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Stalking: come riconoscerlo e affrontarlo

Stalking: come riconoscerlo e affrontarlo

Le diverse tipologie del reato di stalking

stalking reato

Il reato di stalking o atti persecutori è ad oggi una vera emergenza che colpisce soprattutto le donne, senza distinzioni o limiti di età e provenienza. Per definizione, copre tutti quei comportamenti reiterati che vanno a limitare la libertà della vittima e ne ledono l’equilibrio psicologico, con forti ripercussioni nel quotidiano.

Solo nel 2018, secondo le statistiche Eures, le donne hanno sporto denuncia di stalking per il 76,2%. Secondo Eures nel 2018 le denunce sono cresciute del 4,4% rispetto al 2017, tuttavia è complesso definire con certezza il numero delle vittime, data la difficoltà nel rivolgersi ai centri antiviolenza o alle forze dell’ordine per chiedere aiuto, causata soprattutto dalla paura.

La denuncia e la condivisione della propria condizione con esperti sono tuttavia i primi passi per riprendere in mano la propria vita, qualsiasi sia la tipologia di persecuzione di cui si è oggetto. 

Cerchiamo di capire insieme quali sono le principali tipologie di stalking e con quali strumenti possiamo affrontarle

Il reato di stalking nella legge italiana

stalking lavorativo

Il termine stalking viene dall’inglese to stalk – che significa “inseguire, tampinare” – ed è entrato nell’uso comune negli anni ’60, quando si verificarono i primi casi di  molestie ai danni di celebrità. Nel tempo gli atti persecutori hanno preso spazio nella cronaca nera ed è emersa la gravità del fenomeno anche fuori dal jet set.

Secondo la legge, il reato di stalking o atti persecutori è tale in caso di comportamenti reiterati che portano la vittima a sentirsi in costante pericolo e a vivere in uno stato di perenne paura.

Nella pratica, i danni sono psicologici, perché l’atto persecutorio non prevede maltrattamenti o violenza fisica, ma si concentra soprattutto sulla manipolazione e la suggestione. Ciò alimenta il senso di paura e tiene la vittima sul filo del rasoio, senza tregua.

Lo scorso anno la legge italiana ha raggiunto un nuovo traguardo per contrastare il reato di stalking, grazie alla legge Codice Rosso del 19 luglio 2019, di cui abbiamo parlato al nostro articolo La nuova legge sullo stalking.

Oltre alla legge Codice Rosso, in Italia l’articolo che regolamenta il reato di atti persecutori è il 612 bis del Codice Penale, che recita: «Salvo che il fatto costituisca più grave reato, è punito con la reclusione da un anno a sei anni e sei mesi chiunque, con condotte reiterate, minaccia o molesta taluno in modo da cagionare un perdurante e grave stato di ansia o di paura ovvero da ingenerare un fondato timore per l’incolumità propria o di un prossimo congiunto o di persona al medesimo legata da relazione affettiva ovvero da costringere lo stesso ad alterare le proprie abitudini di vita». 

Data la natura del reato, che non si basa esclusivamente sul contatto fisico fra vittima e persecutore, oltre ai pedinamenti anche le telefonate, i messaggi e il web sono strumenti con cui lo stalker può agire nel quotidiano e come tali vengono riconosciuti dalle autorità.

Tipologie di stalking: tutti i volti della persecuzione

stalking psicologico

Lo stalker prova un attaccamento insano nei confronti della sua vittima, che può trovare origine in emozioni come rabbia o desiderio di possesso esclusivo verso la stessa. 

Nella maggior parte dei casi alla base delle persecuzioni vi è quindi un sentimento, di cui spesso la stessa vittima non è a conoscenza o che non ha mai ricambiato.

È importante quindi non descrivere l’atto persecutorio come sintomo di amore o affetto, ma far percepire alle vittime che non hanno colpe per il comportamento del loro stalker e non devono sentirsi responsabili di quanto sta loro avvenendo.

Secondo la classificazione psicologica di Mullen, esisterebbero cinque categorie di stalker:    

  • il rancoroso: giustifica le sue azioni pensando che, a fronte di un torto subito, la vittima meriti di essere danneggiata;  
  • il cercatore di intimità: vuole creare una relazione con la vittima, perciò ne ricerca il contatto continuamente, con lettere, messaggi e regali; spesso è convinto che il suo sentimento sia ricambiato;
  • il rifiutato: dà il via agli atti persecutori in seguito al termine di una relazione, che non riesce ad accettare; è potenzialmente il più pericoloso, perché entra nell’intimità della vittima ed è persistente;
  • il predatore: desidera una relazione sessuale con la vittima e più quest’ultima è spaventata, più il suo desiderio aumenta;
  • l’incompetente: vorrebbe corteggiare un partner sconosciuto ma non sa instaurare alcun tipo di relazione.

Esistono, inoltre, due categorie di atteggiamenti che possono determinare il reato di stalking, identificati sempre da Mullen: nel primo si attuano le cosiddette comunicazioni intrusive, che hanno lo scopo di far conoscere alla vittima ogni pensiero o sensazione che la riguardi (messaggi, telefonate, sms, e-mail); nel secondo il persecutore va alla ricerca di un contatto fisico con la sua preda (pedinamenti e contatti diretti).

stalking telefonico

Le modalità con cui uno stalker attua il reato vanno a definire diverse tipologie di atto persecutorio, che possono essere riassunte in quattro punti.

1. Stalking psicologico e fisico

Lo stalker agisce sulla psicologia delle sue vittime, andando a minarne le sicurezze, la quotidianità e facendole sentire in pericolo anche nelle azioni più semplici. Oltre ad agire con tentativi di contatto virtuale o telefonico, potrebbe adottare anche un approccio fisico, che si concretizza in pedinamenti e inseguimenti. La vittima potrebbe vederlo vicino a casa, al lavoro, al supermercato e nei diversi luoghi in cui è abituata a trascorrere le sue giornate.

Questo comportamento porta la vittima  a vivere in un perenne stato di agitazione: avrà paura per sé e per le persone a lei più vicine e si sentirà obbligata a modificare la propria routine. 

2. Stalking sul lavoro

Lo stalking sul lavoro, o stalking occupazionale, trova la sua matrice nei rapporti fra colleghi o fra datore di lavoro e dipendente. Spesso è legato a casi di mobbing, di cui può essere la conseguenza o il completamento: chi è oggetto di mobbing potrebbe, infatti, reagire ai propri aguzzini diventandone il persecutore nascosto, mentre chi applica nel quotidiano il mobbing verso colleghi o dipendenti potrebbe trovare nello stalking un ulteriore strumento di molestia e maltrattamento verso gli stessi.

I persecutori in questo ambiente tendono ad agire soprattutto per rabbia o per rifiuto, in particolare nel caso di proposte sessuali non accettate. Non è da escludere, quindi, che lo stalking occupazionale abbia avuto origine in abusi, o ancora che possa sfociare in violenza e molestie di questo tipo. 

Per provare lo stalking occupazionale è necessario conservare tutte le prove in nostro possesso: messaggi, lettere, minacce, che all’atto della denuncia verranno prese in carico dagli inquirenti. I responsabili o i datori di lavoro a conoscenza della situazione che non prestano il dovuto supporto alle vittime, saranno considerati complici e risponderanno con lo stalker dei diversi danni causati alla vittima, come regolamentato dall’art. 2087 del c.c.  

3. Stalking telefonico

Messaggi, telefonate, contatti insistenti e ripetuti nel tempo: sono queste le caratteristiche dello stalking telefonico. Oltre a creare uno stato d’ansia nella vittima, può portarla a cambiare le proprie abitudini in base alle chiamate ricevute; se avvengono in un determinato orario o luogo, infatti, il perseguitato potrebbe scegliere di cambiare stile di vita e ambienti frequentati.  

Il telefono è una delle armi più utilizzate dagli stalker e, quindi, è bene conservare il registro delle chiamate, i messaggi, le foto, ogni contenuto con cui lo stalker ha cercato di mettersi in contatto con noi.

4. Stalking su Facebook e social network

I social rappresentano un vero ostacolo per le vittime, perché lo stalker può agire attraverso messaggi, commenti e diffamazione incontrollata a loro danno. 

In questo caso dimostrare e denunciare il reato nella sua gravità può essere più difficile: per natura i social danno modo ad una rete di contatti scelti di conoscere vari aspetti della nostra vita, commentando e interagendo in totale libertà (a meno che non si applichino le restrizioni previste nella privacy di ogni social). Nonostante ciò, messaggi privati reiterati, offensivi, richieste di incontri e minacce sono considerati a tutti gli effetti prove di cyberstalking e punibili legalmente fino a 4 anni di carcere. 

Secondo la Cassazione, cancellare messaggi o profili falsi, creati con lo scopo di danneggiare la vittima, non è rilevante ai fini della condanna: una volta accertate, infatti, le dichiarazioni del danneggiato costituiscono una prova contro l’indagato.

Ciascuna delle tipologie di stalking elencate causa una sintomatologia precisa: all’ansia, allo stress e alla paura si unisce infatti un calo dell’autostima e una perdita di fiducia verso gli altri. La vittima penserà di aver provocato con il suo comportamento quelle attenzioni indesiderate e tenderà a chiudersi in se stessa, riducendo i contatti con l’esterno, con gli amici e con le persone vicine.

Un reato tante forme. L’infografica ne sintetizza i numeri

Stalking in Italia

La denuncia dello stalking e il supporto

Secondo i dati Eures, nel 2018 sono state 14.871 le denunce per stalking e il 76,2% è stato sporto da donne.

Il ricorso alle Forze dell’ordine e ai centri di supporto resta la chiave principale per risolvere il problema, che rischia di aggravarsi e crescere in intensità con il tempo.

In base all’articolo 612 bis del Codice penale, è possibile denunciare il proprio persecutore entro sei mesi dall’ultimo atto persecutorio o ancora richiedere al questore l’ammonimento del proprio stalker: in questo caso l’autorità sarà chiamata a convocare il reo per effettuare una sorta di processo verbale, in modo da richiamarlo ad un comportamento legalmente accettabile. In caso l’ammonimento non risolva il problema, la pena a seguito della denuncia sarà più alta.

stalking denuncia

Va ricordato che l’ammonimento non ha di per sé valenza penale, a meno che non sia legato ad altri reati, non riguardi minori e il reo non sia già stato ammonito: in ciascuno di questi casi si procede d’ufficio, senza forme intermedie.

A seguito della denuncia, in una fase iniziale allo stalker sarà vietato avvicinarsi alla vittima e ai luoghi frequentati e cercare di contattarla in qualsiasi modo. Ovviamente ogni infrazione va segnalata alle autorità e ai propri legali, che agiranno per inasprire le pene.

La forza delle donne si manifesta, oltre che nel coraggio nelle denunce, anche nel supporto reciproco: non mancano infatti centri che aiutano le vittime di stalking e numeri di emergenza da contattare in caso di bisogno. 

A livello nazionale il numero da chiamare è il 1522, attivo 24 ore su 24 ore. Le operatrici che si occupano di rispondere sono preparate ad aiutare chi subisce violenza e stalking e sapranno guidare le vittime passo dopo passo per ritrovare la serenità.

Agire contro lo stalking è un obbligo verso se stesse, come dimostrano anche le storie di molte donne che hanno intrapreso una battaglia legale contro il proprio persecutore; fra le più note c’è senza dubbio quella di Michelle Hunziker, che nel 2017 ha visto finalmente condannato l’uomo che l’aveva perseguitata per mesi inviandole una serie di lettere minatorie. La presentatrice, che in passato aveva già subito atti persecutori da diversi uomini, ha trascorso alcuni periodo seguita anche da guardie del corpo, così come la figlia Aurora, anche lei minacciata dagli stalker della madre. La condanna dell’ultimo persecutore della Hunziker è arrivata nel 2018 e ha previsto un anno di terapia e di libertà vigilata per lo stalker

Ad aiutare Michelle nella sua battaglia contro lo stalking c’è l’avvocato Giulia Bongiorno, con cui ha fondato nel 2007 l’associazione Doppia Difesa, in prima linea contro la violenza sulle donne e attiva per l’approvazione della legge Codice Rosso. 

 

 

 

 

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