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    Sedicenne violentata a Ponza, arrestato 30enne romano: domiciliari e braccialetto elettronico

    Nel primo pomeriggio di martedì i carabinieri della Compagnia di Formia, coadiuvati dai colleghi della Compagnia di Roma Trastevere, hanno dato esecuzione a un’ordinanza di applicazione della misura cautelare degli arresti domiciliari nei confronti del 30enne Manuel Lo Vecchio, residente a Roma e già noto alle forze dell’ordine, indagato per una violenza sessuale ai danni […] LEGGI TUTTO

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    Caserta bimba di 18 mesi muore in ospedale: aperta un’inchiesta

    Santa Maria a Vico. Un’intera comunità è sotto choc per la tragica scomparsa di Sharon L., una bambina di quasi diciotto mesi, avvenuta domenica scorsa presso l’ospedale “Sant’Anna e San Sebastiano” di Caserta.PUBBLICITA

    La piccola, ricoverata venerdì per disidratazione e vomito, è stata stroncata da un arresto cardiaco improvviso, nonostante non avesse mai mostrato precedenti problemi di salute.
    Arrivata al pronto soccorso pediatrico in condizioni critiche, Sharon era stata sottoposta a terapia intensiva e ricoverata nel reparto di Pediatria. Nella notte tra sabato e domenica le sue condizioni sembravano stabilizzarsi, ma nella mattinata successiva si sono improvvisamente aggravate.
    Nonostante il tempestivo intervento del personale medico, con manovre rianimatorie e tentativo di trasferimento in un ospedale specializzato, il cuore della piccola ha cessato di battere.

    Le indagini sono in corso per chiarire le cause di questo decesso improvviso e inatteso. L’autopsia, disposta dalla direzione sanitaria, fornirà elementi fondamentali per comprendere cosa abbia provocato l’arresto cardiaco.
    Nel frattempo, i genitori di Sharon, sconvolti dal dolore, hanno sporto denuncia presso la polizia ospedaliera, chiedendo che venga fatta piena luce sulla vicenda.

    La comunità di Santa Maria a Vico è stretta nel dolore e nella solidarietà alla famiglia Lettieri. Il sindaco Andrea Pirozzi ha espresso il suo profondo cordoglio, sottolineando l’immane tragedia che ha colpito la famiglia.
    Anche il sindaco di Arienzo, Giuseppe Guida, si è unito al lutto, esprimendo la vicinanza dell’intera comunità.
    La morte improvvisa di Sharon ha lasciato un vuoto incolmabile nel cuore di chi la conosceva. La sua giovane vita, spezzata troppo presto, è un monito sulla fragilità dell’esistenza e sulla necessità di fare sempre il possibile per tutelare la salute dei più piccoli.
    Leggi AncheEsperto in diritto Diplomatico e Internazionale. Lavora da oltre 30 anni nel mondo dell’editoria e della comunicazione. E’ stato rappresentante degli editori locali in F.I.E.G., Amministratore di Canale 10 e Direttore Generale della Società Centro Stampa s.r.l. Attento conoscitore della realtà Casertana. LEGGI TUTTO

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    Napoli, sacerdote indagato in inchiesta cosche-politica si autosospende

    Il sacerdote Antonio Foderaro ha deciso di autosospendersi da ogni incarico da lui ricoperto dopo aver appreso di essere indagato dalla Dda di Reggio Calabria nell’inchiesta “Ducale” per scambio elettorale politico mafioso a causa dei suoi rapporti con Daniel Barillà, il genero del presunto boss Domenico Araniti, finito prima ai domiciliari e poi all’obbligo di firma. Nell’ambito della diocesi Reggio-Bova, Foderaro è l’incaricato diocesano per l’informatica e direttore dell’Istituto superiore di Scienze religiose.PUBBLICITA

    Inoltre, lo scorso settembre è stato nominato “decano della Pontificia facoltà teologica dell’Italia meridionale” di Napoli. Attraverso una nota dei suoi difensori, gli avvocati Aurelio e Steve Chizzoniti, don Foderaro “respinge con decisione le contestazioni a lui rivolte tramite la stampa”. “Profondamente turbato e sorpreso da questa vicenda, – si legge nel comunicato dei legali – il sacerdote Foderaro ha deciso di autosospendersi da ogni incarico da lui ricoperto.

    Egli esprime perplessità riguardo il modo in cui la Procura ha gestito la comunicazione dell’indagine, ritenendo che l’informazione resa a mezzo stampa, prima di una formale notifica, rappresenti una deviazione dalle normali procedure giudiziarie. Il professore Foderaro sottolinea l’importanza di procedere nel rispetto delle norme e ha pertanto deciso di adire le vie legali, ricorrendo alla Procura di Catanzaro per individuare eventuali responsabilità nella diffusione delle informazioni apparse sui media nazionali. I suoi difensori, inoltre, annunciano anche la redazione di una dettagliata relazione da presentare al ministro della Giustizia Carlo Nordio, per sollecitare un tempestivo intervento ispettivo volto ad identificare il o i responsabili di quanto accaduto”.
    Leggi AncheCollaboratore di lunga data di Cronache della CampaniaDa sempre attento osservatore della società e degli eventi.Segue la cronaca nera. Ha collaborato con diverse redazioni. LEGGI TUTTO

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    Morto ex procuratore di Napoli, Agostino Cordova

    E’ morto ieri sera a Reggio Calabria, all’eta’ di 88 anni, il magistrato Agostino Cordova, ex capo della Procura di Palmi e di Napoli.PUBBLICITA

    Entrato in magistratura nel 1963, è stato pretore a Reggio Calabria, prima al penale e poi al civile, fino al 1970 per poi passare al Tribunale, dove è stato componente il collegio per cinque anni.

    Quindi il passaggio all’Ufficio istruzione, dove è rimasto fino al 1980. In quel periodo, ha istruito importanti processi contro le cosche della ‘ndrangheta tra cui quello contro il gruppo cosiddetto ”dei 60” capeggiato da Paolo De Stefano, ucciso in un agguato a Reggio Calabria nell’ ottobre del 1985. Il processo si concluse con la condanna di buona parte degli imputati
    . Dal 1980 al 1987 Cordova ha presieduto la sezione penale del Tribunale di Reggio Calabria. Nel dicembre del 1987 fu stato nominato a capo della Procura della Repubblica di Palmi. I

    n quel periodo fece scalpore una sua inchiesta su presunti intrecci tra mafia, politica e massoneria che portò al sequestro di tutti gli elenchi dei massoni del Goi.
    Sempre nel suo periodo calabrese un’altra sua indagine su presunte irregolarità negli appalti per la realizzazione della centrale termoelettrica dell’ Enel a Gioia Tauro portò, nel luglio del 1990, al sequestro del cantiere.
    Alla scadenza del mandato a Palmi concorse per la Direzione nazionale antimafia ma senza successo e successivamente, nel luglio del 1993, fu nominato procuratore capo a Napoli

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    Camorra,  uccise il figlio del boss rivale: ergastolo per Michele Zagaria e altri due

    Condanne confermate in Cassazione per il capoclan dei Casalesi Michele Zagaria, per l’esponente di spicco Giuseppe Caterino e per l’imprenditore Francesco Zagaria, in relazione al’omicidio di Raffaele Lubrano, figlio del capo dell’omonimo clan Vincenzo Lubrano, ucciso a Pignataro Maggiore nel novembre 2002.PUBBLICITA

    La prima sezione della Corte di Cassazione (presidente Filippo Casa) ha confermato per Michele Zagaria e Caterino la pena di 30 anni ciascuno irrogata dalla Corte di Appello di Napoli (e in primo grado dal gup di Napoli), e di otto anni per l’imprenditore, che ha avuto uno sconto di pena in quanto collaboratore di giustizia.

    Per l’omicidio era già stato condannato il killer Vincenzo Schiavone (noto come “petillo”) quale esecutore materiale. Michele Zagaria e Giuseppe Caterino sono stati riconosciuti come mandanti del delitto.
    Non ha presentato ricorso in Cassazione l’altro boss dei Casalesi condannato a 30 anni come mandante, Francesco Schiavone alias Cicciariello, cugino omonimo del padrino Francesco Sandokan Schiavone. Lubrano jr fu ucciso la sera del 14 novembre 2002.

    Dopo aver lasciato il suo studio di via Vittorio Veneto e mentre percorreva la strada a bordo di una Toyota Land Cruiser diretta verso una zona periferica, il figlio del boss fu dapprima superato da un’Alfa Romeo 164 e poi bloccato nei pressi del Bar Giordano, dove i killer lo uccisero per vendetta.
    Secondo quanto emerso ai vari gradi di processo, Lubrano venne ucciso per vendicare l’omicidio di Emilio Martinelli, fratello del ras dei Casalesi Enrico ucciso da Lubrano ed altri complici.
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    Archiviazione per l’ex consigliere regionale De Pascale: “Ho riposto fiducia nella magistratura”

    “Avevo riposto fiducia nella magistratura, con serenità. Ero sicuro del mio operato, sempre ispirato alla correttezza, all’onestà, al rispetto di tutti e alla profonda dedizione al lavoro per il bene dei cittadini e del territorio della Campania.” Queste sono le parole di Carmine De Pascale, ex consigliere regionale della Campania, il cui avviso di garanzia per traffico di influenze, ricevuto nel 2020, è stato recentemente archiviato dopo quattro anni di indagini.PUBBLICITA De Pascale, approdato in Regione nel 2015 dopo una lunga e prestigiosa carriera militare che lo ha visto raggiungere il grado di generale di corpo d’armata dell’Esercito Italiano, ha espresso la sua soddisfazione per l’esito delle indagini. “Non posso non ringraziare tutti coloro che, con immutati sentimenti, hanno continuato ad avere fiducia nella mia persona, convinti – come me – che la giustizia avrebbe fatto il suo corso, e così è stato. Il tempo è galantuomo!”Originario di Mercato San Severino, in provincia di Salerno, De Pascale ha ricoperto importanti incarichi di comando sia in Italia che all’estero durante la sua carriera nell’Esercito Italiano. Tra i suoi ruoli più significativi, è stato comandante della Brigata bersaglieri ‘Garibaldi’ di Caserta e ha guidato la Italian Joint Task Force Iraq durante l’operazione Antica Babilonia a Nassiriya. Inoltre, ha servito come consigliere militare e addetto per la difesa presso la Rappresentanza Permanente d’Italia nell’Unione Europea a Bruxelles e nel 2014 è stato nominato comandante del 2° Comando delle Forze di Difesa a San Giorgio a Cremano (NA).Durante il suo mandato come consigliere regionale, De Pascale ha promosso diverse iniziative legislative a favore delle fasce più deboli e del territorio. Tra le sue proposte di legge, spicca l’istituzione del “Premio Nassiriya”, un riconoscimento per gli operatori delle forze dell’ordine che si distinguono nella lotta alla criminalità in Campania. Inoltre, è stato promotore delle leggi regionali sulla tutela e il benessere degli animali d’affezione e dell’istituzione di un fondo regionale a favore delle vittime innocenti della criminalità.“La mia attività di consigliere regionale è sempre stata volta al servizio dell’istituzione e delle fasce più deboli,” conclude De Pascale, ribadendo il suo impegno e la sua dedizione al servizio pubblico. La sua storia è un esempio di come la fiducia nella giustizia e la dedizione al lavoro possano alla fine portare al riconoscimento e alla giusta conclusione delle vicende più complesse.Leggi AncheEsperto in diritto Diplomatico e Internazionale. Lavora da oltre 30 anni nel mondo dell’editoria e della comunicazione. E’ stato rappresentante degli editori locali in F.I.E.G., Amministratore di Canale 10 e Direttore Generale della Società Centro Stampa s.r.l. Attento conoscitore della realtà Casertana. LEGGI TUTTO

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    Torre Annunziata: archiviate le accuse di camorra per l’ex sindaco Ascione

    Il Gip di Napoli ha disposto l’archiviazione per l’ex sindaco di Torre Annunziata, Vincenzo Ascione, e per altri ex amministratori, scagionandoli dalle accuse di infiltrazioni camorristiche.PUBBLICITA La decisione arriva dopo lo scioglimento del comune nel 2022, motivato da presunti legami tra alcuni esponenti politici e il clan Gionta.Punti Chiave ArticoloArchiviazione anche per il suo vice Luigi Ammendola, per il responsabile dell’ufficio tecnico Nunzio Ariano, per l’ex presidente del consiglio comunale Rocco Manzo e per gli ex assessori Luisa Refuto e Gioacchino Langella.A chiedere l’archiviazione è stata la stessa Direzione distrettuale antimafia. Per gli inquirenti si sarebbe trattato “solo di episodi di malcostume nella gestione amministrativa del Comune di Torre Annunziata”, come è scritto nelle motivazioni.Le indagini, avviate sulla base di presunti legami tra alcuni esponenti politici  con Salvatore Onda, nipote di un esponente del clan Gionta, avevano portato a ipotizzare un condizionamento mafioso sulla gestione amministrativa della città. Tuttavia, le successive indagini approfondite, coordinate dalla Direzione Distrettuale Antimafia, non hanno trovato elementi sufficienti a confermare tali sospetti.Le motivazioni della decisione:La decisione del Gip si basa su una rigorosa valutazione delle prove raccolte, che hanno evidenziato come le condotte contestate agli indagati, pur rivelando episodi di malcostume e di una gestione amministrativa non sempre trasparente, non siano riconducibili a un disegno criminoso finalizzato a favorire gli interessi della camorra.Le implicazioni della sentenza:Questa sentenza solleva importanti interrogativi sulle dinamiche tra politica e criminalità organizzata, in particolare nei contesti territoriali fortemente permeati dalla presenza mafiosa.Essa dimostra, da un lato, la necessità di una rigorosa applicazione della legge e di indagini approfondite per evitare errori giudiziari, e dall’altro, l’importanza di distinguere tra comportamenti devianti e vere e proprie infiltrazioni mafiose.Inoltre, la vicenda di Torre Annunziata pone l’accento sulla complessità del fenomeno delle infiltrazioni mafiose nelle istituzioni, che spesso si manifesta attraverso forme più sottili e difficili da individuare rispetto ai tradizionali schemi di collusione.Leggi AncheEsperto in diritto Diplomatico e Internazionale. Lavora da oltre 30 anni nel mondo dell’editoria e della comunicazione. E’ stato rappresentante degli editori locali in F.I.E.G., Amministratore di Canale 10 e Direttore Generale della Società Centro Stampa s.r.l. Attento conoscitore della realtà Casertana. LEGGI TUTTO

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    Revocato il divieto di avvicinamento e l’uso del braccialetto elettronico al boss Michele Lo Bianco

    Revocata a Michele Lo Bianco la misura cautelare del divieto di avvicinamento alla persona offesa e ai luoghi da essa frequentati, con conseguente revoca dell’utilizzo del braccialetto elettronico.PUBBLICITA Michele Lo Bianco, alias “sotizzo”, dovra’ comparire dinanzi al tribunale penale di Cassino, il prossimo 25 ottobre, con le gravi accuse di atti persecutori e violenza privata nei confronti della sua ex compagna di Minturno. Punti Chiave ArticoloAccolte dunque tutte le voluminose e ben articolate motivazioni sottese nella relativa istanza, presentate dall’Avv. Massimo Viscusi al tribunale di Cassino, con la quale si è dimostrato il venir meno delle esigenze cautelari, ad appena due mesi dalla nomina dell’incarico ricevuto.Michele Lo Bianco appartiene ad una delle più potenti famiglie di ‘ndranghetaAppartenente all’omonima famiglia, tra le più influenti in Italia, di ‘Ndrangheta, e condannato in “Rinascita-Scott” a soli 5 anni di reclusione, in primo grado, per concorso in estorsione alla ditta impegnata nei lavori di completamento del nuovo Tribunale di Vibo Valentia, processo condotto dall’attuale Capo Procuratore Gratteri, che aveva chiesto per lo stesso ben 18 anni di reclusione.Attualmente risulta essere sottoposto all’obbligo di presentazione alla p.g. (Misura mitigata con quella dei domiciliari), per aver aggredito due infermieri del pronto soccorso, colpevoli di non aver fatto passare un suo familiare per primo, e imputato in un altro processo per resistenza a pubblico ufficiale e lesioni.Pluripregiudicato per reati di omicidio in concorso (ove uscì assolto), usura, estorsione, detenzione illecita di armi, nel 2020 uscì dal carcere di Parma per problemi di salute.Leggi Anche LEGGI TUTTO

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    Corruzione, indagini chiuse per ex assessori Caserta e dirigenti

    L’ex vicesindaco di Caserta Emiliano Casale e l’ex assessore comunale ai lavori pubblici Massimiliano Marzo sono stati ufficialmente informati della chiusura delle indagini a loro carico. L’avviso, firmato dai pubblici ministeri di Santa Maria Capua Vetere Armando Bosso e Giacomo Urbano, segna un passo cruciale nell’inchiesta su un presunto giro di appalti pubblici concessi in cambio di voti e tangenti.PUBBLICITA

    Il documento è stato notificato anche ad altri nove indagati, tra cui i dirigenti del Comune di Caserta Franco Biondi e Giovanni Natale, il dipendente comunale Giuseppe Porfidia, il collaboratore dell’assessore Marzo Magdi Khachermi, il geometra Gaetano Di Tora e gli imprenditori Gioacchino Rivetti, Gennaro Rondinone, Raffaele Nunziante e Pasquale Marotta.

    Le accuse mosse agli indagati includono corruzione elettorale, corruzione e falso. Secondo la Procura di Santa Maria Capua Vetere, Casale e Marzo avrebbero promesso appalti a imprenditori in cambio di voti durante le elezioni comunali del 2021. Gli appalti riguardavano lavori di manutenzione del verde pubblico e delle scuole e sarebbero stati assegnati grazie all’intervento di Biondi e Natale, che avrebbero firmato determine illegittime, e di Porfidia, che avrebbe ottenuto vari benefici personali in cambio della sua collaborazione.
    Marzo, inoltre, avrebbe ricevuto dagli imprenditori l’acquisto di materiali edili per la sua società, Edil Marzo, di cui detiene il 50% delle quote. L’inchiesta ha scatenato un terremoto politico a Caserta, culminato con la decisione del sindaco Carlo Marino di azzerare la giunta comunale. Questa decisione è stata presa in seguito alle dimissioni di tre assessori, avvenute subito dopo la diffusione delle notizie sull’indagine.

    Il 13 giugno scorso, Marzo, Biondi, Natale, Porfidia e Rivetti sono stati posti agli arresti domiciliari, ma successivamente il Tribunale del Riesame di Napoli ha deciso per la loro scarcerazione. Con l’avviso di chiusura indagini, la Procura di Santa Maria Capua Vetere si prepara a chiedere il rinvio a giudizio per tutti gli indagati. Le prossime settimane saranno decisive per determinare l’esito di questa complessa vicenda giudiziaria che ha già lasciato un segno profondo nella politica e nell’amministrazione della città di Caserta.
    Leggi AncheEsperto in diritto Diplomatico e Internazionale. Lavora da oltre 30 anni nel mondo dell’editoria e della comunicazione. E’ stato rappresentante degli editori locali in F.I.E.G., Amministratore di Canale 10 e Direttore Generale della Società Centro Stampa s.r.l. Attento conoscitore della realtà Casertana. LEGGI TUTTO

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    Taormina indagato a Napoli per corruzione in atti giudiziari: “La mia testa consegnata ai pm”

    L’avvocato Carlo Taormina, attualmente indagato dalla Procura di Napoli per corruzione in atti giudiziari, risponde duramente agli attacchi delle Camere Penali. In una nota, Taormina si difende dalle accuse mosse da alcuni colleghi, che secondo lui avrebbero violato il segreto professionale e formulato accuse infondate per proteggere se stessi.PUBBLICITA

    “Leggo un comunicato delle Camere Penali che mi attaccano per aver preannunciato denunce per calunnia, e non solo, nei confronti di alcuni colleghi che mi hanno massacrato”, dichiara Taormina. “Accusandomi delle peggiori schifezze per salvarsi la pelle, senza capire niente della realtà fattuale e giuridica con la quale ci si deve confrontare, hanno consegnato la mia testa a un pubblico ministero che la chiedeva”.

    L’avvocato sottolinea che se le accuse fossero state fondate e lui avesse avuto qualcosa da rimproverarsi, la sua reazione sarebbe stata diversa. “Ho fatto di tutto per evitare questa deriva. Ma sentimenti poco edificanti – che non voglio qualificare proprio per il rispetto dell’avvocatura cui correttamente mi invitano le Camere Penali – hanno fatto formulare accuse calunniose contro di me. Mi accusano di aver istigato false testimonianze rispetto a persone che non ho mai visto e conosciuto, mentre invece hanno visto e conosciuto proprio coloro che mi attaccano”.
    Taormina respinge anche le accuse relative alle audizioni preventive ex art. 391bis cpp: “Affermano che queste prerogative dell’avvocato non avrei dovuto esercitarle. Non si comprende perché. Io comprendo e accetto il richiamo delle Camere Penali, ma sono stato dolosamente infangato da chi lo ha fatto solo per cercare di non rispondere delle proprie colpe”.

    L’avvocato fa notare che questo atteggiamento ostile nei suoi confronti dura da tempo, soprattutto nel contesto di un processo avellinese in cui ha condotto una difesa contro accuse che considera infondate e infamanti. “Mi fa piacere poter dire che il tribunale, dopo due anni e mezzo di processo, ha dovuto scarcerare tutti gli imputati”, aggiunge Taormina.
    “Mi attribuisco il merito, insieme ad altri, di aver contribuito a fare giustizia. Chiedo scusa a tutti, ma la gogna mediatica che i colleghi hanno determinato nei miei confronti e l’affondo che hanno dato con calunnie che hanno sortito un effetto temporaneo, ma che crolleranno miseramente, non poteva farmi rimanere inerte”.
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    Truffe agli anziani fissato il processo per la gang di Materdei della famiglia Uccello

    Napoli. Sono stati rinviati a giudizio 12 dei 17 componenti della banda di truffatori di anziani che tra il 2022 e il 2023 aveva depredato ben 80 anziani soprattutto a Roma e pio anche a Caserta e in altri comuni.PUBBLICITA

    Il processo è stato fissato davanti al settimo collegio del Tribunale di Roma a partire dal 5 novembre prossimo.

    Punti Chiave ArticoloLa banda che partiva Materdei nel cuore del rione sanità a Napoli, dove esisteva la centrale telefonica delle truffe agli anziani, era gestita dalla famiglia di Giovanni Uccello insieme ai figli Alfonso ed Eduardo. Era in un appartamento in viale dei Gesuiti. Mentre Giuseppe Romanelli “’o zio” fungeva da anello di collegamento tra i capi dell’organizzazione e i “trasfertisti”.
    Una banda spietata di truffatori, dedita a derubare anziani, perfino delle fedi nuziali con profitti quotidiani da 50.000 a 70.000 euro. Modus operandi La banda, con base a Napoli, operava in modo capillare e organizzato. I truffatori, fingendosi impiegati delle poste, assicuratori, avvocati o carabinieri, contattavano telefonicamente le loro vittime, prevalentemente anziani. Con storie inventate su familiari in pericolo o incidenti stradali, inducevano le vittime a consegnare denaro contante, gioielli o altri oggetti di valore. Un vero e proprio “vademecum” per le truffe Le perquisizioni hanno portato alla luce un vero e proprio manuale di istruzioni, scritto in stampatello su alcuni fogli. Il manuale conteneva una dettagliata descrizione di come i truffatori dovevano approcciare le vittime, quali storie inventare e come convincerle a consegnare i loro averi. Oltre 80 truffe in pochi mesi L’indagine ha rivelato che la banda era attiva tra settembre 2022 e marzo 2023 e ha portato a termine circa 80 truffe. Le loro azioni fruttificavano tra i 50mila e i 70mila euro al giorno, con un bottino di oltre un chilogrammo di oro in una sola settimana. A maggio scorso furono arrestati in 7 mentre 10 finirono agli arresti domiciliari.Le perquisizioni portarono al sequestro di circa 40.000 euro in contanti, oltre 150 schede telefoniche, 30 telefoni cellulari, un grosso quantitativo di gioielli e oggetti in oro, e il manuale di istruzioni per le truffe. (nel gruppo degli avvocati difensori figurano gli avvocati Andrea Palmiero, Lumeno Dell’Orfano, Nicola Napolitano, Giovanni Abet, Massimo Autieri, Antonio Pollio, Tiziana De Masi e Gennaro Pecoraro) I NOMI DEI 17 INDAGATI GIOVANNI UCCELLO (CARCERE)  A GIUDIZIOALFONSO UCCELLO (CARCERE). A GIUDIZIOEDUARDO UCCELLO (CARCERE) A GIUDIZIORAFFAELE BACIO TERRACINO (CARCERE) A GIUDIZIOGIUSEPPE ROMANELLI (CARCERE) A GIUDIZIOMARCO CANFORA (CARCERE)ANTONIO DI MATTEO (DOMICILIARI) A GIUDIZIOCIRO RENDOLA (DOMICILIARI) A GIUDIZIOGIOVANNI RENDOLA (DOMICILIARI) A GIUDIZIOFRANCESCO SIVIERO (DOMICILIARI) A GIUDIZIOANTONIO SIVIERO (DOMICILIARI) A GIUDIZIOANTONIO FERIOLI (DOMICILIARI) A GIUDIZIOANGELO PASQUALE MONTAGNA (CARCERE) A GIUDIZIOLUCIO DE LUCIA (DOMICILIARI)ANTONIO FEDELE (DOMICILIARI)RAFFAELE RUSSO (DOMICILIARI)GIUSEPPE FEDELE (DOMICILIARI) Leggi AncheGiuseppe Del Gaudio, giornalista professionista dal 1991. Amante del cinema d’azione, sport e della cultura Sud Americana. Il suo motto: “lavorare fa bene, il non lavoro: stanca” LEGGI TUTTO