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    Camorra, il clan di Aldo Picca: una dinasty familiare. Il ruolo di fratelli e figlie

    Sono complessivamente 53 gli indagati dell’inchiesta sul clan che il boss Aldo Picca di Teverola aveva deciso di riorganizzare insieme con Nicola Di Martino per prendersi lo spazio lasciato libero dai Casalesi.PUBBLICITA

    A Teverola, a Carinaro aveva imposto il pizzo a tutti i commercianti, aveva deciso di investire nel business delle imprese ma anche nel traffico di droga. E per farlo avevano coinvolto anche i familiari: dai fratelli ai figli.
    Punti Chiave ArticoloI cui nomi compaiano tra gli arrestati e gli indagati nelle oltre 600 pagine dell’ordinanza cautelare firmata dal gip Marco Carbone del tribunale di Napoli, su richiesta del sostituto procuratore Simona Belluccio della Dda partenopea. Sono tutti accusati di associazione a delinquere di tipo mafioso, estorsione, intestazione fittizia di beni, riciclaggio, autoriciclaggio, detenzione di armi, traffico e spaccio di sostanze stupefacenti. Ci sono i tre fratelli di Aldo Picca ovvero Luigi, Raffaele e Giuseppe. E poi le due figlie Cira e Laura. La prima 45enne, colpita da divieto di dimora nel comune di residenza, e la seconda 41enne, indagata a piede libero. E ancora un altro parente Giovanni Picca di 41 anni. Era un sorvegliato speciale il boss di Teverola, Aldo Picca, quando dall’aprile 2021 fino all’aprile 2023, ha iniziato a seminare il terrore tra i commercianti della zona, imponendo un vero e proprio monopolio delle slot machine.
    Ben 7 i titolari di bar e pasticcerie, perlopiù con sedi a Teverola, che sono stati costretti a sottoscrivere dei contratti per l’installazione di slot machine all’interno dei loro esercizi commerciali e a consegnargli una percentuale dei proventi derivanti dalle giocate. Nel gruppo di vertice della cosca figurano anche Salvatore De Santis, Carmine Di Tella, Giuseppe Laudadio, Giuseppe Sarno, Francesco De Chiara, Antonio Zuppa e Michele Vinciguerra svolgevano un ruolo operativo essenziale, coordinando le attività estorsive a cantieri, commercianti, nonché l’imposizione di apparecchi slot-machine e determinati istituti di vigilanza controllati dalla camorra. Il reggente, durante i periodi di detenzione, si alternava con Nicola Di Martino per impartire le direttive ai sodali. Riguardo alle condotte estorsive, i commercianti erano costretti non solo a versare i proventi delle giocate ma anche a rifornirsi delle macchinette dagli ‘amici del clan’. La somma di 150 euro era quanto l’estorto doveva versare allo scagnozzo di turno. Le indagini, svolte dal 2021 al 2023, incentrate sui territori dei Comuni di Teverola e Carinaro, hanno permesso, attraverso attività di intercettazioni telefoniche e ambientali, l’analisi dei tabulati e i servizi di osservazione e pedinamento, di accertare come Aldo Picca, esponente di spicco della camorra locale e cognato di Giuseppe Quadrano (killer di Don Peppe Diana), tornato in libertà dopo 19 anni di detenzione, abbia avviato una serie di attività criminali per riaffermare il “diritto” di gestire le attività illecite su una fetta dell’agro aversano, senza sottostare alle fazioni del clan dei casalesi. Le attività illecite accertate includevano estorsioni a imprenditori e titolari di esercizi commerciali, l’imposizione di istituti di vigilanza privata e di slot-machine in bar, locali e sale slot, forniti da società a loro riconducibili o compiacenti. È stato anche accertato il tentativo di imporre i servizi di onoranze funebri. Il sodalizio criminale disponeva di armi per intimidire le vittime e i rivali. È emerso che l’associazione traeva buona parte dei suoi introiti illeciti dalla compravendita di sostanze stupefacenti, quasi in regime di monopolio, inondando di cocaina, hashish e marijuana i territori sotto il proprio controllo. Sono stati registrati casi di acquirenti che, non rispettando i pagamenti, venivano resi vittime di pestaggi e privazioni di beni personali. Contestualmente all’esecuzione dell’ordinanza di custodia, è stato notificato un decreto di sequestro di beni mobili e quote societarie per un valore di oltre 1 milione di euro. Ordinanza cautelare in carcere: Aldo PiccaNicola Di MartinoSalvatore De SantisRaffaele Di TellaGiovanni PiccaFrancesco De ChiaraAntonio ZuppaAntimo CeparanoSalvatore MuscarielloVeronika ViatkinaAntonio ZaccarielloMichele VinciguerraRaffaele SantoroLuigi StellatoCristian Pio IntelligenzaAntonio RegaAngelo RegaVincenzo MottolaEnrico Della GattaSalvatore PasquaNicola PoddaGiuseppe SarnoFabio Della VolpeLuigi AbategiovanniMarco BoscoFabio BuffardoBruno FrascarinoCarmine SfocoArmando SocialeRossano SpinosaOmar SchaivoneGiuseppe Lama Ordinanza di custodia cautelare ai domiciliari Carmine Di TellaTobia AbategiovanniNatalia Watanabe Gomes Divieto di dimora in Campania Giuseppe PiccaRaffaele PiccaCira PiccaAlessio ArbolinoGiuseppe LaudadioDario Giovanni CasertaLorenzo Griffo (nella foto i due reggenti del clan: Aldo Picca e Nicola De Martino) Leggi Anche LEGGI TUTTO

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    Camorra il boss Aldo Picca aveva riorganizzato il clan: arrestato con 41 affiliati

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    I Carabinieri del Comando provinciale di Caserta hanno arrestato 32 persone nell’ambito di un’inchiesta coordinata dalla Dda di Napoli, culminata nell’esecuzione di un’ordinanza di custodia cautelare.
    Al centro delle indagini c’è il clan camorristico Picca, con il boss Aldo Picca, già condannato a 61 anni di reclusione e rilasciato nel 2023 dopo 19 anni grazie a vari sconti di pena.
    Secondo il procuratore di Napoli, Nicola Gratteri, Picca ha immediatamente riorganizzato il clan, aggiornando i metodi criminali alle nuove tecnologie e concentrandosi su attività imprenditoriali e estorsioni.
    I reati contestati includono associazione a delinquere di tipo mafioso, estorsione, intestazione fittizia di beni, riciclaggio, autoriciclaggio, detenzione di armi, e traffico di droga.
     Il boss Aldo Picca era uscito dal carcere lo scorso anno dopo 19 anni
    L’operazione è stata condotta nei comuni di Teverola e Carinaro, una zona strategica tra Napoli e Caserta, dove il clan gestiva anche il traffico di droga con acquisti fino a 1 milione di euro all’anno, utilizzando POS per mascherare i pagamenti.
    In totale, l’ordinanza ha coinvolto 42 persone, con 32 in carcere, 3 agli arresti domiciliari e 7 con divieto di dimora in Campania. Le attività illecite includevano estorsioni, imposizione di servizi di vigilanza privata e gestione di slot-machine. Il clan tentava anche di imporre servizi di onoranze funebri.

    I metodi del clan si basavano sull’intimidazione, sfruttando un potere spregiudicato e un clima di omertà. Possedevano armi per intimidire e risolvere controversie interne.
    Il clan traeva gran parte dei suoi introiti dal traffico di droga, quasi in regime di monopolio, con numerosi acquirenti che venivano puniti per inadempienze nei pagamenti.
    Contestualmente all’arresto, sono stati sequestrati beni mobili e quote societarie per un valore superiore a 1 milione di euro.
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    Maxi blitz anti camorra a Caserta: 40 arresti

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    I Carabinieri del Comando Provinciale di Caserta, sotto la direzione della Direzione Distrettuale Antimafia di Napoli, stanno eseguendo un’ordinanza di custodia cautelare nei confronti di oltre 40 persone.
    Sono accusati di reati quali associazione mafiosa, estorsione, intestazione fittizia di beni, riciclaggio, autoriciclaggio, detenzione di armi, traffico e spaccio di sostanze stupefacenti.
    Tra gli arrestati si trova anche un esponente di spicco di un gruppo camorristico operante nella provincia di Caserta.
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    Camorra, ordinanza cautelare per il boss Fontanella e due complici

    Napoli. Dopo il decreto di fermo è arrivata l’ordinanza cautelare per il boss Gioacchino Fontanella e i suoi tre complici accusati di estorsione dal metodo mafioso.
    Insieme con il boss 57enne ex pentito l’ordinanza cautelare è stata notificata in carcere a Francesco Sorrentino, di quasi 50 anni, e Nicola Mendola, 52 anni.
    I tre sono accusati di aver tentato di estorcere una somma compresa tra 50.000 e 250.000 euro a un imprenditore, recandosi più volte nella sua azienda e minacciandolo verbalmente.
    L’indagine, condotta dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Salerno, ha portato i Carabinieri del Gruppo di Torre Annunziata a eseguire un’ordinanza del Gip di Salerno, che ha disposto la custodia cautelare in carcere.

    I tre sono accusati di tentata estorsione aggravata dal metodo e dalla finalità mafiosa, avendo agito in concorso per agevolare il clan camorristico dei ‘Fontanella‘, attivo nella zona di Sant’Antonio Abate, nel Napoletano.
    L’ordinanza cautelare, richiesta dai pm della DDA di Salerno, è stata eseguita presso le carceri di Spoleto, Napoli-Secondigliano e Salerno, dove gli indagati erano già detenuti.

    L’indagine è partita dalla denuncia dell’imprenditore e ha permesso agli investigatori di ricostruire come i tre abbiano ripetutamente minacciato la vittima presso la sua azienda, con l’intento di estorcere denaro.
    Secondo gli inquirenti, il tentativo di estorsione è stato realizzato “con il cosiddetto metodo mafioso”, al fine di imporre e accrescere il prestigio criminale del clan ‘Fontanella’, operante nel territorio. LEGGI TUTTO

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    Camorra, sciolto nell’acido per una relazione con la moglie del boss: ordinanza annullata

    La decima sezione del Tribunale del Riesame di Napoli, uniformandosi a una decisione presa dalla Cassazione, ha annullato l’ordinanza (relativamente ai capi d’accusa relativa all’omicidio) emessa nel maggio 2023 nei confronti di Paolo Abbatiello e Gianfranco Leva.PUBBLICITA

    Entrambi ritenuti coinvolti nell’assassinio di Salvatore Esposito detto Totoriello, ucciso e sciolto nell’acido, nel 2013, secondo gli inquirenti per avere allacciato una relazione con la moglie di un elemento di spicco del clan Licciardi.

    Abbatiello e Leva (difesi rispettivamente dagli avvocati Imma Panico e Claudio Davino, e dall’avvocato Giuseppe Biondi) restano in carcere perché accusati di altri reati.
    Insieme con Raffaele Prota (per il quale l’ordinanza è stata annullata nel dicembre del 2023) avrebbero organizzato ed eseguito l’omicidio di Esposito. L’udienza preliminare è stata fissata a Napoli per il 10 settembre.

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    Napoli, scarcerato il boss Elio Amato: Ferragosto a casa dopo 14 anni

    Napoli. Ferragosto a casa dopo 14 anni per il boss Elio Amato. L’esponente di spicco della famosa cosca degli “scissionisti” o degli “spagnoli” di Secondigliano è da qualche giorno a casa.PUBBLICITA

    Dopo 14 anni ininterrotti di carcere di cui molti al 41 bis è stato scarcerato per fine pena.

    Punti Chiave ArticoloEra stato arrestato a Villaricca nel 2014 dopo oltre un anno di latitanza insieme con il suo fedele guardaspalle Marco Liguori. Elio Amato, oggi 56 anni, è il fratello del boss Raffaele Amato fondatore insieme con il cognato Cesare Pagano di quella potente famiglia criminale che con la scissione dai Di Lauro diede il via a una delle più sanguinose e durature faide di camorra della storia.
    Alleanze, tradimenti, finti pentimenti, fughe all’esterno, ma soprattutto centinaia di omicidi di cui molte vittime innocenti. C’è tutto “Gomorra” dietro la storia criminale degli Amato-Pagano.  E’ il fratello di Raffaele Amato, boss fondatore del clan Amato-Pagano E ora dopo dopo 14 anni di carcere torna libero un boss del calibro di Elio Amato. Negli stessi giorni tra l’altro è tornato libero anche Nicola Rullo ‘o nfamone, esponente di spicco del clan Contini. Gli investigatori sono in pieno allarme per tutte le possibili conseguenze che queste due scarcerazioni potrebbero significare e determinare nel complesso e variegato mondo della camorra di Napoli.
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    Napoli, l’agguato a Carmine Notturno davanti a decine di testimoni

    Napoli. Si era avvicinato al clan Reale del rione Pazzigno, il 49enne Carmine Notturno ucciso ieri sera in piazza Giambattista Pacichelli, poco lontano da Corso San Giovanni a Teduccio.PUBBLICITA

    Un agguato studiato ed eseguito da killer professionisti capaci di agire anche in situazioni poco agevoli come la presenza di tanta gente in strada.

    Gli agenti della squadra mobile di Napoli e quelli del commissariato Barra San Giovanni, che conducono le indagini sotto il coordinamento della Dda di Napoli, hanno lavorato tutte la notte a spulciare le immagini delle telecamere private presenti in zona e a sentire le testimonianze delle persone presenti.
    Così come è stato ascoltato chi lo ha accompagnato al vicino ospedale del Mare dove è morto poco dopo l’arrivo perché i proiettili avevano centrato organi vitali.

    Un agguato studiato perché qualcuno, come si dice in gergo, ha portato la battuta: ovvero ha segnalato la presenza dell’uomo in strada. Vicino a una pizzeria.
    Carmine Notturno aveva appena parcheggiato lo scooter. Forse voleva comprare delle pizze per mangiarle a casa durante la partita del Napoli in tv che stava per iniziare di li a poco.
    Il suo omicidio apre scenari criminali nuovi anche se alla periferia Est di Napoli i vari scontri di camorra tra i clan in guerra da anni per il controllo delle attività illecite non si sono mai fermati.

    Ma non è escluso che l’omicidio di Carmine Notturno sia venuto per una decisione interna ai sui stessi ambienti criminali per qualcosa poco gradito ai vertici.

    Leggi AncheGiuseppe Del Gaudio, giornalista professionista dal 1991. Amante del cinema d’azione, sport e della cultura Sud Americana. Il suo motto: “lavorare fa bene, il non lavoro: stanca” LEGGI TUTTO

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    Agguato di camorra a San Giovanni a Teduccio: ucciso 50enne

    Agguato di matrice camorristica in serata a Napoli in piazza Giambattista Pacichelli, poco lontano da Corso San Giovanni a Teduccio, periferia orientale della città.PUBBLICITA

    La vittima è un pregiudicato di 50 anni raggiunto da alcuni colpi di arma da fuoco sparati da distanza ravvicinata da due sicari in sella a uno scooter e con il volto coperto. Soccorso e trasferito all’Ospedale del Mare, l’uomo è deceduto poco dopo a causa delle ferite riportate.

    Erano in sella a uno scooter i due sicari dal volto coperto che in serata a Napoli hanno teso un agguato mortale ai danni di un pregiudicato di 50 anni nella zona di San Giovanni a Teduccio.
    L’uomo – che era a piedi – è morto poco dopo il suo arrivo all’ospedale del Mare. Fatali alcuni colpi di pistola. Sull’agguato indaga la polizia.

    Leggi AncheSiamo la redazione di Cronache della Campania. Sembra un account astratto ma possiamo assicurarvi che è sempre un umano a scrivere questi articoli, anzi più di uno ed è per questo usiamo questo account. Per conoscere la nostra Redazione visita la pagina “Redazione” sopra nel menù, o in fondo..Buona lettura! LEGGI TUTTO

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    Camorra,  uccise il figlio del boss rivale: ergastolo per Michele Zagaria e altri due

    Condanne confermate in Cassazione per il capoclan dei Casalesi Michele Zagaria, per l’esponente di spicco Giuseppe Caterino e per l’imprenditore Francesco Zagaria, in relazione al’omicidio di Raffaele Lubrano, figlio del capo dell’omonimo clan Vincenzo Lubrano, ucciso a Pignataro Maggiore nel novembre 2002.PUBBLICITA

    La prima sezione della Corte di Cassazione (presidente Filippo Casa) ha confermato per Michele Zagaria e Caterino la pena di 30 anni ciascuno irrogata dalla Corte di Appello di Napoli (e in primo grado dal gup di Napoli), e di otto anni per l’imprenditore, che ha avuto uno sconto di pena in quanto collaboratore di giustizia.

    Per l’omicidio era già stato condannato il killer Vincenzo Schiavone (noto come “petillo”) quale esecutore materiale. Michele Zagaria e Giuseppe Caterino sono stati riconosciuti come mandanti del delitto.
    Non ha presentato ricorso in Cassazione l’altro boss dei Casalesi condannato a 30 anni come mandante, Francesco Schiavone alias Cicciariello, cugino omonimo del padrino Francesco Sandokan Schiavone. Lubrano jr fu ucciso la sera del 14 novembre 2002.

    Dopo aver lasciato il suo studio di via Vittorio Veneto e mentre percorreva la strada a bordo di una Toyota Land Cruiser diretta verso una zona periferica, il figlio del boss fu dapprima superato da un’Alfa Romeo 164 e poi bloccato nei pressi del Bar Giordano, dove i killer lo uccisero per vendetta.
    Secondo quanto emerso ai vari gradi di processo, Lubrano venne ucciso per vendicare l’omicidio di Emilio Martinelli, fratello del ras dei Casalesi Enrico ucciso da Lubrano ed altri complici.
    Leggi AncheCollaboratore di lunga data di Cronache della CampaniaDa sempre attento osservatore della società e degli eventi.Segue la cronaca nera. Ha collaborato con diverse redazioni. LEGGI TUTTO

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    Camorra, Piantedosi: “129 provvedimenti antimafia interdittivi adottati solo a Napoli”

    Le analisi degli apparati investigativi impegnati nell’area metropolitana di Napoli evidenziano situazioni talvolta condizionate dalla presenza radicata di associazioni di natura camorristica.PUBBLICITA Le stesse analisi rilevano come, in alcune zone, la temporanea assenza di gruppi dominanti possa determinare forme di accesa conflittualità all’interno dei contesti criminali.Si tratta di scenari che impegnano le Forze di Polizia e la Magistratura ad intercettare ogni possibile evoluzione criminale e la capacità di mimetizzazione dei sodalizi camorristici che in Campania, come altrove, tendono sempre più a sostituire l’uso della violenza con strategie imperniate su azioni corruttive e intimidatorie”.Lo ha detto il Ministro dell’Interno Matteo Piantedosi al question time alla Camera dei deputati.“Rispetto a questo quadro, l’attenzione del Ministero dell’Interno è massima, sia sul piano della prevenzione e contrasto delle infiltrazioni della criminalità organizzata nell’economia legale sia su quello della tutela delle amministrazioni locali dalle ingerenze mafiose, anche attraverso la costante azione di monitoraggio assicurata sul territorio dalle Prefetture.E’ sufficiente ricordare, a questo riguardo – ha aggiunto – i 21 scioglimenti per mafia dei consigli comunali (6 dei quali proprio in Campania) e le 19 proroghe (di cui 5 in Campania) adottati sotto questo Governo, nonché le 22 Commissioni di accesso attivate presso i comuni, l’ultima delle quali disposta, nella giornata di ieri, per il comune di Caserta”.“Non è da meno il dato relativo ai provvedimenti antimafia interdittivi adottati dai Prefetti nei confronti dei soggetti legati alla criminalità organizzata, ben 129 nella sola Città metropolitana di Napoli nei primi 7 mesi del 2024 – sottolinea – E’ in questo contesto che si collocano alcune recenti iniziative di rafforzamento dello scambio informativo tra le Procure distrettuali e le Prefetture e di potenziamento dei gruppi interforze antimafia volte a rendere ancora più incisiva la lotta all’espansione della criminalità organizzata nell’attività economica e nelle pubbliche amministrazioni.Sulla base dei dati sopra riferiti, che testimoniano il costante impegno di questo Ministero e delle sue articolazioni periferiche sul tema, possono, quindi, gli Onorevoli interroganti essere sicuri che ogni situazione sarà adeguatamente attenzionata”.Leggi AncheCollaboratore di lunga data di Cronache della CampaniaDa sempre attento osservatore della società e degli eventi.Segue la cronaca nera. Ha collaborato con diverse redazioni. LEGGI TUTTO

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    Napoli, agguato fallito al rione Traiano: auto crivellata di proiettili

    Napoli. Anche le armi dei clan del rione Traiano rispondono presente alla ripresa della faida.PUBBLICITA E’ il quarto quartiere della città che nel giro di una settimana vede riesplodere i venti di guerra tra le varie famiglie criminali.L’altra sera, intorno alle 23, la polizia è intervenuta in via Lattanzio a seguito di segnalazioni di colpi d’arma da fuoco.Sul posto, gli agenti hanno trovato una Fiat Panda crivellata di proiettili e recuperato sette bossoli. Il proprietario dell’auto, un uomo incensurato, ha dichiarato di non avere nemici.Gli investigatori sospettano che l’auto sia stata colpita per errore, forse durante un agguato a qualcuno che si trovava in zona.Questo episodio riaccende i riflettori sulla faida che da anni terrorizza i quartieri di Fuorigrotta, Soccavo e Bagnoli. A inizio luglio si erano già verificate altre sparatorie, attribuite allo scontro tra i clan Troncone e Iadonisi-Esposito, supportati dai Sorianiello.Le forze dell’ordine stanno analizzando le immagini delle telecamere di sorveglianza per identificare i responsabili dell’ennesima stesa di camorra.Leggi Anche LEGGI TUTTO

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    Maxi blitz anti droga a Marano: 18 arrestati. Ci sono anche dei latitanti. TUTTI I NOMI

    Marano di Napoli: un’organizzazione dedita allo spaccio. Per ogni affiliato la “mesata”. Carabinieri arrestano 18 persone, altri sono attivamente ricercatiPUBBLICITA I  Carabinieri della Compagnia di Marano di Napoli hanno eseguito un’ordinanza di custodia cautelare emessa dal Tribunale di Napoli – sezione riesame, a seguito di un appello proposto dalla Direzione Distrettuale Antimafia. Punti Chiave ArticoloL’operazione ha portato all’arresto di 18 persone, di cui 11 in custodia in carcere e 7 agli arresti domiciliari. Gli arrestati sono gravemente indiziati, a vario titolo, di reati legati all’associazione per il traffico illecito di sostanze stupefacenti e alla detenzione di droga ai fini di spaccio.Altre persone coinvolte nell’inchiesta sono attivamente ricercate e irreperibili e quin di latitanti.L’ordinanza cautelare è divenuta definitiva dopo che la Corte di Cassazione ha rigettato i ricorsi presentati dagli indagati.L’organizzazione criminale operava a Marano e nelle zone limitrofe, distribuendo stupefacenti in diversi comuni campani. Gli affiliati ricevevano mensilmente le cosiddette “mesate” per l’attività di spaccio svolta nei vari punti di vendita.Ecco i nomi degli arrestatiLuciano Campus, Pasquale Carbone, Sandrino Castellano, Luigi Cesaro, Maurizio Esposito, Gaetano Marrandino, Aurelio Castellano, Gennaro Corrado, Marcello Tipaldi, Diego Vallozzi, Aniello Zampella, Gennaro Carbone, Raffaele Cerullo, Pasquale Corrado, Luca Gargiulo, Giovanni Montagna, Antonio Pinto, Mirko Russo.Leggi Anche LEGGI TUTTO