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    Tragedia sfiorata ad Aversa, 13enne accoltellato vicino alla carotide

    Tragedia sfiorata ad Aversa, 13enne accoltellato vicino alla carotide: ferite inflitte alle guance e una poteva essere mortale.I carabinieri sono sulle tracce degli aggressori, molto porbabilmente minorenni, che sabato notte nel pieno della movida di Aversa hanno accoltellato, quasi uccidendo un ragazzo di 13 anni originario di Trentola Ducenta.La punizione, per la verità, era destinata a un suo amico, che poco prima aveva litigato con un altro ragazzo. E’ accaduto intorno alle 23 di sabato, nei pressi del cinema-teatro Cimarosa, vicino alla paninoteca Arzillo.
    Due giovani litigano ad alta voce. Poi si dividono ma uno dei due torna  con una gang di adolescenti dopo dieci minuti, armati con mazze da baseball e un coltello.  Il tredicenne viene preso di mira e pestato a sangue, ma non ha alcuna colpa. Gli amici si mettono in salvo.Arrivano le ambulanze. il ragazzino perde molto sangue e viene portato all’ospedale Moscati di Aversa. Gli rimarrà il volto deturpato dalle coltellate inflitte alle guance e una coltellata a pochi centimetri dalla carotide. Poteva essere fatale.I carabinieri hanno prelevato le immagini delle telecamere pubbliche e private della zona e potrebbero aver già individuato i responsabili. LEGGI TUTTO

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    Camorra, minacce di morte alla direttrice di “Cronache di Napoli”: a processo affiliato al clan dei Casalesi

    Camorra. E’ stato rinviato a giudizio Giovanni Cellurale, 50enne di Aversa (Caserta) ritenuto affiliato al clan dei Casalesi e detenuto nel carcere di Palermo dove sta scontando l’ergastolo, per la vicenda delle minacce di morte al direttore responsabile delle testate Cronache di Napoli e Cronache di Caserta, Maria Bertone.Questo l’esito dell’udienza preliminare celebrata davanti al gup di Napoli Linda D’Ancona, che ha accolto la richiesta del pm della Dda partenopea Fabrizio Vanorio. Cellurale è accusato di aver inviato a Bertone una lettera nella quale era scritto: “Spero di vero cuore che al più presto uscirò, così ti faccio saltare in aria. Se qualcuno esce prima di me ti deve sparare 10 colpi in bocca, a te e a tutta la tua razza di merda”. Bertone ha denunciato ai Carabinieri di aver ricevuto la lettera. Il Comitato provinciale per l’ordine e la sicurezza pubblica ha disposto l’attivazione della sorveglianza saltuaria presso il domicilio e il luogo di lavoro. L’avvocato Gennaro Razzino, che rappresenta Bertone e le altre parti civili, la Libra Editrice e l’Ordine dei Giornalisti della Campania, ha sottolineato “il coraggio del direttore che, nonostante le circostanze, ha voluto partecipare all’udienza personalmente, trovandosi faccia a faccia con l’uomo che la minaccia”.
    Anche il presidente dell’Ordine dei Giornalisti della Campania Ottavio Lucarelli interviene sulla vicenda, che definisce “grave” e “che rischia di diventare un pericoloso precedente. In questo caso – spiega – le minacce sono rivolte al direttore di un quotidiano e sono state formulate in maniera inequivocabile. Tra l’altro l’estensore della lettera, all’ergastolo per omicidio di camorra, si firma con nome e cognome e rivolge una sorta di chiamata alle armi a chi è fuori. L’Ordine dei Giornalisti della Campania ha voluto fortemente essere vicino al direttore Bertone costituendosi parte civile nel processo. E’ un attacco rivolto all’intera categoria e a chi esercita la professione con coraggio, raccontando puntualmente le vicende di camorra che insanguinano la nostra terra. Gesti del genere non possono essere fatti passare sotto silenzio. Vanno denunciati e perseguiti”.Dichiarazioni di solidarietà al direttore, subito dopo il grave episodio, furono pronunciate dal presidente della Camera dei Deputati Roberto Fico, dal vicepresidente della Camera Ettore Rosato, dal governatore della Campania, Vincenzo De Luca dal presidente di Libera don Luigi Ciotti, dalla deputata di Leu Rina Valeria De Lorenzo, che ha presentato anche un’interrogazione parlamentare sulla vicenda, dai vertici dell’Ordine dei Giornalisti e della Federazione nazionale della Stampa e da numerosi altri esponenti del mondo della politica e di quello delle istituzioni. LEGGI TUTTO

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    Mazzette all’Asl di Caserta, prescritti i reati: libero anche l’imprenditore ritenuto vicino al clan Belforte

    Il tribunale di Santa Maria Capua Vetere ha escluso l’aggravante mafiosa e dichiarato la prescrizione per gli otto imputati del processo per un giro di «mazzette» all’Asl di Caserta che vedeva come figura centrale l’imprenditore Angelo Grillo, ritenuto vicino al clan Belforte.Prescrizione per lo stesso Grillo e per l’ex sindaco di Caserta ed ex dirigente Asl Giuseppe Gasparin, per l’altro ex dirigente dell’Asl di Caserta Raffaele Crisci, per la dipendente Asl Chiara Bonacci, per l’imprenditore Giovanni Cavallero e per tre collaboratori di Grillo.La Direzione Distrettuale Antimafia di Napoli, che ha condotto le indagini e sostenuto l’accusa nel processo con il sostituto Luigi Landolfi, aveva chiesto pene pesanti, tra gli otto e i dodici anni, per lo stesso Grillo, ed ex politici e funzionari di vertice dell’Asl di Caserta, invocando la vicinanza di Grillo al clan Belforte, emersa in numerosi processi; per l’accusa Grillo avrebbe versato ai funzionari Asl soldi e regali, tra cui viaggi di piacere in località come Sharm El Sheik, per farsi liquidare dall’azienda sanitaria le fatture per i servizi resi dalla sua ditta, che effettuava le pulizie all’interno di ospedali dell’Asl casertana; quelle fatture pagate a Grillo prima di altri imprenditori creditori dell’Asl, per la Dda, erano favori fatti al clan Belforte di Marcianise.
    Ma il collegio giudicante non ha condiviso tale tesi, facendo cadere, come richiesto dai difensori degli imputati (nello staff Vittorio Giaquinto, Massimo Garofalo, Camillo Irace), l’aggravante mafiosa che la Dda aveva contestato accanto a reati di corruzione; caduta l’aggravante, è scattata la «mannaia» della prescrizione, essendo passato troppo tempo dalla commissione dei fatti (dal 2008 al 2012). LEGGI TUTTO

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    Santa Maria Capua Vetere, false fatture: in 3 a processo

    Santa Maria Capua Vetere. Rispondono del reato di fatture false per operazioni inesistenti due imprenditori e un ingegnere di Santa Maria Capua Vetere, rispettivamente Pasquale Antonio Bonavolonta’ (difeso dall’avv. Domenico De Sena), Gaetano Bonavolonta’ (difeso dall’avv. Raffaele Crisileo ) e l’ing. Biagio D’Amore ( difeso dall’avv. Mauro Iodice e Luigi Trocciola ).Ieri prima udienza dibattimentale dinanzi alla Prima Sezione Penale presieduta dalla dott. ssa Patrizia Iorio. Il processo nacque a seguito di una denunzia querela presentata dall’imprenditore Mercorio Antonio ( che stamane ha chiesto di costituirsi parte civile con l’avv. Gianluca Giordano, cui si sono opposti i difensori di tutti gli imputati) contro suo fratello Mercorio Vincenzo all’epoca socio e amministratore della Ecogem srl per una serie di reati tra cui truffa, appropriazione indebita ed altro.Il pubblico ministero divise questo processo in due tronconi : il primo a carico del solo Mercorio Vincenzo che lo ha visto condannare nei giorni scorsi alla pena di 1 anno e 4 mesi di carcere e al risarcimento dei danni da liquidarsi in sede civile dalla terza sezione penale presieduta dalla dott. ssa Luciana Crisci.Il secondo troncone non supero’ invece la richiesta di archiviazione del pubblico ministero sammaritano.
    Nel corso delle indagini la Guardia di Finanza di Capua pero’ focalizzo’ la sua attenzione su alcune fatture emesse dall’ing. D’Amore nei confronti delle societa’ dei fratelli Bonavolonta’ per delle consulenze che il professionista aveva prestato loro e vennero ritenne come documenti contabili relative ad operazioni inesistenti. Nella prossima udienza di settembre il Giudice dovra’ decidere se ammettere nel processo la costituzione di parte civile di Mercorio Antonio oppure estrometterla e poi si procedera’ con l’audizione dei testimoni e dei consulenti di parte LEGGI TUTTO

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    Piedimonte Matese, aggressione a vicina durante lite: chiesto rinvio a giudizio

    Piedimonte Matese. Approda al Tribunale di Santa Maria Capua Vetere una brutta querelle condominiale sfociata in una violenta aggressione che ha visto come parti due vicine. L’episodio e’ avvenuto a Piedimonte Matese, nel Casertano.In particolare la Procura di Santa Maria Capua Vetere (sostituto Gerardina Cozzolino) ha chiesto il rinvio a giudizio di una donna di 52 anni (difesa da Pierluigi Grassi), e l’udienza preliminare si celebrera’ il 26 ottobre prossimo dinanzi al Gip Emilio Minio. La donna e’ stata denunciata dieci mesi fa dalla parte offesa, una condomina difesa dai legali Raffaele e Gaetano Crisileo, che fu aggredita e fini’ un ospedale con una prognosi di 40 giorni.Dalla denuncia e dalle indagini effettuate dai carabinieri, e’ emerso che la 52enne prima apostrofo’ in vari modi la vicina, quindi la minaccio’ pesantemente e poi l’aggredi’ con delle forbici procurandole varie ferite. LEGGI TUTTO

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    Paziente positivo al Covid curato con funghi, via al processo a medico no vax

    Paziente positivo al Covid curato con funghi, via al processo a medico ‘no vax’ il ginecologo Roberto Petrella.Si è aperto al tribunale di Teramo, con una lista di eccezioni preliminari della difesa, il processo al medico (sospeso) teramano Roberto Petrella, integralista oppositore delle teorie no vax, accusato di omicidio colposo per la morte di un suo paziente (dal 2020).Si tratta del camionista di San Marcellino, il 68enne Gennaro Sances, dopo un consulto telefonico in cui gli avrebbe prescritto terapie alternative a quelle ufficiali (vitamine e integratori a base di funghi), sconsigliandogli di recarsi in ospedale. LEGGI TUTTO

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    Angela Iannotta ringrazia con una lettera il prof. Francesco Corcione che le ha salvato la vita.

    Angela Iannotta ringrazia con una lettera il prof. Francesco Corcione che le ha salvato la vita.“Grazie di cuore per la sua professionalità, per la presenza, per la dolcezza e per il costante supporto. Avere accanto un luminare della chirurgia come lei dà un senso di protezione e di sicurezza e rende sereno il pensiero del futuro”.Sono le parole che Angela Iannotta, la mamma 29enne di Santa Maria Capua Vetere che ha rischiato la vita per un duplice intervento di by-pass gastrico finendo anche in coma e che ha subito cinque operazioni, le ultime tre salva-vita, ha rivolto al professore Francesco Corcione.
    In una lettera aperta indirizzata all’accademico e ordinario di Chirurgia generale all’Università Federico, che il 13 giugno a capo di una equipe multidisciplinare è stato autore di un delicatissimo intervento di ricostruzione di stomaco, esofago e parte dell’intestino, Angela Iannotta scrive: “Professore, a lei rivolgo la mia gratitudine incondizionata. Non dimenticherò mai tutto ciò che ha fatto (e fa) per me. Grazie a lei e alla sua equipe se sono viva e grazie di cuore anche a tutto il personale del suo reparto. Mi sento in famiglia. Voi siete angeli che mi confortate, arricchita e protetta. Ricorderò il suo sorriso, il tempo che mi dedica e i suoi occhi pieni di amore e di passione. Grazie professore per essere stato un uomo, ancor prima di essere un maestro della chirurgia italiana.Le medicine possono curare le malattie ma le parole incoraggianti di una persona unica e straordinaria, come lei, possono dare la forza di combattere dall’interno. E questo forza lei me l’ha data in un momento in cui non vedevo più la luce in fondo al tunnel. La ringrazio per essersi presa cura di me e di avermi salvata la vita”.Angela Iannotta continua così: “Nell’ordinario noi raramente ci rendiamo conto che riceviamo molto di più di ciò che diamo, e che è solo con la gratitudine che la vita si arricchisce di valori.E io le sarò infinitamente grata per tutta la vita. Ho avuto la fortuna di scegliere lei come mio medico e la ricorderò per ogni singolo momento che mi ha dedicato e mi dedica. Che Iddio le dia la forza necessaria per proseguire nella sua meritoria opera di abnegazione e la benedica sempre”. LEGGI TUTTO

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    Camorra&Rifiuti, sequestro beni da 4 milioni di euro ad imprenditore legato al clan Zagaria.

    Camorra&Rifiuti: sequestro beni da 4 milioni di euro ad imprenditore legato al clan Zagaria.La Direzione Investigativa Antimafia ha eseguito un decreto di sequestro beni, emesso dal Tribunale di Santa Maria Capua Vetere – Sezione Misure di Prevenzione – su proposta congiunta del Procuratore della Repubblica di Napoli e del Direttore della DIA, nei confronti di un imprenditore operante nel settore dei rifiuti e dell’edilizia, operante nelle provincie di Napoli e Caserta.Il proposto, a capo di un gruppo imprenditoriale più ampio, aveva assunto una posizione dominante nel settore, grazie al rapporto privilegiato intessuto con Michele e Pasquale Zagaria, documentato nelle indagini dirette dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Napoli, che hanno condotto alla sua condanna, nel 2021, in primo grado, ad opera del Tribunale di S. Maria Capua Vetere alla pena di anni 7 di reclusione, per concorso esterno in associazione mafiosa.
    Le indagini hanno consentito di ricostruire una parte significativa delle vicende attinenti all’emergenza rifiuti in Campania ed all’intervento di imprese mafiose nel settore del trasporto, della costruzione di discariche, della predisposizione delle piazzole per la stiva delle ecoballe, e per la gestione dei rifiuti nei Cdr.Nel tempo, il gruppo imprenditoriale facente riferimento al destinatario del decreto di sequestro ha garantito ai clan camorristici un’immagine di apparente legalità dell’imprenditoria del settore dei rifiuti e dell’edilizia, ottenendo una crescita esponenziale dei fatturati e dei mezzi tale da giustificare l’ingresso nei grandi appalti pubblici, ponendosi come stabile intermediario tra l’organizzazione camorristica e soggetti pubblici.Il decreto, che ha interessato beni per un valore complessivo stimato in circa 4 milioni di euro, ha disposto il sequestro di prevenzione di quanto risultato nella disponibilità diretta ed indiretta dell’imprenditore: 2 società; 21 immobili ubicati nelle province di Caserta, Napoli e Latina (6 terreni e 15 fabbricati), tra cui una villa in Sperlonga; 15 rapporti finanziari; 2 autovetture. LEGGI TUTTO

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    Morta dopo la pillola anticoncezionale riesumato il corpo di Rossella Fiato

    La Procura della Repubblica di Santa Maria Capua Vetere (sostituto procuratore Pietro Camerlingo) ha disposto la riesumazione della salma della 34enne Rossella Fiato.La donna morta davanti ai tre figli di 12, 10 e 3 anni il 4 aprile scorso mentre era nella sua casa di Sparanise in provincia di Caserta proprio i bimbi chiamarono i vicini facendo giungere i soccorsi.La decisione dell’ufficio giudiziario e’ arrivata in seguito alla denuncia presentata a fine aprile dal marito, assistito dall’avvocato Salvatore Piccolo, secondo cui a provocare il decesso sarebbero stati gli effetti della pillola anticoncezionale che la donna aveva iniziato a prendere pochi giorni prima di morire su prescrizione di una dottoressa qualificatasi su internet come ginecologa, ma che non avrebbe la specializzazione.Un calvario, quello della 34enne dipendente di una scuola paritaria, che il marito ha scoperto qualche settimana dopo la morte, che era stata subito classificata come un decesso naturale dovuto ad arresto cardiocircolatorio, tanto che sulla salma non era stata effettuata autopsia.Il marito della donna, disperato per la perdita improvvisa, ha impiegato qualche giorno per riacquistare lucidita’, ed ha cosi’ iniziato a controllare il cellulare di Rossella per capire se ci fosse qualcosa strano o che comunque potesse aiutare a comprendere le circostanze che avevano portato la 34enne alla morte.Dall’analisi del servizio di chat whatsapp, sono cosi’ spuntati i messaggi scritti e quelli audio, e le foto scambiate proprio con la ginecologa cui Rossella si era rivolta per problemi al ciclo mestruale.La 34enne, molto religiosa, non ne aveva fatto parola con il marito dei suoi problemi, ma si era rivolta ad un medico donna trovato su internet. L’uomo ha poi trovato la ricetta della pillola e ha consegnato tutto all’avvocato; insieme hanno ricostruito gli ultimi giorni di vita di Rossella, denunciando poi i fatti in Procura.Rossella, gia’ dopo aver preso la prima pillola, aveva sofferto di mancamenti e dolori alle gambe, che le si erano gonfiate; la dottoressa, contattata via whatsapp (le sono state inviate anche le foto degli arti gonfi), le aveva pero’ consigliato di bere di meno e di usare dei cuscini sotto i piedi quando era a letto, in modo da tenerli alti.Consigli risultati inutili, tanto che la 34enne, dopo tre giorni di problemi, si e’ recata dal suo medico curante, che le ha subito intimato di interrompere l’assunzione della pillola anticoncezionale e di fare delle analisi.Rossella ha nuovamente contattato la professionista che, quasi infastidita, le ha detto di seguire il suggerimento del medico di famiglia. Ma ormai per Rossella era tardi. La 34enne e’ andata a fare le analisi il 4 aprile, poi e’ tornata a casa dove ha avuto appena il tempo di dire ai suoi tre figli che non si sentiva bene, quindi e’ caduta a terra ed e’ morta.I risultati delle analisi del sangue sono arrivati dopo il decesso e consegnati in Procura. Domani 30 giugno verra’ conferito l’incarico di consulenti al professionista Ernesto Catena, tra massimi esperti regionali di Tisiologia e malattie dell’apparato respiratorio, ed Antonio Palmieri. LEGGI TUTTO

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    Bonus facciate, lavori mai eseguiti a parcheggiatori abusi, pregiudicati e persone col reddito di cittadinanza: 143 indagati

    Bonus facciate, scoperta la mega truffa dei lavori mai eseguiti a parcheggiatori abusi, pregiudicati e persone col reddito di cittadinanza: 143 indagati e sequestro beni per oltre 772milioni euro.E stamane a seguito di un’articolata attività investigativa diretta dalla Procura della Repubblica di Napoli Nord, personale del Gruppo della Guardia di Finanza di Frattamaggiore ha dato esecuzione a un provvedimento di sequestro preventivo, emesso dal GIP del Tribunale di Napoli Nord, su richiesta della Procura della Repubblica di Napoli Nord.Si tratta di crediti derivanti da bonus edilizi e di locazione per oltre 772 milioni di euro, vantati da 143 soggetti, tra persone fisiche e giuridiche, rispettivamente residenti o aventi sede per la maggior parte tra le province di Napoli e Caserta.L’attività trae origine da un’analisi operativa, su impulso del Comando Provinciale della Guardia di Finanza di Napoli, relativa alla circolazione di cediti per lavori di ristrutturazione e di efficientamento energetico, nonché per canoni di locazione, previsti dal D.L. 34/2020 (cd. Decreto “rilancio”).Essa costituisce il seguito di analoga attività, che ha già condotto nello scorso mese di marzo, al sequestro di circa 108 milioni di euro, nei confronti di due fratelli residenti a Vallo della Lucania.In particolare, gli approfondimenti compiuti sulle negoziazioni dei due imprenditori vallesi, avvenute tra il 2021 e l’anno in corso, hanno consentito di individuare un’ulteriore, numerosa platea di cessionari, i cui crediti, al pari dei primi, derivavano da lavori edili e da locazioni immobiliari in realtà inesistenti.I predetti cessionari, infatti, avevano comunicato all’Agenzia delle Entrate, attraverso l’inserimento di moduli di cessione al portale Entratel, la disponibilità di crediti dell’ammontare di svariati milioni di euro, ricevuti a fronte di fantomatici lavori di ristrutturazione di fatto mai eseguiti. Tra i destinatari anche persone col reddito di cittadinanzaNel corso delle indagini, oltre ad essere ricostruita l’articolata filiera delle cessioni a catena effettuate dai responsabili, è stato anche accertato che tra questi oltre il 70% risultava percettore o comunque richiedente il reddito di cittadinanza.Questo aspetto rappresenta una ulteriore evidenza di una dimensione economico-finanziaria ed imprenditoriale del tutto incompatibile con le movimentazioni delle ingenti risorse finanziarie delle quali, solo apparentemente, disponevano.Anche parcheggiatori abusivi legati alla camorra nella truffa bonus facciateTra i titolari di crediti, inoltre, sono stati individuati anche soggetti più volte segnalati dalle Forze di Polizia per esercizio abusivo dell’attività di parcheggiatore, per essere risultati privi di partita IVA, per aver svolto attività d’impresa per un solo giorno, per essere risultati impegnati in settori economici differenti da quello edilizio e persino per contiguità con la camorra, sia napoletana che casertana. Un detenuto a Santa Maria Capua Vetere avrebbe addirittura svolto lavori per 30milioni di euroAd ulteriore conferma della natura illecita delle provviste creditizie sottoposte all’odierno provvedimento di sequestro, è stata in particolare approfondita la posizione di uno dei responsabili, che avrebbe ricevuto lavori di ristrutturazione per oltre 34 milioni di euro e, al contempo, ne avrebbe egli stesso asseritamente eseguiti per oltre 30 milioni di euro, benché fosse in realtà detenuto presso il carcere di Santa Maria Capua Vetere.La somma oggetto di sequestro ricomprende, altresì, i crediti ceduti a Poste Italiane s.p.a. ai fini della loro negoziazione, nella misura di decine di milioni di euro, in base ad una quantificazione tuttora in corso.La Procura della Repubblica di Napoli Nord, pertanto, all’esito dell’intera ricostruzione della vicenda, ha ottenuto il sequestro preventivo dal Giudice per le Indagini Preliminari finalizzato al sequestro di crediti per un importo complessivo pari a 772.400.276 euro, al fine d’impedire, mediante la possibile cessione ad istituti finanziari, l’indebita erogazione di risorse pubbliche.L’attività illecita oggetto di accertamento che, come detto, realizza un comportamento delittuoso già in precedenza monitorato, è di tale gravità, per l’elevatezza delle somme negoziate, da poter concretamente determinare un sensibile nocumento alle risorse pubbliche, depauperate e distolte dalla loro corretta destinazione alla riqualificazione del patrimonio immobiliare nazionale e all’attuazione della transizione ecologica, obiettivi di fatto divenuti di più difficile conseguibilità. LEGGI TUTTO

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    Capua, dalla “base di Batman” si spacciava via social: 11 ordinanze

    Capua. Si definivano la “base di Batman” e con un pizzico di esagerazione, “un’azienda multinazionale”.E’ quanto emerge dall’indagine coordinata dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Napoli e realizzata dai carabinieri che ha sgominato con undici arresti un agguerrito e organizzato gruppo di spacciatori con base alle palazzine popolari di Capua .Da qui, in particolare dal Parco Primavera, complesso facente parte del quartiere popolare di Sant’Agata, controllavano in modo egemone a Capua la vendita di hashish, cocaina e crack; acquirenti arrivavano pero’ anche da altri comuni dell’agro-caleno e dalla vicina Santa Maria Capua Vetere.I carabinieri della Compagnia di Capua hanno notificato otto ordinanze in carcere emesse dal Gip di Napoli e altre tre ai domiciliari; tutti devono rispondere di associazione a delinquere finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti in concorso.L’inchiesta ha accertato, tra la fine del 2020 e l’inizio del 2021, l’esistenza di un gruppo che tra Capua, Aversa e Caiazzo spacciava hashish, crack e cocaina. Intercettazioni, ma anche attivita’ di osservazione, pedinamento e controllo, hanno documentato uno smercio continuo di sostanze stupefacenti. Capua, spaccio e appuntamenti attraverso messaggi WhatsAppGli acquirenti davano appuntamento allo spacciatore con messaggi WhatsApp, utilizzando termini convenzionali. E i controlli dei ‘clienti’ a cui, di volta in volta, veniva sequestrato la droga acquistata, hanno mostrato che questa era destinato a un uso non personale. Sono circa 233 gli episodi di spaccio accertati, indicati in 36 capi di imputazione.Nelle perquisizioni domiciliari legate agli arresti di oggi, nell’intercapedine ricavata in un muro delle cantine di un palazzo, sono stati rinvenuti 17 panetti di hashish del peso complessivo di circa 1,8 chili, per un valore di mercato di tredicimila euro e un bilancino di precisione.Capua, i pusher temevano più il lockdown che i carabinieriMovimentavano grosse partite di droga, vendevano all’ingrosso e non temevano le forze dell’ordine ma i lockdown, che limitavano fortemente lo spaccio. L’intercettazione sulle limitazioni allo spaccio a causa della pandemia risale all’ottobre del 2020, quando la curva Covid era in risalita.A parlare e’ il presunto capo della banda di pusher, Claudio Monaco, che dice al suo interlocutore: “Dobbiamo dimezzare l’approvvigionamento perche’ se arriva un nuovo lockdown restiamo con la droga in mano”. Monaco, 51 anni, era dietro le sbarre gia’ da qualche tempo: a lui il provvedimento e’ stato notificato in cella. Capua il traffico gestito da Claudio Monaco, l’odio verso il maresciallo Antonio Montaquila, investito e uccisoE’ lui che viene intercettato mentre esprime tutto il suo disprezzo per i carabinieri, specie dopo la morte del 37enne maresciallo Antonio Montaquila, investito e ucciso a Capua nel settembre 2020 mente faceva jogging (l’investitore fu arrestato).“Devo andare a p… sui suoi fiori” dice Monaco. Dalle indagini e’ emerso che il 51enne, insieme al fratello Roberto e ai due giovani fratelli Fabio Mandesi e Davide Mandesi di 27 e 28 anni (i tre sono finiti in carcere), gestiva la base tenendo sotto scacco i residenti “onesti” del Parco.La droga veniva infatti nascosta nelle intercapedini della cantine, nel vano ascensore, mai in casa dei pusher; inoltre Monaco e complici avevano installato numerose telecamere per controllare l’arrivo delle forze dell’ordine e avevano vedette ai punti di accesso del parco.Gli appuntamenti con gli acquirenti venivano presi tramite whatsapp e venivano usati termini criptici per indicare la droga, sebbene poi tra di loro i pusher parlavano senza remore, tanto che gli inquirenti hanno potuto ricostruire l’organigramma del gruppo proprio ascoltando gli indagati.Durante le indagini i carabinieri guidati dal colonnello Paolo Minutoli hanno arrestato sette spacciatori e sequestrato 13mila euro in contanti e parecchia droga per un valore di 30mila euro; stanotte, durante l’esecuzione delle misure – vi hanno preso parte decine di carabinieri con l’unita’ cinofila proveniente da Sarno – sono stati trovati sempre in un’intercapedine quasi due chili di hashish. LEGGI TUTTO