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    #MaiPiùInvisibili: la campagna di We World per dare voce alle donne vittime di violenza

    #MaiPiùInvisibili. Sono oltre 6 milioni le donne che in Italia subiscono violenza e molte delle loro storie non emergono mai. Sono anche donne il cui coraggio – quando riescono a denunciare – resta nell’ombra, perché “metterci la faccia” significa spesso mettere in pericolo se stesse e i loro figli.

    Così, a dare un volto a queste donne sono personaggi famosi dello spettacolo dello sport e della cultura, che hanno deciso di usare la loro voce per raccontare queste storie, insieme a We World, organizzazione che da 50 anni difende i diritti di donne, bambini e bambine in 27 Paesi. Donatella Finocchiaro, Elisa Di Francisca, Federico Russo, Francesco Mandelli, Rossella Brescia, Vittoria Schisano, Michelangelo Tommaso, Alessio Boni, Christiane Filangeri e tanti altri hanno aderito alla campagna social e di raccolta fondi #Maipiùinvisibili.
    I numeri della violenza

    In Italia, 1 donna su 3 subisce violenza almeno una volta nella vita, ma non lo dice. Il COVID-19, il lockdown, le problematiche legate alla crisi economica, hanno peggiorato la situazione, lasciando ancora più isolate le donne e i loro figli, vittime di violenza domestica. Raccontare le storie di queste donne è fondamentale per mandare un messaggio a chi vive ancora nella violenza e nel terrore: uscirne è possibile.
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    Come contribuire
    La campagna #MaiPiùInvisibili, attiva fino al 21 marzo, permetterà di sostenere gli Spazi Donna di WeWorld e proteggere le donne e i loro bambini dalla violenza. Basta donare 2 euro con sms al 45590 dai cellulari personali Wind Tre, TIM, Vodafone, Iliad, PosteMobile, Coop Voce, Tiscali o 5 euro chiamando lo stesso numero da rete fissa TWT, Convergenze, PosteMobile; 5 e 10 euro da rete fissa TIM, Vodafone, Wind Tre, Fastweb e Tiscali dal 1 al 21 marzo.
    «Con questa campagna vogliamo restituire voce e visibilità alle tante donne oggi Invisibili. Invisibili perché talmente stremate dalla violenza e dalla violazione dei loro diritti, da augurarsi di scomparire, di non essere viste, non esistere per non subire più. Invisibili anche per la società che le circonda, che per non vedere si volta dall’altra parte. La violenza sulle donne è un problema che ci riguarda tutti e tutte, ma ognuno di noi può scegliere se voltarsi dall’altra parte o prendere posizione. Oggi con un sms possiamo fare un piccolo gesto concreto per fermarla» dichiara Marco Chiesara, Presidente di WeWorld.
    Ogni anno 1.000 donne, spesso con i loro figli, sono accolte e assistite grazie ai progetti di WeWorld.

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    Gessica Notaro: «La fine di un incubo, ma nessun perdono»

    La fine di un incubo e l’inizio di una nuova vita. È così che Gessica Notaro descrive il suo stato d’animo dopo la sentenza definitiva della Cassazione che conferma i 15 anni, cinque mesi e 20 giorni di reclusione per Eddy Tavares, l’ex compagno della ragazza riminese accusato di averla perseguitata e sfregiata con l’acido per gelosia.

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    «Storia finita»
    I giudici di secondo grado hanno definito la violenza con l’acido come la «plastica rappresentazione di una meditata, ferma volontà di punire per sempre la vittima, privandola non solo della sua speciale bellezza, ma della sua stessa identità, così da cancellarla agli occhi di chiunque, non potendola ‘possedere’ egli stesso».

    Finalmente sollevata, quasi felice, nonostante tutto, può dire «è una storia finita, ora forse posso rilassarmi», visto anche il ricorso della difesa dell’imputato respinto e la sua espulsione alla fine della pena.  

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    Ma nessun perdono
    «Sono molto contenta, ho fatto bene a riporre la mia fiducia nella magistratura che non mi ha tradita» dice Notaro. Una pena che farà scuola per i tanti, troppi casi di donne violentate, abusate, o come lei sfregiate. «Sono quattro anni che, nonostante potessi dimostrare rabbia, ho sostenuto il suo diritto di difendersi. Ora posso dire che è colpevole, fino al terzo grado». Fiera come sempre e con un convinzione: non perdonerà mai qualcuno che non ha avuto nessuna parola di pentimento dopo quel terribile gesto.

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    Sfregiata con l’acido
    Gessica Notaro fu aggredita il 10 gennaio 2017 sotto casa. Dopo una partecipazione a Miss Italia 2007 con la fascia di Miss Romagna e dopo alcune esperienze televisive lascia il mondo dello spettacolo per lavorare come addestratrice al Delfinario di Rimini ed è lì che incontra Tavares.

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    «È stato l’amore più grande della mia vita, nonostante i tradimenti e le difficoltà nel rapporto per via degli atteggiamenti di lui. Ma non riuscivo a lasciarlo» ha sempre raccontato. Quando poi, però, si decide, l’uomo inizia a perseguitarla, fino a quando scatta l’agguato.
    Una capitolo che non si chiuderà mai
    Gessica non era a Roma in udienza. Ha atteso da casa la sentenza. «Finalmente nessuno – ha raccontato – compresi i suoi avvocati, da oggi potrà neanche lontanamente sostenere che lui è innocente».
    Per Gessica, che ha dovuto subire moltissimi dolorosi interventi chirurgici, ma nonostante questo la lesione a un occhio rimarrà permanente, quel 10 gennaio sarà una porta che non si potrà mai chiudere definitivamente, perché il suo viso e le nuove operazioni che dovrà affrontare forse il prossimo anno per il trapianto di cornea, glielo ricorderanno per sempre. «Non ho più paura di nessuno – dice – ma non potrò mai abbassare la guardia».

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    Il messaggio alle donne 
    Una storia che pur nel grande dolore ha avuto giustizia. E che fa lanciare da Gessica un messaggio a tutte le donne vittime di violenza: imparate a volervi bene. Non giustificare mai uno schiaffo o un gesto di violenza, perché l’amore non parla in quel modo. Non tenete quello che state vivendo dentro, parlatene, fatevi aiutare nel denunciare perché so che non è semplice. Io ce l’ho fatta. LEGGI TUTTO

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    Come difendersi da molestie, violenze fisiche o verbali: i consigli della fondatrice di Telefono Donna

    Molestie sulle donne: la maggior parte si consuma tra le mura domestiche. Secondo il Ministero della Salute: “L’abuso fisico e sessuale è un problema sanitario che colpisce oltre il 35% delle donne in tutto il mondo e, cosa ben più grave, è che ad infliggere la violenza sia nel 30% dei casi un partner intimo”. Ma nel restante dei casi, la donna si trova a dover affrontare uno sconosciuto, nelle circostanze più disparate.

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    Un problema mondiale
    Secondo il rapporto in lingua inglese dell’OMS “Valutazione globale e regionale della violenza contro le donne: diffusione e conseguenze sulla salute degli abusi sessuali da parte di un partner intimo o da sconosciuti”, la violenza contro le donne rappresenta “un problema di salute di proporzioni globali enormi”. Redatto in collaborazione con la London School of Hygiene & Tropical Medicine e la South African Medical Research Council, il rapporto analizza sistematicamente i dati sulla diffusione della violenza femminile a livello globale, inflitta sia da parte del proprio partner, sia da sconosciuti.

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    Il Sistema sanitario nazionale
    Il sistema sanitario mette a disposizione di tutte le donne, italiane e straniere, una rete di servizi sul territorio, ospedalieri e ambulatoriali, socio-sanitari e socio-assistenziali, anche attraverso strutture facenti capo al settore materno-infantile, come ad esempio il consultorio familiare, al fine di assicurare un modello integrato di intervento.

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    Vittime inconsapevoli
    È al pronto soccorso che le vittime di violenza si rivolgono per un primo intervento sanitario. «La donna quando racconta quel che subisce non parla di sé come di una vittima perché non accetta di esserlo e imputa ciò che le fa l’uomo ai suoi comportamenti: “Non cucino bene, non mi prendo cura della casa”. Eppure riferisce di assumere pastiglie per l’ansia e di ripetuti accessi al pronto soccorso», spiega Stefania Bartoccetti, fondatrice di Telefono Donna, la linea attiva 24 ore su 24 a sostegno alle donne vittime di abusi fisici e psicologici.

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    La stanza rosa
    Presso alcuni Pronto soccorso in Italia si sta sperimentando un percorso speciale per chi subisce violenza, contrassegnato da un codice rosa, o uno spazio protetto, detto stanza rosa, in grado di offrire assistenza dal punto di vista fisico e psicologico e informazioni sotto il profilo giuridico, nel fondamentale rispetto della riservatezza. Ma prima di arrivare alle estreme conseguenze, esistono una serie di azioni che la donna può mettere in atto per essere più al sicuro: dallo spray al peperoncino ai corsi di auto difesa. «A patto però di non sentirsi invincibile», sottolinea l’esperta. Una condizione che potrebbe essere controproducente. LEGGI TUTTO

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    Violenza sulle donne, l’Onu: con il coronavirus, aumento allarmante in tutto il mondo

    Il Coronavirus fuori e il proprio compagno dentro casa. La pandemia e le misure di restrizioni anticontagio adottate dai governi di tutto il mondo, hanno condannato un numero troppo alto di donne, spesso anche madri, già vittime di violenza domestica, a  dover affrontare una doppia paura e un doppio nemico.

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    Il rapporto Onu, più abusi
    Con un risultato devastante: secondo un rapporto dell’Onu, la quarantena forzata ha causato un inquietante aumento degli abusi sulle persone più vulnerabili, compresi i minori, scatenando decine di richieste di aiuto. 
    L’allarme è stato lanciato da ogni parte del mondo, dal Regno Unito all’India, dove sono stati segnalati numeri in continua crescita. E con l’Onu che per quest’anno prevede almeno 15 milioni in più di casi di violenza domestica. Davvero tantissimi.
    Il dato preoccupante, fornito dall’Unfpa, il Fondo delle Nazioni Unite per la popolazione ipotizza un aumento del  20 per cento dei casi di violenza per i primi 3 mesi di lockdown in tutti i 193 Stati membri delle Nazioni Unite.

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    «Prendere subito delle misure»
    Il segretario generale dell’Onu, Antonio Guterres ha esortato tutti i Paesi affinché adottino misure contro questo “scioccante aumento” di violenza, chiedendo maggiori investimenti nei servizi on-line, garantendo che i sistemi giudiziari continuino a perseguire gli autori degli abusi, creando sistemi di allarme nelle farmacie e nei supermercati e considerando i centri di accoglienza come servizi essenziali.  

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    Alcuni dati
    Partendo dall’Italia, secondo l’Istat che ha preso in esame le chiamate al numero antiviolenza 1522, durante il lockdown c’è stato un incremento della richiesta d’aiuto del 73% rispetto allo stesso periodo dello scorso anno. Inoltre, il 45,3% delle vittime ha paura per la propria incolumità o di morire; ma il 72,8% non denuncia il reato subito. Sono, invece, 32 le donne uccise da gennaio a giugno 2020. 

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    In Gran Bretagna, nelle prime sei settimane di fermo nel Paese, una linea riservata ha ricevuto il 49% di telefonate in più da quando sono entrate in vigore le misure di sicurezza e di allontanamento e la polizia a Londra ha effettuato oltre 4000 arresti per abuso domestico. 
    A Bruxelles, l’aiuto è arrivato direttamente dal Parlamento europeo che per proteggere le donne, ha trasformato un proprio edificio, quello intitolato ad Helmut Kohl, nel centro della città, in un punto di accoglienza dedicato alle donne vittime di violenza. La Grande Mela non è da meno, l’abuso e la violenza sulle donne è aumentata drammaticamente anche a New York. Il sindaco di Los Angeles, Eric Garcetti, ha creato un progetto, Safe Haven, per offrire un rifugio protetto a 900 donne. 
    E con il lockdown, sono raddoppiate le chiamate alle linee di aiuto in Libano, in Malaysia, e perfino in Cina sono triplicate. Mentre in Australia i motori di ricerca come Google hanno registrato il maggior volume di richieste di aiuto per violenza domestica degli ultimi 5 anni. 
    In Argentina nell’arco di un solo mese, dal 20 marzo al 20 aprile, ci sono stati 20 femminicidi. In El Salvador, l’Ufficio della procura per i diritti umani ha riferito di nove femminicidi nel primo mese di blocco ma, secondo le autorità, la cifra reale è molto probabilmente più alta. 
    In Messico, dal 13 aprile, sono state assassinate più donne (367) di quante ne erano morte a causa del Covid-19 (100).

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    Il rapporto rispetto al Gender Gap 

    Secondo il rapporto dell’Onu saranno le donne, quindi, a pagare il prezzo più alto degli “effetti collaterali” della pandemia, col rischio di vedere cancellati molti dei diritti conquistati in questi ultimi decenni. Una battuta d’arresto senza precedenti per la condizione femminile, che senza  opportuni accorgimenti, renderà ragazze e donne maggiormente vulnerabili sul piano economico, sanitario e sociale, oltre ad aggravare ulteriormente le diseguaglianze tra i due sessi. 

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    Infatti, l’impatto economico e lavorativo dell’emergenza sanitaria globale devastante per tutti, senz’altro colpirà con più forza le donne, spiega il rapporto, visto che nei settori di attività pesantemente danneggiati dalla pandemia, quale turismo, servizi, commercio, le lavoratrici donne sono più numerose, hanno meno sicurezze professionali e guadagnano meno rispetto agli uomini.

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    Dati sconfortanti arrivano anche osservando i numeri del gap di genere: nella fascia di età compresa tra i 25 e i 54 anni, la forza lavoro è composta per il 94% da uomini e 63% da donne. E in media, a parità di ruolo, ancora oggi una donna guadagna in media il 16% in meno rispetto ad un collega, e in alcuni casi fino al 35%. 
    Donne e ragazze al centro nel post pandemia
    Quindi, sottolinea Guterres «l’uguaglianza di genere e i diritti delle donne sono essenziali per superare insieme questa pandemia. I diritti conquistati, una volta persi, impiegano anni per affermarsi nuovamente». Ed esorta i governi a mettere donne e ragazze al centro dei loro sforzi nella fase di rilancio economico post pandemia.
    Nel rapporto l’Onu individua tre livelli di intervento per potenziare la risposta nazionale ed internazionale dopo la crisi Covid, invitando i leader politici a non ripetere le politiche passate ma a sfruttare il momento per ricostruire società più paritarie, inclusive e resilienti. Tra i settori di intervento per invertire la rotta c’è l’ampliamento delle reti di sicurezza sociale, l’accesso delle donne a crediti e prestiti, la loro inclusione nei piani di rilancio e sviluppo socio-economici su misura, la riduzione delle iniquità retributive sul lavoro e la creazione di una nuova economia di assistenza inclusiva che funzioni per tutti. 

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    Violenza domestica: l’Olympique Marsiglia offre rifugio alle donne vittime di abusi

    Se la quarantena è un sacrificio per tutti, lo è, ancora di più, per le donne vittime di violenze domestiche, costrette a una convivenza forzata con mariti che le maltrattano, le picchiano, le umiliano spesso davanti ai loro figli. 

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    Una situazione insostenibile. Tra il 2 marzo e il 5 aprile, le richieste d’aiuto delle donne ai centri antiviolenza della rete D.i.Re sono aumentate del 75 per cento rispetto all’anno precedente: 2.867 i casi segnalati, 1224 in più se paragonati alla media mensile registrata nel 2018 negli oltre 80 centri sparsi per l’Italia. E per 806 di questi casi (il 28%) è la prima richiesta di aiuto.

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    Il problema riguarda tutta l’Europa e ogni paese ha attivato canali di aiuto e sostegno. In Francia, per esempio, dove, secondo la polizia, dall’inizio del lockdown, le violenze coniugali sono aumentate del 30% in Francia tra i grossi problemi di questi casi c’è la difficoltà per le vittime di denunciare e poi dover ritornare a casa dall’aggressore. 
    È per questo che oltre ai numeri di aiuto, si sono mobilitate numerose associazioni per permettere alle donne vittime di trovare un nuovo domicilio nel quale potersi rifugiare.

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    È in quest’ottica che la squadra di calcio Olympique Marsiglia ha messo a disposizione il proprio Centro Tecnico, attualmente vuoto, per essere trasformato in alloggio. Un gesto molto apprezzato dall’Associazione SOS Femmes 13 impegnata nella lotta a questa emergenza nell’emergenza. 
    Le 46 stanze solitamente occupate da giovani giocatori durante il periodo di allenamento accolgono già 18 donne, alcune delle quali sono accompagnate dai loro figli. E ora sono al sicuro.
    Il sostegno in Italia
    A sostegno delle donne vittime di violenza durante la pandemia, però, sono stati attivati diversi i canali di aiuto nel nostro Paese. Per esempio il numero 1522 oppure l’app per chattare in sicurezza con un’operatrice #liberapuoi. In altri casi si può cercare uno dei centri antiviolenza più vicini (la lista completa per tutte le regioni).

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    Una. Nessuna. Centomila: 7 cantanti unite contro la violenza sulle donne

    Alessandra Amoroso, Giorgia, Fiorella Mannoia, Laura Pausini, Gianna Nannini, Elisa and Emma Marrone attend the 70esimo Festival di Sanremo (Photo by Daniele Venturelli/Daniele Venturelli/Getty Images )

    Una. Nessuna. Centomila. Una: perché ogni volta che una donna lotta per se stessa, lotta per tutte le donne. Nessuna: perché nessuna donna deve più essere una vittima. Centomila: come il numero delle voci che si uniranno a Fiorella Mannoia, Emma, Alessandra Amoroso, Giorgia, Elisa, Laura Pausini e Gianna Nannini insieme sul palco dell’Arena Campovolo di Reggio Emilia il 19 settembre 2020 per un grande evento musicale di sempre contro la violenza sulle donne.
    La musica contro la violenza
    Arriva dalla terza serata del Festival di Sanremo l’annuncio del grande concerto con protagoniste alcune delle più famose cantanti italiane. Sette grandi artiste insieme per dire basta. Sette grandi voci per raccogliere fondi destinati ai centri antiviolenza. Perché la musica può e deve arrivare a tanto.

    Sul palco
    «Ognuna di noi inviterà a cantare un collega uomo», dice Emma, perché per una causa così impellente, il messaggio dal palco dovrà essere universale: tutti insieme contro le violenze. «Ci siamo unite per combattere insieme» ha continuato Elisa. «Ci siamo schierate ancora una volta perché non ne possiamo più. Basta ancora donne vittime», ha precisato Gianna Nannini. E Laura Pausini ha aggiunto: «Quando una donna lotta lo fa anche per le altre donne. Perché nessuna donna possa subire violenze».  
    «Siamo 7 cantanti ed il microfono rosso dà una voce a chi non ha coraggio. Vogliamo dare una speranza e speriamo di trovare altre donne pronte a cantare con noi», ha detto la Amoroso. «Si tratta di un impegno che accogliamo con tutto il cuore. Con la musica per noi è un grande privilegio dare speranza», ha concluso Giorgia.
    Una causa importante
    Un evento straordinario, un momento di festa e condivisione, creato per dare un aiuto concreto ai centri e alle organizzazioni che sostengono e supportano le donne vittime di violenza. I proventi del concerto verranno erogati a strutture selezionate sulla base di criteri di trasparenza e tracciabilità, strutture in grado di garantire il proprio empowerment, assicurando la sostenibilità nel tempo delle attività da loro realizzate e fornendo un supporto solido e duraturo alle vittime. Gli utilizzi di tutte le risorse economiche raccolte verranno rendicontati e comunicati nella totale trasparenza.

    Biglietti
    I biglietti per il concerto, organizzato e prodotto da Friends & Partners e Riservarossa, saranno disponibili a partire dalle 16 di oggi, venerdì 7 febbraio, su TicketOne.it, e dalle ore 11.00 di venerdì 28 febbraio nei punti vendita e prevendite abituali.
    Dal 2 marzo saranno disponibili su friendsandpartners.it le informazioni relative ai parcheggi e alle modalità di accesso all’area concerto (in base alla tipologia di biglietto acquistato), al campeggio e ai treni speciali (A/R in giornata per Reggio Emilia) e al servizio autobus A/R da tutta Italia all’area del Campovolo con diversi orari di arrivo e partenza da 150 città. LEGGI TUTTO

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    Violenza sulle donne: 5 donne dello spettacolo che hanno denunciato

    Le storie delle star che hanno subito violenza e hanno avuto il coraggio, non solo di raccontare, ma di aiutare altre a non subire lo stesso.

    Il 25 novembre è la Giornata internazionale contro la violenza sulle donne, istituita dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite nel lontano 1999. Eppure, nonostante molte campagne di sensibilizzazione, leggi a proposito e manifestazioni, ancora molte donne sono vittime di violenza.

    Qui di seguito vi racconteremo la storia di 5 donne dello spettacolo che ce l’hanno fatta. Hanno subito violenza e sono riuscite, non solo a parlarne, ma anche a trovare il coraggio di denunciare e di aiutare altre donne affinché non subiscano lo stesso.

    5 donne dello spettacolo che hanno subito violenza
    “È ‘violenza contro le donne’ ogni atto di violenza fondata sul genere che provochi un danno o una sofferenza fisica, sessuale o psicologica per le donne, incluse le minacce, la coercizione o la privazione arbitraria della libertà”, così recita l’art. 1 della dichiarazione Onu sull’eliminazione della violenza contro le donne.
    Raccontiamo ora qualche storia…
    • Franca Rame, la donna che combatteva con le parole. La celebre moglie del Maestro Dario Fo, il 9 marzo 1973 fu stuprata. Cinque esponenti dell’estrema destra la rapirono facendola salire su un camioncino: fu un piano malato architettato da alcuni ufficiali dei Carabinieri per punire la compagna di Dario Fo. Perché? Perché era una donna che doveva imparare a stare al suo posto.

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    Era attivista politica, oltre che drammaturga e attrice teatrale: una donna scomoda. Aveva prestato il suo volto e la sua voce all’Organizzazione Soccorso Militare e al movimento femminista, doveva essere messa a tacere. Così decisero di: bruciarle la pelle con le sigarette, tagliarle viso e corpo con una lametta e violentarla a turno. Volevano colpirla e rubarle la dignità, ma non ci riuscirono. Nel 1975 Franca Rame scrisse un monologo, Lo stupro: lo fece per difendere, non solo la sua dignità, ma anche quella di tutti coloro che erano stati vittime di violenza.
    • Heather Parisi e i 7 anni di abusi subiti dall’ex compagno. “Sono stata picchiata per 7 lunghi anni dal mio ex compagno, di cui non farò mai il nome. Ma dalla violenza fisica c’è la possibilità di guarire, quella psicologica è più difficile da superare. Mi rivolgo alle donne a casa: dovete essere forti anche voi“. Parole forti pronunciate durante un’intervista rilasciata a Barbara D’Urso.

    Fonte Foto: https://www.instagram.com/trash.mania/
    Un messaggio che vuole infondere coraggio a tutte coloro che vivono un’esperienza così e non riescono a trovare una via d’uscita. Heather ha rivelato di essere scappata da casa solo con il borsone da danza, ma di esserci riuscita. Non solo subiva violenza fisica, ma anche psicologica. L’ex compagno, del quale non ha fatto il nome, la minacciava e la umiliava costantemente, finché un giorno Heather non decise di tornare ad essere una donna libera.
    • Stefania Sandrelli e le botte prese per aver rifiutato un invito sessuale. “Ho subito una sola violenza. Era il fidanzato di una mia carissima amica. Dopo una giornata al mare con gli amici, a Ostia, mi ritrovai inaspettatamente sola con lui. Capii che voleva fare l’amore con me. Io veramente non ero preparata, ero incredula… dissi di no e presi un sacco di botte”. Queste parole le ha dette Massimo Gramellini e Ambra Angiolini durante un’intervista al programma Cyrano-L’amore fa miracoli.
    Non denunciò quel ragazzo, ma il non aver detto nulla ora “mi pesa sulla coscienza” ha dichiarato. All’epoca ciò che ha subito la faceva sentire disonorata, la paura di essere giudicata era più forte del torto subito.

    Stefania Sandrelli
    • Michelle Hunziker, i ricatti e le violenze. La famosissima conduttrice svizzera ha voluto raccontare dei ricatti sessuali subiti: “Nella mia vita ho avuto un sacco di situazioni del genere e ho sempre ritenuto più importante ricordarmi che siamo noi le responsabili del nostro destino, consapevole che se avessi ceduto sarebbe stata anche colpa mia“.
    Ricordiamo che Michelle è stata anche vittima di una setta, tra violenze psicologiche e minacce. La Hunziker ha però alzato la testa e detto no; inoltre, la showgirl è molto attiva in fatto di violenza contro le donne, tanto da aver fondato nel 2007 l’associazione Doppia Difesa insieme a Giulia Bongiorno.
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    • Maria Teresa Ruta, che dopo il tentativo di stupro mette la gonna solo per andare in TV. Le ferite lasciate dalle violenze sessuali non sono solo fisiche, ma si cristallizzano ancora di più a livello psicologico. Maria Teresa Ruta a Storie Italiane, ha raccontato la sua traumatica esperienza.
    Quando aveva 19 anni subì un tentativo di stupro, fu picchiata e derubata. I malintenzionati non riuscirono nel loro intento di stuprarla ma “da quel momento ho messo la gonna solo per fare un programma televisivo“. Racconta di averci messo 20 anni prima di riuscire a parlare di quella drammatica vicenda. All’epoca provava vergogna e si sentiva colpevole di ciò che era successo. Ma ora ha trovato il coraggio di parlarne.
    Sei vittima di violenza? Non sei sola!
    Ricordatevi sempre che l’essere picchiate, segregate, umiliate, dal vostro uomo o da qualche membro della vostra famiglia non è amore, è violenza!
    Se vi sentite vittime o vi trovate in situazioni come quelle che abbiamo citato qui di seguito vi daremo ora qualche consiglio utile per poterne uscire:
    • Se non riuscite a trovare il coraggio di denunciare alle forze dell’ordine esiste il Telefono Rosa, un servizio pubblico promosso dalla Presidenza dei Ministri- Dipartimento per le Peri Opportunità, il cui numero è 1522. Il servizio è attivo 24/24h 7 giorni su 7. Ci saranno operatrici specializzate ad accogliere le richieste d’aiuto e a sostenere vittime di violenza e stalking.

    • Su tutto il territorio nazionale sono disposti degli appositi centri antiviolenza, potete cercare quello più vicino a voi. Vi verrano forniti supporto psicologico e legale per affrontare la vostra situazione
    La cosa più importante è uscire dalla spirale di dolore perché voi appartenete a voi stesse e a nessun altro. Non abbiate paura di essere giudicate, non capite. La colpa non è vostra, se un uomo usa violenza contro di voi non siete sbagliate voi, come potrebbe dirvi, ma è lui a non funzionare, denunciate e siate libere! LEGGI TUTTO

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    Violenza sulle donne. Parte oggi la campagna di sensibilizzazione #unrossoallaviolenza

    I testimonial della campagna #unrossoallaviolenza: da sinistra, l’ex calciatore e ora allenatore Marco Materazzi; le attrici Benedetta Porcaroli e Camilla Filippi.

    Sono tante le forme della violenza sulle donne. Per fermare gli abusi occorre parlarne: il 18 novembre parte la campagna di sensibilizzazione #unrossoallaviolenza realizzata da WeWorld Onlus insieme a Lega Serie A, per dare un “cartellino rosso” al fenomeno.
    Il 25 novembre, Giornata Internazionale contro la violenza sulle donne, i calciatori e gli arbitri scenderanno sui campi di calcio con un segno rosso sul viso nella 13ª giornata di Campionato serie A Tim.
    In Italia quasi 7 milioni di donne hanno subito una violenza nel corso della vita. Se ne discuterà il 23 e 24 novembre (al Teatro Litta, a Milano) al 10° WeWorld Festival, che racconta la condizione femminile nel mondo con tante protagoniste, film, spettacoli, talk e mostre.
    Sul palco, il 23 novembre alle ore 17, anche iO Donna con l’attivista kenyota Ledi Meingati e Roberto Saviano (alle ore 17.30) con un monologo su chi il nostro Paese sta lasciando indietro, tra dispersione scolastica e maltrattamenti su donne e bambini. LEGGI TUTTO

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    #metoo: da Kevin Spacey a Fausto Brizzi, che fine hanno fatto 20 uomini travolti dallo scandalo

    Sono passati quasi due anni dalle inchieste bomba del New York Times e del New Yorker che davano il  via alla rivolta femminile contro il potere dei ricatti sessuali a Hollywood. la nascita del #metoo e del movimento Time’s Up. Il re del cinema Harvey Weinstein è stato il primo potente a cadere, dopo che alcune donne hanno trovato il coraggio di denunciare una situazione ignobile che andava avanti da troppo tempo. La valanga ha travolto decine e decine di altri uomini come lui. Ne abbiamo scelti 19. Sono i più famosi, i più potenti del mondo dello spettacolo. Per far sapere che fine hanno fatto. Cosa è successo dopo le pubbliche accuse. Il 20esimo nome è quello di Woody Allen. La sua storia è completamente diversa da quella degli altri. Forse è anche peggiore. Ma l’onda del #metoo non l’ha risparmiato.
    E questo ci porta a un’altra considerazione: come abbiamo affrontato, a livello di collettività, il problema. È diventato palese, infatti, che ragioniamo troppo spesso per ondate emotive. Senza valutare i fatti o le notizie, ma solo come questi ci fanno sentire. È tutto bianco o tutto nero. E chi osa proporre una sfumatura è tacciato di insensibilità o di connivenza. In questo modo, però, non affrontiamo mai il problema nella sua complessità. O fino in fondo. La questione sollevata dal #metoo non si chiude mandando in galera qualche potente o eradicando il lavoro di qualcuno dalla storia.
    Se lo chiedeva anche Aldo Grasso su iODonna: «Kevin Spacey può essere un modello come attore senza essere un modello come uomo?». Attenzione alla risposta: se fosse negativa dovremmo eliminare dalle nostre vite il lavoro di tantissimi esseri umani pessimi che sono stati dei geni nei loro campi. Da Charlie Chaplin a James Watson, lo scienziato Premio Nobel che ha scoperto l’elica dle Dna.
    Moriremo di politicamente corretto se non impariamo che problemi complessi hanno risposte complesse. E scardinare decenni di mentalità sessisita, di gente di potere che lo esercita attraverso il ricatto sessuale, di silenzi e di connivenze richiede tempo, fermezza e volontà da parte delle donne e degli uomini insieme di trovare una strada comune. Battagliare gli uni contro gli altri non risolve niente. Provoca solo più danni. Perché non tutti gli uomini citati in questa inchiesta sono risultati essere i mostri che che erano stati dipinti. C’è chi ha dimostrato la propria innocenza. LEGGI TUTTO

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    La storia di Maria Tino, uccisa dall’uomo che la salvò dalla furia dell’ex marito

    Tre colpi di pistola, poi la fine. Maria Tino è morta per mano dell’uomo che diceva di amarla, e che appena un anno prima la salvò dall’ex marito.

    È una storia di speranze disattese finite nel sangue, di un amore che si è tradotto in un incubo senza via d’uscita. Maria Tino è morta all’età di 49 anni, uccisa senza pietà su una panchina nella piazza di Dragoni (Caserta). A sparare è stato il suo compagno, Massimo Bianchi, condannato a 19 anni di carcere all’esito del primo grado di giudizio. Lui, che un anno prima dell’omicidio l’aveva salvata dalla furia dell’ex marito, le era sembrato un angelo che l’avrebbe fatta rinascere. Invece, era solo l’inizio del suo inferno.

    La storia di Maria Tino
    Maria Tino era originaria di Dragoni, un piccolo centro dell’Alto Casertano, dove la sua esistenza sarebbe finita nel più tragico degli epiloghi. Miracolata, forse, o semplicemente sopravvissuta per caso alla violenza dell’ex marito, Angelo Gabriele Ruggiero. È lui che, il 18 agosto 2016, ha cercato di ucciderla con 25 coltellate.

    Un tentato femminicidio al quale è riuscita a scampare rifugiandosi tra le braccia del suo salvatore, Massimo Bianchi. Ma la storia, a questo punto, assume i contorni di una incredibile sequenza di orrori.
    Maria Tino faceva la sarta per arrotondare lo stipendio dei lavori socialmente utili svolti al Comune. Una donna senza grilli per la testa, dolce e sensibile, alla ricerca di una serenità emotiva che non arriverà mai. Era madre di due figli, con i quali conduceva un’esistenza senza troppe pretese, nel tentativo di lasciarsi alle spalle un delicato passato familiare.

    Fonte foto: https://pixabay.com/it/photos/rose-sulla-panchina-756950/
    Chi è l’ex marito di Maria Tino?
    Maria Tino aveva sposato Angelo Gabriele Ruggiero, padre dei suoi figli (un maschio e una femmina) che si sarebbe rivelato il regista di una violenza inaudita. Il 18 agosto 2016, accecato dalla gelosia dopo aver sentito una telefonata tra l’ex moglie e Massimo Bianchi, l’uomo l’ha raggiunta in casa colpendola con una serie di fendenti (25, diranno le carte dell’inchiesta) che avrebbero potuto ucciderla.
    Dall’altro capo del telefono, il nuovo compagno di lei ha assistito all’agguato in diretta. Una coincidenza che ha trasformato Bianchi nel salvatore di Maria Tino. L’uomo ha chiamato i soccorsi, cui è seguito un ricovero di circa 40 giorni e il ritorno alla vita.
    Il dramma di Maria Tino affonda le sue radici in un tessuto di violenze domestiche ormai insostenibili, culminato nella brutale aggressione che ha visto l’ex marito condannato a 8 anni e 4 mesi di carcere per tentato omicidio.
    La dinamica ricostruita dagli inquirenti è agghiacciante. Secondo quanto emerso in sede di indagine, Ruggiero era solito appostarsi sotto quella casa di Roccaromana dove la sua ex aveva deciso di rifarsi una vita senza di lui. Quel 18 agosto si sarebbe arrampicato su una grondaia per entrare nell’appartamento, avventarsi sulla donna e sferrarle 25 colpi con un coltellino svizzero.
    Esattamente 11 mesi più tardi, Maria Tino non sarebbe riuscita a sfuggire al suo secondo appuntamento con la morte.
    L’omicidio di Maria Tino a Dragoni
    Massimo Bianchi era l’uomo perfetto con cui rinascere dalle ceneri di un amore malato, maltrattato, distrutto. È con lui che Maria Tino aveva ritrovato il sorriso dopo la difficile separazione dal marito, ed è per lui che aveva subito la brutale aggressione del 2016.
    Ruggiero sapeva del loro rapporto e per questo aveva cercato vendetta accoltellandola. Maria Tino si era salvata, certo, ma non sapeva ancora che la sua nuova strada portava dritta all’inferno.
    Il nuovo compagno, dipendente della Comunità Montana di Monte Maggiore, si sarebbe rivelato morbosamente geloso. Proprio come l’ex marito, da cui lei aveva cercato riparo. Maria Tino ha deciso di lasciare anche lui, che in realtà non si sarebbe rassegnato a incassare la sconfitta sentimentale.
    Il 13 luglio 2017 lei è stata uccisa in pieno centro a Dragoni. Un delitto il cui movente è da ricercare proprio nella cieca gelosia dell’assassino. Massimo Bianchi le avrebbe dato appuntamento in piazza per un ultimo chiarimento, prima dell’addio.
    Ma la vita di Maria Tino si è spenta su una panchina. Fatali i 3 colpi di pistola al petto, sparati con una calibro 7.65 legalmente detenuta dal Bianchi ma con il porto d’armi scaduto da anni.
    “Sono stato io, mi voleva lasciare“, avrebbe detto lui ai Carabinieri giunti poco dopo sulla scena del crimine. L’arma poggiata sul selciato. La vittima, accasciata su quella inaspettata trappola di ferro battuto e legno, ormai senza speranza di salvezza.
    Per l’omicidio di Maria Tino, Massimo Bianchi è stato condannato in primo grado a 19 anni di reclusione, con la formula del rito abbreviato.
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    “Big Little Lies”: segreti e bugie della seconda stagione

    Secondo Nicole Kidman per vedere la nuova attesissima stagione di Big Little Lies dovremo aspettare fino a giugno: «Stiamo puntando a quella data. Siamo ancora in fase di montaggio, ma siamo a buon punto», ha risposto a una domanda della Cnn l’attrice e produttrice. Intanto, però, il cast e la Hbo, la rete americana che la trasmetta in prima visione (in Italia è su Sky Atlantic) hanno iniziato a far circolare sulla Rete le prime nuove immagini della serie che lo scorso anno ha lasciato pubblico e critica senza parole.

    Big little lies, sulla carta, è stato un azzardo: un cast di altissimo livello quasi tutto femminile, una produzione materialmente gestita da donne, Nicole Kidman e Reese Witherspoon in prima linea, un tema complesso e sfaccettato come quello degli abusi sviscerato senza piaggeria e senza retorica. Anzi, con uno sguardo mai banale e stereotipato. Ma la scommessa è stata stravinta tanto che “la” divina Meryl Streep ha chiesto espressamente di entrare a farne parte della seconda stagione senza nemmeno voler leggere il copione. Per chi non avesse ancora visto Big Little Lies, il consiglio è quello di andarlo subito a recuperare: ne vale davvero la pena. Ma ecco tutto quello che c’è da sapere sulla serie.
    Tratta dall’omonimo romanzo di Liane Moriarty, la storia di Big Little Lies riguarda 5 donne: Madeline Mackenzie (Reese Witherspoon), Jane Chapman (Shailene Woodley), Bonnie Carlson (Zoë Kravitz), Celeste Right (Nicole Kidman), e Renata Klein (Laura Dern). Attorno alle loro vite di madri, moglie e professioniste, ruotano una serie di tragici segreti che le legano in modi inaspettati la cui rivelazione, che sappiamo deve arrivare fin dalla prima puntata, può portare sia distruzione che sanare tutte le ferite. Nulla è come sembra nella comunità di Monterey e nelle vite all’apparenza perfette di queste protagoniste. Su tutte, infatti, aleggia l’opprimente personalità di Perry Wright (Alexander Skarsgård), tanto bello fuori quanto mostro dentro, la cui natura violenta – in tutti i sensi – sembra addirittura spegnere il sole. Il rapporto coniugale tra Celeste e Perry, basato sugli abusi, diventa il perno della vicenda e ci impartisce una durissima lezione: può accadere a chiunque di noi e liquidare con superficialità e giudizi affrettati chi rimane accanto a un marito violento è sbagliato. Big Little Lies è una storia di resilienza e di amicizia al femminile che ci ripete all’infinito di non abbassare mai la guardia.

    Per quanto riguarda le 7 puntate della seconda stagione, invece, la novità più importante è certamente l’arrivo di Mary Louise Wright, la mamma di Perry, interpretata da Meryl Streep. È stata proprio la volontà dell’attrice di partecipare al progetto a convincere lo sceneggiatore David E. Kelley (marito di Michelle Pfeiffer e master mind di successi come Ally McBeal) a scrivere una seconda parte che non aveva un altro romanzo sulla quale essere basata. La Moriarty, infatti, aveva scritto solo una novella dove introduceva il personaggio di Mary Louise e da questa Kelley ha preso ispirazione. «No, non credevo fosse una buona idea», ha infatti detto lo sceneggiatore al The Hollywood Reporter. «Mi è piaciuto così tanto il modo in cui abbiamo concluso il primo anno che ho sempre detto: “Lasciamo le cose come stanno”». Poi, però, è arrivato il «colpo di genio» del personaggio della Streep. «È deliziosa e inserirla nella storia è stato liberatorio e spaventoso allo stesso tempo. Spaventoso perché lei alza l’asticella della qualità ed è difficile misurarsi con questo fatto, ma è stato liberatorio perché adesso non dobbiamo più fare paragoni con la prima stagione. E questo permette tanta libertà». Nel primissimo trailer condiviso dalla produzione, si vede Meryl Streep che dice alla nuora di essere in città perché «voglio sapere cosa è successo quella notte» e subito dopo compare l’immagine delle 5 protagoniste in fila contro un muro come se stessero facendo delle foto segnaletiche. Dal loro abbigliamento si intuisce che la storia riprende esattamente da dove si era interrotta la prima serie.

    Un’altra novità è rappresentata dal cambio alla regia. Se la prima stagione di Big Little Lies era stata diretta dal canadese Jean-Marc Vallée (Dallas Buyers Club, Sharp Objects), questa vede dietro la macchina da presa la regista britannica Andrea Arnold, già premio Oscar nel 2005 per il cortometraggio Wasp. Un’altra donna, quindi, si aggiunge alla grande famiglia al femminile della serie, sulla quale già filtrano diverse indiscrezioni. Nicole Kidman ha svelato, durante una puntata dello show di Ellen DeGeneres, che le sue due bambine Sunday Rose e Faith Margaret faranno un piccolo cameo durante la seconda stagione. «Appariranno brevemente. Non lo avevo ancora detto a nessuno e non voglio dire di più». Reese Witherspoon, invece, ha raccontato sui social di aver colpito con il gelato Meryl Streep mentre stavano girando una scena. C’è una foto che lo prova: «L’ho presa!», scrive contenta il premio Oscar. Sulla presenza o meno di Alexander Skarsgård, invece, non ci sono ancora notizie ufficiali: a domanda diretta lui sorride e cambia discorso.

    Il successo travolgente della prima stagione, coronato da una montagna di premi, compresi i 4 Golden Globe (Miglior miniserie drammatica, Nicole Kidman, Laura Dern e Alexander Skarsgård), i 5 Emmy (si è aggiunto il Miglior Regista) e i 2 Sag (Kidman e Skarsgård), ha permesso ha tutte le protagoniste di ottenere un aumento considerevole di salario. Secondo quanto riporta The Hollywood Reporter, se per ognuna delle prime 7 puntate la Witherspoon e la Kidman (senza contare il ruolo da produttrici)avevano guadagnato 250 mila dollari, per le nuove 7 il compenso sarà di 1 milione di dollari. LEGGI TUTTO

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    L’Irlanda criminalizza l’abuso psicologico: una legge punisce con la prigione il “controllo coercitivo”

    L’abuso psicologico ed emotivo all’interno della coppia è stato riconosciuto come crimine in Irlanda. Entrato in vigore il 1° gennaio, il Domestic Violence Act 2018 e fornisce protezione alle vittime di “controllo coercitivo“, un tipo di abuso emotivo e psicologico che cerca di spogliare l’autostima e la capacità di agire della persona. Il ministro della Giustizia Charlie Flanagan ha spiegato che la nuova legge “riconosce che l’effetto del controllo non violento in una relazione intima può essere altrettanto dannoso per le vittime quanto l’abuso fisico, perché è un abuso di fiducia”. Ora, gli abusanti rischiano fino a 5 anni di prigione. “Questa nuova disposizione”, ha concluso il ministro, “invia un messaggio chiaro: la società non tollererà più la terribile violazione della fiducia commessa da un partner contro un altro”.
    La nuova legge irlandese prevede anche altre misure per combattere la violenza di genere: dalla criminalizzazione dei matrimoni forzati all’abrogazione della legislazione che in precedenza consentiva alle coppie minorenni di sposarsi. Ha introdotto anche la possibilità per le vittime di abusi domestici di richiedere protezione dai famigliari violenti.
    La ricerca realizzata nel 2014 dall’Agenzia dell’Unione europea per i diritti fondamentali sulla violenza contro le donne mostra che quasi un terzo delle donne irlandesi (31%) ha segnalato un abuso psicologico da parte di un partner. Un altro 23% ha dichiarato di aver avuto un comportamento di controllo, il 24% ha affermato di essere stato abusivo e il 12% ha dichiarato di essere stato oggetto di molestie (inclusa la sorveglianza su Internet). LEGGI TUTTO