgominato il nuovo gruppo di camorra

    I quartieri di Forcella e delle Case Nuove a Napoli si sono svegliati stamani con i lampeggianti della polizia accesi.
    Sono numerose le persone che in manette sono state portate in Questura da parte degli agenti della Squadra Mobile su disposizione della Procura Distrettuale Antimafia presso il Tribunale di Napoli.

    Le indagini, già in corsoi da tempo, hanno avuto una accelerata dopo le sparatorie dei giorni scorsi che hanno portato anche al ferimento di una incolpevole donna che transitava al corso Arnaldo Lucci.
     Sgominato il nuovo gruppo criminale di Forcella
    Gli uomini della Squadra Mobile e dei Commissariati di P.S. Poggioreale e Vicaria-Mercato hanno infatti dato esecuzione a un provvedimento cautelare nei confronti di numerosi affiliati  a un nuovo gruppo criminale emergente con base a Forcella.
    Sono tutti accusati gravemente indiziati, a vario titolo, di tentata estorsione e lesioni personali aggravate dal metodo mafioso. LEGGI TUTTO

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    Camorra, Faida del Principino: ergastolo al boss Paolo Di Lauro. Tutte le condanne

    Quella che è passata alla storia criminale di Napoli come la Faida del Principino ha conosciuto ieri il suo epilogo processuale con una serie di condanne al ribasso nel processo di primo grado.Si tratta della sanguinosa scia di sangue lasciata sulle strade di Scampia, Secondigliano e dintorni nel conflitto di camorra tra i clan Di Lauro e Licciardi negli anni ’90.
    La pena più elevata, l’ergastolo, è stata inflitta al boss Paolo Di Lauro, alias ciruzzo o’ milionario e al sicario Raffaele Perfetto, che hanno scelto di non collaborare con la giustizia.
    Trent’anni a testa sono stati invece inflitti a Guido Abbinante e Raffaele Abbinante, che hanno sempre negato le accuse.
    Per gli altri imputati le pene sono state decisamente più soft, soprattutto considerando la consistenza delle accuse:
    Giuseppe Lo Russo e Gennaro Trambarulo hanno rimediato 20 anni grazie al riconoscimento delle attenuanti generiche;Rito Calzone ha rimediato 18 anni e 8 mesi grazie al riconoscimento delle attenuanti generiche;
    Maurizio Prestieri, Ettore Sabatino e Antonio Leonardi hanno incassato 18 anni, 16 anni e 14 anni. I tre pentiti hanno ammesso le proprie responsabilità, confessando il proprio coinvolgimento nella Faida del Principino.
    La scia di sangue passata alla storia come la “faida del Principino” inizia a metà anni ’90 in seguito al delitto di Vincenzo Esposito, alias “il principino”, rampollo dei Licciardi assassinato dopo una rissa in discoteca con alcuni affiliati al clan Di Lauro.
    Antonio Prestieri era così imputato per il tentato omicidio di Carmine Brancaccio, avvenuto alla Masseria Cardone il 17 marzo 1997.
    Paolo Di Lauro, Antonio Leonardi e Gennaro Russo devono rispondere dell’omicidio di Pasquale Benderi “Peugeot”, affiliato ai Di Lauro, assassinato a Melito il 25 marzo 1997.
    Di Lauro, Sabatino e Raffaele Amato (poi stralciato) sono indagati per l’omicidio di Ciro Cianciulli, che voleva passare coi Licciardi, ucciso il 3 aprile 1997.
    Di Lauro, Lo Russo, Leonardi, Maurizio Prestieri e Trambarulo sono stati imputati per gli omicidi di Francesco Fusco e Armando Esposito, avvenuta il 7 aprile 1997.
    Gli altri delitti contestati sono quelli di Eduardo Cianciulli, Giuseppe Balestrieri, Gennaro Romano, Raffaele Ruggiero e il tentato omicidio di Antonio Ruggiero “Tonino sette botte”, Renato Tramontano e Umberto Zovasco, conosciuto come il “polacco”.
    I colpi di scena del processo
    Nell’udienza celebrata a dicembre scorso- come ricorda Il Roma- non sono mancati alcuni importanti colpi di scena: Giuseppe Lo Russo, Gennaro Trambarulo e Rito Calzone avevano infatti deciso di ammettere le proprie responsabilità, confessando il proprio coinvolgimento nella “faida del Principino”.
    Diametralmente opposta la linea processuale di “Ciruzzo ‘o milionario”, Raffaele Abbinante, Guido Abbinante e Raffaele Perfetto, che hanno invece deciso di non confessare alcunché. Mossa che a Di Lauro è costata l’ergastolo.
    Le condanne al ribasso, soprattutto per i capiclan, hanno suscitato le proteste delle parti civili, che hanno annunciato ricorso in appello. LEGGI TUTTO

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    Scafati, scarcerato il ras Pasquale Panariello: uomo del vertice del clan Matrone-Buonocore

    Dopo la stangata per il clan Buonocore – Matrone di Scafati e del Clan Cesarano di Castellammare di Stabia che ha portato a complessivi 100 anni di carcere che sono stati comminati dalla corte di appello di Salerno il 22 dicembre scorso per un’inchiesta condotta dalla Dda di Salerno sul territorio di Scafati e Santa Maria La Carità che ha decapitato i due clan “alleati”, arriva la prima scarcerazione eccellente.
    Ritorna in libertà dopo soltanto due anni dal suo arresto, Pasquale Panariello, figura di vertice del crimine scafatese sebbene fosse stato condannato in appello per associazione camorristica ad una condanna complessiva di 6 anni ed 1 mese. Accolta l’istanza del suo difensore di fiducia l’avvocato Gennaro De Gennaro ed il Panariello é ritornato ad essere un uomo libero ma con l’obbligo di firma.
    La corte di appello ha riconosciuto il vincolo della continuazione con altro reato estorsivo che aveva già scontato e preso atto che il Panariello andava immediatamente rimesso in libertà. La corte di appello ha ritenuto che il Panariello avesse espiato l’intera pena sebbene avesse scontato solo due anni per il reato associativo, riconoscendo la tesi del suo avvocato che richiamava la fungibilità per l’intero periodo.
    I fatti ricostruiti dagli inquirenti vanno dal 2014 al 2019 e hanno portato a 14 condanne per servizi e slot machine imposti agli imprenditori dietro minacce, spesso attraverso l’esplosione di ordigni artigianali fabbricati dallo stesso Panariello appartenente alla famiglia dei fuochisti di Scafati.
    Pasquale Panariello viene anche coinvolto nel traffico di stupefacenti insieme al fratello Marcello, deceduto nel febbraio 2022, quando era poco più che ventenne, vittima di un drammatico incidente stradale.
    Secondo la DDA di Salerno i due fratelli oltre che a trafficare armi e droga ed essere esponenti di spicco del clan Buonocore Matrone non disdegnavano di taglieggiare i commercianti, gestendo gli affari illeciti del centro di Scafati, zona dei vetrai. LEGGI TUTTO

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    Clan Amato Pagano: 160 anni di carcere. Tutte le condanne

    Condanne complessive a oltre 160 anni di carcere ai ventiquattro imputati del clan Amato Pagano arrestati nel blitz del 2021.
    L’indagine, culminata nel blitz del 2021, aveva confermato Marco Liguori come emergente capo del clan Amato-Pagano. Tra gli arrestati figurava anche Antonio Papa, ex presidente dell’Aicast, sospettato di partecipare direttamente alle attività criminali del clan facilitando i rapporti con commercianti e imprenditori.
    La sede dell’Aicast ospitava le riunioni del clan e gli incontri con le vittime delle estorsioni. Nel marzo 2020, Papa aveva richiesto l’intervento di una task force delle forze dell’ordine, dichiarando preoccupazione per i numerosi furti che stavano colpendo i negozi in una Melito semi deserta a causa dei contagi.
    L’indagine -come anticipato da Il Roma in edicola oggi-aveva rivelato l’esistenza di una forma innovativa di estorsione, affiancata da quella tradizionale con l’imposizione di tre rate annuali e l’acquisto obbligatorio di gadget natalizi. Gli inquirenti stimavano che circa 500 individui fossero vittime del clan.
    Il clan Amato-Pagano è tornato a crescere grazie a un sistema criminale che ha coinvolto uomini in divisa, imprenditori e rappresentanti dei commercianti.
    Il processo di secondo grado si è concluso ieri sera con la sentenza della Corte d’appello di Napoli.
    Ecco le condanne pronunciate:
    Massimiliano Aricò: 2 anni e 8 mesiSebastiano Aruta: 6 anni e 8 mesiRosario Balido: 3 anni e 4 mesiSalvatore Chiariello: 7 anni e 4 mesiClaudio Cristiano: 5 anni e 8 mesiLuciano De Luca: 4 anni e 5 mesiDomenico De Mase: 6 anni e 8 mesiRaffaele De Pancis: 7 anni e 7 mesiDomenico Di Girolamo: conferma di 6 anniMaria De Luca: conferma di 8 anniGiuseppe Liccardo: 4 anni e 5 mesiMarco Liguori: 7 anni e 8 mesi (contro i precedenti 11 anni)Vincenzo Maglione: 4 anni e 5 mesiGianni Maisto: 8 anni e 4 mesi in continuazioneAntonio Miliardi: 7 anni e 4 mesiFortunato Murolo: 6 anni e 8 mesiAntonio Papa: conferma di 13 anni e 4 mesiGiuseppe Pellecchia: 8 anni e 4 mesiMichele Riso: 4 anni e 8 mesiSalvatore Roselli (pentito): 5 anni e 4 mesiAndrea Severino: 12 anni e 8 mesi in continuazioneNicola Schiavone: 6 anniGiuseppe Sinistro: conferma di 9 anni e 4 mesiRaffaele Tortora: 7 anni
    Il processo ha confermato che Marco Liguori è il nuovo boss del clan Amato-Pagano.La lista delle vittime contava, secondo gli inquirenti, circa 500 soggetti. LEGGI TUTTO

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    Allarme criminalità ad Arzano. Il Comitato anticamorra per la legalità chiede interventi immediati e duraturi

    “Si fa sempre più preoccupante la situazione ad Arzano dove, nelle ultime settimane, decine di attività commerciali sono state prese di mira con rapine e furti ed è necessario che lo Stato faccia sentire la sua voce, senza alcun tentennamento e, soprattutto, senza sottovalutare quel che sta succedendo”.
    A lanciare l’allarme il Comitato anticamorra per la legalità che invoca l’intervento del Prefetto “che deve accendere i riflettori su Arzano, una città che, nonostante gli arresti dei mesi scorsi, continua a essere sotto il controllo di vecchi e nuovi clan che vogliono imporsi e continuare a soffocare piccoli commercianti e imprenditori con le estorsioni”.
    “A dimostrare che non siano solo atti di ‘sbandati’ ci sono anche i furti portati a termine con azioni plateali con l’uso della tecnica dello sfondamento delle vetrine con auto usate come ‘arieti’ per entrare in negozi e rubare poche decine di euro” continuano i rappresentanti del Comitato per i quali “è evidente che si tratta di azioni che vogliono incutere paura nei commercianti più che portare a casa un bottino di poche decine di euro.
    Azioni propedeutiche al passaggio successivo in cui si proporrà la ‘protezione’ del clan pagando il pizzo”.
    “Arzano, come altre città dell’area metropolitana di Napoli, merita attenzione costante e continua e non si può e non si deve pensare che gli arresti che, di tanto in tanto, vengono fatti risolvano definitivamente la situazione perché restano le cause del disagio sociale ed economico che creano terreno fertile per la nascita di nuovi clan” sottolineano ribadendo “la necessità di repressione, ma anche di interventi di prevenzione del crimine incidendo soprattutto sul piano sociale ed economico”. LEGGI TUTTO