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    Castellammare salvati gli operai Fincantieri sospesi sulla gru a 60 metri

    Castellammare. Sono stati recuperati dopo circa tre ore i due operai di Fincantieri Castellammare  rimasti sospesi a circa 60 metri di altezza.PUBBLICITA

    Sono stati in bilico tra il cestello che li ospitava ed una gru. Le operazioni di recupero sono state effettuate dai vigili del fuoco che hanno utilizzato un’altra gru.

    Punti Chiave Articolo
    Dopo il recupero, accolto con gli applausi dei tanti colleghi e dei familiari che erano di sotto con il fiato sospeso, i due operai, che non hanno riportato ferite, sono stati accompagnati al vicino ospedale san Leonardo per una visita di controllo. Per loro tanto spavento.
     Aperte due inchieste sull’incidente Sull’episodio sono state aperte due inchieste: una interna della stessa Fincantieri e una della Procura di Torre Annunziata che ha delegato i carabinieri ad effettuare tutti gli accertamenti. Si vuole capire se si sia trattato di una manovra azzardata, il troppo vento o un malfunzionamento del meccanismo che controlla le gru che si trovano nel piazzale di Fincantieri di Castellammare.

    Ciro Serrapica
    Leggi AncheSiamo la redazione di Cronache della Campania. Sembra un account astratto ma possiamo assicurarvi che è sempre un umano a scrivere questi articoli, anzi più di uno ed è per questo usiamo questo account. Per conoscere la nostra Redazione visita la pagina “Redazione” sopra nel menù, o in fondo..Buona lettura! LEGGI TUTTO

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    Crollo di Firenze, ritrovato il corpo della quarta vittima, è un nordafricano

    Durante la notte, i vigili del fuoco hanno recuperato il corpo senza vita di un quarto operaio dal cantiere in via Mariti a Firenze, dove ieri mattina si è verificato il crollo dei piloni principali della struttura in costruzione del nuovo centro commerciale Esselunga.
    Le ricerche del corpo dell’ultimo disperso sono ancora in corso da parte dei vigili del fuoco e dell’Usar (Urban Search and Rescue).
    Entrambi, la quarta vittima e il disperso, sono cittadini nordafricani, come risulta dalle indagini condotte sugli operai coinvolti nel tragico incidente. Gli altri individui coinvolti includono l’autotrasportatore italiano Luigi Coclite, 60 anni, purtroppo deceduto, e tre lavoratori originari della Romania, attualmente ricoverati all’ospedale di Careggi.
    Attualmente, il numero di lavoratori coinvolti nel crollo è stato stabilito essere otto dopo molte ore di ricerca e recupero sul luogo dell’incidente. Il procuratore capo di Firenze, Filippo Spiezia, è tornato da Milano, dove si trovava, per seguire da vicino l’inchiesta, conducendo un sopralluogo nel pomeriggio.
    Questa mattina, invece, sul cantiere, oltre al sostituto Francesco Sottosanti, il magistrato di turno che ha effettuato un primo sopralluogo, è giunto anche il procuratore generale presso la corte di appello di Firenze, Ettore Squillace Greco, in qualità di massimo esponente della magistratura inquirente nel distretto toscano. LEGGI TUTTO

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    Sit-in operai manutenzione strade Caserta. azienda rispetti patti

    Un sit-in di protesta e’ in atto davanti alla sede della Work Multiservice a San Tammaro nel Casertano, da parte degli operai addetti alla manutenzione stradale iscritti al sindacato S.O.L.Cobas .
    I lavoratori in una nota sindacale richiamano l’azienda a rispettare le istanze proposte ed accolte in un verbale in cui la societa’ esecutrice si impegnava appunto riconoscere a tutti gli operai di primo livello il passaggio al secondo ” che a nostro parere – si legge nella nota – darebbe il giusto merito alle maestranze che da tempo svolgono il servizio egregiamente registrando piu’ volte anche l’apprezzamento della cittadinanza”.
    ” A quanto ci risulta – denunciano i rappresentanti S.O.L.Cobas – la Work Multiservice, venendo meno all’impegno preso di convocare entro 31 un incontro per perfezionare l’accordo ha invece invitato il 4 gennaio solo ad alcune decine di lavoratori che avevano gia’ il terzo livello per il passaggio a quarto scatenando oggi l’ira di molti lavoratori, che attualmente si sono organizzati e diretti in presidio sotto la società interessata”.
    ” Chiediamo – conclude la nota – un immediato interessamento e coinvolgimento delle Istituzioni per un raffreddamento del conflitto tra le parti al fine di una soluzione positiva alla problematica posta in atto”. LEGGI TUTTO

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    Pompei, nella Regio IX emerge il panificio prigione

    Un panificio-prigione, dove persone ridotte in schiavitù e asini erano rinchiusi e sfruttati per macinare il grano necessario a produrre il pane. Un ambiente angusto e senza affaccio esterno, con piccole finestre con grate in ferro per il passaggio della luce. E nel pavimento intagli per coordinare il movimento degli animali, costretti a girare per ore con occhi bendati.L’impianto è emerso nella Regio IX, insula 10, dove sono in corso scavi nell’ambito di un più ampio progetto di messa in sicurezza e manutenzione dei fronti che perimetrano l’area ancora non indagata della città antica di Pompei.
    Le indagini hanno restituito una casa in corso di ristrutturazione. Un’abitazione suddivisa – come spesso avviene – in un settore residenziale decorato con raffinati affreschi di IV stile, e un quartiere produttivo destinato in questo caso alla panificazione. In uno degli ambienti del panificio, erano già emerse nei mesi scorsi tre vittime, a conferma che nonostante la ristrutturazione in corso, la dimora fosse tutt’altro che disabitata.
    Una fotografia/testimonianza del lavoro massacrante a cui erano sottoposti uomini, donne e animali negli antichi mulini-panifici, del cui racconto abbiamo la fortuna di poter disporre di una fonte d’eccezione, lo scrittore Apuleio, vissuto nel II secolo d.C., che nelle Metamorfosi IX 11-13, racconta l’esperienza del protagonista, Lucio, trasformato in asino e venduto a un mugnaio, evidentemente sulla base di una conoscenza diretta di contesti simili.
    Le nuove scoperte rendono possibile descrivere meglio anche il funzionamento pratico dell’impianto produttivo che, seppure in disuso al momento dell’eruzione, ci restituisce una conferma puntuale del quadro sconcertante dipinto da Apuleio.
    Il settore produttivo messo in luce è privo di porte e comunicazioni con l’esterno; l’unica uscita dà sull’atrio; nemmeno la stalla possiede un accesso stradale come frequente in altri casi. “Si tratta, in altre parole, di uno spazio in cui dobbiamo immaginare la presenza di persone di status servile di cui il proprietario sentiva il bisogno di limitare la libertà di movimento – fa notare il Direttore Gabriel Zuchtriegel, in un articolo scientifico a più mani pubblicato oggi sull’E-Journal degli scavi di Pompei.
     È il lato più sconvolgente della schiavitù antica, quello privo di rapporti di fiducia e promesse di manomissione, dove ci si riduceva alla bruta violenza, impressione che è pienamente confermata dalla chiusura delle poche finestre con grate di ferro. “
    La zona delle macine, ubicate nella parte meridionale dell’ambiente centrale, è adiacente alla stalla, caratterizzata dalla presenza di una lunga mangiatoia.
    Attorno alle macine si individua una serie di incavi semicircolari nelle lastre di basalto vulcanico. Data la forte resistenza del materiale, è verosimile che quelle che a prima vista potrebbero sembrare delle “impronte” siano in realtà intagli realizzati appositamente per evitare che gli animali da tiro scivolassero sulla pavimentazione e contemporaneamente tracciare un percorso, formando in tal modo un “solco circolare” (curva canalis) come lo descrive anche Apuleio.
    “Le fonti iconografiche e letterarie, in particolare i rilievi della tomba di Eurysaces a Roma, suggeriscono che di norma una macina fosse movimentata da una coppia composta da un asino e uno schiavo. Quest’ultimo, oltre a spingere la mola, aveva il compito di incitare l’animale e monitorare il processo di macinatura, aggiungere del grano e prelevare la farina.”   
    L’usura dei vari intagli può essere ascritta agli infinti giri, sempre uguali, svolti secondo lo schema predisposto nella pavimentazione. Più che a un solco viene pertanto da pensare all’ingranaggio di un meccanismo di orologeria, concepito per sincronizzare il movimento intorno alle quattro macine concentrate in questa zona.
    L’ambiente riaffiorato, con la sua testimonianza di dura vita quotidiana, integra il quadro raccontato nella mostra “L’altra Pompei: vite comuni all’ombra del Vesuvio” – che inaugurerà il 15 dicembre alla Palestra grande di Pompei-  dedicata a quella miriade di individui spesso dimenticati dalle cronache storiche, come appunto gli schiavi, che costituivano la maggioranza della popolazione e il cui lavoro contribuiva in maniera importante all’economia, ma anche alla cultura e al tessuto sociale della civiltà romana.
    “In ultima analisi – aggiunge il direttore- sono spazi come questo che ci aiutano anche a capire perché c’era chi riteneva necessario cambiare quel mondo e perché negli stessi anni un membro di un piccolo gruppo religioso di nome Paolo, poi santificato, scrive che è meglio essere tutti servi, douloi che vuol dire schiavi, ma non di un padrone terrestre, bensì di uno celeste.” LEGGI TUTTO