Contrastare i casi di botulismo nei bovini in provincia di Parma. A chiederlo è il consigliere Emiliano Occhi (Lega) con un’interrogazione in cui si rivolge alla giunta chiedendo “quali azioni sono state messe in campo negli ultimi anni per comprendere e arrestare il fenomeno del botulismo nei bovini”. Oltre alle zone di contagio di Alseno (Piacenza), Fidenza e Val Ceno, entrambe in provincia di Parma, il consigliere chiede se ci sono altre aree di contagio e “quali sono ad oggi le cause più probabili dello sviluppo e del diffondersi della malattia nonché se sia stata indagata appieno l’ipotesi dello sversamento di liquami infetti nell’area interessata dal primo focolaio”. Seguono poi le domande relative all’aspetto sanitario: “La Regione e le AUSL hanno elaborato un protocollo per evitare il diffondersi della malattia? Quali azioni si intende mettere in campo per affrontare il botulismo negli allevamenti di bovini?”. Infine, Occhi chiede “se siano previste forme di ristoro per gli allevatori”.
Il consigliere del Carroccio ricorda che “da circa 3-4 anni in un’area tra le provincie di Parma e Piacenza sarebbe attivo un focolaio di Botulismo bovino che avrebbe portato alla perdita di circa 700 capi di bestiame unita alla perdita di produttività di molti altri che spesso poi vengono inviati al macello”. Due i vaccini presenti oggi che, però, “non scongiurano totalmente la morte dei capi di bestiame”. E la morte di alcuni capi è stata riscontrata in quelli che hanno usato uno dei due vaccini.
“Secondo l’Ausl – scrive Occhi – nel bovino gli episodi di botulismo sono legati prevalentemente all’assunzione con l’alimento di spore che germinano nell’apparato gastroenterico. Queste possono essere presenti nel foraggio per una moltiplicazione primaria di C. botulinum oppure per la presenza di carcasse animali in decomposizione che contaminano l’alimento. Da qui l’importanza della rimozione immediata dai campi degli animali selvatici morti, raccomandata dal servizio veterinario pubblico”.
Non sarebbero ancora chiare le cause della genesi e della diffusione del batterio che potrebbero essere comunque legate a presenza di spore nel foraggio, presenza del batterio nei liquami redistribuiti sui terreni, versamenti di sostanze inquinanti nell’area del focolaio”. E negli ultimi giorni si sono registrati casi in Val Ceno in un allevamento che avrebbe acquistato foraggio nella zona tra Fidenza e Alseno”.
(Gianfranco Salvatori)
1 Marzo 2024