Le Kassandre: un regalo per supportare la lotta alla violenza sulle donne – Il Roma
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by Sonia Basso
I “Fondi delle Donne” o “Fondi Femministi” sono fondazioni filantropiche dedicate a supportare l’attivismo per i diritti delle donne e di genere. Vengono create con la precisa visione di sollecitare, raccogliere ed erogare fondi per supportare le organizzazioni e i movimenti che in ogni paese si impegnano nella promozione di questi diritti. Oggi, ci sono oltre 40 fondi femministi nel mondo e, finalmente, oggi anche il movimento femminista italiano ha il suo fondo: si chiama, appunto, Semia.
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Semia, la novità
Semia è il primo fondo femminista italiano. La fondazione nasce per sostenere le organizzazioni, i gruppi, i collettivi, le attiviste e gli attivisti che lavorano ogni giorno per rendere l’Italia un paese più inclusivo, equo e sicuro per bambine, ragazze, donne, persone trans e non-binarie.
L’ambizione è quella di contribuire a rendere il futuro un luogo in cui ogni persona possa godere di pieni diritti e possa vivere e amare con dignità e libertà. L’obiettivo di Semia è, quindi, di sostenere le associazioni che hanno pochi fondi per le attività e che non potendo pagare i salari, mancano di efficienza e rischiano di morire.
È nato in Italia il primo Fondo delle Donne che si pone come obiettivo quello di supportare economicamente tutte le organizzazioni e associazioni che si occupano di diritti e di uguaglianza di genere (Getty Images)
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L’indagine promossa dal Fondo femminista italiano
La questione della sopravvivenza delle associazioni è il focus di un rapporto realizzato proprio da Semia, intitolato “Il movimento femminista italiano: analisi conoscitiva, sfide e sostenibilità”. Esso mette in luce le problematiche contro cui i centri che si occupano di diritti delle donne e uguaglianza di genere devono lottare ogni giorno per restare attive. Parte vitale del terzo settore, operano costantemente con risorse limitate e in un contesto difficile.
Spesso animate dal solo lavoro volontario, sono invisibili a livello istituzionale. La cronica mancanza di risorse le costringe a puntare quasi tutte le energie sull’emergenza del contrasto alla violenza. Ma poco resta per lavorare sul cambiamento sistemico e sulle cause strutturali della stessa, prima fra tutte la disoccupazione femminile e la fragilità economica delle donne.
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Le associazioni per i diritti delle donne un mondo dimenticato
In pratica, mentre le organizzazioni sono giustamente impegnate a occuparsi tanto di contrasto alla violenza, restano disattese le cause stesse di una violenza sistemica sulle donne e le minoranze di genere. Per esempio, le barriere all’accesso e la discriminazione sui luoghi di lavoro, la carenza di educazione economico-finanziaria, l’impari distribuzione dei lavori di cura e l’educazione alla leadership.
Questi restano terreni ancora di nicchia, proprio in un Paese in cui, secondo il GEI, l’Indice di Uguaglianza di Genere del 2023, l’area più critica è proprio quella della disoccupazione e della “malaoccupazione” femminile. Non aiuta nemmeno il segmento della filantropia istituzionale nel nostro Paese, nota per la sua generosità in molti ambiti, che tende però a fare scarse donazioni alle organizzazioni che si occupano della tematica femminista.
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Ecco perché la nascita del fondo femminista
«Proprio per questo è nato il primo fondo femminista italiano – spiega Miriam Mastria, Direttrice di Semia. – Semia si pone come un’alleata del movimento: è una fondazione giovane, fatta di professioniste del terzo settore.
È al servizio delle realtà territoriali, a supporto materiale delle organizzazioni che si occupano dei diritti delle ragazze, le donne, le persone trans e non binarie, per l’autodeterminazione di tutte. Perché attraverso la libera espressione di ciascuna, si possa realizzare il progresso corale dell’intera società». More
by Sonia Basso
Aldo Cazzullo (foto di Carlo Furgeri Gilbert).
La mostra dell’anno è quella alle Gallerie d’Italia di Napoli, in via Toledo. Ed è dedicata ad Artemisia Gentileschi, in particolare al suo soggiorno napoletano.
Sono esposte 21 sue opere, che illustrano la parabola della “pittora”, come venne chiamata (la parola pittrice non esisteva): per la prima volta il pubblico italiano può ammirare capolavori come la Santa Caterina d’Alessandria di recente acquisita dalla National Gallery di Londra; inoltre, la stessa Santa del Nationalmuseum di Stoccolma o la Giuditta e l’ancella con la testa di Oloferne del Nasjonalmuseet di Oslo.
Ecco poi le grandi e rare commissioni pubbliche della pittrice, dall’Annunciazione di Capodimonte a due delle tre monumentali tele realizzate per il coro della cattedrale di Pozzuoli, il San Gennaro nell’anfiteatro e I Santi Procolo e Nicea, quest’ultima restaurata per l’occasione.
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Ma c’è un aspetto non meno interessante, che va oltre le tele in mostra. Artemisia arriva a Napoli dopo un lungo girovagare, da Firenze a Venezia, al termine di una fuga infinita dalla sua città, Roma.
A Roma Artemisia aveva imparato a dipingere, e aveva conosciuto la violenza di Agostino Tassi. A Roma era stata torturata: perché, allora come oggi, era spesso la vittima dello stupro a salire sul banco degli imputati. Quel processo Artemisia lo vinse; ma il Papa graziò il condannato.
Anche per questo ricorre nella pittura di Artemisia il tema della donna che si prende la propria rivincita sull’uomo. Era una società profondamente ingiusta, questo lo sappiamo.
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Ci piace meno ricordare che sotto il fascismo le donne di fatto non potevano lavorare, che votarono per la prima volta nel 1946, che ancora negli anni ’50 non potevano entrare in magistratura, che la prima donna diventa ministra solo nel 1976, l’anno dopo l’abolizione dell’autorità maritale.
Il delitto d’onore resta in vigore fino al 1981, e fino al 1996 lo stupro era un reato contro la morale e non contro la persona. L’opera e la vita di Artemisia sono più che mai la battaglia di una pioniera.
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by Sonia Basso
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by Sonia Basso
20 Giugno 2021
Eventi e Mostre
Cecilia Gasdia: «La mia Arena, ambasciatrice delle bellezze italiane»
di
Maria Laura Giovagnini More
by Sonia Basso
#MaiPiùInvisibili. Sono oltre 6 milioni le donne che in Italia subiscono violenza e molte delle loro storie non emergono mai. Sono anche donne il cui coraggio – quando riescono a denunciare – resta nell’ombra, perché “metterci la faccia” significa spesso mettere in pericolo se stesse e i loro figli.
Così, a dare un volto a queste donne sono personaggi famosi dello spettacolo dello sport e della cultura, che hanno deciso di usare la loro voce per raccontare queste storie, insieme a We World, organizzazione che da 50 anni difende i diritti di donne, bambini e bambine in 27 Paesi. Donatella Finocchiaro, Elisa Di Francisca, Federico Russo, Francesco Mandelli, Rossella Brescia, Vittoria Schisano, Michelangelo Tommaso, Alessio Boni, Christiane Filangeri e tanti altri hanno aderito alla campagna social e di raccolta fondi #Maipiùinvisibili.
I numeri della violenza
In Italia, 1 donna su 3 subisce violenza almeno una volta nella vita, ma non lo dice. Il COVID-19, il lockdown, le problematiche legate alla crisi economica, hanno peggiorato la situazione, lasciando ancora più isolate le donne e i loro figli, vittime di violenza domestica. Raccontare le storie di queste donne è fondamentale per mandare un messaggio a chi vive ancora nella violenza e nel terrore: uscirne è possibile.
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Come contribuire
La campagna #MaiPiùInvisibili, attiva fino al 21 marzo, permetterà di sostenere gli Spazi Donna di WeWorld e proteggere le donne e i loro bambini dalla violenza. Basta donare 2 euro con sms al 45590 dai cellulari personali Wind Tre, TIM, Vodafone, Iliad, PosteMobile, Coop Voce, Tiscali o 5 euro chiamando lo stesso numero da rete fissa TWT, Convergenze, PosteMobile; 5 e 10 euro da rete fissa TIM, Vodafone, Wind Tre, Fastweb e Tiscali dal 1 al 21 marzo.
«Con questa campagna vogliamo restituire voce e visibilità alle tante donne oggi Invisibili. Invisibili perché talmente stremate dalla violenza e dalla violazione dei loro diritti, da augurarsi di scomparire, di non essere viste, non esistere per non subire più. Invisibili anche per la società che le circonda, che per non vedere si volta dall’altra parte. La violenza sulle donne è un problema che ci riguarda tutti e tutte, ma ognuno di noi può scegliere se voltarsi dall’altra parte o prendere posizione. Oggi con un sms possiamo fare un piccolo gesto concreto per fermarla» dichiara Marco Chiesara, Presidente di WeWorld.
Ogni anno 1.000 donne, spesso con i loro figli, sono accolte e assistite grazie ai progetti di WeWorld.
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La fine di un incubo e l’inizio di una nuova vita. È così che Gessica Notaro descrive il suo stato d’animo dopo la sentenza definitiva della Cassazione che conferma i 15 anni, cinque mesi e 20 giorni di reclusione per Eddy Tavares, l’ex compagno della ragazza riminese accusato di averla perseguitata e sfregiata con l’acido per gelosia.
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«Storia finita»
I giudici di secondo grado hanno definito la violenza con l’acido come la «plastica rappresentazione di una meditata, ferma volontà di punire per sempre la vittima, privandola non solo della sua speciale bellezza, ma della sua stessa identità, così da cancellarla agli occhi di chiunque, non potendola ‘possedere’ egli stesso».
Finalmente sollevata, quasi felice, nonostante tutto, può dire «è una storia finita, ora forse posso rilassarmi», visto anche il ricorso della difesa dell’imputato respinto e la sua espulsione alla fine della pena.
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Ma nessun perdono
«Sono molto contenta, ho fatto bene a riporre la mia fiducia nella magistratura che non mi ha tradita» dice Notaro. Una pena che farà scuola per i tanti, troppi casi di donne violentate, abusate, o come lei sfregiate. «Sono quattro anni che, nonostante potessi dimostrare rabbia, ho sostenuto il suo diritto di difendersi. Ora posso dire che è colpevole, fino al terzo grado». Fiera come sempre e con un convinzione: non perdonerà mai qualcuno che non ha avuto nessuna parola di pentimento dopo quel terribile gesto.
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Sfregiata con l’acido
Gessica Notaro fu aggredita il 10 gennaio 2017 sotto casa. Dopo una partecipazione a Miss Italia 2007 con la fascia di Miss Romagna e dopo alcune esperienze televisive lascia il mondo dello spettacolo per lavorare come addestratrice al Delfinario di Rimini ed è lì che incontra Tavares.
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«È stato l’amore più grande della mia vita, nonostante i tradimenti e le difficoltà nel rapporto per via degli atteggiamenti di lui. Ma non riuscivo a lasciarlo» ha sempre raccontato. Quando poi, però, si decide, l’uomo inizia a perseguitarla, fino a quando scatta l’agguato.
Una capitolo che non si chiuderà mai
Gessica non era a Roma in udienza. Ha atteso da casa la sentenza. «Finalmente nessuno – ha raccontato – compresi i suoi avvocati, da oggi potrà neanche lontanamente sostenere che lui è innocente».
Per Gessica, che ha dovuto subire moltissimi dolorosi interventi chirurgici, ma nonostante questo la lesione a un occhio rimarrà permanente, quel 10 gennaio sarà una porta che non si potrà mai chiudere definitivamente, perché il suo viso e le nuove operazioni che dovrà affrontare forse il prossimo anno per il trapianto di cornea, glielo ricorderanno per sempre. «Non ho più paura di nessuno – dice – ma non potrò mai abbassare la guardia».
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Il messaggio alle donne
Una storia che pur nel grande dolore ha avuto giustizia. E che fa lanciare da Gessica un messaggio a tutte le donne vittime di violenza: imparate a volervi bene. Non giustificare mai uno schiaffo o un gesto di violenza, perché l’amore non parla in quel modo. Non tenete quello che state vivendo dentro, parlatene, fatevi aiutare nel denunciare perché so che non è semplice. Io ce l’ho fatta. More
by Sonia Basso
Molestie sulle donne: la maggior parte si consuma tra le mura domestiche. Secondo il Ministero della Salute: “L’abuso fisico e sessuale è un problema sanitario che colpisce oltre il 35% delle donne in tutto il mondo e, cosa ben più grave, è che ad infliggere la violenza sia nel 30% dei casi un partner intimo”. Ma nel restante dei casi, la donna si trova a dover affrontare uno sconosciuto, nelle circostanze più disparate.
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Un problema mondiale
Secondo il rapporto in lingua inglese dell’OMS “Valutazione globale e regionale della violenza contro le donne: diffusione e conseguenze sulla salute degli abusi sessuali da parte di un partner intimo o da sconosciuti”, la violenza contro le donne rappresenta “un problema di salute di proporzioni globali enormi”. Redatto in collaborazione con la London School of Hygiene & Tropical Medicine e la South African Medical Research Council, il rapporto analizza sistematicamente i dati sulla diffusione della violenza femminile a livello globale, inflitta sia da parte del proprio partner, sia da sconosciuti.
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Il Sistema sanitario nazionale
Il sistema sanitario mette a disposizione di tutte le donne, italiane e straniere, una rete di servizi sul territorio, ospedalieri e ambulatoriali, socio-sanitari e socio-assistenziali, anche attraverso strutture facenti capo al settore materno-infantile, come ad esempio il consultorio familiare, al fine di assicurare un modello integrato di intervento.
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Vittime inconsapevoli
È al pronto soccorso che le vittime di violenza si rivolgono per un primo intervento sanitario. «La donna quando racconta quel che subisce non parla di sé come di una vittima perché non accetta di esserlo e imputa ciò che le fa l’uomo ai suoi comportamenti: “Non cucino bene, non mi prendo cura della casa”. Eppure riferisce di assumere pastiglie per l’ansia e di ripetuti accessi al pronto soccorso», spiega Stefania Bartoccetti, fondatrice di Telefono Donna, la linea attiva 24 ore su 24 a sostegno alle donne vittime di abusi fisici e psicologici.
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La stanza rosa
Presso alcuni Pronto soccorso in Italia si sta sperimentando un percorso speciale per chi subisce violenza, contrassegnato da un codice rosa, o uno spazio protetto, detto stanza rosa, in grado di offrire assistenza dal punto di vista fisico e psicologico e informazioni sotto il profilo giuridico, nel fondamentale rispetto della riservatezza. Ma prima di arrivare alle estreme conseguenze, esistono una serie di azioni che la donna può mettere in atto per essere più al sicuro: dallo spray al peperoncino ai corsi di auto difesa. «A patto però di non sentirsi invincibile», sottolinea l’esperta. Una condizione che potrebbe essere controproducente. More
by Sonia Basso
Il Coronavirus fuori e il proprio compagno dentro casa. La pandemia e le misure di restrizioni anticontagio adottate dai governi di tutto il mondo, hanno condannato un numero troppo alto di donne, spesso anche madri, già vittime di violenza domestica, a dover affrontare una doppia paura e un doppio nemico.
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Il rapporto Onu, più abusi
Con un risultato devastante: secondo un rapporto dell’Onu, la quarantena forzata ha causato un inquietante aumento degli abusi sulle persone più vulnerabili, compresi i minori, scatenando decine di richieste di aiuto.
L’allarme è stato lanciato da ogni parte del mondo, dal Regno Unito all’India, dove sono stati segnalati numeri in continua crescita. E con l’Onu che per quest’anno prevede almeno 15 milioni in più di casi di violenza domestica. Davvero tantissimi.
Il dato preoccupante, fornito dall’Unfpa, il Fondo delle Nazioni Unite per la popolazione ipotizza un aumento del 20 per cento dei casi di violenza per i primi 3 mesi di lockdown in tutti i 193 Stati membri delle Nazioni Unite.
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«Prendere subito delle misure»
Il segretario generale dell’Onu, Antonio Guterres ha esortato tutti i Paesi affinché adottino misure contro questo “scioccante aumento” di violenza, chiedendo maggiori investimenti nei servizi on-line, garantendo che i sistemi giudiziari continuino a perseguire gli autori degli abusi, creando sistemi di allarme nelle farmacie e nei supermercati e considerando i centri di accoglienza come servizi essenziali.
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Alcuni dati
Partendo dall’Italia, secondo l’Istat che ha preso in esame le chiamate al numero antiviolenza 1522, durante il lockdown c’è stato un incremento della richiesta d’aiuto del 73% rispetto allo stesso periodo dello scorso anno. Inoltre, il 45,3% delle vittime ha paura per la propria incolumità o di morire; ma il 72,8% non denuncia il reato subito. Sono, invece, 32 le donne uccise da gennaio a giugno 2020.
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In Gran Bretagna, nelle prime sei settimane di fermo nel Paese, una linea riservata ha ricevuto il 49% di telefonate in più da quando sono entrate in vigore le misure di sicurezza e di allontanamento e la polizia a Londra ha effettuato oltre 4000 arresti per abuso domestico.
A Bruxelles, l’aiuto è arrivato direttamente dal Parlamento europeo che per proteggere le donne, ha trasformato un proprio edificio, quello intitolato ad Helmut Kohl, nel centro della città, in un punto di accoglienza dedicato alle donne vittime di violenza. La Grande Mela non è da meno, l’abuso e la violenza sulle donne è aumentata drammaticamente anche a New York. Il sindaco di Los Angeles, Eric Garcetti, ha creato un progetto, Safe Haven, per offrire un rifugio protetto a 900 donne.
E con il lockdown, sono raddoppiate le chiamate alle linee di aiuto in Libano, in Malaysia, e perfino in Cina sono triplicate. Mentre in Australia i motori di ricerca come Google hanno registrato il maggior volume di richieste di aiuto per violenza domestica degli ultimi 5 anni.
In Argentina nell’arco di un solo mese, dal 20 marzo al 20 aprile, ci sono stati 20 femminicidi. In El Salvador, l’Ufficio della procura per i diritti umani ha riferito di nove femminicidi nel primo mese di blocco ma, secondo le autorità, la cifra reale è molto probabilmente più alta.
In Messico, dal 13 aprile, sono state assassinate più donne (367) di quante ne erano morte a causa del Covid-19 (100).
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Il rapporto rispetto al Gender Gap
Secondo il rapporto dell’Onu saranno le donne, quindi, a pagare il prezzo più alto degli “effetti collaterali” della pandemia, col rischio di vedere cancellati molti dei diritti conquistati in questi ultimi decenni. Una battuta d’arresto senza precedenti per la condizione femminile, che senza opportuni accorgimenti, renderà ragazze e donne maggiormente vulnerabili sul piano economico, sanitario e sociale, oltre ad aggravare ulteriormente le diseguaglianze tra i due sessi.
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Infatti, l’impatto economico e lavorativo dell’emergenza sanitaria globale devastante per tutti, senz’altro colpirà con più forza le donne, spiega il rapporto, visto che nei settori di attività pesantemente danneggiati dalla pandemia, quale turismo, servizi, commercio, le lavoratrici donne sono più numerose, hanno meno sicurezze professionali e guadagnano meno rispetto agli uomini.
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Dati sconfortanti arrivano anche osservando i numeri del gap di genere: nella fascia di età compresa tra i 25 e i 54 anni, la forza lavoro è composta per il 94% da uomini e 63% da donne. E in media, a parità di ruolo, ancora oggi una donna guadagna in media il 16% in meno rispetto ad un collega, e in alcuni casi fino al 35%.
Donne e ragazze al centro nel post pandemia
Quindi, sottolinea Guterres «l’uguaglianza di genere e i diritti delle donne sono essenziali per superare insieme questa pandemia. I diritti conquistati, una volta persi, impiegano anni per affermarsi nuovamente». Ed esorta i governi a mettere donne e ragazze al centro dei loro sforzi nella fase di rilancio economico post pandemia.
Nel rapporto l’Onu individua tre livelli di intervento per potenziare la risposta nazionale ed internazionale dopo la crisi Covid, invitando i leader politici a non ripetere le politiche passate ma a sfruttare il momento per ricostruire società più paritarie, inclusive e resilienti. Tra i settori di intervento per invertire la rotta c’è l’ampliamento delle reti di sicurezza sociale, l’accesso delle donne a crediti e prestiti, la loro inclusione nei piani di rilancio e sviluppo socio-economici su misura, la riduzione delle iniquità retributive sul lavoro e la creazione di una nuova economia di assistenza inclusiva che funzioni per tutti.
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by Sonia Basso
Se la quarantena è un sacrificio per tutti, lo è, ancora di più, per le donne vittime di violenze domestiche, costrette a una convivenza forzata con mariti che le maltrattano, le picchiano, le umiliano spesso davanti ai loro figli.
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Una situazione insostenibile. Tra il 2 marzo e il 5 aprile, le richieste d’aiuto delle donne ai centri antiviolenza della rete D.i.Re sono aumentate del 75 per cento rispetto all’anno precedente: 2.867 i casi segnalati, 1224 in più se paragonati alla media mensile registrata nel 2018 negli oltre 80 centri sparsi per l’Italia. E per 806 di questi casi (il 28%) è la prima richiesta di aiuto.
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Il problema riguarda tutta l’Europa e ogni paese ha attivato canali di aiuto e sostegno. In Francia, per esempio, dove, secondo la polizia, dall’inizio del lockdown, le violenze coniugali sono aumentate del 30% in Francia tra i grossi problemi di questi casi c’è la difficoltà per le vittime di denunciare e poi dover ritornare a casa dall’aggressore.
È per questo che oltre ai numeri di aiuto, si sono mobilitate numerose associazioni per permettere alle donne vittime di trovare un nuovo domicilio nel quale potersi rifugiare.
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È in quest’ottica che la squadra di calcio Olympique Marsiglia ha messo a disposizione il proprio Centro Tecnico, attualmente vuoto, per essere trasformato in alloggio. Un gesto molto apprezzato dall’Associazione SOS Femmes 13 impegnata nella lotta a questa emergenza nell’emergenza.
Le 46 stanze solitamente occupate da giovani giocatori durante il periodo di allenamento accolgono già 18 donne, alcune delle quali sono accompagnate dai loro figli. E ora sono al sicuro.
Il sostegno in Italia
A sostegno delle donne vittime di violenza durante la pandemia, però, sono stati attivati diversi i canali di aiuto nel nostro Paese. Per esempio il numero 1522 oppure l’app per chattare in sicurezza con un’operatrice #liberapuoi. In altri casi si può cercare uno dei centri antiviolenza più vicini (la lista completa per tutte le regioni).
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