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    Orta di Atella, operaio muore schiacciato dal cancello: aperta un’inchiesta

    Un operaio di 60 anni, Antonio Bernardo, ha perso la vita ieri a Orta di Atella, in provincia di Caserta, a seguito del ribaltamento del cancello d’ingresso di un capannone industriale della società “Le Delizie del Sud S.r.l.”.PUBBLICITA

    L’uomo, sposato e padre di tre figli, lavorava per una ditta di San Felice a Cancello specializzata in impianti di bonifica e protezione ambientale e risiedeva a Sant’Agata de’ Goti, nel Beneventano.
    Sembra che stesse chiudendo il cancello quando questo è crollato, schiacciandolo.
    A seguito dell’incidente, la Procura della Repubblica di Napoli Nord ha aperto un’inchiesta e ha disposto il trasferimento della salma all’ospedale San Giuliano di Giugliano per l’esame autoptico.
    Esame che servirà a stabilire le cause della morte mentre l’inchiesta dei carabinieri dovrà accertare eventuali responsabilità sull’incidente
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    Napoletano spacciava nonostante fosse ai domiciliari a Minturno: arrestato 44enne

    Un 44enne originario di Napoli, gia’ sottoposto alla misura degli arresti domiciliari nel comune di Minturno in provincia di Latina, e’ stato arrestato dai carabinieri di Formia per detenzione ai fini di spaccio e detenzione abusiva di munizionamento di arma da fuoco.PUBBLICITA

    L’uomo e’ stato sorpreso in casa subito dopo aver ceduto una dose di cocaina ad un acquirente e sottoposto a perquisizione domiciliare.
    Le attivita’ dei carabinieri di Scauri, frazione di Minturno, hanno permesso il ritrovamento di 14 dosi di cocaina del peso complessivo di 4,1 grammi e di 31 dosi di crack del peso complessivo di 6,2 grammi piu’ vario materiale dedito al confezionamento e la somma in contanti di 4.320 euro suddiviso in banconote di vario taglio, ritenute dagli inquirenti ricavo dell’attivita’ di spaccio.
    All’atto della perquisizione e’ emerso che l’indagato detenesse anche 75 cartucce per arma da fuoco calibro 12 illecitamente detenute e sottoposte anch’esse a sequestro.
    Ulteriori controlli sono poi scattati nelle abitazioni della persona arrestata, per il sospetto che ulteriori complici potessero alla stregua detenere stupefacente, rinvenendo, a carico di un 41enne di origini calabresi, 2 dosi di crack e pertanto segnalato alla Prefettura di Latina
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    Reintegrati 9 agenti penitenziari coinvolti nei fatti di Santa Maria Capua Vetere

    Altri nove agenti penitenziari sono stati reintegrati in servizio in relazione agli eventi accaduti nell’aprile 2020 presso il carcere di Santa Maria Capua Vetere, in provincia di Caserta.PUBBLICITA

    L’Uspp ha comunicato la notizia, con il presidente Giuseppe Moretti e il segretario Ciro Auricchio che hanno espresso soddisfazione per il provvedimento.
    Punti Chiave Articolo“Dopo oltre quattro anni e mezzo dai fatti contestati, i colleghi sospesi dal 2021 hanno dovuto affrontare gravi disagi economici, con stipendi notevolmente ridotti”, hanno dichiarato. I due sindacalisti hanno aggiunto che ritenevano i provvedimenti troppo severi, e che il processo in corso potrebbe concludersi con esiti meno gravi rispetto alle accuse iniziali, data la possibile mancanza di prove sufficienti. “Crediamo che la nostra azione abbia contribuito a questo risultato, ed è essenziale considerare le gravi e persistenti problematiche del sistema penitenziario, come il sovraffollamento e la carenza di personale”, hanno sottolineato Moretti e Auricchio. A Santa Maria Capua Vetere mancano 80 dipendenti Hanno poi ricordato che nell’Istituto di Santa Maria Capua Vetere mancano quasi 80 unità di personale, ma nonostante ciò, il personale presente continua a lavorare con grande dedizione, garantendo l’ordine e la sicurezza all’interno del carcere.
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    Camorra, il clan di Aldo Picca: una dinasty familiare. Il ruolo di fratelli e figlie

    Sono complessivamente 53 gli indagati dell’inchiesta sul clan che il boss Aldo Picca di Teverola aveva deciso di riorganizzare insieme con Nicola Di Martino per prendersi lo spazio lasciato libero dai Casalesi.PUBBLICITA

    A Teverola, a Carinaro aveva imposto il pizzo a tutti i commercianti, aveva deciso di investire nel business delle imprese ma anche nel traffico di droga. E per farlo avevano coinvolto anche i familiari: dai fratelli ai figli.
    Punti Chiave ArticoloI cui nomi compaiano tra gli arrestati e gli indagati nelle oltre 600 pagine dell’ordinanza cautelare firmata dal gip Marco Carbone del tribunale di Napoli, su richiesta del sostituto procuratore Simona Belluccio della Dda partenopea. Sono tutti accusati di associazione a delinquere di tipo mafioso, estorsione, intestazione fittizia di beni, riciclaggio, autoriciclaggio, detenzione di armi, traffico e spaccio di sostanze stupefacenti. Ci sono i tre fratelli di Aldo Picca ovvero Luigi, Raffaele e Giuseppe. E poi le due figlie Cira e Laura. La prima 45enne, colpita da divieto di dimora nel comune di residenza, e la seconda 41enne, indagata a piede libero. E ancora un altro parente Giovanni Picca di 41 anni. Era un sorvegliato speciale il boss di Teverola, Aldo Picca, quando dall’aprile 2021 fino all’aprile 2023, ha iniziato a seminare il terrore tra i commercianti della zona, imponendo un vero e proprio monopolio delle slot machine.
    Ben 7 i titolari di bar e pasticcerie, perlopiù con sedi a Teverola, che sono stati costretti a sottoscrivere dei contratti per l’installazione di slot machine all’interno dei loro esercizi commerciali e a consegnargli una percentuale dei proventi derivanti dalle giocate. Nel gruppo di vertice della cosca figurano anche Salvatore De Santis, Carmine Di Tella, Giuseppe Laudadio, Giuseppe Sarno, Francesco De Chiara, Antonio Zuppa e Michele Vinciguerra svolgevano un ruolo operativo essenziale, coordinando le attività estorsive a cantieri, commercianti, nonché l’imposizione di apparecchi slot-machine e determinati istituti di vigilanza controllati dalla camorra. Il reggente, durante i periodi di detenzione, si alternava con Nicola Di Martino per impartire le direttive ai sodali. Riguardo alle condotte estorsive, i commercianti erano costretti non solo a versare i proventi delle giocate ma anche a rifornirsi delle macchinette dagli ‘amici del clan’. La somma di 150 euro era quanto l’estorto doveva versare allo scagnozzo di turno. Le indagini, svolte dal 2021 al 2023, incentrate sui territori dei Comuni di Teverola e Carinaro, hanno permesso, attraverso attività di intercettazioni telefoniche e ambientali, l’analisi dei tabulati e i servizi di osservazione e pedinamento, di accertare come Aldo Picca, esponente di spicco della camorra locale e cognato di Giuseppe Quadrano (killer di Don Peppe Diana), tornato in libertà dopo 19 anni di detenzione, abbia avviato una serie di attività criminali per riaffermare il “diritto” di gestire le attività illecite su una fetta dell’agro aversano, senza sottostare alle fazioni del clan dei casalesi. Le attività illecite accertate includevano estorsioni a imprenditori e titolari di esercizi commerciali, l’imposizione di istituti di vigilanza privata e di slot-machine in bar, locali e sale slot, forniti da società a loro riconducibili o compiacenti. È stato anche accertato il tentativo di imporre i servizi di onoranze funebri. Il sodalizio criminale disponeva di armi per intimidire le vittime e i rivali. È emerso che l’associazione traeva buona parte dei suoi introiti illeciti dalla compravendita di sostanze stupefacenti, quasi in regime di monopolio, inondando di cocaina, hashish e marijuana i territori sotto il proprio controllo. Sono stati registrati casi di acquirenti che, non rispettando i pagamenti, venivano resi vittime di pestaggi e privazioni di beni personali. Contestualmente all’esecuzione dell’ordinanza di custodia, è stato notificato un decreto di sequestro di beni mobili e quote societarie per un valore di oltre 1 milione di euro. Ordinanza cautelare in carcere: Aldo PiccaNicola Di MartinoSalvatore De SantisRaffaele Di TellaGiovanni PiccaFrancesco De ChiaraAntonio ZuppaAntimo CeparanoSalvatore MuscarielloVeronika ViatkinaAntonio ZaccarielloMichele VinciguerraRaffaele SantoroLuigi StellatoCristian Pio IntelligenzaAntonio RegaAngelo RegaVincenzo MottolaEnrico Della GattaSalvatore PasquaNicola PoddaGiuseppe SarnoFabio Della VolpeLuigi AbategiovanniMarco BoscoFabio BuffardoBruno FrascarinoCarmine SfocoArmando SocialeRossano SpinosaOmar SchaivoneGiuseppe Lama Ordinanza di custodia cautelare ai domiciliari Carmine Di TellaTobia AbategiovanniNatalia Watanabe Gomes Divieto di dimora in Campania Giuseppe PiccaRaffaele PiccaCira PiccaAlessio ArbolinoGiuseppe LaudadioDario Giovanni CasertaLorenzo Griffo (nella foto i due reggenti del clan: Aldo Picca e Nicola De Martino) Leggi Anche LEGGI TUTTO

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    Camorra il boss Aldo Picca aveva riorganizzato il clan: arrestato con 41 affiliati

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    I Carabinieri del Comando provinciale di Caserta hanno arrestato 32 persone nell’ambito di un’inchiesta coordinata dalla Dda di Napoli, culminata nell’esecuzione di un’ordinanza di custodia cautelare.
    Al centro delle indagini c’è il clan camorristico Picca, con il boss Aldo Picca, già condannato a 61 anni di reclusione e rilasciato nel 2023 dopo 19 anni grazie a vari sconti di pena.
    Secondo il procuratore di Napoli, Nicola Gratteri, Picca ha immediatamente riorganizzato il clan, aggiornando i metodi criminali alle nuove tecnologie e concentrandosi su attività imprenditoriali e estorsioni.
    I reati contestati includono associazione a delinquere di tipo mafioso, estorsione, intestazione fittizia di beni, riciclaggio, autoriciclaggio, detenzione di armi, e traffico di droga.
     Il boss Aldo Picca era uscito dal carcere lo scorso anno dopo 19 anni
    L’operazione è stata condotta nei comuni di Teverola e Carinaro, una zona strategica tra Napoli e Caserta, dove il clan gestiva anche il traffico di droga con acquisti fino a 1 milione di euro all’anno, utilizzando POS per mascherare i pagamenti.
    In totale, l’ordinanza ha coinvolto 42 persone, con 32 in carcere, 3 agli arresti domiciliari e 7 con divieto di dimora in Campania. Le attività illecite includevano estorsioni, imposizione di servizi di vigilanza privata e gestione di slot-machine. Il clan tentava anche di imporre servizi di onoranze funebri.

    I metodi del clan si basavano sull’intimidazione, sfruttando un potere spregiudicato e un clima di omertà. Possedevano armi per intimidire e risolvere controversie interne.
    Il clan traeva gran parte dei suoi introiti dal traffico di droga, quasi in regime di monopolio, con numerosi acquirenti che venivano puniti per inadempienze nei pagamenti.
    Contestualmente all’arresto, sono stati sequestrati beni mobili e quote societarie per un valore superiore a 1 milione di euro.
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    Frana a San Felice a Cancello: si indaga per omicidio colposo dopo il ritrovamento di una delle vittime

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    La tragedia di San Felice a Cancello, in provincia di Caserta, continua a scuotere la comunità locale. Dopo l’apertura di un fascicolo per disastro colposo, la Procura della Repubblica di Santa Maria Capua Vetere ha ora ampliato l’inchiesta, indagando anche per omicidio colposo. Questa decisione è stata presa dopo che i Vigili del Fuoco hanno ritrovato il corpo di Agnese Milanese, 74 anni, una delle due persone disperse in seguito alla frana avvenuta il 27 agosto scorso.
    Il corpo di Milanese, riconosciuto ieri dal figlio Raffaele, sarà sottoposto ad autopsia nei prossimi giorni per accertare le cause del decesso. Intanto, continuano senza sosta le ricerche di Giuseppe Guadagnino, 42 anni, figlio della donna, che risulta ancora disperso. L’inchiesta, condotta dai pubblici ministeri Iolanda Gaudino e Alessandra Pinto, sotto il coordinamento del procuratore aggiunto Carmine Renzulli, non ha ancora individuato indagati, ma gli accertamenti proseguono per fare piena luce su quanto accaduto.
    La frana che ha colpito il comune in provincia di Caserta ha riaperto il dibattito sulla sicurezza del territorio, alimentando interrogativi sulla gestione del rischio idrogeologico in un’area particolarmente vulnerabile. Mentre le famiglie delle vittime attendono risposte, la comunità rimane in stato di allerta, con le autorità impegnate a evitare ulteriori tragedie.
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    Maxi blitz anti camorra a Caserta: 40 arresti

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    I Carabinieri del Comando Provinciale di Caserta, sotto la direzione della Direzione Distrettuale Antimafia di Napoli, stanno eseguendo un’ordinanza di custodia cautelare nei confronti di oltre 40 persone.
    Sono accusati di reati quali associazione mafiosa, estorsione, intestazione fittizia di beni, riciclaggio, autoriciclaggio, detenzione di armi, traffico e spaccio di sostanze stupefacenti.
    Tra gli arrestati si trova anche un esponente di spicco di un gruppo camorristico operante nella provincia di Caserta.
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    San Nicola la Strada, spaccio al largo Rotonda: arrestato 37enne indiano

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    Ennesimo arresto di pusher nella zona della famosa rotonda di san Nicola la Starda.
    Questa volta a finire nei controlli dei carabinieri è stato un pusher di nazionalità indiana.
    Dovrà rispondere di spaccio di sostanza stupefacente il 37enne indiano arrestato dai carabinieri della sezione radiomobile della Compagnia di Caserta perchè sorpreso, presso la villa comunale del largo rotonda di San Nicola la Strada, a cedere una dose di sostanza stupefacente del tipo “hashish” a un 33enne di Casagiove, a sua volta segnalato alla Prefettura per la violazione amministrativa.
    L’indiano, a seguito di perquisizione personale è stato trovato in possesso di ulteriore sostanza stupefacente per complessivi gr. 2,10. L’arrestato, verrà giudicato per direttissima.
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    San Felice a Cancello, sesto giorno di ricerche per i due dispersi

    È il sesto giorno di ricerche per i due dispersi a San Felice a Cancello, in provincia di Caserta.PUBBLICITA

    Agnese Minieri, 74 anni, e suo figlio Giuseppe Guadagnino, 41 anni, sono scomparsi nel tardo pomeriggio del 27 agosto, quando un fiume di fango, provocato da una frana dovuta al maltempo, ha travolto l’Apecar su cui viaggiavano.
    I Vigili del fuoco stanno lavorando incessantemente da giorni, utilizzando escavatori e droni con termocamere. Le operazioni di ricerca si stanno concentrando su una vasca di contenimento in una ex cava, dove si ritiene possano esserci indizi sui due dispersi.
    L’Apecar è stato ritrovato poco dopo la frana, ma senza traccia degli occupanti. Intanto sono arrivati nel fine settimana gli altri cani da ricerca dopo il ferimento del primo.
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    Dispersi a San Felice a Cancello, si cerca in una vasca di contenimento in una ex cava

    Le ricerche disperate di una madre e suo figlio, scomparsi nei giorni scorsi a San Felice a Cancello, nel casertano, si sono intensificate nelle ultime ore. I vigili del fuoco stanno ora concentrando i loro sforzi in un’area ben precisa: una vasca di contenimento situata all’interno di un’ex cava abbandonata.
    Sul posto sono impegnate diverse squadre di soccorritori, che stanno operando senza sosta per setacciare ogni angolo della zona. Oltre ai vigili del fuoco a terra, che utilizzano escavatori per rimuovere detriti e materiali presenti nell’area, si stanno impiegando droni avanzati dotati di termocamere.
    La vasca di contenimento al centro delle operazioni di ricerca si trova in una ex cava di San Felice a Cancello ormai dismessa, una struttura dall’aspetto inquietante e fatiscente, che oggi rappresenta un terreno complicato e pericoloso per i soccorritori. Le condizioni dell’area, caratterizzate da terreni sconnessi e acqua stagnante, hanno richiesto un approccio metodico e cauto, con l’impiego di mezzi speciali per scavare e perlustrare luoghi altrimenti inaccessibili.
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    Frana San Felice a Cancello: la Procura apre una inchiesta per disastro colposo

    La Procura di Santa Maria Capua Vetere ha avviato un’indagine riguardo alla frana di fango che ha colpito San Felice a Cancello, causando gravi danni e la scomparsa di due persone.PUBBLICITA

    Gli inquirenti puntano a fare chiarezza sull’accaduto, esaminando i fatti e verificando eventuali responsabilità. Il reato ipotizzato è quello di disastro colposo.
    Nel frattempo, per il quarto giorno consecutivo, continuano le ricerche di Agnese e Giuseppe, madre e figlio dispersi da martedì, quando l’alluvione li ha sorpresi mentre tornavano a casa a bordo della loro Apecar.
    Sono 59 i Vigili del Fuoco impegnati nelle ricerche, inclusi personale operativo, Funzionari e nuclei specializzati come i S.A.P.R. (Sistemi Aeromobili a Pilotaggio Remoto), i G.O.S. (Gruppi Operativi Speciali con mezzi movimento terra), provenienti anche dal Comando di Roma, e i nuclei S.A.F. (Speleo Alpino Fluviale) e Fluviale. Sul posto sono arrivate anche squadre dai Comandi di Salerno e Firenze. Le ricerche si concentrano nelle aree delle vasche di accumulo delle acque, ora riempite di fango.
    Le operazioni sono proseguite anche di sera. “Si continua a rimuovere il fango, con grande tristezza ma con coraggio e concentrazione. La gratitudine e il riconoscimento vanno a tutte le forze pubbliche, alla protezione civile, ai vigili del fuoco, ai carabinieri, alla guardia di finanza, alla polizia di stato e a tutti coloro che stanno svolgendo questa operazione con costante dedizione”, ha scritto il sindaco Emilio Nuzzo sui social.
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    Caserta, sequestrate due aziende agricole a Marzano Appio per gravi irregolarità ambientali

    Due aziende agricole situate a Marzano Appio, nel casertano, sono state sequestrate dai Carabinieri Forestali di Roccamonfina e Vairano Patenora in esecuzione di un decreto emesso dal giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere. L’operazione è stata coordinata dalla Procura sammaritana, che ha disposto il provvedimento nell’ambito di un’indagine su gravi irregolarità ambientali legate alle attività delle aziende.PUBBLICITA

    Secondo quanto emerso dalle investigazioni, le due realtà aziendali, pur formalmente distinte, operavano in stretta connessione, con una gestione promiscua che violava diverse normative ambientali. Durante i sopralluoghi, effettuati con il supporto tecnico dell’Arpac di Caserta, sono state rilevate numerose criticità di particolare gravità. Tra queste, lo stoccaggio incontrollato di reflui aziendali e il loro illecito smaltimento attraverso immissioni dirette nel Rio Caricaturo.
    Ulteriori irregolarità riguardavano la gestione dei rifiuti: all’interno delle aree aziendali erano presenti depositi non differenziati di materiali come plastica, cartoni, metalli e gusci d’uovo rotti. È stata inoltre documentata la presenza di cumuli di carcasse di galline e gusci triturati, nonché di rifiuti recentemente combusti, tra cui bombolette spray, filtri d’aria e scarti plastici.
    Gli accertamenti hanno rivelato una gestione illecita dei rifiuti speciali derivanti dalle attività aziendali, sia nella fase di deposito sia in quella di smaltimento, eseguita tramite incenerimento non autorizzato. Inoltre, le indagini hanno evidenziato che nei due allevamenti erano ospitate oltre 80mila galline, superando il limite dei 40mila capi previsto dalla legge, soglia oltre la quale è obbligatoria l’Autorizzazione Integrata Ambientale (AIA). Tale autorizzazione, come confermato dagli investigatori, risultava mancante.
    Alla luce delle gravi irregolarità riscontrate, le autorità hanno deciso di agire rapidamente per impedire il protrarsi delle condotte illecite. Nei confronti dei legali rappresentanti delle due aziende è stato eseguito il sequestro preventivo degli interi complessi aziendali. Contestualmente, è stato nominato un amministratore giudiziario incaricato di gestire le attività nel rispetto delle normative vigenti, in particolare quelle relative alla corretta gestione dei rifiuti speciali.

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