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    Napoli, dipendente EAV licenziato per assenteismo: in malattia ma giocava a calcetto

    La partita di calcio è costata cara: la Cassazione conferma il licenziamento. Un tentativo di ingannare l’azienda si è rivelato un autogol.PUBBLICITA

    Un dipendente EAV che aveva simulato una malattia per partecipare a una partita di calcio è stato definitivamente licenziato dalla Corte di Cassazione.
    La Suprema Corte ha giudicato gravissima questa violazione degli obblighi lavorativi, considerando la simulazione di una malattia un atto di malafede che mina alla base il rapporto di fiducia con il datore di lavoro.
    Il caso riguarda un dipendente Eav che il 27 e 28 ottobre 2017, pur essendo in malattia, ha svolto diverse attività, tra cui la partecipazione a una partita di calcio di Prima Categoria.
    L’azienda, attraverso indagini private, ha accertato il comportamento del lavoratore e ha proceduto al licenziamento disciplinare. La Suprema Corte ha confermato la decisione della Corte d’Appello di Napoli, sottolineando che la partecipazione del dipendente a una partita di calcio professionistica, che richiede uno sforzo fisico considerevole, dimostra la sua malafede nel simulare una malattia.
    L’avvocato Marcello D’Aponte, difensore di Eav, esprime “soddisfazione per la decisione della Corte”, aggiungendo che “essa conferma la validità delle scelte aziendali in materia di licenziamenti disciplinari e la proporzionalità della sanzione del licenziamento in casi di grave violazione del vincolo fiduciario”.

    Il presidente di Eav, Umberto De Gregorio, dichiara: “La sentenza rappresenta una chiara conferma della legittimità dell’azione dell’azienda volta a contrastare l’assenteismo e altri fenomeni negativi che danneggiano i cittadini e gli utenti del servizio pubblico”, sottolineando “l’importanza di salvaguardare la posizione dei lavoratori che svolgono il proprio lavoro con impegno e dedizione, a fronte di coloro che abusano del sistema”.
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    Pomigliano, è caccia allo scippatore violento di via Mazzini

    Pomigliano D’Arco. E’ caccia allo scippatore violento che la scorsa settimana ha tentato di scippare una donna in via Mazzini.PUBBLICITA

    La donna ha opposto resistenza, è finita a terra ma riuscita a difendere la sua borsa e il ladro è stato costretto alla fuga.
    Tutta la scena dall’arrivo del ladro con la sua auto, alle drammatiche immagini del tentato scippo del ladro fino alla sua fuga e alla richiesta di aiuto della donna claudicante, sono state riprese da una telecamere di un negozio e sono nelle mani degli investigatori.
    Le immagini sono state inviate anche al deputato di Alleanza Verdi – Sinistra Francesco Emilio.
    “Ho prontamente girato le immagini alle forze dell’ordine affinché il delinquente possa essere identificato e rispondere alla giustizia per le sue malefatte. Purtroppo questi episodi di violenza si moltiplicano e nessuno più è al sicuro, ma approfittare degli anziani è quanto di peggio si possa fare.
    Avvantaggiarsi della fragilità altrui è da veri farabutti. Il ladro sia individuato e arrestato prima che possa far del male ad altri”, lo ha dichiarato Francesco Emilio Borrelli, deputato di Allenza Verdi – Sinistra che ha ricevuto le immagini.

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    Sant’Agata dei Goti, violenza sessuale sulla nipote 15enne: arrestato 42enne

    I carabinieri a Sant’Agata dei Goti, nel Beneventano, hanno notificato una misura cautelare emessa dal gip sannita nei confronti di un uomo di 42 anni, accusato di violenza sessuale. La vittima è sua nipote di 15 anni.PUBBLICITA

    La denuncia che ha avviato le indagini, portando l’uomo agli arresti domiciliari, è stata fatta dal padre della minorenne, fratello dell’arrestato. La ragazza era a Sant’Agata dei Goti per trascorrere le vacanze, ma ha subito palpeggiamenti, carezze e baci non voluti da parte dello zio.
    Dopo aver più volte espresso il proprio dissenso, la quindicenne ha inviato messaggi WhatsApp alla madre chiedendo aiuto. Questi messaggi, insieme alle testimonianze dei genitori e di altri parenti che l’hanno trovata in lacrime, sono stati inclusi nel fascicolo di indagine.
    Il gip ha deciso per la misura cautelare considerando “anche la personalità dell’indagato, caratterizzata dalla completa assenza di freni inibitori agli istinti libidinosi, nonostante il legame di parentela con la nipote”, come riportato in una nota della procura.
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    ‘Mare Monstrum’, i dati Legambiente: la Campania maglia nera in Italia

    La Campania continua a essere minacciata dalle illegalità ambientali che colpiscono le sue coste e il suo mare. Nel 2023 sono stati registrati 3.095 reati ambientali, secondo il nuovo report “Mare Monstrum 2024” presentato da Legambiente. L’associazione ha evidenziato che sono stati accertati 3.622 illeciti amministrativi, con una media di 14,3 violazioni per chilometro di costa. Nonostante l’intensificarsi delle azioni repressive, come dimostra l’aumento del 7% delle persone denunciate e arrestate, che hanno raggiunto quota 3.341, il fenomeno delle violazioni ambientali rimane preoccupante.PUBBLICITA

    La presentazione del report arriva alla vigilia del 14esimo anniversario dell’uccisione di Angelo Vassallo, sindaco pescatore di Pollica, simbolo della lotta contro le illegalità e la speculazione sulle coste. Domani, ad Acciaroli, si terranno le commemorazioni in suo onore, durante le quali Legambiente consegnerà il Premio Vassallo ad amministrazioni virtuose e ribadirà l’urgenza di agire contro le illegalità ambientali.
    Mariateresa Imparato, presidente regionale di Legambiente, ha sottolineato l’importanza di rafforzare il ruolo delle istituzioni, dai Comuni alle Regioni, passando per le ARPA, per combattere gli abusi. “È necessario intensificare la demolizione degli immobili abusivi e completare il sistema di fognature e depuratori,” ha dichiarato, ribadendo anche la necessità di sanzioni più severe contro la pesca illegale e di promuovere l’economia circolare. Il ciclo illegale del cemento, ha aggiunto Imparato, rappresenta quasi la metà dei reati ambientali in Campania, devastando il territorio e moltiplicando gli scarichi in mare degli edifici costruiti illegalmente.
    Secondo il report, la Campania guida la classifica nazionale dei reati legati all’abusivismo edilizio e all’occupazione illegale del demanio marittimo. Nel 2023 sono stati accertati 1.531 reati, un aumento del 21,4% rispetto all’anno precedente, con 1.710 denunce e 332 sequestri. Le sanzioni amministrative ammontano a oltre 3 milioni di euro.
    Anche il mare campano soffre gravemente per l’inquinamento causato da scarichi illegali e mala depurazione. Nonostante una leggera flessione del 2,3% rispetto al 2022, la regione mantiene il triste primato con 1.047 reati accertati, il 16% del totale nazionale. Le autorità hanno sequestrato beni per un valore di oltre 108 milioni di euro e denunciato più di 1.100 persone.
    Sul fronte della pesca illegale, la Campania si posiziona a metà classifica con 533 infrazioni, lontana dalle cifre più alte di regioni come la Sicilia e la Puglia. Tuttavia, sono stati sequestrati oltre 258 tonnellate di prodotti ittici, il 60% dei quali comprende datteri e crostacei, spesso frutto di pesca illegale.

    Infine, la Campania si colloca al secondo posto in Italia per infrazioni nautiche con 281 reati, un aumento del 319,4% rispetto al 2022, accompagnato da 273 denunce. Di fronte a questo scenario, Legambiente ha lanciato un pacchetto di dieci proposte mirate a contrastare gli abusi edilizi, migliorare la depurazione delle acque, gestire in maniera più efficace i rifiuti e combattere la pesca illegale. L’associazione chiede interventi urgenti per fermare l’abusivismo, potenziare i sistemi di fognature e depurazione e rafforzare le sanzioni contro chi danneggia l’ambiente.
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    Carcere di Secondigliano, aggredito e minacciato da detenuto: dirigente medico si dimette

    Dopo essere stato aggredito e minacciato da un detenuto, il direttore sanitario del carcere di Secondigliano ha presentato le sue dimissioni, lasciando un vuoto significativo in una delle strutture penitenziarie più importanti della Campania. L’episodio risale a circa un mese fa, quando il dirigente, dipendente dell’ASL Napoli 1 Centro, è stato vittima di un’aggressione all’interno del carcere. Successivamente, attraverso il suo legale, ha sporto denuncia presso la Procura, chiedendo anche il trasferimento del detenuto responsabile delle violenze in un altro istituto, richiesta che finora non è stata accolta.PUBBLICITA

    L’accaduto ha sollevato preoccupazioni e proteste, soprattutto da parte del sindacato USPP (Unione Sindacale Polizia Penitenziaria), che ha denunciato la “confusione gestionale e l’inerzia” delle autorità preposte alla gestione delle carceri in Campania. Giuseppe Moretti, presidente dell’USPP, e Ciro Auricchio, segretario regionale, hanno sottolineato come in questa situazione di caos a farne le spese non siano solo i poliziotti penitenziari, spesso lasciati soli ad affrontare un aumento degli episodi di violenza, ma anche il personale sanitario.
    “La perdita di un valido dirigente sanitario, stimato da tutto il personale medico, infermieristico e dalla polizia penitenziaria, rappresenta un duro colpo per il carcere di Secondigliano,” hanno dichiarato i due sindacalisti. Hanno poi espresso solidarietà al professionista, auspicando un intervento immediato da parte dell’amministrazione e del vertice politico per rivedere l’operato del provveditore, evidenziando la mancata applicazione delle circolari dipartimentali. Il sindacato chiede inoltre misure urgenti per garantire la sicurezza di tutto il personale che lavora nelle carceri della regione.
    Il sindacato ha infine ribadito la necessità di affrontare l’emergenza legata alla presenza di telefoni cellulari all’interno delle celle, un problema evidenziato anche dal procuratore Nicola Gratteri. “È indispensabile schermare gli istituti penitenziari installando inibitori di segnale, per prevenire l’uso illegale dei cellulari all’interno delle carceri,” hanno concluso i rappresentanti dell’USPP.
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    Napoli, arsenale dei clan scoperto e sequestrato al rione Sanità

    Nell’arsenale rinvenuto nel quartiere Sanità dai Carabinieri della stazione di Napoli Stella, figura anche un AK-47. Un Kalashnikov in perfetto stato di funzionamento, completo del suo caricatore a “banana”.PUBBLICITA

    La scoperta è avvenuta durante un controllo del territorio, nello scantinato di un edificio situato in Vico Lammatari.
    Oltre al celebre fucile d’assalto russo, sono stati trovati un fucile a canne mozze e un fucile da caccia a canne sovrapposte, rispettivamente rubati a Giffoni Vallepiana e Brescia.
    Inoltre, sono state rinvenute due pistole Beretta calibro 6,35, una Beretta 98FS e 113 proiettili di diversi calibri.
    Tutti i reperti sono stati sequestrati e saranno sottoposti a esami balistici per determinare se siano stati impiegati in crimini violenti.
    Spetterà alla sezione di investigazioni scientifiche verificare la presenza di impronte digitali sui materiali sequestrati, utili per identificare chi li ha maneggiati.

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    Camorra, il clan di Aldo Picca: una dinasty familiare. Il ruolo di fratelli e figlie

    Sono complessivamente 53 gli indagati dell’inchiesta sul clan che il boss Aldo Picca di Teverola aveva deciso di riorganizzare insieme con Nicola Di Martino per prendersi lo spazio lasciato libero dai Casalesi.PUBBLICITA

    A Teverola, a Carinaro aveva imposto il pizzo a tutti i commercianti, aveva deciso di investire nel business delle imprese ma anche nel traffico di droga. E per farlo avevano coinvolto anche i familiari: dai fratelli ai figli.
    Punti Chiave ArticoloI cui nomi compaiano tra gli arrestati e gli indagati nelle oltre 600 pagine dell’ordinanza cautelare firmata dal gip Marco Carbone del tribunale di Napoli, su richiesta del sostituto procuratore Simona Belluccio della Dda partenopea. Sono tutti accusati di associazione a delinquere di tipo mafioso, estorsione, intestazione fittizia di beni, riciclaggio, autoriciclaggio, detenzione di armi, traffico e spaccio di sostanze stupefacenti. Ci sono i tre fratelli di Aldo Picca ovvero Luigi, Raffaele e Giuseppe. E poi le due figlie Cira e Laura. La prima 45enne, colpita da divieto di dimora nel comune di residenza, e la seconda 41enne, indagata a piede libero. E ancora un altro parente Giovanni Picca di 41 anni. Era un sorvegliato speciale il boss di Teverola, Aldo Picca, quando dall’aprile 2021 fino all’aprile 2023, ha iniziato a seminare il terrore tra i commercianti della zona, imponendo un vero e proprio monopolio delle slot machine.
    Ben 7 i titolari di bar e pasticcerie, perlopiù con sedi a Teverola, che sono stati costretti a sottoscrivere dei contratti per l’installazione di slot machine all’interno dei loro esercizi commerciali e a consegnargli una percentuale dei proventi derivanti dalle giocate. Nel gruppo di vertice della cosca figurano anche Salvatore De Santis, Carmine Di Tella, Giuseppe Laudadio, Giuseppe Sarno, Francesco De Chiara, Antonio Zuppa e Michele Vinciguerra svolgevano un ruolo operativo essenziale, coordinando le attività estorsive a cantieri, commercianti, nonché l’imposizione di apparecchi slot-machine e determinati istituti di vigilanza controllati dalla camorra. Il reggente, durante i periodi di detenzione, si alternava con Nicola Di Martino per impartire le direttive ai sodali. Riguardo alle condotte estorsive, i commercianti erano costretti non solo a versare i proventi delle giocate ma anche a rifornirsi delle macchinette dagli ‘amici del clan’. La somma di 150 euro era quanto l’estorto doveva versare allo scagnozzo di turno. Le indagini, svolte dal 2021 al 2023, incentrate sui territori dei Comuni di Teverola e Carinaro, hanno permesso, attraverso attività di intercettazioni telefoniche e ambientali, l’analisi dei tabulati e i servizi di osservazione e pedinamento, di accertare come Aldo Picca, esponente di spicco della camorra locale e cognato di Giuseppe Quadrano (killer di Don Peppe Diana), tornato in libertà dopo 19 anni di detenzione, abbia avviato una serie di attività criminali per riaffermare il “diritto” di gestire le attività illecite su una fetta dell’agro aversano, senza sottostare alle fazioni del clan dei casalesi. Le attività illecite accertate includevano estorsioni a imprenditori e titolari di esercizi commerciali, l’imposizione di istituti di vigilanza privata e di slot-machine in bar, locali e sale slot, forniti da società a loro riconducibili o compiacenti. È stato anche accertato il tentativo di imporre i servizi di onoranze funebri. Il sodalizio criminale disponeva di armi per intimidire le vittime e i rivali. È emerso che l’associazione traeva buona parte dei suoi introiti illeciti dalla compravendita di sostanze stupefacenti, quasi in regime di monopolio, inondando di cocaina, hashish e marijuana i territori sotto il proprio controllo. Sono stati registrati casi di acquirenti che, non rispettando i pagamenti, venivano resi vittime di pestaggi e privazioni di beni personali. Contestualmente all’esecuzione dell’ordinanza di custodia, è stato notificato un decreto di sequestro di beni mobili e quote societarie per un valore di oltre 1 milione di euro. Ordinanza cautelare in carcere: Aldo PiccaNicola Di MartinoSalvatore De SantisRaffaele Di TellaGiovanni PiccaFrancesco De ChiaraAntonio ZuppaAntimo CeparanoSalvatore MuscarielloVeronika ViatkinaAntonio ZaccarielloMichele VinciguerraRaffaele SantoroLuigi StellatoCristian Pio IntelligenzaAntonio RegaAngelo RegaVincenzo MottolaEnrico Della GattaSalvatore PasquaNicola PoddaGiuseppe SarnoFabio Della VolpeLuigi AbategiovanniMarco BoscoFabio BuffardoBruno FrascarinoCarmine SfocoArmando SocialeRossano SpinosaOmar SchaivoneGiuseppe Lama Ordinanza di custodia cautelare ai domiciliari Carmine Di TellaTobia AbategiovanniNatalia Watanabe Gomes Divieto di dimora in Campania Giuseppe PiccaRaffaele PiccaCira PiccaAlessio ArbolinoGiuseppe LaudadioDario Giovanni CasertaLorenzo Griffo (nella foto i due reggenti del clan: Aldo Picca e Nicola De Martino) Leggi Anche LEGGI TUTTO

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    Clamoroso, ora Gravina apre al Var a chiamata

    E’ una dichiarazione clamorosa quella del presidente della Figc, Gabriele Gravina che se portata avanti e accolta rappresenterebbe una vera e propria rivoluzione nel mondo del calcio.PUBBLICITA

    “Abbiamo fatto una riflessione partendo da un principio: il Calcio ha bisogno di innovarsi e lo deve fare senza deturpare e violentare la sua natura. Abbiamo sempre dato la nostra disponibilità per sperimentare alcuni progetti: il Var a chiamata eliminerebbe una serie di polemiche legate ad alcune valutazioni a volte non sempre corrette o coerenti da parte del giudice di gara.
    Deve comunque essere conservata l’oggettività della tecnologia, per quanto riguarda la goal-line technology e il fuorigioco, ora semi-automatico ma nel tempo diventerà automatico”.
    Lo ha detto Gravina ospite di ‘Radio Anch’io Sport su Rai Radio 1’, sulla possibilità di sperimentare alcune innovazioni nel nostro campionato, tra cui il Var a chiamata e il tempo effettivo.
    “Sul tempo effettivo, bisogna capire, nell’ambito del rispetto degli accordi con i broadcaster – dice ancora Gravina -, che cosa comporta l’idea di una partita in cui ancora non abbiamo chiara la durata complessiva. Le scalette dei programmi potrebbero avere degli effetti che devono essere valutati”.
    A ‘Radio Anch’io Sport su Rai Radio 1’ Gravina ha parlato anche della possibilità per l’arbitro di spiegare pubblicamente le sue decisioni dopo il consulto Var.

    “È già immediatamente applicabile – le parole del presidente della Figc -. Stiamo valutando con la Uefa per trovare un modo omogeneo di comunicare. Con molta probabilità si eviterà di utilizzare microfoni ad ampio raggio nell’ambito di una comunicazione all’interno dello stadio”.
    “Bisogna innovare ma senza togliere quella incertezza del risultato – ha dertto ancora Gravina -, bellezza e spettacolarità del calcio trovano la sua massima realizzazione nel gol. Ma il calcio è diventato anche industria: dobbiamo preoccuparci di trovare col buon senso il giusto equilibrio tra evento e tutela della competizione”.
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    Pianura, Gennaro Remondino ucciso come un boss a soli 20 anni

    Napoli. Per lui l’appuntamento con la morte era stato solo rimandato e così due anni dopo e a soli 20 anni Gennaro Remondino è stato ucciso come un boss e nel peggiore dei modi.PUBBLICITA

    Prima tre proiettili e poi i killer hanno tentato di far sparire per sempre il suo corpo bruciandolo.
    La squadra mobile della Questura di Napoli ha identificato il cadavere scoperto tra le sterpaglie bruciate in via Torre Poerio, nella zona di Pianura.
    Si tratta di una zona di campagna in stato di abbandono vicino via Montagna Spaccata, una strada che conduce verso la zona dei Pisani e  a Quarto.
    Venerdi’ sera l’allarme lanciato dai residenti per l’incendio e questa mattina la macabra scoperta del cadavere dato alle fiamme che aveva tre fori di proiettile. Chiara la matrice camorristica del delitto.
    A suo carico un piccolo precedente, nessuna condanna, ma gli investigatori lo inquadrano come legato al clan Santagata di recente colpito da arresti da parte delle forze dell’ordine.

    La giovane vittima è il figlio di Salvatore Ramondino, elemento di spicco della camorra locale. Due anni fa aveva già subito un agguato a Varcaturo: nella circostanza era stato ferito a colpi di pistola a un ginocchio e a un braccio.
    La squadra mobile di Napoli, sotto il coordinamento della Dda sta conducendo le indagini per risalire agli autori e scoprire cosa possa aver portato ad una esecuzione così efferata nei confronti di un giovane.

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    Ucciso a Pianura: il cadavere bruciato è di un 20enne legato ai clan

    La Squadra Mobile di Napoli ha fatto luce sull’orribile ritrovamento in via Torre Poerio, a Pianura: il corpo carbonizzato rinvenuto tra le sterpaglie appartiene a  un ventenne del quartiere, già noto alle forze dell’ordine per piccoli reati legati alla criminalità locale.PUBBLICITA

    L’autopsia, un esame fondamentale per ricostruire la dinamica dell’omicidio, ha rivelato la presenza di tre colpi d’arma da fuoco sul corpo della vittima.
    Gli esperti legali sono ora al lavoro per stabilire il calibro dell’arma utilizzata e la sequenza degli spari, elementi cruciali per tracciare un profilo dell’aggressore.
    Un punto ancora da chiarire è se i colpi siano stati esplosi prima o dopo l’incendio: gli investigatori stanno analizzando attentamente le tracce di sparo e le lesioni da fuoco per cercare di stabilire la sequenza temporale degli eventi.
    L’incendio, verosimilmente appiccato intenzionalmente per cancellare le tracce del delitto, ha reso più complessa l’opera degli inquirenti.
    I vigili del fuoco, intervenuti sul posto, hanno raccolto campioni di liquido infiammabile e altre tracce che potrebbero rivelarsi determinanti per identificare l’arma del delitto o l’accelerante utilizzato.

     Si segue la pista del regolamento dei conti tra clan
    Il movente dell’omicidio rimane ancora un mistero. Gli investigatori stanno vagliando diverse piste, tra cui quella di un regolamento di conti legato alle attività criminali del giovane o quella di una vendetta personale.
    Le indagini sono concentrate sull’analisi delle ultime ore di vita della vittima: gli inquirenti stanno interrogando amici, parenti e conoscenti per ricostruire i suoi movimenti e individuare eventuali sospetti.
    Un ruolo fondamentale è affidato all’esame del cellulare della vittima, che potrebbe contenere preziose informazioni sulle sue ultime conversazioni e sui suoi appuntamenti.

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    Napoli, rapina a Neres: al setaccio le immagini delle telecamere. Fari puntati sul rione Traianno

    La polizia sta passando al setaccio tutte le immagini delle telecamere pubbliche e private poste nella zona dove è avvenuta la rapina al calciatore del Napoli, David Neres.PUBBLICITA

    C’è una pista concreta che si sta seguendo.  Stamattina il giocatore azzurro ha sporto denuncia e subito sono partite le indagini. Secondo le prime indicazioni la polizia sta dragando la zona del Rione Traiano per poter risalire ai responsabili della rapina a Neres. La Squadra mobile della questura partenopea (guidata dal dirigente Giovanni Leuci) ha messo in moto gli specialisti dei rapina Rolex.
    Le indagini sono a 360 gradi. C’è da capire come l’obiettivo sia diventato Neres che era uscito dal sottopasso del Maradona in un van con i vetri oscurati. I malviventi sono andati sul sicuro sapendo anche dove era posizionato nel Suv.
    Si sospetta una soffiata: fari puntati sul rione Traiano
    Qualcuno avrebbe potuto fare la soffiata. In passato ci sono stati altre rapine e qualcuno ha restituito l’orologio grazie alla spinta della camorra.
    La brutta notte vissuta da David Neres dopo la vittoria con il Parma è stata difficile da dimenticare. L’attaccante brasiliano avrebbe voluto festeggiare il successo contro gli emiliani in maniera diversa ma ha dovuto fare i conti con due malviventi che a bordo di uno scooter e a volto coperto gli hanno rubato il Rolex mentre stava rientrando in albergo.
    Nel Suv con lui c’erano anche i familiari, che hanno avuto tanta paura quando i due ladri hanno rotto il vetro del van e hanno strappato il prezioso gioiello dal polso del sudamericano.

    liv eE così il Prefetto di Napoli, Michele di Bari, esprime “viva preoccupazione per quanto accaduto, che sarà oggetto di specifica analisi in occasione della prossima riunione del Comitato provinciale per l’ordine e la sicurezza pubblica, fissata per giovedì prossimo 5 settembre alle ore 9,30 allo scopo di promuovere le ulteriori iniziative di prevenzione”.
    Il Prefetto ha disposto, nell’immediato, un ulteriore incremento dei controlli nelle aree periferiche e nel centro cittadino da parte delle Forze dell’ordine, già impegnate in un’incessante azione di deterrenza e contrasto.
    Inoltre, verranno potenziate tutte le iniziative messe in campo nei tavoli prefettizi, volte ad attivare, con le altre istituzioni, una dettagliata metodologia di intervento, per contrastare – in costante interconnessione con i territori – la multifattorialità della povertà educativa che rappresenta l’anticamera della devianza, attraverso la promozione della legalità, la prevenzione della dispersione scolastica ed il rafforzamento del ruolo della scuola come laboratorio sociale e di comunità”. 
    Intanto l’episodio ha suscitato l’indignazione social. In tanti si stanno scatenando contro i due banditi.

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    Triplice omicidio a Paderno, il figlio al 112 ‘Ho ucciso papà’

    Un fatto di sangue ha scosso la comunità di Paderno Dugnano. Nella notte tra sabato e domenica all’interno di una villetta si è consumata una tragedia familiare che ha visto perdere la vita tre persone.PUBBLICITA

    A lanciare l’allarme è stato il figlio più giovane della coppia, un ragazzo di 17 anni, che ha chiamato i soccorsi confessando di aver ucciso il padre. Secondo una prima ricostruzione, il giovane, al rientro a casa, avrebbe fatto una macabra scoperta: la madre e il fratello di 12 anni giacevano senza vita nella loro camera da letto, colpiti da numerose coltellate.
    In preda alla disperazione e al terrore, il 17enne si sarebbe diretto nella camera del padre, dove lo avrebbe trovato armato di un coltello da cucina.
    A quel punto, si sarebbe consumato un tragico scontro, al termine del quale il padre sarebbe rimasto ucciso.
    Sul luogo del delitto sono intervenuti i carabinieri, che hanno avviato le indagini per ricostruire l’esatta dinamica dei fatti. Il coltello utilizzato per commettere gli omicidi è stato rinvenuto e sequestrato.
    Le indagini
    Gli inquirenti stanno ora cercando di capire cosa abbia spinto il giovane a compiere un gesto così efferato. Sono in corso interrogatori approfonditi del 17enne, che al momento si trova presso una struttura protetta. Verrà inoltre disposta l’autopsia sui corpi delle vittime per chiarire ogni dubbio sulla causa della morte e sull’orario in cui si sono verificati i fatti.

    Al vaglio degli investigatori anche le testimonianze dei vicini di casa e l’analisi dei cellulari dei coinvolti, alla ricerca di eventuali messaggi o chiamate che possano far luce sul movente del delitto.
    Un quadro familiare difficile
    Dalle prime informazioni raccolte, sembra che all’interno della famiglia vi fossero da tempo tensioni e dissapori. Alcuni vicini hanno riferito di aver sentito spesso urla e litigi provenire dall’abitazione. Non è escluso, quindi, che il tragico epilogo sia il frutto di una lunga serie di conflitti non risolti.
    La comunità di Paderno Dugnano è sconvolta da quanto accaduto. Il sindaco,, ha espresso profondo cordoglio per le vittime e ha assicurato la massima collaborazione con le forze dell’ordine.
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